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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 5A_893/2021 Sentenza del 1° marzo 2022 II Corte di diritto civile Composizione Giudici federali Escher, Giudice presidente, Marazzi, Schöbi, Cancelliera Corti. Partecipanti al procedimento A._, patrocinato dall'avv. Maurizio Zappa, ricorrente, contro B._, patrocinata dall'avv. Stefano Perucchi, opponente. Oggetto rigetto definitivo dell'opposizione, ricorso contro la sentenza emanata il 6 ottobre 2021 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (14.2021.1). Fatti: A. A.a. Con decisione 24 novembre 2008 il Pretore del Distretto di Lugano ha accertato la paternità di A._ su B._, nata il 28 marzo 1991, e ha condannato il padre a pagare alla figlia, retroattivamente dal 18 agosto 2005 (ovvero da un anno prima dell'inoltro della petizione), contributi di mantenimento mensili di fr. 1'191.-- dal 18 agosto al 31 dicembre 2005, fr. 1'298.-- dal 1° gennaio al 31 maggio 2006, fr. 1'262.-- dal 1° giugno al 31 dicembre 2006, fr. 1'182.-- dal 1° gennaio al 30 giugno 2007, fr. 1'242.-- dal 1° luglio al 31 dicembre 2007 e fr. 1'299.-- dal 1° gennaio 2008 fino al termine della formazione. Il 28 marzo 2009 B._ è divenuta maggiorenne. A.b. In data 12 giugno 2013 padre e figlia si sono incontrati presso l'Autorità regionale di protezione 3, sede di Lugano Ovest, senza pervenire a un accordo, in particolare su un piano di pagamento della pretesa di fr. 102'717.-- a titolo di alimenti arretrati fatta valere dalla figlia. A.c. Il 23 luglio 2018 la figlia ha escusso il padre per l'incasso di fr. 111'810.90 oltre interessi del 5 % dal 5 agosto 2005, indicando quale causa del credito: "Pagamento contributi di mantenimento come da sentenza (cresciuta in giudicato) emanata dalla Pretura di Lugano il 24 novembre 2008". La figlia ha chiesto (limitatamente a fr. 97'961.--) il rigetto definitivo dell'opposizione interposta dal padre al precetto esecutivo. Con decisione 22 dicembre 2020 il Pretore del Distretto di Lugano ha parzialmente accolto l'istanza, rigettando in via definitiva l'opposizione limitatamente a fr. 28'053.-- oltre interessi del 5 % dal 15 giugno 2018. Il Pretore ha considerato prescritti i contributi di mantenimento maturati dal 25 novembre 2008 al 28 marzo 2009, contrariamente a quelli dal 18 agosto 2005 al 24 novembre 2008. B. Con sentenza 6 ottobre 2021 la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha respinto il reclamo introdotto dal debitore avverso la decisione pretorile e ha accolto la domanda di rettifica del dispositivo della creditrice, rigettando in via definitiva l'opposizione del padre per fr. 49'199.-- (anziché fr. 28'053.--) oltre interessi del 5 % dal 15 giugno 2018. C. Mediante ricorso in materia civile datato 26 ottobre 2021 A._ ha impugnato la sentenza cantonale dinanzi al Tribunale federale. Chiede che, in accoglimento dello stesso, la decisione cantonale sia riformata nel senso di respingere l'istanza di B._ e di conseguenza di mantenere la sua opposizione al precetto esecutivo. È stato acquisito l'incarto cantonale, ma non sono state chieste determinazioni. Diritto: 1. 1.1. Decisioni in tema di rigetto - definitivo o provvisorio - dell'opposizione sono decisioni finali ai sensi dell'art. 90 LTF, poiché mettono fine alla relativa procedura. Possono fare l'oggetto di un ricorso in materia civile (art. 72 cpv. 2 lett. a LTF) qualora il valore di lite raggiunga fr. 30'000.-- (art. 74 cpv. 1 lett. b LTF; DTF 134 III 115 consid. 1.1 con rinvio), ciò che si verifica nell'evenienza concreta. Il ricorrente, risultato soccombente nella procedura cantonale di reclamo, è legittimato a ricorrere al Tribunale federale (art. 76 cpv. 1 LTF) contro la sentenza di ultima istanza cantonale pronunciata su ricorso (art. 75 cpv. 1 e 2 LTF). Il tempestivo (100 cpv. 1 LTF) gravame è pertanto in linea di principio ammissibile. 1.2. Il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 142 III 364 consid. 2.4 con rinvii). Il ricorrente deve pertanto spiegare nei motivi del ricorso, in modo conciso e confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché quest'ultima viola il diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Per le violazioni di diritti fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale le esigenze di motivazione sono più severe; il ricorrente deve indicare in modo chiaro e dettagliato i diritti che sono stati violati e spiegare in cosa consista la violazione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). 1.3. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può scostarsene o completarlo d'ufficio solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 140 III 115 consid. 2) - il ricorrente deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF. 2. Se il credito è fondato su una decisione giudiziaria esecutiva, il creditore può chiedere in giudizio il rigetto definitivo dell'opposizione (art. 80 cpv. 1 LEF). Se il credito è fondato su una decisione esecutiva di un tribunale svizzero o di un'autorità amministrativa svizzera, l'opposizione è rigettata in via definitiva a meno che l'escusso provi con documenti che dopo l'emanazione della decisione il debito è stato estinto o il termine per il pagamento è stato prorogato ovvero che è intervenuta la prescrizione (art. 81 cpv. 1 LEF). L'art. 81 cpv. 1 LEF esige, per il mantenimento dell'opposizione, la prova per mezzo di documenti dell'estinzione del debito (DTF 139 III 444 consid. 4.1.1; v. STÉPHANE ABBET, in La mainlevée de l'opposition: commentaire des articles 79 à 84 LP, 2017, n. 58 segg. ad art. 84 LEF con rinvii). A differenza di quanto avviene per il rigetto provvisorio dell'opposizione (art. 82 cpv. 2 LEF), non è sufficiente rendere verosimile l'estinzione: il titolo di rigetto dell'opposizione ai sensi dell'art. 81 cpv. 1 LEF creando la presunzione che il debito esiste, tale presunzione può soltanto essere rovesciata dalla prova piena del contrario. Le esigenze sono pertanto comparabili a quelle vigenti per l'azione in annullamento o sospensione giudiziale dell'esecuzione dell'art. 85 LEF: mediante tale limitazione dei mezzi di difesa, il legislatore ha voluto impedire che il debitore procrastini a piacimento la procedura esecutiva benché sussista un titolo di credito definitivo (sentenza 5A_331/2017 del 17 luglio 2017 consid. 3.1 e 3.4). All'escusso incombe di dimostrare, per mezzo di documenti, non soltanto la causa dell'estinzione, ma anche l'importo esatto a concorrenza del quale il debito è estinto (sentenza 5A_626/2019 del 9 luglio 2020 consid. 3.1). In caso di estinzione parziale del debito, il rigetto definitivo dell'opposizione può unicamente essere rifiutato per la parte del debito estinta se il debitore dimostra con documenti la causa dell'estinzione parziale e il corrispondente importo, in caso contrario il rigetto dell'opposizione dev'essere pronunciato per l'intero debito (DTF 124 III 501 consid. 3b). 3. 3.1. La Corte cantonale ha confermato che la decisione pretorile 24 novembre 2008 costituisce un valido titolo di rigetto definitivo dell'opposizione ai sensi dell'art. 80 cpv. 1 LEF. I Giudici cantonali hanno inoltre confermato che l'eccezione di prescrizione fatta valere dal debitore (v. art. 81 cpv. 1 LEF) non poteva essere ammessa per i crediti di mantenimento della figlia per le mensilità dal 18 agosto 2005 al 24 novembre 2008, sottoposti al termine di prescrizione decennale dell'art. 137 cpv. 2 CO. Al riguardo, la Corte cantonale ha osservato che solo i crediti già esigibili prima del loro riconoscimento o accertamento vedono il loro termine di prescrizione prorogato di dieci anni giusta tale norma. Essa ha poi spiegato che l'obbligo di mantenimento del figlio esiste - ed è esigibile - sin dalla sua nascita fino almeno alla sua maggior età, trattandosi di un effetto legale del rapporto di filiazione che "dà luogo a debiti non quantificati né quantificabili in anticipo, motivo per cui devono essere specificati mediante convenzione o giudizio". Essa ha poi rilevato che, sebbene l'art. 279 cpv. 1 CC preveda che il figlio non può chiedere i contributi di mantenimento per il periodo anteriore all'anno precedente l'avvio dell'azione, le pretese nascono man mano che si verificano le necessità di sostentamento del figlio e sono esigibili indipendentemente dall'inoltro di un'azione giudiziaria. L'autorità inferiore ha ritenuto che il diritto agli alimenti non nasce quindi con la sentenza o la convenzione, ma essa ne accerta "l'esistenza e l'esigibilità, se del caso con effetto retroattivo"; era quello che aveva fatto il Pretore nella sua decisione 24 novembre 2008, laddove aveva precisato che "le pretese accertate - la prima per parte dell'agosto del 2005 - sono esigibili entro il 5 di ogni mese". L'autorità inferiore ha dunque concluso che i crediti maturati dal 5 agosto 2005 al 5 novembre 2008 erano già esigibili al momento dell'emanazione della decisione 24 novembre 2008 e che per essi era quindi iniziato a decorrere un nuovo termine di prescrizione di dieci anni in virtù dell'art. 137 cpv. 2 CO a partire dal 28 marzo 2009, ovvero da quando la figlia era divenuta maggiorenne (v. art. 134 cpv. 1 n. 1 CO). Il termine era poi stato interrotto prima della sua scadenza (del 28 marzo 2019) al più tardi il 23 luglio 2018 quando era stato emesso il precetto esecutivo e poi dall'istanza di rigetto (v. art. 135 n. 2 CO). L'autorità inferiore ha infine ritenuto che non era pertanto necessario verificare se l'udienza presso l'Autorità regionale di protezione del 12 giugno 2013 avesse a sua volta interrotto il termine di prescrizione. 3.2. Il ricorrente ritiene che il Tribunale d'appello avrebbe a torto applicato un nuovo termine di prescrizione di dieci anni ex art. 137 cpv. 2 CO e invoca la prescrizione quinquennale ai sensi dell'art. 128 n. 1 CO per la totalità dei contributi di mantenimento, sostenendo che tutte le mensilità in favore della figlia sarebbero pertanto prescritte. A suo dire, prima della decisione 24 novembre 2008, sarebbe esistito solo il fondamento giuridico del diritto della figlia ad ottenere il mantenimento ( Stammrecht), a differenza delle pretese alimentari stesse che non erano "in alcun modo esigibili", in quanto l'esigibilità presupponeva un accertamento giudiziario della paternità del ricorrente, così come del diritto in concreto della figlia a ricevere alimenti dal padre e dell'ammontare degli stessi. In altre parole, egli sostiene che, affinché una pretesa diventi esigibile, sarebbe necessario che la stessa sia riconosciuta privatamente dal suo debitore o accertata da un'autorità giudiziaria. A suo dire, nel caso concreto, i contributi alimentari erano stati riconosciuti, accertati e quantificati per la prima volta nella sentenza del 2008 ed erano quindi diventati esigibili posteriormente alla stessa, una volta essa cresciuta in giudicato. Per il ricorrente "si tratta di nuovi crediti, creati dalla sentenza" e "mai sottoposti in precedenza a qualunque termine di prescrizione", ciò che renderebbe pertanto inapplicabile l'art. 137 cpv. 2 CO. 3.3. In concreto, come visto, è litigiosa la questione dell'esigibilità e della prescrizione dei contributi di mantenimento per la figlia precedenti alla sentenza 24 novembre 2008. 3.3.1. Giusta l'art. 128 n. 1 CO si prescrivono col decorso di cinque anni le prestazioni periodiche, come ad esempio i contributi di mantenimento per i figli ( v. STEPHEN V. BERTI, Zürcher Kommentar, 3a ed. 2002, n. 21 ad art. 128 CO; ROBERT K. DÄPPEN, in Basler Kommentar, Obligationenrecht, vol. I, 7a ed. 2020, n. 3 ad art. 128 CO). Le prestazioni periodiche ai sensi dell'art. 128 n. 1 CO sono pagamenti che il debitore è tenuto a fornire a intervalli regolari nell'ambito dello stesso rapporto giuridico. Ogni prestazione deve poter essere esatta in modo indipendente; non è tuttavia necessario che le prestazioni siano tutte della stessa importanza e che il loro importo sia determinato con precisione in anticipo (D TF 143 III 348 consid. 5.2.1; 139 III 263 consid. 1.1; 124 III 370 consid. 3c). 3.3.2. Ai sensi dell'art. 130 cpv. 1 CO, la prescrizione comincia quando il credito è esigibile. L'esigibilità, ossia il momento a partire dal quale il creditore può esigere il suo credito dal debitore, è immediata, cioè dalla nascita del credito, a meno che un tempo non sia stato determinato dal contratto o risulti dalla natura del rapporto giuridico (art. 75 CO). Il momento in cui il creditore viene a conoscenza dell'esistenza e dell'importo del suo credito non è determinante per far cominciare a decorrere la prescrizione (DTF 143 III 348 consid. 5.3.1 e 5.3.2; 129 III 535 consid. 3.2.1; sentenza 4A_148/2017 del 20 dicembre 2017 consid. 4.2.2). 3.3.3. Secondo il nuovo art. 134 cpv. 1 n. 1 CO, entrato in vigore il 1° gennaio 2017, la prescrizione non comincia, o, se cominciata, resta sospesa per i crediti dei figli contro i genitori, fino al raggiungimento della maggiore età dei figli. Il vecchio art. 134 cpv. 1 n. 1 CO (in vigore dal 1° gennaio 2000; RU 1999 1118) prevedeva invece solamente la sospensione per i crediti dei figli contro i genitori durante l'esercizio dell'autorità parentale. Affinché il nuovo art. 134 cpv. 1 n. 1 CO sia applicabile, la prescrizione deve ancora decorrere il 1° gennaio 2017 (v. sentenza 5A_416/2019 dell'11 ottobre 2019 consid. 5.1.4 con rinvii). 3.3.4. Ai sensi dell'art. 137 CO, coll'interruzione della prescrizione (che avviene mediante gli atti interruttivi previsti all'art. 135 CO) incomincia a decorrere una nuova prescrizione (cpv. 1). Ove il credito sia riconosciuto mediante il rilascio di un titolo o sia stabilito con sentenza del giudice, il nuovo termine di prescrizione è sempre di dieci anni (cpv. 2). Il termine di prescrizione di dieci anni è un nuovo termine, ciò che implica che un precedente termine abbia già iniziato a decorrere, ed è applicabile sia nel caso di un'azione d'accertamento che in quello di un'azione di condanna; è tuttavia necessario che la sentenza indichi l'importo del credito (v. PASCAL PICHONNAZ, in Commentaire romand, Code des obligations, vol. I, 3a ed. 2021, n. 4a e 5 ad art. 137 CO). I crediti che si prescrivono col decorso di cinque anni ai sensi dell'art. 128 CO sono soggetti al termine di prescrizione decennale dell'art. 137 cpv. 2 CO solo se già esigibili al momento del loro riconoscimento mediante titolo o sentenza (sentenza 5C.171/2000 del 6 ottobre 2000 consid. 6a, non pubblicato in DTF 127 III 1; v. PICHONNAZ, op. cit., n. 32 ad art. 128 CO; DÄPPEN, op. cit., n. 14 ad art. 128 CO e n. 5 ad art. 137 CO). Un titolo o una sentenza che constata l'esistenza di un credito soggetto al termine di prescrizione di cinque anni dell'art. 128 CO fa scattare un nuovo termine di prescrizione di dieci anni solo per i crediti già scaduti e non per i crediti futuri (v. PICHONNAZ, op. cit., n. 8 ad art. 137 CO; WILDHABER/DEDE, Berner Kommentar, 2021, n. 32 ad art. 137 CO; DÄPPEN, op. cit., n. 5 ad art. 137 CO; BERTI, op. cit., n. 29 ad art. 137 CO). 3.3.5. Il figlio può proporre azione contro il padre o la madre o contro ambedue per chiedere il mantenimento futuro e quello per l'anno precedente l'azione (art. 279 cpv. 1 CC). Il contributo di mantenimento è pagato anticipatamente. Il giudice fissa le scadenze del pagamento (art. 285 cpv. 3 CC). Quando la filiazione è accertata posteriormente alla nascita tramite riconoscimento (art. 260 CC) o azione di paternità (art. 261 segg. CC), il mantenimento può essere reclamato solo per l'anno precedente l'azione (v. art. 279 cpv. 1 CC; v. MEIER/STETTLER, Droit de la filiation, 6a ed. 2019, n. 131 seg. e 1356; FOUNTOULAKIS/BREITSCHMID, in Basler Kommentar, Zivilgesetzbuch, vol. I, 6a ed. 2018, n. 1a ad art. 276 CC). L'obbligo di base dei genitori di mantenimento del figlio ai sensi degli art. 276 segg. CC costituisce il fondamento della pretesa del figlio ad ottenere il mantenimento concreto (diretto e indiretto); questa concretizzazione avviene tramite sentenza o convenzione. L'obbligo di base va quindi distinto dall'obbligo specifico (v. art. 285 CC) di pagare (anticipatamente) un contributo di mantenimento (v. CYRIL HEGNAUER, Berner Kommentar, 1997, n. 60-63 ad art. 276 CC). Quest'obbligo di pagamento di contributi alimentari comincia dalla data fissata nella sentenza o nella convenzione (eventualmente con effetto retroattivo), in caso di sentenza al più presto un anno prima dell'introduzione dell'azione da parte del figlio creditore (v. art. 279 cpv. 1 CC; HEGNAUER, op. cit., n. 112 ad art. 285 CC). La data di adempimento fissata nella sentenza o nella convenzione fa nascere il credito alimentare e lo rende quindi esigibile (v. HEGNAUER, op. cit., n. 7 ad art. 289 CC e anche n. 118 ad. art. 285 CC; v. pure supra consid. 3.3.2). 3.3.6. Al momento dell'emanazione della decisione 24 novembre 2008 i crediti di mantenimento a partire dall'anno precedente l'introduzione dell'azione da parte della creditrice e fino al 24 novembre 2008 erano quindi già esigibili, poiché tale decisione non ha fatto che concretizzare, con effetto retroattivo, l'obbligo del padre di pagare alla figlia dei contributi alimentari mensili. Per tali crediti la prescrizione di ogni singola mensilità (rivendicabile in modo indipendente) aveva pertanto già cominciato a decorrere per un periodo di cinque anni (art. 128 n. 1 CO; v. anche vecchio art. 134 cpv. 1 n. 1 CO; v. supra consid. 3.3.1 e 3.3.3) a partire da ogni scadenza di pagamento fissata dal Pretore nella sua decisione, ossia il cinque di ogni mese a partire dal 5 agosto 2005 e fino al 5 novembre 2008. È quindi a ragione che la Corte cantonale ha applicato alle mensilità dal 18 agosto 2005 al 24 novembre 2008 - crediti appunto già esigibili al momento del loro riconoscimento tramite sentenza - il nuovo termine di prescrizione decennale dell'art. 137 cpv. 2 CO (v. supra consid. 3.3.4). Per il resto, il ricorrente non contesta, come ritenuto dalla Corte cantonale, che siffatto termine avrebbe iniziato a decorrere dalla maggiore età della figlia e nemmeno che esso sarebbe stato interrotto al più tardi il 23 luglio 2018 con l'emissione del precetto esecutivo e poi con l'istanza di rigetto. Non si pone quindi la questione di sapere se tale termine sarebbe anche stato interrotto dall'incontro tra le parti del 12 giugno 2013 presso l'Autorità regionale di protezione. Occorre infine sottolineare che la tesi del ricorrente, secondo la quale i crediti di mantenimento sarebbero unicamente divenuti esigibili tramite la sentenza 24 novembre 2008, equivarrebbe a dire che l'art. 137 cpv. 2 CO non potrebbe mai essere applicato ai contributi alimentari fissati da un giudice (poiché né i contributi precedenti alla sentenza né quelli futuri sarebbero già esigibili). La Corte cantonale non ha pertanto violato il diritto federale confermando che i crediti di mantenimento per le mensilità dal 18 agosto 2005 al 24 novembre 2008 non erano prescritti e che il rigetto dell'opposizione poteva essere concesso per il relativo importo. Ne consegue che la decisione impugnata non presta il fianco a critica alcuna e le censure del ricorrente sono dunque infondate. 4. Da quanto precede discende che il ricorso si palesa infondato e va respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si giustifica assegnare ripetibili all'opponente, dato che non è stata invitata a esprimersi sul ricorso (art. 68 cpv. 1 LTF). Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Il ricorso è respinto. 2. Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico del ricorrente. 3. Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. Losanna, 1° marzo 2022 In nome della II Corte di diritto civile del Tribunale federale svizzero La Giudice presidente: Escher La Cancelliera: Corti
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 8C_447/2014 Urteil vom 25. November 2014 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Leuzinger, Präsidentin, Bundesrichter Ursprung, Bundesrichterin Heine, Gerichtsschreiberin Riedi Hunold. Verfahrensbeteiligte IV-Stelle des Kantons Zürich, Röntgenstrasse 17, 8005 Zürich, Beschwerdeführerin, gegen A._, vertreten durch lic. iur. B._, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Invalidenversicherung, Beschwerde gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 22. April 2014. Sachverhalt: A. A._, geboren 1954, war ab November 2002 als Pflegehilfe im Altersheim C._ angestellt. Am 23. Dezember 2002 meldete sie sich erstmals unter Hinweis auf Depressionen bei der Invalidenversicherung zum Leistungsbezug an. Mit Verfügung vom 5. Februar 2003 verneinte die IV-Stelle des Kantons Zürich einen Rentenanspruch. Im Januar 2011 meldete sich A._ erneut zum Leistungsbezug an. Die IV-Stelle holte verschiedene medizinische Einschätzungen ein, führte eine Haushaltsabklärung durch und auferlegte ihr mit Schreiben vom 4. Januar 2012 Massnahmen im Rahmen der Schadenminderungspflicht. Am 30. Juli 2012 sprach die IV-Stelle ab 1. August 2011 eine halbe Invalidenrente zu. Im Rahmen einer im Februar 2013 eingeleiteten Rentenrevision bestätigte die IV-Stelle am 25. Juni 2013 den bisherigen Anspruch. Am 28. November 2013 hob die IV-Stelle die Verfügung vom 30. Juli 2012 wiedererwägungsweise auf. B. Die dagegen erhobene Beschwerde hiess das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 22. April 2014 gut und hob die angefochtene Verfügung vom 28. November 2013 auf. C. Die IV-Stelle führt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten mit dem Antrag, es sei der vorinstanzliche Entscheid aufzuheben und es sei in Bestätigung der Verfügung vom 28. November 2013 festzustellen, dass kein Rentenanspruch bestehe. Zudem ersucht sie um Erteilung der aufschiebenden Wirkung ihrer Beschwerde. A._ lässt auf Abweisung der Beschwerde schliessen, ohne sich zum Gesuch um aufschiebende Wirkung zu äussern. Das Bundesamt für Sozialversicherungen verzichtet auf eine Stellungnahme. Erwägungen: 1. 1.1. Die Beschwerde kann wegen Rechtsverletzung gemäss Art. 95 und Art. 96 BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). Es ist somit weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann eine Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen und es kann sie mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen (vgl. BGE 130 III 136 E. 1.4 S. 140). Gemäss Art. 42 Abs. 1 BGG ist die Beschwerde hinreichend zu begründen, andernfalls wird darauf nicht eingetreten (Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG). Das Bundesgericht prüft grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen; es ist nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu prüfen, wenn diese vor Bundesgericht nicht mehr vorgetragen wurden. Es kann die Verletzung von Grundrechten und von kantonalem und interkantonalem Recht nur insofern prüfen, als eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (Art. 106 Abs. 2 BGG). 1.2. Nach Art. 105 BGG legt das Bundesgericht seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Abs. 1). Es kann diese Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht (Abs. 2). Die Voraussetzungen für eine Sachverhaltsrüge nach Art. 97 Abs. 1 BGG und für eine Berichtigung des Sachverhalts von Amtes wegen nach Art. 105 Abs. 2 BGG stimmen im Wesentlichen überein. Soweit es um die Frage geht, ob der Sachverhalt willkürlich oder unter verfassungswidriger Verletzung einer kantonalen Verfahrensregel ermittelt worden ist, sind strenge Anforderungen an die Begründungspflicht der Beschwerde gerechtfertigt. Entsprechende Beanstandungen sind vergleichbar mit den in Art. 106 Abs. 2 BGG genannten Rügen. Demzufolge genügt es nicht, einen von den tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz abweichenden Sachverhalt zu behaupten. Vielmehr ist in der Beschwerdeschrift nach den erwähnten gesetzlichen Erfordernissen darzulegen, inwiefern diese Feststellungen willkürlich bzw. unter Verletzung einer verfahrensrechtlichen Verfassungsvorschrift zustande gekommen sind. Andernfalls können Vorbringen mit Bezug auf einen Sachverhalt, der von den Feststellungen im angefochtenen Entscheid abweicht, nicht berücksichtigt werden. Vorbehalten bleiben offensichtliche Sachverhaltsmängel im Sinne von Art. 105 Abs. 2 BGG, die dem Richter geradezu in die Augen springen (BGE 133 IV 286 E. 6.2 S. 288; 133 II 249 E. 1.4.3 S. 255). 2. Die IV-Stelle macht geltend, die Vorinstanz habe die Begründungspflicht nach Art. 29 Abs. 2 BV verletzt, weil sie sich mit dem einzigen Argument der IV-Stelle (depressive Episode als vorübergehendes und damit nicht invalidisierendes Leiden) nicht auseinandergesetzt habe. Dieser Ansicht kann nicht gefolgt werden. Zwar ist die Vorinstanz nicht einlässlich auf diesen Einwand der im kantonalen Verfahren als Beschwerdegegnerin auftretenden IV-Stelle eingegangen; sie hat aber ihren Entscheid insgesamt mit einer nachvollziehbaren und ausführlichen Begründung versehen, welche impliziert, dass sie im Rahmen der Beweiswürdigung und angesichts der unterschiedlichen ärztlichen Einschätzungen von einem invalidisierenden Gesundheitsschaden ausging. Unter diesen Umständen und unter Berücksichtigung, dass sich eine Behörde nur mit den für den Entscheid wesentlichen Punkten zu befassen hat (vgl. statt vieler BGE 136 I 184 E. 2.2.1 S. 188 und 229 E. 5.2 S. 236), verstösst der kantonale Entscheid nicht gegen Art. 29 Abs. 2 BV. 3. Die IV-Stelle macht geltend, bei der Versicherten liege ein Gesundheitsschaden vor, der nicht den Anforderungen von Art. 8 Abs. 1 ATSG entspreche, da die diagnostizierte mittelgradige depressive Episode definitionsgemäss ein vorübergehendes Leiden darstelle, weil es im Mittel etwa sechs Monate, selten länger als ein Jahr daure. 3.1. Gemäss Art. 8 Abs. 1 ATSG bedeutet Invalidität eine voraussichtlich bleibende oder längere Zeit dauernde ganze oder teilweise Erwerbsunfähigkeit. Das Gesetz lässt offen, wie das Kriterium der längere Zeit dauernden Erwerbsunfähigkeit zu verstehen ist; bei der Invalidenversicherung liegt bezüglich des Rentenanspruchs eine "längere Zeit" bei einer Zeitspanne von einem Jahr vor, welche als "Wartefrist" zu verstehen ist (vgl. Ueli Kieser, ATSG-Kommentar, 2. Aufl. 2009, N. 14 zu Art. 8 ATSG). Wesentliche Voraussetzung einer Wiedererwägung nach Art. 53 Abs. 2 ATSG ist die offensichtliche Unrichtigkeit der ursprünglichen Verfügung. Diese ist in der Regel erfüllt, wenn die gesetzeswidrige Leistungszusprechung auf Grund falscher oder unzutreffender Rechtsregeln erlassen wurde oder wenn massgebliche Bestimmungen nicht oder unrichtig angewandt wurden (Urteil 9C_768/2010 vom 10. November 2010 E. 2.2 mit Hinweisen). Bei Renten der Invalidenversicherung bedarf es für die Annahme zweifelloser Unrichtigkeit einer qualifiziert rechtsfehlerhaften Ermessensbestätigung, da die Ermittlung des Invaliditätsgrades verschiedene Ermessenszüge aufweisende Elemente und Schritte enthält; scheint die Einschätzung der Arbeitsfähigkeit vor dem Hintergrund der Sach- und Rechtslage, wie sie im Zeitpunkt der rechtskräftigen Rentenzusprechung bestand, als vertretbar, scheidet die Annahme zweifelloser Unrichtigkeit aus (Urteil 9C_215/2007 vom 2. Juli 2007 E. 3.2 mit Verweis auf SVR 2006 IV Nr. 21 S. 75 E. 1.2, I 545/02; vgl. auch Urteil 9C_768/2010 vom 10. November 2010 E. 2.2). Die - selbst mehrmalige - revisionsweise Bestätigung einer Rente führt nicht dazu, dass erhöhte Anforderungen an die zweifellose Unrichtigkeit zu stellen wären (Urteil 9C_215/2007 vom 2. Juli 2007 E. 3.2). 3.2. Die Rentenzusprache erfolgte gestützt auf die gemäss dem bidisziplinären Gutachten der Frau Dr. med. D._, Fachärztin für Innere Medizin und Rheumatologie, und des Dr. med. E._, Facharzt für Psychiatrie und Psychotherapie, Klinik F._, vom 18. August 2011 diagnostizierten Panvertebralsyndrom und mittelgradigen depressiven Episode mit somatischen Symptomen (ICD-10: F 32.11) bei prämorbid vorbestehender Dysthymia (ICD-10: 34.1). Die behandelnden Ärzte schlossen auf eine chronisch depressive Störung mit somatischen Beschwerden, Panvertrebral- und Weichteilbeschwerden sowie eine chronische Migräne (Bericht des Dr. med. G._, Facharzt für Allgemeine Medizin, vom 3. Februar 2011) resp. auf eine rezidivierende mittelgradige depressive Störung (ICD-10: F 33.1), rezidivierendes lumbospondylogenes Syndrom rechts, rezidivierende Migräneattacken, Status nach Hepatitis sowie Status nach rezidivierendem Ulcus ventriculi (Bericht des Dr. med. H._, Facharzt für Psychiatrie und Psychotherapie, Dr. phil. I._, klinischer Psychologe, und Frau Dipl.-Psych. J._, Psychologin, medizinisches Zentrum K._, vom 15. April 2011). Der RAD-Arzt, Facharzt für Allgemeine Medizin, stellte am 30. August 2011 fest, es bestehe nebst dem Panvertebralsyndrom ein relevanter Gesundheitsschaden in Form einer derzeit mittelgradigen Depression. Aus der rentenzusprechenden Verfügung vom 30. Juli 2012 ist nicht ersichtlich, welche ärztlichen Berichte resp. welcher Gesundheitszustand für die Zusprechung der Invalidenrente massgeblich war. D.h. es ist nicht klar, ob die IV-Stelle bei der Rentenzusprache - wie jetzt - von einer mittelgradigen depressiven Episode oder aber von einer rezidivierenden mittelgradigen depressiven Störung ausging. Angesichts der Feststellung des RAD-Arztes, wonach eine mittelgradige Depression vorliege, ist eher eine rezidivierende depressive Störung anzunehmen, auch wenn er bezüglich der Einschätzung der zumutbaren Arbeitsfähigkeit den Angaben des Dr. med. E._ und nicht jenen des behandelnden Psychiaters folgte. Weiter wird in den Unterlagen zur Vorbereitung des Standortgesprächs vom 18. Juni 2013 mit der Versicherten unter "Diagnose/Beschwerden" eine "rezidivierende depressive Störung" und im Feststellungsblatt zur Rentenrevision vom 25. Juni 2013 bei "Hauptdiagnose" zwar die mittelgradige depressive Episode gemäss Dr. med. E._, bei "Medizinischer Sachverhalt - Hauptdiagnose" jedoch eine rezidivierende depressive Störung mit gegenwärtig mittelgradiger Episode festgehalten, so dass der RAD-Arzt auf eine "unverändert mittelgradige depressive Störung" schloss. Als im Oktober 2013 im Rahmen der Prüfung des Falles die Frage eines Wiedererwägungsgrundes gestellt wurde, hielt der Rechtsdienst der IV-Stelle fest, es sei unklar, wie denn eine korrekte Codierung bei einer über Jahre dauernden mittelgradigen Depression ohne Episoden vorzunehmen sei. Somit ist unbeachtlich, dass Dr. med. E._ in seinem Teilgutachten dargelegt hat, dass nur eine depressive Episode und keine rezidivierende mittelgradige depressive Störung vorliege. Denn im Rahmen des bei psychischen Gesundheitsbeeinträchtigungen stets vorhandenen Ermessensspielraumes kann nicht gesagt werden, dass unter den gegebenen Umständen die Annahme einer rezidivierenden mittelgradigen depressiven Störung eine qualifiziert rechtsfehlerhafte Ermessensausübung darstellen würde. Damit fehlt es aber an einer offensichtlichen Unrichtigkeit der Verfügung vom 30. Juli 2012, zumal die IV-Stelle auch im jetzigen Zeitpunkt das Vorliegen einer begründeten Arbeitsunfähigkeit nicht bestreitet (vgl. deren Ausführungen in der Beschwerde). Die Vorinstanz hat demnach die Wiedererwägungsverfügung vom 28. November 2013 zu Recht aufgehoben. Bei diesem Ergebnis kann offen bleiben, wie es sich mit einer depressiven Episode unter dem Blickwinkel von Art. 8 Abs. 1 ATSG verhält. Nachdem sich der Gesundheitszustand gemäss den ärztlichen Einschätzungen von 2013 gegenüber jenem von 2011 nicht verändert hat (vgl. den Bericht des Dr. med. H._ vom 10./11. April 2013 und des RAD-Arztes vom 13. Mai 2013), was auch die IV-Stelle in ihrer Beschwerde vor Bundesgericht anerkennt, fällt eine Revision nach Art. 17 ATSG mangels Vorliegen einer relevanten Änderung und damit mangels eines Revisionsgrundes ausser Betracht. Mit der Vorinstanz bleibt darauf hinzuweisen, dass es der IV-Stelle unbenommen ist, medizinische Abklärungen zum Nachweis einer dazu notwendigen relevanten Verbesserung zu veranlassen. 4. Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung der Beschwerde gegenstandslos. 5. Das Verfahren ist kostenpflichtig. Die unterliegende IV-Stelle hat die Gerichtskosten zu tragen (Art. 66 Abs. 1 BGG). Die Versicherte hat Anspruch auf eine Parteientschädigung (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Beschwerdeführerin hat die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 500.- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 25. November 2014 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Leuzinger Die Gerichtsschreiberin: Riedi Hunold
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 2C_89/2015 2C_90/2015 {T 0/2} Arrêt du 23 octobre 2015 IIe Cour de droit public Composition MM. et Mme les Juges fédéraux Zünd, Président, Aubry Girardin et Stadelmann. Greffière : Mme Vuadens. Participants à la procédure A.X._ et B.X._, représentés par Me Thierry F. Ador, avocat, recourants, contre Administration fiscale cantonale du canton de Genève. Objet Impôt communal et cantonal 2003 à 2005, impôt fédéral direct 2003 à 2005, recours contre l'arrêt de la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre administrative, 1ère section, du 2 décembre 2014. Faits : A. A.a. En 1996, B.X._, domicilié à Genève, et son frère C.X._ (art. 105 al. 2 LTF) ont obtenu de la Banque D._ un prêt hypothécaire de 6'640'000 fr. pour leur permettre d'acquérir ensemble le capital-actions de la société immobilière E._ SA (ci-après: la Société), propriétaire de la parcelle n° **** de la Commune de Genève. Le prêt était octroyé contre la cession à la Banque D._, en pleine propriété, de deux cédules hypothécaires au porteur grevant la parcelle n° ****, l'une, de premier rang, de 6'000'000 fr. et l'autre, de deuxième rang, de 600'000 fr. B.X._ est ainsi devenu propriétaire de la moitié des actions de la Société. Gérant de fortune de profession, B.X._ a par ailleurs été directeur, puis représentant de la société F._ SA, de 1995 à 2009. En décembre 2000, la Fondation de valorisation des actifs de la Banque D._ (ci-après: la Fondation) a informé B.X._ que la Banque D._ lui avait cédé le prêt hypothécaire. En mars 2003, la Fondation a résilié le contrat de prêt avec effet immédiat. Elle dénonçait également au remboursement intégral les deux cédules hypothécaires pour le 21 octobre 2003. Selon une convention de prêt hypothécaire datée du 15 août 2003, la banque G._ (Suisse) a prêté à B.X._ et C.X._ la somme de 10'900'000 fr. dans un but de reprise de financement auprès de deux établissements tiers. Ce prêt était garanti par la cession de six cédules hypothécaires au porteur grevant une parcelle tierce et par la cession d'une cédule hypothécaire de premier rang grevant la parcelle n° **** de la commune de Genève. Le 5 septembre 2003, la Fondation s'est engagée auprès des co-débiteurs à remettre les deux cédules hypothécaires grevant la parcelle n° **** dont elle était propriétaire et à signer une réquisition de radiation au porteur dès réception d'un montant de 6'793'893.25 fr. Ce montant correspondait à la dette de 6'376'857.75 fr. (état au 31 mars 2003), augmentée des intérêts au 12 septembre 2003. A.b. Le 22 octobre 2004, B.X._ et son épouse A.X._ ont rempli leur déclaration fiscale pour l'année 2003. Sous la rubrique "Autres déductions sur le revenu", ils ont déduit un montant de 248'347 fr. au titre de "perte s/ droits et obligations". Selon un tableau annexé à la déclaration, cette déduction était liée à l'immeuble sis sur la parcelle n° **** de la commune de Genève. Il en ressortait une "perte" de 3'476'857.75 fr., résultat de la différence entre le paiement dû à la Fondation (soit, en capital, 6'376'857.75 fr.) et la part de refinancement que la banque G._ leur avait accordé en relation avec la parcelle n° ****, correspondant à 2'900'000 fr. Cette "perte" était amortie sur sept ans, à raison de 496'694 fr. par année, dont la moitié, soit 248'347 fr., était attribuée à B.X._. Le 31 mars 2007, A.X._ et B.X._ ont rempli leur déclaration fiscale pour les années 2004 et 2005 en faisant à nouveau valoir, comme pour 2003, la déduction d'un montant de 248'347 fr. B. B.a. Le 24 avril 2007, l'Administration cantonale a procédé à la taxation des époux X._ pour l'année fiscale 2003 tant pour l'impôt fédéral direct que l'impôt cantonal et communal, en procédant à diverses reprises, concernant notamment le montant de 248'347 fr., qui n'était pas admis en déduction, que ce soit pour l'impôt fédéral direct ou pour l'impôt cantonal et communal. Selon l'Administration cantonale, la somme de 3'476'857.75 fr. que le contribuable et son associé avaient payée à la Fondation en 2003 représentait le remboursement d'une dette, non déductible, et non pas une perte commerciale, aucune action de la Société n'ayant été vendue. A.X._ et B.X._ ont élevé réclamation contre cette décision de taxation le 21 mai 2007. Le 9 novembre 2009, l'Administration cantonale a rendu une décision sur réclamation dans laquelle elle a, notamment, confirmé son refus d'admettre la déduction de 248'347 fr. Le 9 décembre 2009, les intéressés ont recouru contre cette décision auprès de l'actuel Tribunal administratif de première instance du canton de Genève (ci-après: Tribunal administratif), contestant des points qui ne sont désormais plus litigieux et concluant à la déductibilité du montant de 248'347 fr. Ils sollicitaient également la révision de la taxation de l'année fiscale 2003: en sa qualité d'administrateur de F._ SA, B.X._ faisait partie des personnes poursuivies pénalement pour gestion déloyale en lien avec une affaire Z._, pour un montant total de 31'063'000 fr, ce qui représentait 6'212'00 fr. par administrateur. Il fallait tenir compte de ce fait nouveau dans le cadre d'une révision. B.b. Les 30 octobre 2009 et 12 mai 2010, l'Administration cantonale a procédé à l'imposition des époux X._ pour l'année fiscale 2004, respectivement pour l'année fiscale 2005, sans reconnaître la déductibilité du montant de 248'347 fr. Les réclamations que les contribuables ont élevées contre ces décisions ont été rejetées par décisions sur réclamation du 15 décembre 2010. Les contribuables ont recouru contre ces décisions le 15 janvier 2011, notamment pour conclure à la déductibilité de 248'347 fr. pour chacune des périodes litigieuses, à la révision des taxations concernées, ainsi qu'à la remise des impôts dus. B.c. Par jugement du 11 avril 2011 concernant la période fiscale 2003, le Tribunal administratif a confirmé que le montant de 248'347 fr. n'était pas déductible du revenu et a exclu la possibilité de procéder à une révision. Par jugement du 16 décembre 2013 relatif aux périodes fiscales 2004 et 2005, cette instance a également confirmé la non-déductibilité de 248'347 fr. et considéré qu'une révision des taxations 2004 et 2005 ne pouvait entrer en ligne de compte. La demande de remise d'impôts était par ailleurs prématurée et partant irrecevable. B.d. Le 30 mai 2011, les contribuables ont interjeté recours contre le jugement du 11 avril 2011 du Tribunal administratif auprès de la Cour de justice du canton de Genève, Chambre administrative (ci-après: la Cour de justice), concluant à la déduction de 248'347 fr. et à la révision de la taxation de la période fiscale 2003. Au cours de la procédure, ils ont demandé l'expertise de la parcelle n° **** de Genève et celle de la Société. Le 20 janvier 2014, les intéressés ont contesté devant la même autorité le jugement du 16 décembre 2013 du Tribunal administratif relatif aux périodes fiscales 2004 et 2005, sollicitant également l'expertise de la parcelle n° **** de Genève et celle de la Société puis, par requête complémentaire du 16 juin 2014, leur propre audition, ainsi que celle des deux comptables. Au cours d'une audience de comparution personnelle qui a concerné les deux causes, B.X._ a exposé que, lorsque la banque G._ avait procédé à l'opération de refinancement en lien avec la parcelle n° **** de la Commune de Genève en août 2003, elle lui avait accordé, ainsi qu'à son co-débiteur, un montant de 2'900'000 fr., ce qui correspondait à 80% de ce qu'elle estimait être la valeur de la parcelle à l'époque (soit 3'625'000 fr.). Il avait de ce fait "provisionné" la perte en la répartissant sur sept ans, sur les conseils de sa fiduciaire. Au cours de la procédure, les contribuables ont encore produit des pièces, à savoir un rapport d'estimation de l'immeuble sis sur la parcelle n° **** de la commune de Genève effectué par un architecte, un projet de plan financier de H._ du 14 mai 2003 pour l'acquisition de dite parcelle et une attestation de la banque G._ du 27 mai 2014, selon laquelle celle-ci avait accordé à B.X._ et à son associé un prêt de 2'900'000 fr., sur la base d'une valeur de gage estimée selon ses méthodes d'évaluation interne. B.e. Par arrêt du 2 décembre 2014, la Cour de justice a joint les causes et rejeté, dans la mesure de leur recevabilité, les recours interjetés les 20 mai 2011 et 20 janvier 2014 contre les jugements du Tribunal administratif des 11 avril 2011 et 16 décembre 2013. C. Agissant par la voie du recours en matière de droit public et du recours constitutionnel subsidiaire, A.X._ et B.X._ concluent principalement, sous suite de frais et dépens, à l'annulation de l'arrêt du 2 décembre 2014 de la Cour de justice et à l'admission de la déduction d'une perte commerciale, subsidiairement d'une provision, pour un montant de 248'347 fr. pour les années 2003, 2004 et 2005 tant pour l'impôt fédéral direct que pour l'impôt cantonal et communal; subsidiairement, à l'annulation de l'arrêt du 2 décembre 2014 de la Cour de justice et au renvoi de la cause à cette autorité, alternativement au Tribunal administratif, pour décision dans le sens des considérants; plus subsidiairement, à ce qu'ils soient acheminés à prouver par toutes voies utiles les faits allégués dans le présent recours. La Cour de justice persiste dans les considérants et le dispositif de son arrêt. L'Administration cantonale et l'Administration fédérale des contributions se sont déterminées sur le recours et ont conclu à son rejet. Les recourants ont déposé d'ultimes observations. Par décision du 19 février 2015, le Président de la Cour de céans a rejeté la requête d'effet suspensif contenue dans le recours. Considérant en droit : I. Recevabilité et points de procédure 1. La Cour de justice a rendu un seul arrêt valant pour l'impôt cantonal et communal, d'une part, et pour l'impôt fédéral direct, d'autre part, ce qui est admissible, dès lors que les questions juridiques à trancher sont réglées de la même façon pour ces deux catégories d'impôts (ATF 135 II 260 consid. 1.3.1 p. 262 s.). Les recourants ont formé un recours qui contient les mêmes griefs et les mêmes conclusions pour ces deux impôts, ce qui est conforme à la jurisprudence (cf. ATF 135 II 260 consid. 1.3.2 et 1.3.3 p. 263 s.). Par souci d'unification par rapport à d'autres cantons dans lesquels deux arrêts sont rendus, la Cour de céans a ouvert deux dossiers, l'un concernant l'impôt cantonal et communal (2C_89/2015) et l'autre l'impôt fédéral direct (2C_90/2015). Comme l'état de fait est identique et que les questions juridiques se recoupent, les deux causes seront néanmoins jointes et il sera statué dans un seul arrêt (art. 71 LTF et 24 PCF [RS 273]). 2. 2.1. Le recours est dirigé contre une décision finale (art. 90 LTF) qui a été rendue en dernière instance cantonale par un tribunal supérieur (art. 86 al. 1 let. d et al. 2 LTF), dans une cause de droit public (art. 82 let. a LTF) qui ne tombe sous le coup d'aucune des exceptions prévues à l'art. 83 LTF. La voie du recours en matière de droit public est donc ouverte (cf. également l'art. 146 de la loi fédérale sur l'impôt fédéral direct du 14 décembre 1990 [LIFD; RS 642.11] et l'art. 73 al. 1 de la loi fédérale sur l'harmonisation des impôts directs des cantons et des communes [LHID; RS 642.14] pour ce qui concerne l'impôt cantonal et communal). Il a par ailleurs été déposé en temps utile compte tenu des féries (cf. art. 100 al. 1 et 46 al. 1 let. c LTF) et dans les formes requises (art. 42 LTF) par les destinataires de la décision entreprise, qui ont un intérêt digne de protection à son annulation ou à sa modification et qui ont de ce fait qualité pour recourir (cf. art. 89 al. 1 LTF). Il convient donc d'entrer en matière sur le recours, sous réserve de la conclusion subsidiaire tendant à ce que les recourants soient acheminés à prouver les faits qu'ils allèguent. Les recourants perdent ici de vue que le Tribunal fédéral est un juge du droit et non du fait (cf. art. 105 al. 1 LTF) et que des mesures probatoires ne sont qu'exceptionnellement ordonnées dans une procédure de recours (ATF 136 II 101 consid. 2 p. 104). Il n'y a pas de motif de faire exception ici, de sorte que cette conclusion est irrecevable. Le recours en matière de droit public étant recevable sous cette réserve, le recours constitutionnel subsidiaire formé par les recourants est en conséquence irrecevable (art. 113 LTF). 2.2. Les recourants demandent la production des dossiers cantonaux. La Cour de justice ayant annexé à sa détermination le dossier complet de la cause, conformément à l'art. 102 al. 2 LTF, cette requête est sans objet. 3. 3.1. Saisi d'un recours en matière de droit public, le Tribunal fédéral contrôle librement le respect du droit fédéral (cf. art. 95 let. a et 106 al. 1 LTF), alors qu'il n'examine la violation de droits fondamentaux que si ce grief a été invoqué et motivé par le recourant, conformément au principe d'allégation (cf. art. 106 al. 2 LTF). L'acte de recours doit alors, sous peine d'irrecevabilité, contenir un exposé succinct des droits et principes constitutionnels violés et préciser de manière claire et détaillée en quoi consiste la violation (cf. ATF 139 I 229 consid. 2.2 p. 232 et les références citées; 138 I 232 consid. 3 p. 237; 136 II 304 consid. 2.5 p. 314). 3.2. L'examen du Tribunal fédéral se fonde sur les faits constatés par l'autorité précédente (cf. art. 105 al. 1 LTF), à moins que ces faits n'aient été établis de façon manifestement inexacte ou en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF (cf. art. 105 al. 2 LTF). Par ailleurs, aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté devant le Tribunal de céans à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (art. 99 al. 1 LTF). II. Griefs formels 4. Parmi les griefs qu'ils formulent à l'encontre de l'arrêt attaqué, les recourants font valoir une violation de leur droit d'être entendus. Ils soutiennent que la Cour de justice n'aurait pas administré des preuves qu'ils avaient offertes et qui étaient, selon eux, essentielles au traitement de leur cause. Il convient d'examiner en premier lieu ce grief formel (cf. ATF 139 I 189 consid. 3 p. 191). 4.1. Tel qu'il est reconnu par l'art. 29 al. 2 Cst., le droit d'être entendu comprend notamment le droit pour l'intéressé de prendre connaissance du dossier et d'offrir des preuves pertinentes (ATF 140 I 285 consid. 6.3.1 p. 299; 135 II 286 consid. 5.1 p. 293). L'art. 29 al. 2 Cst. impose en particulier à l'autorité de donner suite à une offre de preuve lorsque celle-ci a été demandée en temps utile, dans les formes prescrites et qu'elle apparaît de nature à influer sur le sort de la décision à rendre. Il n'y a toutefois pas violation du droit à l'administration de preuves lorsque la mesure probatoire refusée est inapte à établir le fait à prouver, lorsque ce fait est sans pertinence ou lorsque, sur la base d'une appréciation non arbitraire des preuves dont elle dispose déjà, l'autorité parvient à la conclusion que les faits pertinents sont établis et que le résultat, même favorable au requérant, de la mesure probatoire sollicitée ne pourrait pas modifier sa conviction (ATF 140 I 285 consid. 6.3.1 p. 299; 136 I 229 consid. 5.3 p. 236 s.; 134 I 140 consid. 5.3 p. 148). En particulier, l'autorité de jugement peut renoncer à faire citer des témoins, qu'ils soient à charge ou à décharge, si, dans le cadre d'une appréciation anticipée des preuves non arbitraire, elle peut dénier à ces témoignages une valeur probante décisive pour le jugement (ATF 125 I 127 consid. 6c/cc p. 135 et 6c/ dd p. 135 s.; 124 I 274 consid. 5b p. 285; arrêt 6B_907/2009 du 3 novembre 2010 consid. 7.1). 4.2. Les recourants reprochent en premier lieu aux juges précédents d'avoir refusé de procéder à l'expertise de l'immeuble sis sur la parcelle n° **** de la commune de Genève et à celle de la Société. L'administration de ces preuves était, selon eux, essentielle pour démontrer la situation dans laquelle lui et son frère s'étaient trouvés en 2003, en raison de la diminution de la valeur de l'immeuble, qui les avait obligés à accepter un refinancement du prêt par la banque G._ pour un montant de 2'900'000 fr. Les recourants font également grief à la Cour de justice d'avoir omis d'entendre I._, comptable, qui aurait pu exposer le raisonnement "purement comptable" qui a été mis en place à compter de l'année 2003, ainsi que la nécessité de reporter sur sept ans la perte commerciale subie. La pertinence de ce grief doit être examinée à la lumière de l'objet du litige au fond, qui a trait au point de savoir si les recourants étaient légitimés à déduire de leur revenu le montant de 248'347 fr. pour chacune des périodes fiscales concernées. Comme indiqué ci-dessus, cette déduction a été obtenue par la différence entre, d'une part, le capital (sans les intérêts) qui a été payé par B.X._ et son frère à la Fondation en 2003 (6'376'857.75 fr), en remboursement du prêt qui leur avait été accordé en 1996 pour acquérir les actions de la Société, et, d'autre part, le montant du refinancement accordé à cet effet par la banque G._ (2'900'000 fr.), soit 3'476'857 fr. Ce montant a ensuite été déduit du revenu des recourants après avoir été "amorti" sur une période de sept ans (soit 496'693 fr. par an), dont seule la moitié (soit 248'347 fr.) était déductible du revenu des recourants, l'autre moitié étant déductible dans le chef de son frère, co-actionnaire de la Société. Selon les recourants, le montant de 248'347 fr. est déductible à titre de perte, alternativement de provision, alors que la Cour de justice considère que les recourants n'ont fait que rembourser une dette, ce qui ne constitue pas une dépense déductible du revenu. En l'espèce, comme on le verra ci-dessous (cf. consid. 7), aucune des offres de preuve apportées par les recourants n'est de nature à influer sur le sort de la décision à rendre en ce qui concerne la déductibilité du montant de 248'347 fr. En effet, quand bien même il serait établi que, comme ils l'allèguent, tant la parcelle n° **** de la commune de Genève que la Société ont perdu de la valeur en 2003, ces faits ne seraient pas propres à entraîner l'admissibilité du recours. Il en va de même des explications qu'auraient fournies le comptable quant au raisonnement qui a mené à la revendication de la déduction alléguée. Le grief de violation du droit d'être entendu est partant infondé et doit être rejeté. III. Grief lié à l'établissement des faits et à l'appréciation des preuves 5. Invoquant l'art. 97 al. 1 LTF, les recourants se plaignent d'arbitraire dans l'établissement des faits et l'appréciation des preuves. 5.1. En vertu de cette disposition, le recours ne peut critiquer les constatations de fait que si les faits ont été établis de façon manifestement inexacte - notion qui correspond à celle d'arbitraire (ATF 137 I 58 consid. 4.1.2 p. 62) - ou en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF, et si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (ATF 137 III 226 consid. 4.2 p. 234; 135 III 127 consid. 1.5 p. 129 s.) 5.2. Les recourants reprochent aux juges précédents de s'être essentiellement fondés sur le contrat de prêt hypothécaire conclu avec la Banque D._ pour refuser les déductions invoquées et d'avoir ignoré le rapport d'estimation de la valeur de l'immeuble propriété de la Société, ainsi que l'attestation du 27 mai 2014 fournie par la banque J._ (anciennement banque G._), qui démontraient, selon eux, qu'ils avaient bien subi un "risque de perte commerciale réel et concret justifiant la provision comptabilisée". Ce risque était au demeurant confirmé par une proposition de financement avancée par la société d'assurance H._ Suisse le 14 mai 2003. 5.3. La diminution alléguée de la valeur de l'immeuble n'est toutefois pas un fait de nature à entraîner l'admissibilité de la déduction invoquée (cf. consid. 7 ci-dessous). On ne peut donc reprocher aux juges précédents de ne pas en avoir tenu compte. Le grief tiré de l'art. 97 al. 1 LTF est de ce fait rejeté. IV. Impôt fédéral direct 6. La première question à traiter porte sur le point de savoir si c'est à juste titre que la Cour de justice a déclaré le recours formé le 30 mai 2011 par les recourants s'agissant de l'impôt fédéral direct 2003 irrecevable pour tardiveté, aucune suspension de délai ne pouvant intervenir durant les féries en droit de l'impôt fédéral direct. Les recourants contestent cette décision d'irrecevabilité. 6.1. Conformément à l'art. 145 al. 2 LIFD, les art. 140 à 144 LIFD s'appliquent par analogie aux recours déposés en matière d'impôt fédéral direct devant la Cour de justice. Selon l'art. 140 al. 1 LIFD, le délai de recours est de 30 jours à compter de la notification de la décision attaquée. Passé ce délai, le recours n'est recevable que si le contribuable établit une cause d'empêchement au sens de l'art. 133 al. 3 LIFD. La LIFD ne prévoit pas de suspension de délais durant les féries (arrêts 2C_589/2013 du 17 janvier 2014 consid. 4, in RDAF 2014 II 78 et Pra 2014 p. 798; 2C_416/2013 du 5 novembre 2013 consid. 2.2, non publié in ATF 140 I 68, mais in RDAF 2014 II 40 et Pra 2014 p. 317; 2C_628/2010 du 28 juin 2011 consid. 3.1 non publié in 137 II 353, mais in RDAF 2011 II 405). La situation est ainsi différente de celle qui prévalait en 2011 en matière d'impôt cantonal et communal genevois: en effet, en vertu de l'art. 17A de la loi cantonale genevoise sur la procédure administrative (LPA; RSGE E 5 10), en vigueur lors du dépôt du recours devant la Cour de justice, les délais étaient suspendus durant les féries dans les litiges soumis aux règles de la loi sur la procédure fiscale, telles que ceux relevant de l'imposition des personnes physiques (cf. art. 1 let. a de la loi de procédure fiscale [LPFisc; RSGE D 3 17]). 6.2. Les recourants font valoir que la divergence qui existait entre le droit fédéral et le droit cantonal genevois en matière de suspension de délais durant les féries était une source de confusion évidente pour les contribuables qui, recevant une seule et même décision portant sur les deux types d'impôts, pouvaient légitimement en inférer qu'ils disposaient d'un seul délai de recours à son encontre. Ils soutiennent qu'il serait incohérent de considérer qu'il n'y avait pas de suspension de délai pour l'impôt fédéral direct, alors qu'il y en avait une pour l'impôt cantonal et communal, et soutiennent que la Cour de justice a versé dans l'arbitraire en retenant le contraire. Ils se prévalent également du principe de la bonne foi et font valoir, à titre subsidiaire, que la Cour de justice a fait preuve de formalisme excessif. 6.3. Il est douteux que la formulation des griefs de nature constitutionnelle répondent aux exigences de motivation accrues de l'art. 106 al. 2 LTF (cf. supra consid. 3.1). Ce point souffre toutefois de rester indécis, puisqu'ils doivent de toute manière être rejetés, pour les raisons exposées ci-après. Le Tribunal fédéral a déjà constaté que l'absence de féries en droit fédéral, lorsque le droit cantonal en prévoit, a pour conséquence un défaut d'harmonisation des solutions fédérales et cantonales. Dans de telles situation, il a toutefois exclu d'appliquer à l'impôt fédéral direct des règles de procédure cantonale concernant la suspension des délais pendant les féries, parce que, d'une part, cela impliquerait un accroissement de la disparité des règles de procédure que le principe d'harmonisation cherchait justement à éviter, et que, d'autre part, cela ne correspondait pas au droit fédéral. Il a ajouté que si l'harmonisation devait entraîner une modification législative pour coordonner les différents délais de recours, celle-ci devait passer par une adaptation du délai cantonal au délai fédéral, et non l'inverse (arrêt 2C_628/2010 du 28 juin 2011 consid. 3.1 précité; cf. également arrêts 2C_479/2015 du 5 juin 2015 consid. 3.2; 2C_55/2014 du 6 juin 2014 consid. 4.1; 2C_589/2013 précité consid. 4; 2C_416/2013 précité consid. 2.2; 2C_948/2013 du 25 octobre 2013 consid. 4; 2C_407/2012 du 23 novembre 2012 consid. 2.4, in StE 2013 B 92.8 Nr. 17; 2C_503/2010 du 11 novembre 2010 consid. 2; 2C_331/2008 du 27 juin 2008 consid. 1; 2A.248/2003 du 8 août 2003 consid. 3). C'est du reste ce qui s'est produit dans le canton de Genève, où l'art. 17A LPA a été abrogé avec effet au 16 novembre 2013, l'art. 63 LPA excluant par ailleurs expressément depuis cette date l'application des féries dans les procédures soumises aux règles de la LPFisc. La Cour de justice a ainsi correctement appliqué le droit fédéral, et les recourants ne sauraient le lui reprocher en invoquant l'arbitraire, la violation du principe de la bonne foi ou le formalisme excessif. Le fait qu'ils n'étaient pas représentés par un avocat lors du dépôt de leur recours ne leur est d'aucun secours. Par ailleurs, ils n'ont pas fait valoir de motif d'empêchement au sens de l'art. 133 al. 3 LIFD. C'est partant à bon droit que les juges précédents ont déclaré irrecevable leur recours en tant qu'il portait sur l'impôt fédéral direct de la période fiscale 2003. Au demeurant, comme exposé ci-après, les recourants n'auraient de toute façon pas obtenu gain de cause sur le fond s'agissant de la déduction litigieuse pour la période fiscale 2003. 7. Le deuxième objet du litige porte sur le point de savoir si les recourants étaient légitimés à déduire de leurs revenus un montant de 248'347 fr. pour chacune des périodes fiscales concernées. Les recourants font ici valoir des déductions qui peuvent être invoquées par des personnes qui exercent une activité lucrative indépendante: dans leurs conclusions, ils soutiennent en effet que la déduction du montant de 248'347 fr. doit être admise au titre de "perte commerciale", subsidiairement de "provision", faisant ainsi valoir une violation arbitraire des art. 27 al. 2 let. b et 29 LIFD. Dans leur mémoire de recours, ils invoquent aussi une violation arbitraire de l'art. 211 LIFD et mentionnent par ailleurs, sans citer l'art. 28 LIFD, la notion d'amortissement. Leur mémoire de recours évoque pêle-mêle ces différentes notions, en juxtaposant pour une large partie des passages divers de jurisprudence et de doctrine, de sorte qu'il n'est pas aisé de saisir dans quelle mesure le droit fédéral aurait été violé selon eux. La Cour de céans examinera donc le litige librement en fonction des notions de droit fédéral invoquées et sans limiter son pouvoir d'examen à l'arbitraire allégué, s'agissant de l'application de la LIFD. 7.1. Les contribuables exerçant une activité lucrative indépendante (art. 18 al. 1 LIFD) peuvent déduire les frais qui sont justifiés par l'usage commercial ou professionnel (art. 27 al. 1 LIFD). Font notamment partie de ces frais les pertes effectives sur des éléments de la fortune commerciale (art. 27 al. 2 let. b LIFD), les amortissements d'actifs (art. 27 al. 2 let. a et 28 LIFD) et les provisions (art. 27 al. 2 let. a et 29 LIFD). Conformément à l'art. 31 al. 1 LIFD, les pertes des sept exercices précédant la période fiscale (art. 40) peuvent être déduites pour autant qu'elles n'aient pas pu être prises en considération lors du calcul du revenu imposable des années concernées. Cette disposition correspond matériellement à l'ancien art. 211 LIFD, en vigueur pour les périodes fiscales litigieuses, qui a été abrogé et remplacé par l'art. 31 al. 1 LIFD au 1er janvier 2014 (cf. ch. I 1 de la loi fédérale du 22 mars 2013 sur la mise à jour formelle du calcul dans le temps de l'impôt direct dû par les personnes physiques [RO 2013 2397; FF 2011 3381]). Par ailleurs, l'art. 34 let. c LIFD dispose que les dépenses affectées au remboursement de dettes ne constituent pas des frais et dépenses déductibles. Peu importe que ces dépenses concernent la fortune privée ou commerciale du contribuable (cf. art. 18 al. 2 LIFD, PETER LOCHER, Kommentar zum DBG, 2004, n° 23 ad art. 34 DBG; FELIX RICHNER/ WALTER FREI/STEFAN KAUFMANN/HANS ULRICH MEUTER, Handkommentar zum DBG, 2e éd. 2009, n° 65 ad art. 34 DBG). 7.2. La Cour de justice a refusé les déductions invoquées au motif qu'elles ne représentaient que le remboursement d'une dette (art. 34 let. c LIFD). B.X._ avait obtenu en 1996, avec son frère, un prêt hypothécaire de 6'640'000 fr. pour acquérir la totalité des actions de la Société. Lorsque ce prêt avait été dénoncé en 2003 par la Fondation, les codébiteurs avaient été obligés de rembourser leur dette, à hauteur de 6'376'857.75 fr. (intérêts non compris), ce qu'ils avaient effectué en septembre 2003, ayant à cet effet obtenu un refinancement à hauteur de 2'900'000 fr. par la banque G._. Il en découlait que tant la part couverte par le refinancement que la part non couverte (soit 3'476'857.75 fr.) représentait bien le remboursement du solde de la dette contractée en 1996. Au surplus, les contribuables n'avaient pas prouvé avoir constitué une provision de 248'347 fr., une telle écriture n'apparaissant au demeurant pas dans les documents annexés à leurs déclarations fiscales. 7.3. Il est incontestable que le montant de 3'476'857.75 fr. que B.X._ et C.X._ ont payé à la Fondation en 2003 représente le remboursement d'une dette, ce qui ne constitue pas une dépense déductible (cf. art. 34 let. c LIFD), comme l'a constaté à juste titre la Cour de justice. Les recourants affirment toutefois que le contrat de prêt hypothécaire ne serait "qu'une conséquence qui ne peut être retenue dans le cadre de ce dossier". Ils soutiennent en effet qu'au vu de la diminution "drastique" de la valeur de l'immeuble, ils ont encouru en 2003 une perte déductible, respectivement qu'ils étaient légitimés à déduire une provision. Une telle position ne peut être suivie. 7.4. Il faut au préalable souligner que, lorsqu'ils soutiennent que les déductions qu'ils revendiquent sont justifiées par la diminution de la valeur de l'immeuble sis sur la parcelle n° **** de Genève, les recourants raisonnent comme si cet immeuble faisait partie de leur patrimoine, perdant de vue qu'il s'agit là d'un actif qui appartient à la Société et qu'ils ne sont, pour leur part, propriétaires que des titres de cette dernière. Or, les déductions qu'ils revendiquent, qui concernent toutes le revenu de l'activité lucrative indépendante (art. 18 al. 1 LIFD), supposent que les actions de la Société fassent partie de la fortune commerciale des recourants (art. 18 al. 2 LIFD). La Cour de justice, qui a centré son argumentation sur l'art. 34 let. c LIFD, n'a pas discuté cette question, et l'arrêt attaqué ne contient pas d'élément factuel qui permette de retenir une telle qualification (B.X._ y est en effet présenté comme gérant de fortune salarié, sans qu'il soit fait référence à une activité accessoire de commerçant immobilier). Ce point souffre de rester incertain, car même si l'on admet que les actions font partie de la fortune commerciale des recourants, les griefs qu'ils forment à l'encontre de l'arrêt attaqué doivent de toute manière être rejetés, comme démontré ci-après. 7.5. Le principe de l'autorité du bilan commercial ou de déterminance exprimé à l'art. 58 LIFD implique, en tant que règle d'estimation du revenu, que le compte de résultat conforme au droit commercial est en principe déterminant en droit fiscal des personnes morales (ATF 137 II 353 consid. 6.2 p. 359; arrêts 2C_768/2014 du 31 août 2015 consid. 9.1; 2C_16/2015 du 6 août 2015 consid. 2.2.2). Cela s'applique également aux personnes physiques qui exercent une activité lucrative indépendante ( MARKUS REICH, in Kommentar zum schweizerischen Steuerrecht, I/2a, Bundesgesetz über die direkte Bundessteuer, Art. 1-82, 2 e éd. 2008, n° 21 ad art. 18 DBG; LOCHER, op. cit., n° 174 ad art. 18 DBG). L'art. 18 al. 3 LIFD renvoie du reste à l'art. 58 LIFD, applicable par analogie aux contribuables indépendants qui tiennent une comptabilité en bonne et due forme. Si, selon sa lettre, l'art. 18 al. 3 LIFD n'envisage que les contribuables tenant une comptabilité, cela ne signifie pas pour autant que les indépendants qui n'en tiennent pas seraient soumis à des principes différents en matière d'estimation du revenu ( REICH, in op. cit., n° 22 ad art. 18 DBG). A défaut de comptabilité tenue conformément à l'usage commercial, l'indépendant doit alors joindre à sa déclaration fiscale un état des actifs et des passifs, un relevé des recettes et des dépenses ainsi que des prélèvements et apports privés (cf. art. 125 al. 2 LIFD; LOCHER, op. cit., n° 178 ad art. 18 DBG; REICH, in op. cit., n° 22 ad art. 18 DBG). L'exigence de comptabilisation apparaît également à l'art. 27 al. 2 let. b LIFD en relation avec les pertes effectives sur des éléments de fortune commerciale. A défaut de comptabilité tenue en bonne et due forme, ces pertes doivent alors figurer dans le relevé des recettes et des dépenses au sens de l'art. 125 al. 2 LIFD ( REICH, in op. cit., n° 43 ad art. 27 DBG). L'art. 28 al. 1 LIFD exige également que les amortissements soient comptabilisés ou, à défaut de comptabilité tenue selon l'usage commercial, qu'ils apparaissent dans un plan spécial d'amortissement. Quant aux provisions, elles doivent également être comptabilisées pour être admises (art. 29 al. 1 LIFD) ou, à défaut, figurer dans le relevé des recettes et des dépenses au sens de l'art. 125 al. 2 LIFD ( MARCO DUSS/MARCO GRETER/JULIA VON AH, Die Besteuerung Selbständigerwerbender, 2004, p. 82). Les exigences auxquelles doivent répondre les pièces comptables requises par l'art. 125 al. 2 LIFD dépendent des circonstances du cas d'espèce, en particulier du type d'activité et de l'ampleur de cette dernière. Dans tous les cas, elles doivent être propres à garantir une saisie complète et fiable du revenu et de la fortune liés à l'activité lucrative indépendante et pouvoir être contrôlées dans des conditions raisonnables par les autorités fiscales (arrêt 2C_551/2012 du 16 mai 2013 consid. 3.1 et les références citées, in StE 2013 B 23.3 Nr. 8). Cette exigence est d'autant plus importante lorsque le contribuable entend alléguer des faits de nature à éteindre ou à diminuer sa dette fiscale (ATF 121 II 257 consid. 4c/aa p. 266; arrêts 2C_835/2012 du 1 er avril 2013 consid. 7.2.2, in RDAF 2013 II 399; 2C_651/2012 du 28 septembre 2012 consid. 4.1), ce qui lui incombe de prouver (ATF 133 II 153 consid. 4.3 p. 158; arrêts 2C_42/2015 10 septembre 2015; 2C_109/2015 du 1 er septembre 2015 consid. 4.1). 7.6. En l'espèce, les recourants ne tenaient pas de comptabilité en bonne et due forme. Ils n'ont pas non plus produit d'état des actifs et des passifs, de relevé des recettes et des dépenses ni de prélèvements et apports privés, comme l'exigeait l'art. 125 al. 2 LIFD. Ils se sont limités à déduire dans leurs déclarations fiscales un montant de 248'347 fr. sous la rubrique "pertes sur droits et obligations". Une telle manière de faire est manifestement insuffisante pour admettre ces déductions du revenu d'activité lucrative indépendante, que ce soit au titre de perte effective sur des éléments de la fortune commerciale, d'amortissement ou de provision. Il n'est partant pas nécessaire d'examiner si, matériellement, les conditions de l'une ou l'autre des dispositions y relatives étaient remplies. 7.7. Les recourants invoquent également une violation de l'ancien art. 211 LIFD. Ce grief est confus. Dans la mesure où ils soutiennent qu'ils étaient légitimés à déduire la perte durant sept ans, à raison de 248'347 fr. par année, il semble qu'ils entendent faire valoir l'art. 211 LIFD conjointement avec l'art. 27 al. 2 let. b LIFD (déduction des pertes effectives), voire avec l'art. 29 LIFD (provision), en répartissant la perte sur une période de sept ans. Quoi qu'il en soit, les recourants n'ont manifestement pas compris la teneur de l'art. 211 LIFD, perdant de vue que cette norme concerne la perte de l'exercice (cf. Robert Danon, in Commentaire romand, Impôt fédéral direct, 2008, n° 2 ad art. 67 LIFD) et non pas les pertes commerciales encourues en cours d'exercice. Le grief de violation de l'art. 211 LIFD est partant rejeté. 7.8. Il découle de ce qui précède que la Cour de justice n'a pas violé le droit fédéral en refusant aux recourant le droit de déduire 248'347 fr. 8. Les recourants soutiennent ensuite qu'ils seraient "surtaxés" si la "perte commerciale, alternativement la provision", n'étaient pas admise en déduction de leurs revenus. Cette critique n'est à nouveau pas claire. Les recourants évoquent peut-être ici une violation du principe de l'imposition selon la capacité contributive (art. 127 al. 2 Cst.). Or, s'agissant d'un grief de nature constitutionnelle, sa formulation doit répondre aux exigences de motivation accrue de l'art. 106 al. 2 LTF (cf. ci-dessus consid. 3.1). Tel n'est pas le cas en l'espèce, les recourants n'ayant pas même cité l'art. 127 al. 2 Cst. ni mentionné le principe d'imposition selon la capacité contributive dans leurs mémoire. Le grief est partant irrecevable. 9. Les recourants reprochent finalement à la Cour de justice de n'avoir pas procédé à la révision de la taxation de la période fiscale 2003. Ils se plaignent d'une violation arbitraire de l'art. 148 (recte: 147) al. 1 LIFD. 9.1. Selon l'art. 147 al. 1 LIFD, une décision ou un prononcé entré en force peut être révisé en faveur du contribuable notamment lorsque des faits importants ou des preuves concluantes sont découverts (lettre a) ou lorsque l'autorité qui a statué n'a pas tenu compte de faits importants ou de preuves concluantes qu'elle connaissait ou devait connaître ou qu'elle a violé de quelque autre manière l'une des règles essentielles de la procédure (lettre b). Selon la lettre claire de l'art. 147 al. 1 LIFD, la révision suppose au préalable que l'on soit en présence d'une décision ou d'un prononcé qui soit entré en force. 9.2. Faisant valoir implicitement le motif de révision de l'art.147 al. 1 let. b LIFD, les recourants soutiennent que les autorités intimées avaient connaissance du fait que le recourant était poursuivi pour gestion déloyale dans le contexte dans une affaire Z._ en tant qu'administrateur de F._pour un montant correspondant à 6'212'000 fr. par administrateur, et qu'elles savaient également que les biens des recourants avaient été mis sous séquestre. Compte tenu de ces faits, une révision de leur taxation 2003 devait être effectuée. 9.3. En l'espèce, la Cour de justice a déclaré irrecevable la demande de révision que les recourants avaient déjà formulée devant le Tribunal administratif. Dès lors que la taxation pour la période fiscale 2003 était objet du recours devant les juges précédents, elle n'était pas entrée en force. La condition préalable à la révision d'une décision de taxation n'était partant pas remplie, de sorte que c'est à juste titre que les juges précédents ont déclaré irrecevable la demande des recourants. Il n'y a en conséquence pas lieu d'examiner s'il existait, sur le fond, un motif de révision. On peut toutefois relever que les motifs invoqués par les recourants ne sont de toute manière pas de nature à entraîner une révision de la taxation de l'année fiscale 2003: on ne voit en effet pas en quoi l'existence d'une poursuite pénale, quand bien même celle-ci aurait, à l'avenir, des conséquences sur la situation patrimoniale des intéressés, serait un fait de nature à influencer l'imposition des recourants en 2003, condition à l'application de l'art. 147 al. 1 LIFD ( HUGO CASANOVA, in Commentaire romand, Impôt fédéral direct, 2008, n° 5 ad art. 147 LIFD). Les recourants ne l'exposent du reste pas. Le grief de violation de l'art. 147 al. 1 LIFD est partant rejeté. VI. Impôt cantonal et communal 10. 10.1. En droit cantonal, la loi sur l'imposition des personnes physiques du 27 septembre 2009 (LIPP; RS/GE D 3 08) prévoit que les impôts relatifs aux périodes fiscales antérieures à 2010 demeurent régis par les dispositions de l'ancien droit, soit notamment la loi cantonale du 22 septembre 2000 sur l'imposition des personnes physiques - Détermination du revenu net - Calcul de l'impôt et rabais d'impôt - Compensation des effets de la progression à froid (aLIPP-V). Les notions cantonales de provisions (art. 3 al. 3 let. e aLIPP-V), de report des pertes des exercices (art. 3 al. 3 let. f aLIPP-V), de dépenses non déductibles telles que les sommes affectées au remboursement de dettes (art. 9 let. c aLIPP-V), d'amortissements (art. 3 al. 3 let. d aLIPP-V), ainsi que les obligations qui incombent aux personnes physiques exerçant une activité lucrative indépendante (art. 29 al. 2 LPFisc) correspondent à celles de l'impôt fédéral direct et à celles de la LHID (cf. art. 10 al. 1 let. a, b, c et al. 2 LHID et art. 42 al. 3 LHID). Partant, les considérations développées pour l'impôt fédéral direct trouvent également à s'appliquer à l'impôt cantonal et communal des périodes fiscales 2003 à 2005. 10.2. En ce qui concerne la question de la révision de la taxation de la période fiscale 2003, l'art. 55 LPFisc a une teneur identique à celles des art. 51 LHID et 147 al. 1 LIFD. Il peut dès lors aussi être renvoyé à la motivation exposée ci-dessus, qui vaut également pour l'impôt cantonal et communal de la période fiscale 2003. Conséquences, ainsi que frais et dépens 11. Ce qui précède conduit au rejet du recours en matière de droit public, dans la mesure de sa recevabilité, et à l'irrecevabilité du recours constitutionnel subsidiaire. Succombant, les recourants doivent supporter les frais judiciaires, solidairement entre eux (art. 66 al. 1et 5 LTF). Il n'y a pas lieu d'allouer des dépens (art. 68 al. 3 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Les causes 2C_89/2015 et 90/2015 sont jointes. 2. Le recours constitutionnel subsidiaire est irrecevable. 3. Le recours en matière de droit public est rejeté, dans la mesure de sa recevabilité, en tant qu'il concerne l'impôt fédéral direct des périodes fiscales 2003, 2004 et 2005. 4. Le recours en matière de droit public est rejeté, dans la mesure de sa recevabilité, en tant qu'il concerne l'impôt cantonal et communal des périodes fiscales 2003, 2004 et 2005. 5. Les frais judiciaires, arrêtés à 6'000 fr., sont mis à la charge des recourants, solidairement entre eux. 6. Le présent arrêt est communiqué au mandataire des recourants, à l'Administration fiscale cantonale du canton de Genève, à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre administrative, 1ère section, et à l'Administration fédérale des contributions. Lausanne, le 23 octobre 2015 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président : Zünd La Greffière : Vuadens
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 2C_275/2014 Arrêt du 18 mars 2014 IIe Cour de droit public Composition M. le Juge fédéral Seiler, Juge présidant. Greffier: M. Dubey. Participants à la procédure A._ et B._, recourants, contre Tribunal régional du Littoral et du Val-de-Travers, Chambre de conciliation, case postale 3173, 2000 Neuchâtel, intimée. Objet Assistance judiciaire dans une procédure de responsabilité d'un agent de la collectivité publique, recours contre l'ordonnance du Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel, Cour civile, Autorité de recours en matière civile, du 26 février 2014. Considérant en fait et en droit: 1. Par ordonnance du 26 février 2014, l'Autorité de recours en matière civile du canton de Neuchâtel a rejeté la demande d'assistance judiciaire que B._ et A._ ont déposée avec le recours qu'ils ont interjeté le 17 février 2014 contre l'ordonnance du 12 février 2014 de la Chambre de conciliation du Tribunal régional du Littoral et du Val-de-Travers leur refusant l'octroi de l'assistance judiciaire dans la procédure en conciliation en vue de l'obtention de dommage et intérêts introduite contre C._, la cause apparaissant dépourvue de chance de succès. Elle a jugé que la cause était effectivement dénuée de chance de succès parce que la demande de dommage et intérêts était dirigée directement contre un agent de la collectivité publique alors que le lésé ne pouvait diriger son action contre l'agent tenu pour responsable mais devait adresser ses prétentions contre la collectivité publique au Département des finances et de la santé en application des art. 9 et 11 al. 1 de la loi cantonale sur la responsabilité des collectivités publiques et de leurs agents. 2. Par courrier posté le 17 mars 2014, B._ et A._ adressent au Tribunal fédéral une opposition à l'ordonnance du 26 février 2014. Ils demandent que leur soit accordée une somme de 1'000'000 fr. pour tord moral en raison de l'ingérence grave de C._ dans leur droit à l'autorité parentale et leurs droits de la personnalité et humains, ce qu'un arrêt du Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel du 7 octobre 2013 aurait, selon eux, constaté. 3. Selon la jurisprudence, l'objet de la contestation qui peut être portée devant le Tribunal fédéral est déterminé par la décision attaquée et par les conclusions (art. 107 al. 1 LTF) des parties (arrêt 2C_941/2012 du 9 novembre 2013 consid. 1.8.1 et les nombreuses références). La partie recourante ne peut par conséquent pas prendre des conclusions ni formuler de griefs allant au-delà de l'objet du litige. En l'espèce, la décision attaquée porte uniquement sur la question de savoir si la Chambre de conciliation du Tribunal régional du Littoral et du Val-de-Travers pouvait refuser de leur octroyer l'assistance judiciaire. Les conclusions des recourants tendant à ce que leur soit allouée une somme à titre de réparation pour tord moral sont par conséquent irrecevables. Il en va de même des griefs formulés à l'appui de ces conclusions. 4. Le recours en matière de droit public est recevable contre une décision incidente qui porte sur l'assistance judiciaire dès lors qu'elle peut causer un préjudice irréparable (cf. art. 93 al. 1 let. a LTF) du moment qu'elle a été notifiée séparément par un tribunal supérieur de dernière instance cantonale dans une matière de droit public qui n'entre pas dans les exceptions de l'art. 83 LTF (art. 82, 86 al. 1 let. d et al. 2 LTF). 5. Le recours en matière de droit public, sauf dans les cas cités expressément par l'art. 95 LTF, ne peut pas être formé pour violation du droit cantonal en tant que tel. En revanche, il est toujours possible de faire valoir que la mauvaise application du droit cantonal constitue une violation du droit fédéral, en particulier qu'elle est arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. ou contraire à un droit fondamental (ATF 135 III 513 consid. 4.3 p. 521/522; 133 III 462 consid. 2.3 p. 466). Il appartient toutefois à la partie recourante d'invoquer de tels griefs et de les motiver d'une manière suffisante (cf. art. 106 al. 2 LTF; ATF 133 II 249 consid. 1.4.2 p. 254). S'agissant de l'application arbitraire du droit cantonal, celle-ci doit donc préciser en quoi l'acte attaqué serait arbitraire, ne reposerait sur aucun motif sérieux et objectif, apparaîtrait insoutenable ou heurterait gravement le sens de la justice (ATF 133 II 396 consid. 3.2 p. 400; 128 I 295 consid. 7a p. 312). En l'espèce, les recourants n'invoquent la violation d'aucun droit constitutionnel ni n'expose concrètement en quoi l'instance précédente aurait appliqué arbitrairement ou de manière contraire à un autre droit fondamental le droit cantonal en matière d'assistance judiciaire en jugeant que la cause était dénuée de chance de succès parce qu'ils s'en prenaient à tord directement à l'agent de la collectivité publique. 6. Ne répondant pas aux exigences de motivation de l'art. 106 al. 2 LTF, le recours est ainsi manifestement irrecevable (art. 108 al. 1 let. b LTF) et doit être traité selon la procédure simplifiée de l'art. 108 LTF, sans qu'il y ait lieu d'ordonner un échange d'écritures. Il se justifie de ne pas percevoir de frais de justice (art. 66 al. 1 LTF). Il n'est pas alloué de dépens (art. 68 LTF). Par ces motifs, le Juge présidant prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 3. Le présent arrêt est communiqué aux recourants, à C._, au Tribunal régional du Littoral et du Val-de-Travers, Chambre de conciliation, et au Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel, Cour civile, Autorité de recours en matière civile. Lausanne, le 18 mars 2014 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Juge présidant: Seiler Le Greffier: Dubey
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 8C_172/2021 Arrêt du 18 mai 2021 Ire Cour de droit social Composition M. le Juge fédéral Abrecht, en qualité de juge unique. Greffière : Mme Elmiger-Necipoglu. Participants à la procédure A._, recourant, contre Caisse nationale suisse d'assurance en cas d'accidents (CNA), Fluhmattstrasse 1, 6004 Lucerne, intimée. Objet Assurance-accidents (condition de recevabilité), recours contre l'arrêt de la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre des assurances sociales, du 22 décembre 2020 (A/3619/2019). Considérant : que le 1er avril 2019, A._ a annoncé une rechute de l'accident du 31 juillet 2014 à la Caisse nationale d'assurance suisse en cas d'accidents (CNA), que par décision du 19 juin 2019, confirmée sur opposition le 30 août 2019, la CNA a considéré que l'état de l'épaule gauche ne s'était pas aggravé depuis la décision du 22 décembre 2015, par laquelle elle avait nié le droit à une rente d'invalidité, que A._ a déféré la décision sur opposition du 30 août 2019 devant la Chambre des assurances sociales de la Cour de Justice de de la République et canton de Genève (ci-après: la cour cantonale), que par arrêt du 22 décembre 2020, la cour cantonale a rejeté son recours, que A._ interjette un recours en matière de droit public contre cet arrêt, que selon l'art. 108 al. 1 let. b LTF, le président de la cour décide en procédure simplifiée de ne pas entrer en matière sur les recours dont la motivation est manifestement insuffisante (art. 42 al. 2 LTF), qu'il peut confier cette tâche à un autre juge (art. 108 al. 2 LTF), que selon l'art. 42 al. 1 et 2 LTF, le recours doit indiquer, entre autres exigences, les conclusions, les motifs et les moyens de preuve, en exposant en quoi l'acte attaqué est contraire au droit, que pour satisfaire à l'obligation de motiver, la partie recourante doit discuter les motifs de la décision entreprise et indiquer précisément en quoi elle estime que l'autorité précédente a méconnu le droit, de telle sorte que l'on comprenne clairement, à la lecture de son exposé, quelles règles de droit auraient été, selon elle, transgressées par la juridiction précédente (ATF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4; 140 III 86 consid. 2), qu'en l'espèce, le recourant se contente de solliciter l'octroi d'une rente entière d'invalidité, en faisant valoir que l'état de son épaule gauche se serait aggravé, que dans son écriture, il critique uniquement la décision de la CNA, que ce faisant, il ne discute pas la motivation de l'arrêt attaqué et n'explique pas en quoi celui-ci violerait le droit ou résulterait d'une constatation incomplète ou erronée des faits (art. 97 al. 2 LTF), que le recours ne répond dès lors manifestement pas aux exigences de motivation de l'art. 42 al. 1 et 2 LTF et doit être déclaré irrecevable, qu'au regard des circonstances, il y a exceptionnellement lieu de renoncer à percevoir des frais judiciaires (art. 66 al. 1, 2e phrase, LTF), par ces motifs, le Juge unique prononce : 1. Le recours est irrecevable. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties, à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre des assurances sociales, et à l'Office fédéral de la santé publique. Lucerne, le 18 mai 2021 Au nom de la Ire Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Juge unique : Abrecht La Greffière : Elmiger-Necipoglu
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 1B_366/2010 Urteil vom 22. November 2010 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Féraud, Präsident, Bundesrichter Fonjallaz, Eusebio, Gerichtsschreiber Stohner. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, vertreten durch Rechtsanwalt Reto Gasser, gegen Staatsanwaltschaft des Kantons Solothurn, Barfüssergasse 28, Postfach 157, 4502 Solothurn. Gegenstand Sicherheitshaft, Beschwerde gegen das Urteil vom 5. Oktober 2010 des Haftgerichts des Kantons Solothurn. Sachverhalt: A. Die Staatsanwaltschaft des Kantons Solothurn führt gegen X._ eine Strafuntersuchung wegen qualifizierter Widerhandlung gegen das Betäubungsmittelgesetz. X._ wird vorgeworfen, mit 12'244 Gramm Kokaingemisch gehandelt zu haben. Zusätzlich soll er 91 Gramm Kokaingemisch besessen und gelagert sowie Anstalten getroffen haben zum Verkauf von 59 Gramm Kokaingemisch. X._ wurde am 27. August 2008 verhaftet und in Untersuchungshaft versetzt, welche mehrmals verlängert wurde. Seit dem 29. April 2009 befindet er sich im vorzeitigen Strafvollzug. Die Staatsanwaltschaft erhob am 29. September 2010 Anklage ans Richteramt Solothurn-Lebern, Strafabteilung, und stellte zugleich dem Haftgericht des Kantons Solothurn Antrag auf Anordnung von Sicherheitshaft. Mit Urteil vom 5. Oktober 2010 hiess das Haftgericht diesen Antrag gut. B. Mit Beschwerde in Strafsachen vom 8. November 2010 beantragt X._, das Urteil des Haftgerichts vom 5. Oktober 2010 aufzuheben und ihn aus der Sicherheitshaft zu entlassen, unter Kosten- und Entschädigungsfolgen zulasten des Kantons Solothurn. Des Weiteren sei ihm die unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung zu gewähren. Die Staatsanwaltschaft beantragt, die Beschwerde sei abzuweisen. Das Haftgericht verzichtet auf eine Vernehmlassung. Erwägungen: 1. Gemäss Art. 78 Abs. 1 BGG beurteilt das Bundesgericht Beschwerden gegen Entscheide in Strafsachen. Ein kantonales Rechtsmittel gegen den angefochtenen Entscheid steht nicht zur Verfügung. Die Beschwerde ist nach Art. 80 i.V.m. Art. 130 Abs. 1 BGG zulässig. Der Beschwerdeführer nahm vor der Vorinstanz am Verfahren teil und hat ein rechtlich geschütztes Interesse an der Aufhebung des angefochtenen Entscheids. Er ist nach Art. 81 Abs. 1 BGG zur Beschwerde berechtigt. Das Bundesgericht kann nach Art. 107 Abs. 2 BGG bei Gutheissung der Beschwerde in der Sache selbst entscheiden. Der Antrag auf Haftentlassung ist somit zulässig (vgl. BGE 133 I 270 E. 1.1 S. 272 f.). Da auch die übrigen Sachurteilsvoraussetzungen erfüllt sind, ist auf die Beschwerde einzutreten. 2. Die Sicherheitshaft schränkt die persönliche Freiheit des Beschwerdeführers ein (Art. 10 Abs. 2 i.V.m. Art. 31 BV, Art. 5 EMRK). Eine Einschränkung dieses Grundrechts ist zulässig, wenn sie auf einer gesetzlichen Grundlage beruht, im öffentlichen Interesse liegt und verhältnismässig ist; zudem darf sie den Kerngehalt des Grundrechts nicht beeinträchtigen (Art. 36 BV). Im vorliegenden Fall steht ein Freiheitsentzug und damit eine schwerwiegende Einschränkung der persönlichen Freiheit in Frage. Es bedarf deshalb sowohl nach Art. 36 Abs. 1 Satz 2 BV als auch nach Art. 31 Abs. 1 BV einer Grundlage im Gesetz selbst. Nach § 43 Abs. 2 der Strafprozessordnung des Kantons Solothurn vom 7. Juni 1970 (StPO/SO; BGS 321.1) ist die Anordnung von Untersuchungs- und Sicherheitshaft gegen eine Person zulässig, wenn diese einer mit Freiheitsstrafe bedrohten Tat dringend verdächtig ist und zudem ein besonderer Haftgrund (Flucht-, Kollusions- oder Fortsetzungsgefahr) gegeben ist. Die Sicherheitshaft ist durch mildere Massnahmen zu ersetzen, sofern sich der Haftzweck auch auf diese Weise erreichen lässt (vgl. § 53 StPO/SO; siehe auch BGE 135 I 71 E. 2.3 S. 73). Bei Beschwerden, die gestützt auf das Recht der persönlichen Freiheit wegen der Anordnung von Untersuchungs- oder Sicherheitshaft erhoben werden, prüft das Bundesgericht im Hinblick auf die Schwere des Eingriffs die Auslegung und Anwendung des kantonalen Prozessrechts frei. Soweit jedoch reine Sachverhaltsfragen und damit Fragen der Beweiswürdigung zu beurteilen sind, greift das Bundesgericht nur ein, wenn die tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz offensichtlich unrichtig sind oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruhen (Art. 97 Abs. 1 i.V.m. Art. 105 Abs. 2 BGG; BGE 135 I 71 E. 2.5 S. 73 f.). 3. 3.1 Der Beschwerdeführer macht sinngemäss eine willkürliche Beweiswürdigung und Sachverhaltsfeststellung geltend. Der Schluss der Vorinstanz auf eine gehandelte Menge von über zwölf Kilogramm Kokaingemisch sei unhaltbar. Aufgrund der Aussagen von zwei Abnehmern der Drogen, Y._ und Z._, sei von einer um mindestens fünf Kilogramm geringeren Menge auszugehen. Ebenso wenig könne ihm gewerbsmässiges Handeln angelastet werden, habe doch der Verkauf des Kokaingemischs nur eine marginale bzw. vernachlässigbare Einkommensquelle dargestellt. 3.2 Die Staatsanwaltschaft hat in der Anklageschrift begründet, weshalb sie von einer Menge von über 12 Kilogramm Kokaingemisch ausgeht und damit die Aussagen von Y._ und Z._ insoweit als nicht glaubhaft erachtet. Der Beschwerdeführer setzt sich mit der in der Anklage vorgenommenen Berechnung der Drogenmenge nicht auseinander, sondern legt einzig seine eigene Sicht der Dinge dar. Hierdurch vermag er keine Willkür darzutun. Gleiches gilt für seine nicht näher belegte Behauptung, der Verkauf der Drogen habe bloss eine vernachlässigbare Einkommensquelle dargestellt. Im Übrigen wird es Aufgabe des erkennenden Strafgerichts sein, die Beweisergebnisse im Hinblick auf die einzelnen Anklagepunkte einer umfassenden Würdigung zu unterziehen. Zusammenfassend erweist sich folglich die Rüge der willkürlichen Sachverhaltsermittlung als unbegründet. 4. 4.1 Der Beschwerdeführer bringt vor, die Vorinstanz bejahe den besonderen Haftgrund der Fluchtgefahr zu Unrecht. Seine Ehefrau, welche ihn im Strafvollzug regelmässig besuche, lebe zusammen mit den beiden gemeinsamen Kindern im Kanton Solothurn. Ihm liege viel daran, den Kontakt zu seiner Familie aufrechtzuerhalten. Des Weiteren betreibe er ein relativ gut laufendes Geschäft im Bereich Export von Elektrogeräten und Pneuhandel. Es bestehe kein Grund, dieses Geschäft aufzugeben und sich in ein anderes Land abzusetzen, in welchem er keine Zukunftsperspektive habe und getrennt von seiner Familie leben müsste. 4.2 Die Vorinstanz erwägt, dem Beschwerdeführer drohe eine mehrjährige Freiheitsstrafe, weshalb damit gerechnet werden müsse, dass er sich bei einer Freilassung dem Strafverfahren durch Flucht entziehen würde. Auch seine persönlichen Verhältnisse liessen keinen anderen Schluss zu. Im Fall einer Verurteilung sei absehbar, dass er seine Niederlassungsbewilligung in der Schweiz verlieren würde. Zukunftsperspektiven habe er hierzulande keine und auch das Verhältnis zu seiner Ehefrau und den beiden Kindern habe sich in der Zwischenzeit relativiert. Während er, soweit ersichtlich, in der Schweiz über kein soziales Netz verfüge, bestünden gute Kontakte zu seinem Heimatland Nigeria, wohin er nachweislich mehrmals Geld überwiesen und sich offensichtlich eine zweite Existenz aufgebaut habe. Zusammenfassend liege damit Fluchtgefahr vor. Der Haftzweck lasse sich nicht mit milderen Massnahmen erreichen, sei doch insbesondere davon auszugehen, dass auch eine Schriftensperre den Beschwerdeführer nicht daran hindern würde, nach Nigeria zurückzukehren. 4.3 Die Staatsanwaltschaft führt in ihrer Vernehmlassung unter Bezugnahme auf die Verfahrensakten aus, der Beschwerdeführer sei seit seinem Antritt des vorzeitigen Strafvollzugs Ende April 2009 nur fünf Mal von seiner Ehefrau in der Strafanstalt besucht worden. Er habe bereits vor seiner Verhaftung getrennt von seiner Familie gelebt und verfüge in der Schweiz über keine Bezugspersonen. Hingegen habe er in Nigeria enge Familienangehörige und besitze dort ein Haus. Mit seinem Exportgeschäft, das heisst mit dem gelegentlichen Verkauf von Autos nach Nigeria, habe er nachweislich nur sehr bescheidene Einnahmen erzielt. 4.4 Nach der Rechtsprechung des Bundesgerichts braucht es für die Annahme von Fluchtgefahr eine gewisse Wahrscheinlichkeit, dass sich die beschuldigte Person, wenn sie in Freiheit wäre, dem Vollzug der Strafe durch Flucht entziehen würde. Hierfür sind die gesamten konkreten Verhältnisse in Betracht zu ziehen. Es müssen Gründe bestehen, die eine Flucht nicht nur als möglich, sondern als wahrscheinlich erscheinen lassen. Die Schwere der drohenden Strafe darf als ein Indiz für Fluchtgefahr gewertet werden, genügt jedoch für sich allein nicht, um den Haftgrund zu bejahen. Mit zu berücksichtigen sind die familiären Bindungen, die berufliche und finanzielle Situation und die Kontakte zum Ausland (Urteil des Bundesgerichts 1B_247/2010 vom 13. August 2010 E. 2.4). 4.5 Die Bejahung von Fluchtgefahr durch die Vorinstanz verletzt kein Bundesrecht. Dem Beschwerdeführer droht eine mehrjährige Freiheitsstrafe (vgl. auch nachfolgend E. 5.3), was einen gewichtigen Anreiz zur Flucht darstellt. Ebenso sprechen seine persönlichen Verhältnisse für eine beträchtliche Fluchtgefahr. Mit seinen Ausführungen vermag der Beschwerdeführer die tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz, wonach er kein enges Verhältnis zu seiner Ehefrau und den beiden Kindern pflege, sich hingegen in Nigeria eine zweite Existenz aufgebaut habe, nicht als unhaltbar erscheinen zu lassen. 5. 5.1 Der Beschwerdeführer rügt, er sei seit dem 27. August 2008 und damit seit rund zwei Jahren und drei Monaten in Haft, sodass er seine Strafe mittlerweile bereits annähernd verbüsst haben dürfte. Demzufolge stelle sich die Frage der Verhältnismässigkeit der Haftdauer. 5.2 Gemäss Art. 31 Abs. 3 BV und Art. 5 Ziff. 3 EMRK hat eine sich in strafprozessualer Haft befindliche Person Anspruch darauf, innerhalb einer angemessenen Frist richterlich abgeurteilt zu werden oder während des Strafverfahrens aus der Haft entlassen zu werden. Eine übermässige Haftdauer stellt eine unverhältnismässige Beschränkung dieses Grundrechts dar. Die Haftdauer ist dann übermässig, wenn die Haftfrist die mutmassliche Dauer der zu erwartenden freiheitsentziehenden Sanktion übersteigt. Bei der Prüfung der Verhältnismässigkeit der Haftdauer ist namentlich der Schwere der untersuchten Straftaten Rechnung zu tragen. Das Gericht darf die Haft nur so lange erstrecken, als sie nicht in grosse zeitliche Nähe der (im Falle einer rechtskräftigen Verurteilung) konkret zu erwartenden Dauer der freiheitsentziehenden Sanktion rückt (BGE 133 I 168 E. 4.1 S. 170; 133 I 270 E. 3.4.2 S. 281). 5.3 Dem Beschwerdeführer wird angelastet, mit mehr als 12 Kilogramm Kokaingemisch gehandelt zu haben. Das ihm vorgeworfene deliktische Vorgehen und die sehr grosse Drogenmenge wiegen schwer. Aufgrund der Aktenlage ist mit einer Verurteilung des Beschwerdeführers zu einer mehrjährigen, die bisherige Haftdauer deutlich übersteigenden Freiheitsstrafe zu rechnen (zur Strafzumessung im Betäubungsmittelbereich vgl. insbesondere Thomas Fingerhuth/Christof Tschurr, BetmG, Kommentar, 2. Aufl. Zürich 2007, Art. 47 StGB N. 18 ff., insb. N. 30). Die Möglichkeit der bedingten Entlassung nach zwei Dritteln der Strafe gemäss Art. 86 Abs. 1 StGB ist dabei praxisgemäss nicht zu berücksichtigen (Urteil des Bundesgerichts 1B_3/2010 vom 25. Januar 2010 E. 4.2). Das Verhältnismässigkeitsprinzip steht folglich im Ergebnis der Aufrechterhaltung der Sicherheitshaft bis zur erstinstanzlichen Hauptverhandlung nicht entgegen. 6. 6.1 Der Beschwerdeführer macht schliesslich eine Verletzung des Beschleunigungsgebots im Untersuchungsverfahren geltend, da zwischen seiner letzten Einvernahme zur Sache und der eigentlichen Schlusseinvernahme mehr als acht Monate vergangen seien. 6.2 Die Rüge, das Strafverfahren werde nicht mit der verfassungs- und konventionsrechtlich gebotenen Beschleunigung geführt, ist im Haftprüfungsverfahren nur soweit zu beurteilen, als die Verfahrensverzögerung geeignet ist, die Rechtmässigkeit der Untersuchungs- bzw. Sicherheitshaft in Frage zu stellen und zu einer Haftentlassung zu führen. Dies ist nur der Fall, wenn die Verzögerung besonders schwer wiegt und die Strafverfolgungsbehörden oder Gerichte etwa durch eine schleppende Ansetzung von Einvernahme- oder Verhandlungsterminen erkennen lassen, dass sie nicht gewillt sind, das Verfahren mit der für Haftfälle notwendigen Beschleunigung voranzutreiben und zum Abschluss zu bringen. Ist die gerügte Verzögerung des Verfahrens weniger gravierend, kann offen bleiben, ob eine Verletzung des Beschleunigungsgebots vorliegt. Es genügt diesfalls, die zuständige Behörde zur besonders beförderlichen Weiterführung des Verfahrens anzuhalten und die Haft gegebenenfalls allein unter der Bedingung der Einhaltung bestimmter Fristen zu bestätigen. Ob eine Verletzung des Beschleunigungsgebots gegeben ist, kann in der Regel erst das Sachgericht unter der gebotenen Gesamtwürdigung beurteilen. Dieses wird darüber zu befinden haben, in welcher Weise - zum Beispiel durch eine Strafreduktion - es eine allfällige Verletzung des Beschleunigungsgebots berücksichtigt (vgl. Urteil des Bundesgerichts 1B_3/2010 vom 25. Januar 2010 E. 4.1). 6.3 Im vorliegenden Fall sind keine schweren prozessualen Versäumnisse der Strafverfolgungsbehörden ersichtlich, die eine Weiterdauer der Haft als verfassungswidrig erscheinen liessen. Die Vielzahl der dem Beschwerdeführer vorgeworfenen Drogengeschäfte und der in das Verfahren involvierten Personen machten ein ausgedehntes Beweisverfahren mit diversen Einvernahmen notwendig. Ebenso dürfte sich die Ausarbeitung der Anklageschrift aufwändig gestaltet haben. Angesichts der Komplexität des Verfahrens dürfte die Zeitspanne bis zur Anklageerhebung im Ergebnis nicht als übermässig lange einzustufen sein. Letztlich kann diese Frage jedoch offen bleiben, denn jedenfalls liegt keine schwere Verletzung des Beschleunigungsgebots vor, die nach der angeführten Rechtsprechung geeignet wäre, die Rechtmässigkeit der Haft in Frage zu stellen. Dies ändert allerdings nichts daran, dass das zuständige Strafgericht das Verfahren nunmehr beförderlich zum Abschluss zu bringen hat. 7. Zusammenfassend ergibt sich, dass die Beschwerde abzuweisen ist. Der Beschwerdeführer ersucht um unentgeltliche Prozessführung und Rechtsverbeiständung. Da die gesetzlichen Voraussetzungen erfüllt sind, kann dem Gesuch entsprochen werden (Art. 64 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird gutgeheissen. 2.1 Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2.2 Rechtsanwalt Reto Gasser wird zum unentgeltlichen Rechtsbeistand ernannt und für das bundesgerichtliche Verfahren aus der Bundesgerichtskasse mit Fr. 2'000.-- entschädigt. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, der Staatsanwaltschaft und dem Haftgericht des Kantons Solothurn sowie dem Richteramt Solothurn-Lebern, Strafabteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 22. November 2010 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Féraud Stohner
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 6B_474/2020 Urteil vom 15. Juni 2020 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Denys, Präsident, Gerichtsschreiberin Arquint Hill. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, gegen Staatsanwaltschaft Limmattal/Albis, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Drohung etc., Widerruf; Nichteintreten, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Zürich, II. Strafkammer, vom 14. Februar 2020 (SB190439-O/U/cs). Der Präsident zieht in Erwägung: 1. Die Partei, die das Bundesgericht anruft, hat einen Kostenvorschuss zu bezahlen (Art. 62 Abs. 1 BGG). 2. Dem Beschwerdeführer wurde mit Verfügung vom 29. April 2020 Frist bis zum 14. Mai 2020 und mit Verfügung vom 25. Mai 2020 die gesetzlich vorgeschriebene Nachfrist bis zum 8. Juni 2020 angesetzt, um dem Bundesgericht einen Kostenvorschuss von Fr. 800.- zu leisten, unter Androhung, dass ansonsten auf das Rechtsmittel nicht eingetreten werde (vgl. Art. 62 Abs. 3 BGG). 3. Beide Verfügungen wurden mittels Gerichtsurkunde versandt und konnten zugestellt werden. Der Kostenvorschuss ging innert Nachfrist nicht ein, so dass auf die Beschwerde androhungsgemäss im Verfahren nach Art. 108 BGG nicht einzutreten ist. 4. Die Gerichtskosten sind dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 15. Juni 2020 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Denys Die Gerichtsschreiberin: Arquint Hill
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 8C_213/2020 Urteil vom 19. Mai 2020 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Maillard, Präsident, Bundesrichter Wirthlin, Bundesrichterin Viscione, Gerichtsschreiber Wüest. Verfahrensbeteiligte A._, vertreten durch Procap Schweiz, Beschwerdeführer, gegen IV-Stelle des Kantons Graubünden, Ottostrasse 24, 7000 Chur, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Invalidenversicherung (Invalidenrente; Arbeitsunfähigkeit), Beschwerde gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Graubünden vom 22. Januar 2020 (S 18 86). Sachverhalt: A. A.a. Bei A._, geboren 1988, ist seit dem Alter von 18 Monaten eine Cerebralparese bekannt. Im Jahr 1994 wurde bei ihm ein Hirntumor (Astrozytom) operativ entfernt. Die Invalidenversicherung gewährte im Zusammenhang mit den anerkannten Geburtsgebrechen Ziff. 384 und 390 Kostengutsprache für medizinische Massnahmen. A.b. Nach seinem Lehrabbruch im Jahr 2007 meldetet sich A._ im Mai 2008 unter Hinweis auf eine psychische Erkrankung bei der IV-Stelle Bern für berufliche Massnahmen an. Diese erteilte Kostengutsprache für ein Arbeitstraining als Vorbereitung für die Weiterführung der Lehre sowie den Aufenthalt in einer Wohn- und Arbeitsgemeinschaft im Kanton B._ (Mitteilung vom 29. Dezember 2009). Im Anschluss sprach sie dem Versicherten eine erstmalige berufliche Ausbildung zum Drucktechnologen zu (Mitteilung vom 23. Juli 2010). Wegen wiederholter Verstösse gegen die Hausregeln in der Wohn- und Arbeitsgemeinschaft forderte die gestützt auf einen Delegationsauftrag zuständige IV-Stelle des Kantons Tessin A._ dazu auf, seiner Schadenminderungspflicht nachzukommen (Schreiben vom 12. August 2013). Da sich der Versicherte weiterhin nicht an die Abmachungen hielt (unter anderem wiederholter Drogenkonsum), brach die IV-Stelle Bern die beruflichen Massnahmen per 31. Oktober 2013 ab (Verfügung vom 9. Dezember 2013). Mit unangefochten gebliebener Verfügung vom 10. Februar 2014 wies die IV-Stelle das Leistungsbegehren des Versicherten wegen Verletzung der Schadenminderungspflicht ab. A.c. Am 4. September 2014 meldete sich A._ erneut zum Leistungsbezug an. Die nunmehr zuständige IV-Stelle des Kantons Graubünden gewährte ihm Kostengutsprache für das 3. und 4. Ausbildungsjahr zum Drucktechnologen EFZ (Mitteilungen vom 29. Juni und 18. August 2015). Nachdem der Versicherte die Abschlussprüfung bestanden hatte, schloss die IV-Stelle die beruflichen Massnahmen ab (Mitteilung vom 12. August 2016). Aufgrund der weiterhin bestehenden Suchtproblematik forderte sie A._ mit Schreiben vom 27. Oktober 2016 zur dreimonatigen Suchtmittelabstinenz auf, damit seine Arbeitsfähigkeit beurteilt werden könne. In der Folge veranlasste sie eine psychiatrische Begutachtung in der Swiss Medical Assessment- and Business-Center AG (SMAB). Gestützt auf die Expertise des Dr. med. C._, Facharzt für Psychiatrie und Psychotherapie, vom 4. August 2017 kündigte die IV-Stelle dem Versicherten die Abweisung seines Rentengesuchs an (Vorbescheid vom 26. Oktober 2017). Daran hielt sie mit Verfügung vom 22. Mai 2018 fest. B. Die hiergegen erhobene Beschwerde wies das Verwaltungsgericht des Kantons Graubünden mit Entscheid vom 22. Januar 2020 ab. C. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten lässt A._ beantragen, es sei ihm in Aufhebung des angefochtenen Entscheids und der Verfügung der IV-Stelle "ab wann rechtens" eine Invalidenrente zuzusprechen. Eventualiter sei die Sache zu weiteren Abklärungen an die IV-Stelle zurückzuweisen. Zudem wird um unentgeltliche Rechtspflege ersucht. Während die IV-Stelle und die Vorinstanz auf Abweisung der Beschwerde schliessen, verzichtet das Bundesamt für Sozialversicherungen (BSV) auf eine Vernehmlassung. Erwägungen: 1. 1.1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzungen gemäss Art. 95 und 96 BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG), doch prüft es, unter Berücksichtigung der allgemeinen Pflicht zur Begründung der Beschwerde (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen, sofern allfällige weitere rechtliche Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (BGE 141 V 234 E. 1 S. 236 mit Hinweisen). Es legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG), und kann eine - für den Ausgang des Verfahrens entscheidende (vgl. Art. 97 Abs. 1 BGG) - Sachverhaltsfeststellung nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht (Art. 105 Abs. 2 BGG). 1.2. Die Sachverhaltsfeststellung und Beweiswürdigung der Vorinstanz ist nicht schon dann offensichtlich unrichtig (willkürlich), wenn sich Zweifel anmelden, sondern erst, wenn sie eindeutig und augenfällig unzutreffend ist. Es genügt somit nicht, dass eine andere Lösung ebenfalls in Betracht fällt, selbst wenn diese als die plausiblere erscheint. Willkür liegt insbesondere vor, wenn die Vorinstanz offensichtlich unhaltbare Schlüsse gezogen, erhebliche Beweise übersehen oder solche grundlos ausser Acht gelassen hat (Urteil 8C_89/2019 vom 19. Juni 2019 E. 2.2 mit Hinweisen). Solche Mängel sind in der Beschwerde aufgrund des strengen Rügeprinzips (vgl. Art. 106 Abs. 2 BGG) klar und detailliert aufzuzeigen (BGE 130 I 258 E. 1.3 S. 261 f.). Auf ungenügend begründete Rügen oder bloss allgemein gehaltene appellatorische Kritik am angefochtenen Entscheid tritt das Bundesgericht nicht ein (BGE 144 V 50 E. 4.2 S. 53 mit Hinweisen). 2. 2.1. Streitig und zu prüfen ist, ob das kantonale Gericht Bundesrecht verletzte, indem es die leistungsablehnende Verfügung der Beschwerdegegnerin vom 22. Mai 2018 bestätigt hat. 2.2. Das kantonale Gericht hat die für die Beurteilung des Rentenanspruchs gemäss Art. 28 Abs. 1 IVG massgeblichen Bestimmungen und die von der Rechtsprechung entwickelten Grundsätze, insbesondere zur Erwerbsunfähigkeit (Art. 7 ATSG) und zur Invalidität (Art. 8 Abs. 1 ATSG in Verbindung mit Art. 4 Abs. 1 IVG), zutreffend dargelegt. Richtig sind auch die Ausführungen zum Beweiswert sowie zur Beweiswürdigung ärztlicher Berichte und Gutachten (BGE 143 V 124 E. 2.2.2 S. 126 f.; 137 V 210 E. 6.2.2 S. 269; 134 V 231 E. 5.1 S. 232; 125 V 351 E. 3 S. 352 mit Hinweisen). Darauf wird verwiesen. 3. 3.1. Das kantonale Gericht mass dem psychiatrischen Gutachten des Dr. med. C._ vom 4. August 2017 volle Beweiskraft bei. Der Experte habe schlüssig dargelegt, dass beim Beschwerdeführer eine bipolare affektive Störung mit rezidivierenden hypomanischen Episoden (ICD-10 F31.82) vorliege. Er habe zudem nachvollziehbar und unter Beachtung der massgebenden Indikatoren ausgeführt, dass der Versicherte in seiner bisherigen wie auch in einer angepassten Tätigkeit zu 80 % arbeitsfähig sei, wobei Fähigkeitsstörungen in den Bereichen Durchhaltefähigkeit, Flexibilität, Umstellungsfähigkeit und Selbstbehauptungsfähigkeit bestünden. Es bestehe kein Raum für eine losgelöste juristische Parallelüberprüfung. Sodann verneinte das kantonale Gericht das Vorliegen einer Frühinvalidität im Sinne von Art. 26 IVV. Es sei vielmehr davon auszugehen, dass der Beschwerdeführer die erworbenen beruflichen Fähigkeiten auf dem ausgeglichenen Arbeitsmarkt im gleichen Ausmass verwerten könne wie eine nichtinvalide Person. Folglich sei das von der IV-Stelle ermittelte Valideneinkommen von Fr. 54'600.- nicht zu beanstanden. Weiter erachtete die Vorinstanz den von der IV-Stelle vorgenommenen Prozentvergleich als zulässig, da für beide hypothetischen Einkommen der Lohn massgebend sei, den der Beschwerdeführer in seiner Tätigkeit als Drucktechnologe erzielen könnte. Der Invaliditätsgrad entspreche demnach der Arbeitsunfähigkeit von 20 %. Ein Leidensabzug falle bei dieser Berechnungsweise ausser Betracht. Wie die Vorinstanz weiter ausführte, ergäbe sich selbst dann ein rentenausschliessender Invaliditätsgrad (von 25 %), wenn das Invalideneinkommen gestützt auf die Tabellenlöhne der Schweizerischen Lohnstrukturerhebungen (LSE) 2014 berechnet und der - hier allerdings nicht gerechtfertigte - maximale Leidensabzug von 25 % gewährt würde. 3.2. Der Beschwerdeführer bestreitet in medizinischer Hinsicht den Beweiswert des SMAB-Gutachtens. So sei die Kokainabhängigkeit (ICD-10 F14.2) bei der Beurteilung der Arbeits- und Leistungsfähigkeit zu Unrecht nicht berücksichtigt worden. Die Expertise unterscheide zwischen Diagnosen mit und ohne Auswirkungen auf die Arbeitsfähigkeit, was gemäss BGE 145 V 215 nicht mehr zulässig sei. Indem die Vorinstanz auf weitere Abklärungen zur Abhängigkeitserkrankung verzichtet und auf ein Gutachten abgestellt habe, das die Auswirkungen der Kokainabhängigkeit auf das funktionelle Leistungsvermögen nicht im Rahmen des vorgeschriebenen strukturierten Beweisverfahrens geprüft habe, habe sie den Untersuchungsgrundsatz verletzt sowie Beweise willkürlich gewürdigt. Insbesondere der Komplex "Persönlichkeit" sei nur ungenügend geprüft worden. In diesem Zusammenhang wirft der Beschwerdeführer der Vorinstanz zudem eine Verletzung der Begründungspflicht vor. In erwerblicher Hinsicht macht der Versicherte im Wesentlichen geltend, es liege eine Frühinvalidität vor, weshalb das Valideneinkommen gemäss Art. 26 IVV festzulegen sei. 4. 4.1. Für die Festsetzung der Arbeitsfähigkeit bei psychischen Leiden definiert das strukturierte Beweisverfahren gemäss BGE 141 V 281 systematisierte Indikatoren, die - unter Berücksichtigung leistungshindernder äusserer Belastungsfaktoren einerseits und allfälliger Kompensationspotentiale (Ressourcen) anderseits - erlauben, das tatsächlich erreichbare Leistungsvermögen einzuschätzen (BGE 141 V 281 E. 2 S. 285 ff., E. 3.4-3.6 und 4.1 S. 291 ff.). Bei der Beurteilung der Arbeitsfähigkeit haben sich sowohl die medizinischen Sachverständigen als auch die Organe der Rechtsanwendung in ihrer Einschätzung des Leistungsvermögens an den normativen Vorgaben zu orientieren, die Gutachter im Idealfall gemäss der entsprechend formulierten Fragestellung (BGE 141 V 281 E. 5.2 S. 306 f.). 4.2. Mit BGE 145 V 215 hat das Bundesgericht vor dem Hintergrund der Rechtsprechung zur Ausdehnung des strukturierten Beweisverfahrens gemäss BGE 141 V 281 auf sämtliche psychischen Störungen (BGE 143 V 409 und 418) und nach vertiefter Auseinandersetzung mit den Erkenntnissen der Medizin die bisherige Rechtsprechung, wonach primäre Abhängigkeitssyndrome bzw. Substanzkonsumstörungen zum vornherein keine invalidenversicherungsrechtlich relevanten Gesundheitsschäden darstellen können und ihre funktionellen Auswirkungen deshalb keiner näheren Abklärung bedürfen, fallen gelassen (E. 5.3.3). Es hat entschieden, dass fortan - gleich wie bei allen anderen psychischen Erkrankungen - nach dem strukturierten Beweisverfahren zu ermitteln sei, ob und gegebenenfalls inwieweit sich ein fachärztlich diagnostiziertes Abhängigkeitssyndrom im Einzelfall auf die Arbeitsfähigkeit der versicherten Person auswirke. Dabei kann und muss im Rahmen des strukturierten Beweisverfahrens insbesondere dem Schweregrad der Abhängigkeit im konkreten Einzelfall Rechnung getragen werden (E. 6.3). Diesem komme nicht zuletzt deshalb Bedeutung zu, weil bei Abhängigkeitserkrankungen - wie auch bei anderen psychischen Störungen - oft eine Gemengelage aus krankheitswertiger Störung sowie psychosozialen und soziokulturellen Faktoren vorliege. Letztere seien auch bei Abhängigkeitserkrankungen auszuklammern, wenn sie direkt negative funktionelle Folgen zeitigen würden. Weiter wird im Urteil festgehalten, dass auch bei Vorliegen eines Abhängigkeitssyndroms die Schadenminderungspflicht (Art. 7 IVG) zur Anwendung komme, so dass von der versicherten Person etwa die aktive Teilnahme an zumutbaren medizinischen Behandlungen verlangt werden könne (Art. 7 Abs. 2 lit. d IVG). Komme sie den ihr auferlegten Schadenminderungspflichten nicht nach, sondern erhalte sie willentlich den krankhaften Zustand aufrecht, sei nach Art. 7b Abs. 1 IVG i.V.m. Art. 21 Abs. 4 ATSG eine Verweigerung oder Kürzung der Leistungen möglich (E. 5.3.1). 4.3. Gelangt der Rechtsanwender nach der Beweiswürdigung zum Schluss, ein Gutachten erfülle sowohl die mit BGE 141 V 281 definierten versicherungsmedizinischen Massstäbe wie auch die allgemeinen rechtlichen Beweisanforderungen (BGE 134 V 231 E. 5.1 S. 232), ist es beweiskräftig, und die darin formulierten Stellungnahmen zur Arbeitsfähigkeit sind zu übernehmen. Eine davon losgelöste juristische Parallelüberprüfung nach Massgabe des strukturierten Beweisverfahrens soll nicht stattfinden (vgl. BGE 145 V 361 E. 4.3 S. 368; Urteile 8C_423/2019 vom 7. Februar 2020 E. 3.2.3; 9C_560/2019 vom 21. Januar 2020 E. 3.2.2). 5. 5.1. 5.1.1. Der Beschwerdeführer macht geltend, im SMAB-Gutachten sei die Kokainabhängigkeit bei der Beurteilung der Arbeits- und Leistungsfähigkeit zu Unrecht unberücksichtigt geblieben. 5.1.2. Dem ist zunächst entgegenzuhalten, dass auch bei Abhängigkeitssyndromen - nicht anders als bei den meisten Erkrankungen - kein direkter Zusammenhang besteht zwischen Diagnose und Arbeits (un) fähigkeit bzw. Invalidität. Vielmehr sind die Auswirkungen des bestehenden Gesundheitsschadens auf die funktionelle Leistungsfähigkeit im Einzelfall für die Rechtsanwendenden nachvollziehbar ärztlich festzustellen (BGE 145 V 215 E. 6.1 S. 227 mit Hinweis). 5.1.3. Das kantonale Gericht traf in Bezug auf die Relevanz der Kokainabhängigkeit keine Feststellungen, was insoweit nicht zu beanstanden ist, als der Beschwerdeführer im kantonalen Verfahren selber keine suchtmittelbedingte Arbeitsunfähigkeit behauptete. Infolge zwischenzeitlicher Änderung der Rechtsprechung in Bezug auf primäre Suchterkrankungen (vgl. E. 4.2 hiervor) drängt sich aber eine Ergänzung des Sachverhalts auf (vgl. E. 1.1 hiervor). Dr. med. C._ stellte in seinem Gutachten vom 4. August 2017 zwei Diagnosen: zum einen eine bipolare affektive Störung mit rezidivierenden hypomanischen Episoden (ICD-10 F31.82) und zum anderen eine Kokainabhängigkeit (ICD-10 F14.2). Letztere führte er unter den Diagnosen ohne Auswirkung auf die Arbeitsfähigkeit auf. Er wies auf die Schwierigkeiten bei der diagnostischen Einordnung des vorliegenden psychiatrischen Krankheitsbildes hin, wobei er die Diagnose einer bipolaren affektiven Störung nachvollziehbar und überzeugend herleitete. In Bezug auf die Suchterkrankung hielt er fest, der Versicherte habe ab dem 19. Lebensjahr Kokain konsumiert. Ab August 2016 sei es zu einem längeren Unterbruch gekommen. Dieser habe aber offensichtlich nur so lange angedauert, wie die von der IV-Stelle veranlassten Kontrollen durchgeführt worden seien, nämlich bis Ende Februar 2016 (richtig: 2017). Seither konsumiere der Versicherte wieder Kokain. Ab März 2017 bestehe eindeutig Rückfälligkeit. 5.1.4. Entgegen den Einwänden des Versicherten hat der Gutachter die Auswirkungen der Kokainabhängigkeit im Rahmen des strukturierten Beweisverfahrens geprüft. So hielt Dr. med. C._ etwa zur Ausprägung der diagnoserelevanten Befunde fest, das Symptom "Drang nach Suchtmitteln" sei bezüglich Kokain sehr deutlich ausgeprägt. Das zeige die Rückfälligkeit im März 2017. Die IV-Stelle weist in ihrer Vernehmlassung indessen zu Recht darauf hin, dass der Beschwerdeführer seinen Drogenkonsum in der Vergangenheit unterbrechen konnte. Auch dem Gutachter ist nicht entgangen, dass der Versicherte ab August 2016 bis Ende Februar 2017 seinen Kokainkonsum sistieren konnte. Der Unterbruch habe offensichtlich aber nur so lange gedauert, wie die IV-Stelle Kontrollen habe durchführen lassen. Dem Beschwerdeführer ist es demnach offenbar gelungen, die von der IV-Stelle verlangte Suchtmittelabstinenz (vgl. Schreiben vom 27. Oktober 2016) - gemäss Angaben im Gutachten bereits ab August 2016 - einzuhalten und über die geforderte Dauer von drei Monaten hinaus aufrechtzuerhalten. Nach dem Rückfall im März 2017 hat er gemäss eigenen Angaben bis zur gutachterlichen Untersuchung am 13. Juli 2017 ca. zehn Mal Kokain konsumiert, zuletzt vier Wochen vor der Begutachtung. Er gab an, längerfristig schon damit aufhören zu wollen, derzeit aber noch nicht. Dr. med. C._ nannte als verbleibende Therapieoptionen die regelmässige Medikamenteneinnahme und die Abstinenz von Suchtmitteln. Eine krankheitsbedingte Unfähigkeit zur Therapieadhärenz verneinte er. Zu den Wechselwirkungen der gestellten Diagnosen führte er aus, es liege eine bipolare affektive Störung mit rezidivierenden hypomanischen Episoden vor. Darüber hinaus sei davon auszugehen, dass wiederholt auch Zustände kokainbedingter Euphorisierung aufgetreten seien. Daraus erhellt, dass nach Ansicht des Gutachters die bipolare Störung im Vordergrund steht. Es erscheint insgesamt, insbesondere mit Blick auf die eingehaltene mehrmonatige Suchtmittelabstinenz und den seit März 2017 immerhin reduzierten Drogenkonsum, nachvollziehbar, dass der Gutachter die Kokainabhängigkeit den Diagnosen ohne Auswirkung auf die Arbeitsfähigkeit zuordnete. Insoweit ist nicht zu beanstanden, dass sich die Vorinstanz zu keinen weiteren Abklärungen in Bezug auf das Suchtgeschehen veranlasst sah. Eine Verletzung des Untersuchungsgrundsatzes ist darin nicht zu erblicken. 5.2. Weiter trifft es zwar zu, dass die eigentliche Standardindikatorenprüfung im Sinne von BGE 141 V 281 im SMAB-Gutachten vom 4. August 2017 knapp ausgefallen ist, was auch die Vorinstanz einräumt. Dies ändert aber nichts daran, dass sich der Experte an den massgeblichen Indikatoren orientiert hat. Sodann ist es nicht erforderlich, dass das kantonale Gericht die Indikatoren einzeln aufführt und festhält, dass diese den normativen Vorgaben Rechnung tragen (Urteil 8C_423/2019 vom 7. Februar 2020 E. 3.2.4). Dies ist nur nötig, falls die Vorinstanz die medizinische Indikatorenprüfung nicht als schlüssig erachtet (Urteil 8C_465/2019 vom 12. November 2019 E. 7.3; vgl. auch E. 4.3 hiervor). Solchenfalls hat sie darzulegen, inwiefern sich der Gutachter nicht an die normativen Vorgaben gehalten hat. Im Übrigen zeigt der Beschwerdeführer nicht substanziiert auf, inwiefern die Ausführungen des Gutachters zum Komplex "Persönlichkeit" unvollständig resp. die gestützt darauf ergangenen Feststellungen der Vorinstanz offensichtlich unrichtig sein sollen. Dasselbe gilt in Bezug auf den Abschnitt "Eingliederungserfolg oder -resistenz". Das kantonale Gericht führte hierzu aus, dem Schlussbericht des Einsatzprogramms "pro vision" vom 11. Juli 2017 sei nicht zu entnehmen, dass der Beschwerdeführer bereits mit kleineren Aufgaben überfordert gewesen sei. Zudem habe der Gutachter eine Berufsanamnese vorgenommen und im Rahmen der Vorgeschichte gemäss Aktenlage auch Dokumente der beruflichen Eingliederung aufgeführt. Ausserdem mangle es den Äusserungen des Berufsberaters über den instabilen Gesundheitszustand des Versicherten aufgrund fehlender medizinsicher Fachkenntnisse an Aussagekraft. Die Frage nach den noch zumutbaren Tätigkeiten und Arbeitsleistungen sei ohnehin nach Massgabe der objektiv feststellbaren Gesundheitsschädigung in erster Linie durch die Ärzte und nicht durch die Eingliederungsfachleute auf der Grundlage der von ihnen erhobenen, subjektiven Arbeitsleistung zu beantworten. Inwiefern diese Beweiswürdigung der Vorinstanz offensichtlich unrichtig sein soll, vermag der Beschwerdeführer mit seinen Vorbringen nicht darzutun. Eine Verletzung der Begründungspflicht und damit des rechtlichen Gehörs ist in diesem Zusammenhang ebenfalls nicht erkennbar. 5.3. Bei seiner Einschätzung der 20%igen Arbeitsunfähigkeit aufgrund der diagnostizierten bipolaren affektiven Störung mit rezidivierenden hypomanischen Episoden (ICD-10 F31.82) stützte sich Dr. med. C._ auf seine Untersuchung und die dabei erhobenen - weitestgehend unauffälligen - Befunde sowie auf die vorhandenen Akten. Dabei trug er auch dem Umstand Rechnung, dass Schwankungen der Symptomatik inhärent sind. Die bipolare Störung bezeichnete er als aktuell remittiert. Er wies zudem darauf hin, dass in den Akten nie über eine manische, sondern immer nur über eine hypomanische Symptomatik berichtet worden sei. Weiter berücksichtigte der Gutachter, dass sich der Beschwerdeführer nach eigenen Angaben im erlernten Beruf als Drucktechnologe ein Pensum von 80 % zutraue. Inwiefern diese Äusserung auf eine fehlende Krankheitseinsicht zurückzuführen sein soll, wird in der Beschwerde nicht näher dargelegt. Dies ergibt sich auch nicht aus dem Gutachten. Als geeignete Tätigkeiten bezeichnete Dr. med. C._ schliesslich sachbetonte, gut strukturierte und emotional wenig belastende Arbeiten. Unregelmässige Arbeitszeiten sowie Nachtschichten sollten vermieden werden. Nicht geeignet seien Tätigkeiten, die den ständigen Kontakt zu Suchtmitteln erfordere. Entgegen den Vorbringen des Versicherten leuchtet die Einschätzung einer 80%igen Arbeitsfähigkeit in der erlernten Tätigkeit als Drucktechnologe wie auch in anderen leidensadaptierten Tätigkeiten ein. Dass in Bezug auf Arbeitsunfähigkeitsschätzungen ein Ermessensspielraum besteht, liegt in der Natur der Sache (Urteil 9C_28/2019 vom 18. Juni 2019 E. 4.1). 5.4. Nach dem Gesagten hat die Vorinstanz dem SMAB-Gutachten vom 4. August 2017 zu Recht Beweiskraft beigemessen. Folglich ist auch nicht zu beanstanden, dass sie die darin attestierte Arbeitsfähigkeit von 80 % übernommen hat (vgl. E. 4.3 hiervor). Insgesamt gibt der Versicherte hinsichtlich der gutachterlichen Indikatorenprüfung die eigene Sichtweise wieder, wie die medizinischen Akten zu würdigen und welche rechtlichen Schlüsse daraus zu ziehen seien. Dies genügt nicht, um die Beurteilung der Arbeitsfähigkeit im angefochtenen Entscheid im Ergebnis in tatsächlicher Hinsicht als offensichtlich unrichtig oder anderweitig als bundesrechtswidrig erscheinen zu lassen (vgl. nicht publ. E. 6.3 des Urteils BGE 141 V 25, veröffentlicht in: SVR 2015 KV Nr. 8 S. 29, 9C_535/2014; Urteil 8C_827/2018 vom 10. April 2019 E. 6.2.3). 6. Streitig ist sodann, ob beim Beschwerdeführer eine Frühinvalidität gegeben und das Valideneinkommen folglich gemäss Art. 26 Abs. 1 IVV festzulegen ist. 6.1. Die Vorinstanz verneinte das Vorliegen einer Frühinvalidität. Sie begründete dies damit, dass die Schwierigkeiten des Versicherten in seinem beruflichen Alltag nicht auf die seit seiner Kindheit bestehende Cerebralparese und den 1994 entfernten Hirntumor zurückzuführen seien. Auch die psychischen Beschwerden hätten nicht dazu geführt, dass er keine zureichenden beruflichen Kenntnisse im Sinne von Art. 26 Abs. 1 IVV habe erwerben können. Aktenkundig sei er vielmehr mit Hilfe der von der IV-Stelle zugesprochenen beruflichen Massnahmen in der Lage gewesen, die Lehre zum Drucktechnologen erfolgreich abzuschliessen. Den seither bestehenden objektivierbaren Einschränkungen (Fähigkeitsstörungen in den Bereichen Durchhaltefähigkeit, Flexibilität und Selbstbehauptungsfähigkeit) werde bereits im Rahmen der medizinisch attestierten reduzierten Arbeitsfähigkeit Rechnung getragen. Das kantonale Gericht kam nach Würdigung der medizinischen Sachlage zum Schluss, dass der Beschwerdeführer die erworbenen beruflichen Fähigkeiten auf dem ausgeglichenen Arbeitsmarkt im gleichen Ausmass verwerten könne wie eine nichtinvalide Person. 6.2. Der Beschwerdeführer wendet dagegen ein, seine gesundheitlichen Einschränkungen, insbesondere seine psychische Labilität, die Überforderung im Umgang mit Menschen und der Substanzkonsum bei Schwierigkeiten, würden sich wie ein roter Faden durch sein Leben ziehen. Bereits im Kindesalter hätten gewisse Verhaltensauffälligkeiten bestanden. Ab dem Teenageralter habe er in Stresssituationen diverse Suchtmittel konsumiert. Es bestehe ein relevanter Zusammenhang zwischen den anerkannten Geburtsgebrechen, der psychischen Labilität und der Abhängigkeitserkrankung. Im Übrigen sei unbestritten, dass er die erworbenen Fähigkeiten auf dem ausgeglichenen Arbeitsmarkt nicht ohne Nachteil ummünzen könne. 6.3. Dem Beschwerdeführer ist insoweit beizupflichten, als unter die Bestimmung von Art. 26 Abs. 1 IVV nicht nur all jene Personen fallen, die wegen ihrer Invalidität überhaupt keine Berufsausbildung absolvieren können, sondern ebenso Versicherte, die zwar eine Berufsausbildung abschliessen, zu deren Beginn jedoch bereits invalid waren und die absolvierte Ausbildung wegen ihrer Invalidität auf dem ausgeglichenen Arbeitsmarkt nicht in gleicher Weise "ummünzen" können wie nichtbehinderte Personen mit derselben (ordentlichen) Ausbildung (Urteil 9C_233/2018 vom 11. April 2019 E. 1.2). Mit seinen Vorbringen vermag er indessen nicht in der geforderten Weise (vgl. E. 1.2 hievor) darzutun, inwiefern die Beweiswürdigung der Vorinstanz das Willkürverbot oder sonstwie Bundesrecht verletzen soll. Zunächst zeigt er nicht auf, auf welche medizinische Grundlage er seine Annahme stützt, es bestünde ein Zusammenhang zwischen seinen Geburtsgebrechen, den psychischen Beschwerden und dem Konsum von Suchtmitteln. Weiter bestehen die festgestellten Fähigkeitsstörungen gemäss Feststellungen der Vorinstanz erst seit Abschluss der Lehre zum Drucktechnologen, was mit Blick darauf, dass Dr. med. C._ eine 80%ige Arbeitsfähigkeit seit Ende der Lehre attestiert, nicht offensichtlich unrichtig erscheint. Entgegen den Vorbringen in der Beschwerde ist somit nicht zu beanstanden, dass es das kantonale Gericht nach Würdigung der medizinischen Akten in erwerblicher Hinsicht nicht als überwiegend wahrscheinlich erachtete, der Beschwerdeführer könne die erworbenen beruflichen Fähigkeiten auf dem ausgeglichenen Arbeitsmarkt nicht im gleichen Ausmass verwerten wie eine nichtinvalide Person. Im Übrigen wird die Berechnung des Invaliditätsgrades nicht bestritten, weshalb es bei einem rentenausschliessenden Invaliditätsgrad von 20 % sein Bewenden hat. 6.4. Selbst wenn aber von einer Frühinvalidität auszugehen und das Valideneinkommen folglich gemäss Art. 26 Abs. 1 IVV zu bestimmen wäre, könnte der Beschwerdeführer daraus nichts zu seinen Gunsten ableiten. Das Valideneinkommen wäre diesfalls für das Jahr 2016 auf Fr. 74'250.- festzusetzen (vgl. IV-Rundschreiben Nr. 329). Das Invalideneinkommen wäre basierend auf den Tabellen der Schweizerischen Lohnstrukturerhebung (LSE) zu bestimmen, wie der Beschwerdeführer im kantonalen Beschwerdeverfahren selber auch gefordert hatte. In Anwendung der LSE 2014 (Tabelle TA1_tirage_skill_level, Total, Männer, Kompetenzniveau 1) würde dies zu einem Invalideneinkommen von Fr. 53'626.10 führen (5'312 x 12 / 40 x 41,7 / 103,2 x 104,1 x 0,8), was einen Invaliditätsgrad von 28 % ergäbe. Ein Abzug vom Tabellenlohn - sollte ein solcher denn überhaupt angezeigt sein - würde 15 % jedenfalls nicht übersteigen, sodass sich ein Invaliditätsgrad von höchstens 39 % ergäbe, was ebenfalls keinen Rentenanspruch begründen würde. 7. Zusammenfassend ist nicht zu beanstanden, dass die Vorinstanz die einen Rentenanspruch ablehnende Verfügung der IV-Stelle vom 22. Mai 2018 schützte. 8. Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 65 BGG). Die Gerichtskosten werden dem unterliegenden Beschwerdeführer auferlegt (Art. 66 Abs. 1 BGG). Die unentgeltliche Rechtspflege (im Sinne der vorläufigen Befreiung von den Gerichtskosten und der unentgeltlichen Verbeiständung, Art. 64 Abs. 1 und Abs. 2 BGG) kann gewährt werden. Es wird indessen ausdrücklich auf Art. 64 Abs. 4 BGG aufmerksam gemacht, wonach die begünstigte Partei der Bundesgerichtskasse Ersatz zu leisten haben wird, wenn sie später dazu im Stande ist. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Dem Beschwerdeführer wird die unentgeltliche Rechtspflege gewährt und Rechtsanwältin Karin Wüthrich wird als unentgeltliche Anwältin bestellt. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt, indes vorläufig auf die Bundesgerichtskasse genommen. 4. Der Rechtsvertreterin des Beschwerdeführers wird aus der Bundesgerichtskasse eine Entschädigung von Fr. 2800.- ausgerichtet. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Graubünden, 3. Kammer als Versicherungsgericht, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 19. Mai 2020 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Maillard Der Gerichtsschreiber: Wüest
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 4P.169/2005 /ech Arrêt du 9 janvier 2006 Ire Cour civile Composition MM. et Mme les Juges Corboz, président, Favre et Kiss. Greffier: M. Carruzzo. Parties A._, recourant, représenté par Me Fidèle Joye, contre F._ et G._, intimés, tous deux représentés par Me David Lachat, Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève, case postale 3108, 1211 Genève 3. Objet art. 9 et 29 al. 1 Cst.; procédure civile genevoise, recours de droit public contre l'arrêt de la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève du 13 mai 2005. Faits: Faits: A. A.a L'Entreprise Générale X._ Sàrl (ci-après: X._ Sàrl) avait trois associés, dont le gérant, B._, et le père de celui-ci, A._. En 2000, ce dernier a fait inscrire une entreprise sous la forme d'une raison individuelle et ses pouvoirs dans la société à responsabilité limitée ont été radiés. A.b En 1998, un projet de construction, à Z._, de huit villas jumelles, livrables clés en main, a été élaboré. La promotion devait être réalisée par B._. Les travaux de construction seraient exécutés, pour l'essentiel, par X._ Sàrl. Cependant, la banque appelée à financer le projet a refusé que B._ agisse comme promoteur et elle a exigé que l'architecte C._ assure la direction du chantier. Le prénommé s'est, dès lors, retiré de la promotion contre paiement de ses honoraires de pilotage. Le 9 mai 1999, C._ a établi un devis général pour chacune des huit villas. Les travaux de gros oeuvre à effectuer par "X._" y étaient mentionnés, sous la rubrique n° 211, pour un total de 157'862 fr. Une série d'autres travaux, à exécuter par "X._", y étaient également indiqués. Sous le titre "Villas Z._", A._ a dressé un tableau, daté de mai 1999, énumérant 61 postes pour un total de 140'800 fr. Ce tableau ne comporte ni signature ni référence à son auteur. Il n'est pas établi qu'il ait été porté à la connaissance des acquéreurs des villas. On ne sait pas non plus quand il a été remis à l'architecte et rien ne prouve que celui-ci l'aurait accepté à titre de soumission. Le 10 septembre 1999, un contrat d'entreprise SIA, portant sur la construction des huit villas et devant lier C._, en tant que représentant des maîtres de l'ouvrage, d'une part, ainsi que X._ Sàrl, en qualité d'entrepreneur, d'autre part, a été rédigé. Selon ce contrat, qui renvoyait systématiquement au devis général du 9 mai 1999, les travaux énumérés sous la rubrique n° 211 étaient adjugés à cette entreprise pour un prix de 157'862 fr. par villa. Le contrat en question n'a pas été signé par les parties. Toutefois, X._ Sàrl a signé le cahier des charges spéciales et A._ les plans, toutes pièces faisant partie intégrante du contrat d'entreprise. A.c Le 14 février 2000, C._ a conclu avec F._ et G._ un contrat d'architecte SIA auquel était annexé le devis général du 9 mai 1999, modifié le 17 décembre 1999. Les travaux de maçonnerie figuraient sur ce contrat, sous le poste n° 211, pour le montant de 157'862 fr., avec référence audit devis. Par acte notarié des 9 mars et 31 juillet 2000, F._ et G._ ont acquis la propriété d'une parcelle sur laquelle devait être construite l'une des huit villas. En cours d'exécution de l'ouvrage, les parties se sont mises d'accord pour modifier l'attribution de certains travaux mentionnés dans le devis général. A titre de travaux complémentaires, A._ a réalisé, outre l'agrandissement du sous-sol, dont le coût a été fixé d'accord entre les parties à 13'227 fr. 80, le crépissage des façades, devisé à 16'800 fr. L'exécution de cette partie de l'ouvrage s'est révélée défectueuse. A.d F._ et G._ ont emménagé dans leur villa à fin mai 2001. A._ s'est lui-même porté acquéreur de l'une des villas en novembre 2000. Il a alors signé le devis général du 9 mai 1999 qui lui a été communiqué à cette occasion. A.e A._ a établi différentes factures qu'il a envoyées, jusqu'en avril 2001, à l'architecte C._. Les factures étaient adressées à l'architecte qui envoyait ensuite des bons de paiement à F._ et G._, en faisant correspondre les prestations de l'entrepreneur aux postes contenus dans le devis général, avec référence systématique à ce devis. Les maîtres de l'ouvrage ont signé tous ces bons et ont versé les montants correspondants. Le 29 mai 2001, A._ a adressé à F._ et G._ une facture de 173'044 fr. 80 et fixé à 48'760 fr. 65 le solde dû après imputation des acomptes versés. Après avoir mis F._ et G._ en demeure, le 19 juin 2001, de payer le solde de ses factures, A._ a établi, le 25 septembre 2001, un décompte final faisant apparaître un montant total à payer de 177'544 fr. 80 et un solde dû de 51'280 fr. 65. A.f Sur requête de A._ du 16 juillet 2001, l'autorité compétente a ordonné, en date du 3 octobre 2001, l'inscription provisoire d'une hypothèque légale des artisans et entrepreneurs sur la parcelle propriété de F._ et G._. A.f Sur requête de A._ du 16 juillet 2001, l'autorité compétente a ordonné, en date du 3 octobre 2001, l'inscription provisoire d'une hypothèque légale des artisans et entrepreneurs sur la parcelle propriété de F._ et G._. B. B.a Le 12 novembre 2001, A._ a assigné F._ et G._ devant les tribunaux genevois en vue d'obtenir le paiement du montant de 49'780 fr. 65, intérêts en sus, et l'inscription définitive de l'hypothèque légale à due concurrence. Les défendeurs ont conclu au rejet de la demande. Par jugement du 16 septembre 2004, le Tribunal de première instance du canton de Genève a condamné solidairement les défendeurs à verser au demandeur la somme de 8'912 fr. 30, avec intérêts à 5% dès le 27 juin 2001, et ordonné l'inscription définitive d'une hypothèque légale des artisans et entrepreneurs à due concurrence. B.b Le demandeur a interjeté appel, aux fins d'obtenir que les défendeurs soient condamnés à lui payer la somme de 41'530 fr. 65 avec intérêts à 5% dès le 20 avril 2002. Statuant par arrêt du 13 mai 2005, la Cour de justice a confirmé le jugement de première instance. Pour ce faire, elle s'est fondée sur les motifs résumés ci-après. Lorsque le prix a été fixé à forfait, l'entrepreneur est tenu d'exécuter l'ouvrage pour la somme fixée. Demeurent réservées les prestations supplémentaires, résultant des modifications de commande, dont le prix doit être déterminé d'après la valeur du travail et les dépenses de l'entrepreneur. Le fardeau de la preuve est supporté par le maître dans le premier cas et par l'entrepreneur dans le second. En l'espèce, X._ Sàrl, dont le demandeur a repris tous les droits et obligations se rapportant au contrat d'entreprise litigieux, s'est vu confier les travaux prévus dans ce contrat pour un prix forfaitaire de 157'862 fr. par villa. Telle est, en effet, la conclusion qui s'impose eu égard aux circonstances du cas concret. Les documents précontractuels de même que le comportement des différents protagonistes, avant et après la conclusion du contrat, démontrent clairement que le devis général du 9 mai 1999 constituait la pierre angulaire des relations juridiques établies entre les différents intéressés et que le contrat d'entreprise SIA, qui se référait à ce devis, même s'il n'a pas été signé, reflétait la commune intention des parties de fixer un prix ferme. L'analyse chronologique des pièces versées au dossier confirme, du reste, que le tableau dressé le 4 mai 1999 par le demandeur n'a jamais été admis par quiconque comme base de calcul du prix de l'ouvrage. Le demandeur, qui a encore effectué l'agrandissement du sous-sol et le crépissage des façades, a droit, pour ces travaux hors devis, à une rémunération supplémentaire de 13'227 fr. 80 et de 16'800 fr. S'agissant des autres travaux exécutés par lui, il n'a pas allégué de manière suffisante qu'ils ne seraient pas inclus dans le devis général. Le prix global théorique de l'ouvrage doit ainsi être arrêté à 187'889 fr. 80. Il y a lieu d'en déduire la somme de 28'000 fr. pour divers travaux, mentionnés dans ce devis, qui n'ont pas été réalisés par le demandeur. D'où un solde de 159'889 fr. 80. Les enquêtes ont démontré l'existence de défauts dans le crépi de la façade de la villa des défendeurs. Le devis d'un entrepreneur, produit sous pièce n° 31, dont le demandeur requiert à tort qu'il n'en soit tenu aucun compte, et, s'agissant de l'installation des échafaudages, l'expérience de la vie permettent de chiffrer à 3'000 fr. le coût des travaux de réfection. Eu égard à la modicité de ce montant, il serait déraisonnable de procéder par voie d'expertise pour déterminer le coût des réparations nécessaires, la mesure probatoire pouvant s'avérer exagérément onéreuse par rapport à la valeur de l'objet litigieux. Ces 3'000 fr. seront déduits de la rémunération de l'entrepreneur, qu'il convient de ramener à 156'889 fr. 80. Le demandeur est encore redevable de 6'200 fr. pour des travaux qu'il n'a pas ou pas entièrement exécutés, bien qu'il se fût engagé à le faire gratuitement dans un accord particulier signé le 21 novembre 2000. En vertu du même accord, l'intéressé devait verser la somme de 6'012 fr. 50 en espèces aux défendeurs. Aussi un montant total de 12'212 fr. 50 doit-il être retranché de ses prétentions, ce qui ramène celles-ci à 144'677 fr. 30 Après imputation des acomptes de 135'764 fr. 15 versés par les défendeurs, il subsiste un solde de 8'913 fr. 35 [recte: 8'913 fr. 15], en faveur du demandeur, ainsi que l'a admis, à un franc près, le Tribunal de première instance. Par conséquent, les conclusions prises par le demandeur seront admises dans cette mesure. B.c Parallèlement à un recours en réforme, le demandeur a déposé, dans la même écriture, un recours de droit public au Tribunal fédéral aux fins d'obtenir l'annulation de l'arrêt cantonal. Les griefs qu'il y articule seront exposés plus loin à l'occasion de leur examen. Les intimés concluent, principalement, à l'irrecevabilité du recours et, subsidiairement, au rejet de celui-ci. La Cour de justice se réfère, quant à elle, aux motifs énoncés dans son arrêt. Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Selon la jurisprudence, un recours de droit public et un recours en réforme ne peuvent, en principe, pas être réunis dans un seul acte de recours, car ces deux moyens de droit, soumis à des règles de procédure différentes, se distinguent clairement par le type de griefs que chacun permet de soulever; une exception ne se justifie que si les deux recours sont séparés dans leur présentation et ne sont pas non plus confondus quant à leur contenu, mais que le recourant expose séparément et distinctement pour chaque recours ce qu'il entend y faire valoir (ATF 115 II 396 consid. 2a; 103 II 218 consid. 1a et les arrêts cités). En l'espèce, l'acte de recours soumis à l'examen du Tribunal fédéral est admissible, dès lors qu'il présente séparément les conclusions prises dans le recours de droit public et dans le recours en réforme, ainsi que les moyens soulevés à l'appui de chacune de ces conclusions distinctes. En l'espèce, l'acte de recours soumis à l'examen du Tribunal fédéral est admissible, dès lors qu'il présente séparément les conclusions prises dans le recours de droit public et dans le recours en réforme, ainsi que les moyens soulevés à l'appui de chacune de ces conclusions distinctes. 2. 2.1 Exercé en temps utile (art. 89 al. 1 OJ), dans la forme prévue par la loi (art. 90 al. 1 OJ), pour violation de droits constitutionnels des citoyens (art. 84 al. 1 let. a OJ), contre une décision finale prise en dernière instance cantonale, le recours de droit public soumis au Tribunal fédéral est recevable sous cet angle. Il ne le serait pas, en revanche, en vertu de l'art. 84 al. 2 OJ, si son auteur y soulevait des moyens relevant du recours en réforme. Le recourant, qui a été débouté de ses conclusions au fond, a un intérêt personnel, actuel et juridiquement protégé à ce que la décision attaquée n'ait pas été adoptée en violation de ses droits constitutionnels; en conséquence, la qualité pour recourir doit lui être reconnue (art. 88 OJ). 2.2 Saisi d'un recours de droit public, le Tribunal fédéral n'examine que les griefs d'ordre constitutionnel soulevés et suffisamment motivés dans l'acte de recours (art. 90 al. 1 let. b OJ; ATF 130 I 26 consid. 2.1. p. 31, 258 consid. 1.3 p. 261/262; 129 I 113 consid. 2.1 p. 120; 128 III 50 consid. 1c p. 53/54 et les arrêts cités). Il n'entre pas en matière sur les griefs insuffisamment motivés ou sur les critiques purement appellatoires. Le recourant ne peut se contenter de critiquer la décision attaquée comme il le ferait dans une procédure d'appel où l'autorité de recours peut revoir librement l'application du droit (ATF 128 I 295 consid. 7a). L'art. 90 al. 1 let. b OJ n'autorise pas l'auteur d'un recours de droit public à présenter sa propre version des événements (ATF 129 III 727 consid. 5.2.2). Le présent recours, étant donné son caractère essentiellement appellatoire, ne satisfait guère à ces exigences, comme on le démontrera en analysant les moyens qui y sont soulevés. Le présent recours, étant donné son caractère essentiellement appellatoire, ne satisfait guère à ces exigences, comme on le démontrera en analysant les moyens qui y sont soulevés. 3. Dans un premier moyen, le recourant reproche à la cour cantonale une application insoutenable du droit de procédure civile genevois. A son avis, la pièce n° 31 du chargé des intimés - à savoir le devis de l'entrepreneur W._, daté du 15 décembre 2003 - ne pouvait pas être prise en compte comme élément de preuve pour fixer le coût de réfection du crépi appliqué sur les façades de la villa des intimés. 3.1 Le Tribunal fédéral revoit l'interprétation et l'application du droit cantonal uniquement sous l'angle de l'arbitraire (ATF 131 I 217 consid. 2.1 p. 219; 128 II 311 consid. 2.1 p. 315 et les arrêts cités). Il ne s'écarte de la solution retenue que si celle-ci apparaît insoutenable, en contradiction manifeste avec la situation effective, adoptée sans motif objectif et en violation d'un droit certain. Dans le cas contraire, il n'intervient pas, même si une autre solution paraît aussi concevable, voire préférable (ATF 131 I 217 consid. 2.1 p. 219; 129 I 8 consid. 2.1 p. 9 et les arrêts cités). Au demeurant, seule doit être annulée la décision qui est arbitraire dans son résultat (ATF 131 I 217 consid. 2.1 p. 219; 129 I 8 consid. 2.1 p. 9, 173 consid. 3.1 p. 178 et les arrêts cités). 3.2 Le recourant se contente, pour l'essentiel, de citer un certain nombre de dispositions de la loi de procédure civile genevoise (LPC gen.), ainsi que des extraits des commentaires qui en ont été faits, pour en déduire, sans plus ample démonstration, que ces dispositions, telles qu'interprétées par la doctrine, ont été méconnues dans le cas particulier. Cette manière d'argumenter ne suffit évidemment pas à fonder un grief d'arbitraire, au sens - restrictif - donné à cette notion par la jurisprudence fédérale susmentionnée. Pour le reste, les motifs avancés par le recourant appellent les quelques remarques formulées ci-après. 3.2.1 En tant qu'il s'en prend à l'existence même de défauts dans le crépi et déplore qu'une expertise judiciaire n'ait pas été ordonnée sur ce point, le recourant ignore le considérant 5 de la décision attaquée où la cour cantonale constate qu'il a admis ce fait devant le premier juge et considère qu'il est lié par cet aveu, nonobstant sa contestation tardive en appel. Il n'y a donc pas lieu d'examiner plus avant cette question. 3.2.2 Pour fixer le montant de la réduction du prix de l'ouvrage défectueux, la Cour de justice s'est fondée sur la pièce n° 31 du chargé des intimés et sur l'expérience de la vie. Après avoir souligné que chaque écriture autorisée peut être accompagnée de pièces nouvelles, en vertu des art. 127 et 135 LPC gen., et que, selon sa jurisprudence, il est possible pour une partie de produire de nouvelles pièces dans le cadre d'un appel ordinaire, la cour cantonale indique ne pas voir à quel titre cette pièce, admise sans protestation par l'ancien conseil du recourant en décembre 2003, pourrait être écartée. 3.2.2.1 Le recourant rétorque qu'il aurait suffi aux juges cantonaux d'appliquer leur propre jurisprudence relative à l'art. 186 LPC gen. pour se convaincre du caractère non probant de ladite pièce. En effet, selon cette jurisprudence, la production d'une pièce après la clôture des enquêtes reste sans portée si le fait qu'elle tend à démontrer aurait pu ou dû faire l'objet d'une confirmation ou d'une infirmation par témoignage (Bernard Bertossa/Louis Gaillard/Jacques Guyet/André Schmidt, Commentaire de la loi de procédure civile du canton de Genève du 10 avril 1987, vol. II, n. 4 ad art. 186 et les arrêts cités). Tel serait le cas de la pièce litigieuse, censée prouver des faits qui n'ont pas donné lieu à des enquêtes, d'autant plus qu'elle émane d'une entreprise qui n'est pas spécialisée dans le crépissage des façades et qui n'est jamais intervenue sur le chantier. Ainsi, faute d'avoir été confirmée par son auteur, la pièce n° 31, qui porte de surcroît une date postérieure à celle du dépôt du chargé, aurait dû être écartée du dossier cantonal. Toujours selon le recourant, la Cour de justice, en présence d'une expertise privée n'ayant que la valeur d'un allégué, au demeurant contesté par la partie adverse, aurait dû permettre à celle-ci d'apporter la contre-preuve des faits relatés dans cette pièce et ordonner, à cette fin, une expertise judiciaire ou d'autres mesures probatoires, en application de l'art. 307 LPC gen. En refusant de compléter les preuves administrées, elle aurait, dès lors, violé le droit d'être entendu de l'entrepreneur. 3.2.2.2 Force est de constater que le recourant ne formule aucune critique digne de ce nom quant aux motifs, tirés des art. 127 et 135 LPC gen. ainsi que de la jurisprudence cantonale, pour lesquels la Cour de justice a considéré qu'il n'y avait pas matière, en l'occurrence, à écarter du dossier la pièce n° 31, produite in fine litis par les intimés. Il sied d'observer, au sujet de ladite pièce, datée du 15 décembre 2003, que, si elle est certes contenue dans un chargé complémentaire daté du 12 décembre 2003, ce chargé n'a été déposé au greffe du Tribunal de première instance que le 17 décembre 2003, ainsi que l'atteste le sceau de cette juridiction apposé sur sa première page. Par ailleurs, le recourant, via son ancien mandataire, avait admis sans protestation le dépôt de cette pièce en première instance. Venir en contester ultérieurement la force probante, du seul fait qu'elle n'a pas été confirmée par son auteur, apparaît donc peu compatible avec les règles de la bonne foi. Le recourant ne démontre pas, du reste, que, tout en admettant la production de cette pièce, il aurait fait valoir, devant le premier juge, des arguments concrets, relatifs à l'auteur, à l'établissement ou au contenu du devis du 15 décembre 2003, de nature à mettre en doute la valeur probante de ce document. Que l'auteur de celui-ci n'ait pas été entendu par le juge n'apparaît, dès lors, pas critiquable, d'autant moins que le recourant ne prétend pas avoir requis alors l'audition de cette personne. En cela, la présente cause se distingue clairement d'une récente affaire genevoise, soumise à l'examen du Tribunal fédéral, où la cour cantonale avait jugé que des reproches formulés à l'encontre d'un locataire dans une plainte adressée par ses voisins au représentant du bailleur - reproches dont l'intéressé contestait catégoriquement le bien-fondé - ne pouvaient pas être tenus pour avérés du seul fait de l'existence de cette plainte, mais auraient dû être confirmés par les auteurs de celle-ci (arrêt 4C.273/2005 du 22 novembre 2005, consid. 2.2). Par identité de motif, le recourant ne saurait se plaindre de ce que le Tribunal de première instance, supposé qu'il en ait été régulièrement requis, n'a pas ordonné une expertise destinée à établir le coût de réfection de l'ouvrage. S'agissant de la Cour de justice, il sied de rappeler qu'elle dispose d'une large marge de manoeuvre pour ce qui est d'ordonner ou non des mesures probatoires en appel, en application de l'art. 307 LPC gen., disposition qui ne permet pas à une partie d'exiger en appel l'administration de preuves qu'elle n'aurait pas sollicitée devant le premier juge en temps utile et selon les formes adéquates (arrêt 4P. 206/2005 du 11 novembre 2005, consid. 2.3.1 et les références). Le recourant ne démontre pas, et l'on ne discerne pas non plus, en quoi cette autorité aurait abusé arbitrairement de son pouvoir d'appréciation en la matière dans la présente espèce. Il était à tout le moins soutenable de ne pas ordonner de nouvelles preuves en appel, comme elle l'a fait, dès lors que le recourant n'avait pas élevé de protestation en première instance contre le dépôt de la pièce n° 31, ni fourni d'explications concrètes propres à dénier tout caractère probant à cette pièce. Le recourant laisse d'ailleurs intact l'argument des juges cantonaux selon lequel une expertise judiciaire aurait pu s'avérer exagérément onéreuse par rapport au coût des réparations nécessaires. Pour le surplus, il convient d'observer, avec les intimés, que le recourant n'explique pas pourquoi les juges cantonaux ne pouvaient pas faire fond sur ladite pièce, en vue de déterminer le coût de la réfection de l'ouvrage, sans s'exposer au grief d'arbitraire. Aussi bien, on cherche en vain, dans son mémoire, une critique concernant la somme retenue par l'auteur du devis litigieux pour la réfection de la façade de la villa des intimés et les modalités de son calcul. Tout au plus le recourant met-il en doute l'aptitude de l'entreprise W._ à se prononcer sur la qualité d'un crépissage, au motif qu'elle serait une entreprise n'effectuant que des travaux d'intérieurs. Ce faisant, l'intéressé décrit de manière réductrice le secteur d'activités dans lequel oeuvre l'entreprise en question. Il ressort, en effet, de l'en-tête de la pièce n° 31 que cette entreprise s'occupe aussi, par exemple, de "traitements anti-graffitis". La Cour de justice observe, d'ailleurs, sans être véritablement contredite par le recourant, que "rien ne permet de dire que [l'entrepreneur W._] ne serait pas compétent pour les [i.e. les travaux de réfection des façades de la villa] effectuer, et donc d'apprécier l'ampleur de la tâche à accomplir" (cf. arrêt attaqué, consid. 5.3). Dans la mesure enfin où le recourant se plaint de la violation de son droit à la contre-preuve en tant que tel, il n'est pas recevable à soulever semblable grief dans la procédure du recours de droit public, en vertu de l'art. 84 al. 2 OJ, étant donné que ce droit découle directement de l'art. 8 CC (ATF 126 III 315 consid. 4a). Dans la mesure enfin où le recourant se plaint de la violation de son droit à la contre-preuve en tant que tel, il n'est pas recevable à soulever semblable grief dans la procédure du recours de droit public, en vertu de l'art. 84 al. 2 OJ, étant donné que ce droit découle directement de l'art. 8 CC (ATF 126 III 315 consid. 4a). 4. Dans un second moyen, le recourant reproche à la Cour de justice de s'être livrée à une appréciation arbitraire des preuves et d'avoir ainsi violé l'art. 9 Cst. 4.1 Selon la jurisprudence, en matière d'appréciation des preuves, il y a arbitraire lorsque l'autorité ne prend pas en compte, sans raison sérieuse, un élément de preuve propre à modifier la décision, lorsqu'elle se trompe manifestement sur le sens et la portée d'un tel élément, ou encore lorsqu'elle tire des constatations insoutenables des éléments recueillis (ATF 129 I 8 consid. 2.1; 127 I 38 consid. 2a p. 41; 124 I 208 consid. 4a). Il appartient au recourant de démontrer, par une argumentation précise, en quoi la décision incriminée est arbitraire (ATF 130 I 258 consid. 1.3; 129 I 113 consid. 2.1; 125 I 71 consid. 1c p. 76). 4.1 Selon la jurisprudence, en matière d'appréciation des preuves, il y a arbitraire lorsque l'autorité ne prend pas en compte, sans raison sérieuse, un élément de preuve propre à modifier la décision, lorsqu'elle se trompe manifestement sur le sens et la portée d'un tel élément, ou encore lorsqu'elle tire des constatations insoutenables des éléments recueillis (ATF 129 I 8 consid. 2.1; 127 I 38 consid. 2a p. 41; 124 I 208 consid. 4a). Il appartient au recourant de démontrer, par une argumentation précise, en quoi la décision incriminée est arbitraire (ATF 130 I 258 consid. 1.3; 129 I 113 consid. 2.1; 125 I 71 consid. 1c p. 76). 4.2 4.2.1 Sous chiffre 2.3 de son mémoire, le recourant commence par faire un procès d'intention à la Cour de justice, qui aurait rendu un arrêt "tendancieux" et, apparemment, "empreint de prévention" à son endroit, n'hésitant pas à le faire apparaître comme le promoteur de l'affaire, alors qu'il est simplement maçon. Les remarques d'ordre général, formulées par l'intéressé dans ce préambule, sont totalement impropres à fonder un grief d'arbitraire dans l'appréciation des preuves. 4.2.2 4.2.2.1 Le recourant s'emploie ensuite à démontrer que la cour cantonale se serait livrée à une appréciation arbitraire des preuves pour aboutir à la constatation que les parties s'étaient mises d'accord sur la liste des travaux et les prix fixés dans le devis général du 9 mai 1999 (ch. 2.4 du mémoire de recours). Il le fait toutefois, ici aussi, de manière essentiellement appellatoire, en se contentant de critiquer certaines constatations isolées de l'arrêt attaqué, qu'il extrait du contexte dans lequel elles s'insèrent, et en ne démontrant pas pourquoi l'appréciation globale des preuves, telle qu'elle a été opérée par les juges cantonaux, n'autorisait en aucun cas ceux-ci à poser la constatation de fait incriminée. Cette manière d'argumenter, contraire à la nature du recours de droit public, permet de douter sérieusement de la recevabilité des griefs articulés dans ce second moyen. Quoi qu'il en soit, ceux-ci ne sauraient être accueillis pour les motifs indiqués ci-après. 4.2.2.2 En premier lieu, le recourant s'en prend à la constatation selon laquelle il aurait nécessairement participé à l'élaboration de la brochure de vente des villas en sa qualité d'associé de X._ Sàrl (ch. 2.4.1 du mémoire de recours). La constatation incriminée, justifiée par l'existence d'une brochure à l'en-tête de X._, est peut-être discutable dans la mesure où la qualité d'associé non gérant que revêtait le recourant au sein de ladite société n'impliquait pas forcément qu'il avait participé à l'élaboration du projet réalisé par celle-ci. Cependant, cette constatation, faite d'ailleurs à titre de remarque incidente (cf. ch. 2.3.1, 2ème §, de l'arrêt attaqué), n'est pas déterminante pour la solution du litige. Peu importe, en effet, de savoir si le recourant a pris ou non une part active dans l'élaboration de la promotion mise sur pied par X._ Sàrl du moment qu'il a admis lui-même avoir repris ensuite tous les droits et obligations de l'entreprise générale X._ Sàrl. Le recourant objecte que son fils avait participé à la promotion immobilière à titre personnel, étant rétribué spécialement pour l'activité déployée dans ce cadre-là. Toutefois, cette circonstance, fût-elle avérée, ne modifierait pas fondamentalement les données du problème. Rien n'empêchait, en effet, le prénommé d'agir à la fois comme promoteur, à titre individuel, et comme représentant de X._ Sàrl pour la conclusion du contrat d'entreprise portant sur les travaux adjugés à cette société. La cour cantonale constate que le projet était considéré par tous les intervenants comme un projet de construction à forfait. Le recourant lui fait grief d'avoir méconnu la distinction qui s'imposait entre les rapports contractuels liant les intimés aux promoteurs, d'une part, et ceux qui avaient été noués par lui avec les intimés, d'autre part. Cet argument, de nature non constitutionnelle, n'a pas sa place dans un recours de droit public (art. 84 al. 2 OJ). De toute façon, il n'infirme en rien la constatation factuelle incriminée par laquelle les juges cantonaux se limitent à indiquer quelle était l'opinion commune de l'ensemble des intervenants quant à la nature du projet de construction. Savoir si la précision d'un descriptif est un élément qui milite en faveur du concept de prix ferme, ainsi que le retient la Cour de justice, est une question qui relève de l'appréciation juridique des faits et de l'application des dispositions du droit fédéral régissant la rémunération de l'entrepreneur. Par conséquent, le recourant s'en prend de manière irrecevable aux considérations émises sur ce point par les juges d'appel. S'agissant du devis général du 9 mai 1999, le recourant reproche à la cour cantonale d'avoir fait à nouveau un amalgame insoutenable entre les différents rapports juridiques liant les différents protagonistes de cette affaire (ch. 2.4.2 du mémoire de recours). Il soulève derechef un point de droit, en argumentant de la sorte, ce qui rend son grief irrecevable (art. 84 al. 2 OJ). Au sujet de son tableau, dressé le 4 mai 1999, le recourant soutient que les pièces démontreraient que l'architecte C._ a visé chaque poste des factures établies par lui conformément à ce tableau, puis les a transmises sans réserve aux intimés qui les ont acquittées. Il y voit la preuve de l'acceptation, par ceux-ci, du mode de rémunération proposé par lui (ch. 2.4.3 du mémoire de recours). Savoir si le comportement de l'architecte, en sa qualité de représentant des maîtres de l'ouvrage, impliquait la conséquence qu'en tire le recourant est à nouveau un point de droit, soustrait, comme tel, à l'examen de la juridiction constitutionnelle. Pour le reste, la simple référence à des "factures", sans plus ample précision, ne suffit pas à infirmer les constatations détaillées faites aux pages 7 et 8, lettre q, de l'arrêt attaqué, en ce qui concerne les modalités de la facturation du travail exécuté par l'entrepreneur. La Cour de justice a admis que le contrat d'entreprise établi en septembre 1999 entre l'architecte C._, en tant que représentant des maîtres de l'ouvrage, et X._ Sàrl, en qualité d'entrepreneur pouvait être considéré comme le reflet de la commune intention des parties, bien qu'il n'eût pas été signé. Elle a tiré cette conclusion du fait que deux éléments essentiels pour la construction envisagée - le cahier des charges spéciales et les plans - , qui étaient annexés audit contrat et expressément mentionnés dans celui-ci, avaient été signés par B._. Quoi qu'en dise le recourant (ch. 2.4.4 du mémoire de recours), cette conclusion n'a rien d'insoutenable. Certes, comme les intimés le concèdent dans leur réponse au recours, les plans n'ont pas été signés par B._ mais par le recourant lui-même. Cependant, l'inadvertance commise sur ce point par la cour cantonale dans la partie en droit de son arrêt ne porte pas à conséquence, car elle tendrait plutôt à étayer la thèse défendue par la cour cantonale au sujet de la commune intention des parties en ce sens que cette intention aurait alors été manifestée, du côté de l'entrepreneur, s'agissant des plans, par l'intéressé en personne et non par le fils de ce dernier. La Cour de justice constate, par ailleurs, que le recourant n'a jamais allégué que les parties auraient été liées par un autre contrat d'entreprise que celui dont il vient d'être question. Le recourant, qui se borne à soutenir le contraire (ch. 2.4.5 du mémoire de recours), n'indique pas où et quand il aurait émis semblable allégation. Son grief est donc irrecevable, faute de toute motivation (art. 90 al. 1 let. b OJ). Selon la cour cantonale, il n'y a aucune raison de retenir que l'entrepreneur n'aurait jamais été en possession du devis du 9 mai 1999. Le recourant soutient que cette constatation serait infirmée par celle voulant que le devis en question n'ait été communiqué à l'intéressé qu'en novembre 2000, lorsqu'il a lui-même acquis une villa (ch. 2.4.6 du mémoire de recours). Dans la phrase incriminée, les juges cantonaux ne disent pas quand le recourant a eu en mains le devis du 9 mai 1999, puisqu'ils se contentent d'indiquer qu'il n'est pas possible d'admettre l'absence de toute remise de ce document à l'intéressé. Il n'y a donc aucune contradiction entre la constatation critiquée par le recourant et celle, plus précise, ayant trait à l'époque à laquelle ce dernier s'est vu remettre ladite pièce. En dernier lieu, le recourant affirme péremptoirement que l'analyse chronologique, à laquelle la cour cantonale s'est livrée au considérant 2.3.4 de son arrêt, ne permet pas non plus de conclure à l'existence d'un accord des parties sur la base du devis général du 9 mai 1999. En effet, les seuls documents qui ont été échangés entre les parties seraient son tableau du 4 mai 1999 et les factures subséquentes, à l'exclusion du devis général du 9 mai 1999 (ch. 2.4.7 du mémoire de recours). Tel qu'il est présenté et à supposer qu'il ait trait à une question relevant de la constatation des faits, le grief examiné tombe à faux. Il sied d'observer, à ce propos, que la remise du tableau du 4 mai 1999 aux intimés n'a pas été démontrée, selon la cour cantonale, et que, toujours au dire de celle-ci, le recourant n'a pas fait référence audit tableau dans ses factures. En outre, les bons de paiement adressés aux maîtres de l'ouvrage faisaient systématiquement référence au devis général du 9 mai 1999. Au demeurant, le recourant perd de vue, d'une part, que le contrat d'entreprise liant les maîtres de l'ouvrage et X._ Sàrl, dont la cour cantonale retient sans arbitraire qu'il reflétait la commune intention des parties bien qu'il n'ait pas été signé par celles-ci, se référait au devis détaillé du 9 mai 1999 et, d'autre part, qu'il a admis expressément avoir repris tous les droits et obligations de X._ Sàrl, reprise qui, logiquement, concernait aussi les droits et obligations issus de ce contrat. 4.2.3 Enfin, les considérations générales émises par le recourant en vue de démontrer que la décision attaquée porterait atteinte au sentiment de la justice (ch. 2.5 du mémoire de recours) sont dénuées de pertinence. Si les intimés ont payé, pour l'ouvrage livré, un prix supérieur à celui qui avait été convenu, ils sont en droit de réclamer au recourant la restitution du trop-perçu. On ne voit pas en quoi pareille démarche heurterait de manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité. 4.2.3 Enfin, les considérations générales émises par le recourant en vue de démontrer que la décision attaquée porterait atteinte au sentiment de la justice (ch. 2.5 du mémoire de recours) sont dénuées de pertinence. Si les intimés ont payé, pour l'ouvrage livré, un prix supérieur à celui qui avait été convenu, ils sont en droit de réclamer au recourant la restitution du trop-perçu. On ne voit pas en quoi pareille démarche heurterait de manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité. 5. Cela étant, le présent recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. Par conséquent, son auteur sera condamné à payer les frais de la procédure fédérale (art. 156 al. 1 OJ) et à indemniser les intimés (art. 159 al. 1 OJ). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Un émolument judiciaire de 1'500 fr. est mis à la charge du recourant. 2. Un émolument judiciaire de 1'500 fr. est mis à la charge du recourant. 3. Le recourant versera aux intimés, créanciers solidaires, une indemnité de 2'000 fr. à titre de dépens. 3. Le recourant versera aux intimés, créanciers solidaires, une indemnité de 2'000 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie aux mandataires des parties et à la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève. Lausanne, le 9 janvier 2006 Au nom de la Ire Cour civile du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 5A_259/2021 Arrêt du 27 mai 2021 IIe Cour de droit civil Composition M. le Juge fédéral Herrmann, Président. Greffier : M. Braconi. Participants à la procédure A._, recourant, contre B._, représentée par Me Dominique Lecocq, avocat, intimée. Objet opposition au séquestre, recours contre la décision de l'Autorité de recours en matière de poursuite et faillite du Tribunal cantonal du Valais du 26 février 2021 (LP 20 39). Vu : le recours en matière civile formé le 1er avril 2021 par A._ contre la décision rendue le 26 février 2021 par l'Autorité de recours en matière de poursuite et faillite du Tribunal cantonal du Valais dans la cause qui l'oppose à B._; l'ordonnance du 6 avril 2021 invitant le recourant à verser une avance de frais de 30'000 fr. jusqu'au 21 avril 2021; l'ordonnance du 22 avril 2021 prolongeant au 28 avril 2021, en vertu de l'art. 47 al. 1 LTF, le délai pour s'acquitter; l'ordonnance du 4 mai 2021 fixant un ultime délai au 17 mai 2021 pour effectuer l'avance requise, l'envoi contenant cet acte n'ayant pas été réclamé par son destinataire; l'avis de la Caisse du Tribunal fédéral du 26 mai 2021 attestant que l'avance de frais réclamée n'a été ni versée ni créditée sur le compte postal du tribunal et qu'aucune attestation de débit d'un compte postal ou bancaire ne lui est parvenue jusqu'à ce jour; considérant : que, vu ce qui précède, le présent recours doit être déclaré irrecevable par voie de procédure simplifiée (art. 108 al. 1 let. a LTF, en lien avec l'art. 62 al. 3 LTF; ATF 137 I 161 consid. 4.2.3); que les frais (réduits) incombent au recourant (art. 66 al. 1 LTF); par ces motifs, le Président prononce : 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à l'Autorité de recours en matière de poursuite et faillite du Tribunal cantonal du Valais. Lausanne, le 27 mai 2021 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le Président : Herrmann Le Greffier : Braconi
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_996/2015 Verfügung vom 29. Oktober 2015 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Denys, Präsident, Gerichtsschreiber C. Monn. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, gegen Oberstaatsanwaltschaft des Kantons Aargau, Frey-Herosé-Strasse 20, Wielandhaus, 5001 Aarau, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Verletzung von Verkehrsregeln, Beschwerde gegen den Beschluss des Obergerichts des Kantons Aargau, Strafgericht, 3. Kammer, vom 18. August 2015. Erwägungen: Das Bundesgericht verlangte vom Beschwerdeführer mit Verfügung vom 12. Oktober 2015 mit Frist bis zum 27. Oktober 2015 einen Kostenvorschuss von Fr. 2'000.--. Auf der Verfügung war vermerkt, die Nichtbezahlung des Kostenvorschusses gelte nicht als Rückzug des Rechtsmittels, dieser müsse schriftlich erklärt werden. Der Beschwerdeführer teilte dem Bundesgericht mit Schreiben vom 27. Oktober 2015 mit, er lehne eine Vorauszahlung von Fr. 2'000.-- strikte ab. Indessen wolle er von der "Rechtsmittelbelehrung", wonach ein Rückzug schriftlich erklärt werden müsse, Gebrauch machen. Folglich ist das Verfahren infolge Rückzugs der Beschwerde kostenlos abzuschreiben. Demnach verfügt der Präsident: 1. Das Verfahren wird infolge Rückzugs der Beschwerde abgeschrieben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Diese Verfügung wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau, Strafgericht, 3. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 29. Oktober 2015 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Denys Der Gerichtsschreiber: Monn
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 6B_1418/2016 Urteil vom 11. April 2017 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Denys, Präsident, Bundesrichter Oberholzer, Bundesrichterin Jametti, Gerichtsschreiber Briw. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, gegen Strafgericht Basel-Stadt, Schützenmattstrasse 20, 4003 Basel, Beschwerdegegner. Gegenstand Umwandlung einer Busse in gemeinnützige Arbeit, Beschwerde gegen den Entscheid des Appellationsgerichts des Kantons Basel-Stadt, Einzelgericht, vom 18. Oktober 2016. Sachverhalt und Erwägungen: 1. 1.1. Im Zivilverfahren über das Getrenntleben bestätigte das Appellationsgericht des Kantons Basel-Stadt am 13. Februar 2015 das erstinstanzlich angenommene Einkommen von Fr. 15'586.-- und wies die Berufung von X._ (Beschwerdeführer) ab. 1.2. Das Einzelgericht in Strafsachen verurteilte den Beschwerdeführer am 10. Dezember 2015 wegen Vernachlässigung von Unterhaltspflichten zu einer bedingten Geldstrafe von 80 Tagessätzen zu Fr. 360.-- und Fr. 3'000.-- Busse. 1.3. Die Präsidentin des Strafgerichts Basel wies am 28. Juni 2016 das Gesuch um Umwandlung der Busse in gemeinnützige Arbeit ab. Sie hielt fest, mit den eingereichten, ab dem 24. März 2016 datierten Pfändungsankündigungen sei nicht dargetan, dass er die Busse nicht bezahlen könne, zumal er - wie im Strafverfahren und im Verfahren vor Zivilgericht im Zusammenhang mit den Unterhaltsbeiträgen - keinerlei transparente Angaben über seine aktuellen Einkünfte und seinen Lebensstandard gemacht habe. Wieso er die Busse nicht vorher bezahlt habe, lege er nicht dar. Es sei davon auszugehen, dass das Gesuch allein dazu diene, sich der Strafe zu entziehen. 1.4. Das Appellationsgericht des Kantons Basel-Stadt als Einzelgericht wies die Beschwerde am 18. Oktober 2016 ab. Es führt aus, bei den geschuldeten Unterhaltszahlungen handle es sich um früher versäumte Leistungen. Eine Verschlechterung der finanziellen Situation sei nicht belegt. Von Schuldlosigkeit könne nicht die Rede sein. Nach seiner Aussage arbeite er 50 Stunden die Woche. Damit sei die Planung gemeinnütziger Arbeit kaum möglich. Hinzu komme die behauptete eingeschränkte Leistungsfähigkeit. 1.5. Der Beschwerdeführer beantragt mit Beschwerde in Strafsachen, das Urteil aufzuheben, gemeinnützige Arbeit anzuordnen und ihm die unentgeltliche Rechtspflege zu gewähren. Er verfüge über die nötige Flexibilität. Die Gesundheit habe sich nach der Darmkrebsoperation im Juli 2016 stabilisiert. Es mache aus gesellschaftlicher Sicht keinen Sinn, ihn ins Gefängnis zu stecken. Das Einzelgericht (oben E. 1.2) habe das falsche Einkommen (oben E. 1.1) trotz seines Protestes zugrunde gelegt. Er verweist auf Beilagen: Abrechnung Krankenkasse 2015/16, Arztbericht und Schreiben eines Spitals vom Juni und Juli 2016, Protokoll des Betreibungsamts vom Juni und Pfändungsurkunde vom Oktober 2016 aus dem Kanton Zug, E-Mail sowie ein Arztzeugnis vom 1. Juli 2016 (Diagnose Dickdarmkrebs), Jahresrechnung 2015 und 2016 per 30. November 2016, die Zivilurteile (oben E. 1.1) sowie Kontoauszüge betreffend Darlehen/ Darlehensrückzahlungen in den Jahren 2012 und 2013. 2. 2.1. Die Beschwerdeberechtigung im Sinne von Art. 81 Bundesgesetz über das Bundesgericht (BGG; SR 173.110) ist gegeben, sodass insoweit auf die Laienbeschwerde eingetreten werden kann. Das Bundesgericht ist nicht gehalten, wie ein erstinstanzliches Strafgericht alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu untersuchen (BGE 140 III 115 E. 2). Es ist auch kein Berufungsgericht und prüft unter dem Titel von Art. 106 Abs. 1 BGG betreffend die Rechtsanwendung von Amtes wegen grundsätzlich nur die erhobenen Rügen, es sei denn, die rechtlichen Mängel lägen geradezu auf der Hand (BGE 142 I 99 E. 1.7.1). Soweit der Sachverhalt und damit die Beweiswürdigung der Vorinstanz bestritten werden, hebt das Bundesgericht ein Urteil auf, wenn es willkürlich ist, d.h. sich im Ergebnis (Art. 97 Abs. 1 BGG) als schlechterdings unhaltbar erweist, nicht bereits wenn eine andere Lösung ebenfalls vertretbar erschiene. Auf eine abweichende eigene Version des Geschehens und blosse Kritik am Urteil hat das Bundesgericht nicht einzutreten (BGE 141 IV 249 E. 1.3.1, 317 E. 5.4, 369 E. 6.3; 140 III 264 E. 2.3). Den qualifizierten Anforderungen der Willkürrüge genügt die Beschwerde nicht. 2.2. Das Zivil- und das ebenfalls rechtskräftige Strafurteil (oben E. 1.1, 1.2) können nicht in Frage gestellt werden. Eine Verschlechterung der Finanzlage wird mit den eingereichten Belegen nicht transparent und erscheint angesichts der Angabe, dass der Beschwerdeführer als selbstständiger Informatik-Unternehmer 50 Stunden arbeite, nicht plausibel (oben E. 1.3, 1.4). Ein schlechtes Licht wirft die Einreichung der als "Jahresrechnung" bezeichneten Beilage (oben E. 1.5) : Es handelt sich um mit "Bilanz" und "Erfolgsrechnung" überschriebene, in der Kopfzeile mit "15960" sowie "2 - A._ Informatik" identifizierbare Papiere, aus denen weder Firma oder Name sowie Rechtsform und Sitz des Unternehmens (Art. 959c Abs. 2 Ziff. 1 OR) ersichtlich sind und die weder den Aussteller bezeichnen noch unterschrieben oder irgendwie belegt sind. Das Bundesgericht führt kein Beweisverfahren durch. Eine willkürliche vorinstanzliche Würdigung wird in dieser Art und Weise nicht dargelegt. Es ist der Sachverhalt zugrunde zu legen, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). 2.3. Über die "Umwandlung" einer Busse ist gemäss Art. 106 Abs. 5 i.V.m. Art. 36 Abs. 3 StGB zu entscheiden. Kann der Verurteilte die Busse nicht bezahlen, weil sich ohne sein Verschulden die für die Bemessung der Busse massgebenden Verhältnisse seit dem Urteil erheblich verschlechtert haben, so kann er dem Gericht beantragen, den Vollzug der Ersatzfreiheitsstrafe zu sistieren und stattdessen: a) die Zahlungsfrist bis zu 24 Monaten zu verlängern; oder b) die Busse herabzusetzen; oder c) gemeinnützige Arbeit anzuordnen. Die beantragte Umwandlung der Busse kann nur angeordnet werden, "weil" sich die Verhältnisse schuldlos erheblich verschlechtert haben. Denn im Urteilszeitpunkt hat das Gericht der wirtschaftlichen Lage bereits Rechnung getragen (Botschaft zur Änderung des Schweizerischen Strafgesetzbuches [...] vom 21. September 1998, BBl 1999 II 2023). Wurde im Strafurteil ein hypothetisches Einkommen angenommen, ist Schuldlosigkeit nur anzunehmen, wenn sich aufgrund nachträglicher persönlicher Umstände, wie beispielsweise Krankheit oder Trennung, die im Urteil getroffenen Annahmen als unrealistisch erweisen (ANNETTE DOLGE, in: Basler Kommentar, Strafrecht, 3. Aufl. 2013, N. 24 zu Art. 36 StGB; STEFAN KELLER, in: Trechsel/Pieth, Schweizerisches Strafgesetzbuch, 2. Aufl. 2013, N. 7 zu Art. 36 StGB). Die Trennung bestand im Urteilszeitpunkt. In dieser Hinsicht sowie hinsichtlich der Krankheit und der geltend gemachten Gründe insgesamt verneint die Vorinstanz sachlich deren Kausalität. Die Unterhaltspflicht war im Zeitpunkt des Strafurteils bekannt. Zu beachten ist ferner, dass bisher zivilrechtlich nur über vorsorgliche Massnahmen im Sinne von Art. 176 Abs. 1 ZGB entschieden wurde. Das Scheidungsurteil mit den definitiven vermögensrechtlichen Folgen steht noch aus. 3. Die Beschwerde ist abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege ist wegen Aussichtslosigkeit des Rechtsbegehrens abzuweisen (Art. 64 BGG). Eine Mittellosigkeit ist nicht nachvollziehbar belegt. Dem Beschwerdeführer sind die Gerichtskosten aufzuerlegen. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Dem Beschwerdeführer werden Gerichtskosten von Fr. 1'200.-- auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Appellationsgericht des Kantons Basel-Stadt, Einzelgericht, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 11. April 2017 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Denys Der Gerichtsschreiber: Briw
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 5A_564/2018 Arrêt du 10 juillet 2018 IIe Cour de droit civil Composition M. le Juge fédéral von Werdt, Président. Greffière : Mme Gauron-Carlin. Participants à la procédure A.A._, recourant, contre B.A._, représentée par Me François Zutter, avocat, intimée. Objet demande en annulation de mariage, recours contre l'arrêt de la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève du 27 avril 2018 (C/15726/2016; ACJC/566/2018). Considérant en fait et en droit : 1. Par arrêt du 27 avril 2018, communiqué aux parties par plis recommandés du 5 juin 2018, la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève a déclaré irrecevable l'appel interjeté le 26 octobre 2017 par A.A._ contre le jugement rendu le 29 septembre 2017 par le Tribunal de première instance de Genève le déboutant des fins de sa requête en annulation du mariage, admis l'appel formé le 31 octobre 2017 par B.A._ à l'encontre du même jugement et réformé ledit jugement en ce sens que A.A._ est condamné à supporter seul l'ensemble des frais judiciaires de première instance et à verser une indemnité de dépens de 1'500 fr. à titre de dépens de première instance. 2. Par acte daté du 30 juin 2018, remis à la Poste suisse le 2 juillet 2018, A.A._ exerce un recours en matière civile au Tribunal fédéral. Le recourant produit deux écritures, dont l'une n'est pas signée, ainsi que diverses annexes. Dans sa première écriture, le recourant déclare " faire appel " et présente sa propre version des faits, contestant matériellement le contenu des témoignages administrés par le Tribunal de première instance. Dans son second écrit, le recourant critique un à un les témoignages. Il apparaît que le recourant se limite à présenter sa version, sans contester la régularité formelle des auditions de témoins, ni remettre en cause l'appréciation de ces témoignages par l'autorité précédente. Le recourant ne soulève pas - même de manière implicite - le moindre grief à l'encontre de la décision entreprise. Il ne démontre pas quel droit la Cour de justice aurait violé. Au demeurant, le recours ne comporte pas de conclusions. Le recours ne satisfait par conséquent pas aux exigences minimales de motivation des art. 42 al. 2 et 106 al. 2 LTF et doit donc être déclaré irrecevable, sans qu'il soit nécessaire d'accorder un délai approprié au recourant pour remédier à l'irrégularité formelle d'absence de signature manuscrite de l'un de ses actes de recours (art. 42 al. 5 LTF). 3. En définitive, le recours doit être déclaré irrecevable selon la procédure simplifiée de l'art. 108 al. 1 let. b LTF. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge du recourant qui succombe (art. 66 al. 1 LTF). Par ces motifs, le Président prononce : 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève. Lausanne, le 10 juillet 2018 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le Président : von Werdt La Greffière : Gauron-Carlin
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 4A_623/2012 Urteil vom 15. April 2013 I. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Klett, Präsidentin, Bundesrichter Kolly, Bundesrichterin Niquille, Gerichtsschreiberin Schreier. 1. Verfahrensbeteiligte A.A._, 2. B.A._, beide vertreten durch Rechtsanwalt Pius Koller, Beschwerdeführer, gegen 1. C.C._, 2. D.C._, beide vertreten durch Rechtsanwalt Detlev Hebeisen, Beschwerdegegner. Gegenstand Kündigung Pachtvertrag, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, vom 14. September 2012. Sachverhalt: A. A.A._ und B.A._ (Verpächter, Beschwerdeführer) sind Eigentümer des Bauernhofes I._ in J._. Am 27. März 2008 schlossen sie mit C.C._ und D.C._ (Pächter, Beschwerdegegner) einen Pachtvertrag über den Bauernhof mit Land, Wald und Bauernhaus. Als Pachtende vereinbarten die Parteien den 1. Mai 2023. Da die Verpächter noch im Bauernhaus wohnten, sollten die Pächter gemäss Vereinbarung eine Ersatzwohnung beziehen, bis das für die Verpächter noch zu errichtende Stöckli fertig gestellt sein würde. Bereits kurz nach Pachtantritt zerstritten sich die Parteien, worauf die Verpächter den Pachtvertrag am 30. Oktober 2008 vorzeitig kündigten. Die Pächter verliessen den Hof indessen nicht. Sie vertraten den Standpunkt, dass vielmehr die Verpächter das Bauernhaus zu verlassen hätten, um den Einzug der Pächterfamilie zu ermöglichen. B. B.a Im August 2009 gelangten die Verpächter und widerklageweise die Pächter an das Mietgericht des Bezirkes Horgen und beantragten je, die Gegenpartei sei zu verurteilen, den Hof bzw. das Wohnhaus des Hofes zu verlassen. Mit Schreiben vom 27. Januar 2010 kündigten die Beschwerdeführer das Pachtverhältnis wegen Vorfällen, die angeblich nach der Kündigung vom 30. Oktober 2008 passiert seien, noch einmal per 30. November 2010 und stellten beim Mietgericht den Eventualantrag, es sei festzustellen, dass der Pachtvertrag per 30. November 2010 gekündigt worden sei. Mit Urteil vom 23. September 2010 erklärte das Mietgericht die ausgesprochenen Kündigungen für ungültig bzw. nichtig und verurteilte die Verpächter in Gutheissung der Widerklage dazu, das verpachtete Wohnhaus bis spätestens 31. Mai 2011 unter Mitnahme von Hausrat und Mobiliar ordentlich zu räumen und zu verlassen. Gegen dieses Urteil reichten die Verpächter beim Obergericht des Kantons Zürich Berufung ein. B.b Mitte Oktober 2010 errichteten die Pächter auf dem Pachtgelände einen Wohncontainer. Dies veranlasste die Verpächter zu einer erneuten Kündigung des Pachtverhältnisses per 30. Oktober 2011. Mit Eingabe vom 15. Februar 2011 gelangten die Verpächter daher (parallel zum hängigen Berufungsverfahren) wiederum an das Mietgericht des Bezirkes Horgen und beantragten, es sei festzustellen, dass der Pachtvertrag per 31. Oktober 2011 gekündigt sei. Die Pächter seien entsprechend zu verpflichten, das Pachtobjekt unter Mitnahme der Vieh- und Fahrhabe per Ablauf des Pachtvertrages, eventualiter innert einer richterlich anzusetzenden Frist ordnungsgemäss und unter Wiederherstellung des ursprünglichen Zustandes zu verlassen. B.c Mit Beschluss vom 3. März 2011 bestätigte das Obergericht des Kantons Zürich im ersten Verfahren das Urteil des Mietgerichts vom 23. September 2010. B.d Am 5. April 2011 reichten die Verpächter beim Bundesgericht Beschwerde in Zivilsachen gegen das Urteil des Obergerichts ein. Gleichzeitig reichten sie im zweiten Verfahren dem Mietgericht des Bezirkes Horgen ein Gesuch um Anordnung vorsorglicher Massnahmen mit dem sinngemässen Antrag ein, es sei in Abänderung des Urteils aus dem ersten Verfahren festzustellen, dass das verpachtete Wohnhaus für die Dauer des Verfahrens von den Verpächtern nicht zu räumen und zu verlassen sei. B.e Mit Verfügung vom 16. Mai 2011 erteilte das Bundesgericht der Beschwerde in Zivilsachen die aufschiebende Wirkung. Gestützt darauf trat das Mietgericht des Bezirkes Horgen mit Beschluss vom 4. Juli 2011 auf das Gesuch um Anordnung vorsorglicher Massnahmen nicht ein. B.f Mit Urteil 4A_224/2011 vom 27. Juli 2011 wies das Bundesgericht die Beschwerde der Verpächter ab, soweit darauf einzutreten war. B.g Mit Eingabe vom 11. August 2011 stellten die Pächter beim Mietgericht des Bezirkes Horgen ein Begehren um Erlass eines Befehls nach Art. 257 ZPO, mit welchem die Verpächter unter Androhung der Zwangsvollstreckung und einer Bestrafung nach Art. 292 StGB zu verpflichten seien, das Wohnhaus unverzüglich zu verlassen. Mit Urteil vom 15. Dezember 2011 verpflichtete das Mietgericht die Verpächter zum Verlassen des Bauernhauses bis spätestens 31. Januar 2012. Die Beschwerde der Verpächter gegen dieses Urteil wies das Obergericht des Kantons Zürich mit Urteil vom 20. Januar 2012 ab. B.h Mit Urteil vom 25. April 2012 wies das Mietgericht des Bezirkes Horgen im zweiten Verfahren die Klage der Verpächter ab und erklärte die Kündigung des Pachtvertrages per 30. Oktober 2011 für ungültig. B.i Gegen dieses Urteil erhoben die Verpächter Berufung an das Obergericht des Kantons Zürich und beantragten, es sei festzustellen, dass der Pachtvertrag vom 27. März 2008 per 30. Oktober 2011 (erstinstanzlich noch: 31. Oktober 2011) gekündigt sei. Dementsprechend seien die Beschwerdegegner zu verpflichten, das Pachtobjekt unter Mitnahme der Vieh- und Fahrhabe innert einer richterlich anzusetzenden Frist ordnungsgemäss und unter Wiederherstellung des ursprünglichen Zustandes zu verlassen, dies unter Androhung einer Zwangsräumung gemäss Art. 343 Abs. 1 lit. d ZPO im Unterlassungsfall. Mit Urteil vom 14. September 2012 wies das Obergericht die Berufung ab und bestätigte das Urteil des Mietgerichts. C. Mit Beschwerde in Zivilsachen vom 18. Oktober 2012 beantragen die Verpächter dem Bundesgericht die Aufhebung des Urteils des Obergerichts und wiederholen ihre vorinstanzlich gestellten Begehren. Eventualiter beantragen sie die Rückweisung der Sache an die Vorinstanz zu neuem Entscheid. Die Beschwerdegegner beantragen die Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten ist. Sie ersuchen zudem um Gewährung der unentgeltlichen Prozessführung und um Bestellung eines unentgeltlichen Rechtsvertreters in der Person des bereits mandatierten Rechtsanwalts. Die Vorinstanz hat auf eine Vernehmlassung verzichtet. Die Beschwerdeführer haben unaufgefordert eine Replik eingereicht. Erwägungen: 1. 1.1 Die Beschwerde richtet sich gegen einen verfahrensabschliessenden Entscheid (Art. 90 BGG) einer oberen kantonalen Instanz, die auf ein Rechtsmittel hin kantonal letztinstanzlich in einer Zivilsache entschieden hat (Art. 75 i.V.m. Art. 72 BGG), die Rechtsbegehren der Beschwerdeführer sind im kantonalen Verfahren nicht geschützt worden (Art. 76 Abs. 1 BGG), der massgebende Streitwert beträgt mehr als Fr. 30'000.-- (Art. 51 i.V.m. Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG) und die Beschwerdefrist ist eingehalten (Art. 100 Abs. 1 BGG). Auf die Beschwerde ist somit unter Vorbehalt einer rechtsgenügenden Begründung (Art. 42 Abs. 2 i.V.m. Art. 106 Abs. 2 BGG) einzutreten. 1.2 Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Dazu gehören sowohl die Feststellungen über den Lebenssachverhalt, der dem Streitgegenstand zugrunde liegt, als auch jene über den Ablauf des vor- und erstinstanzlichen Verfahrens (Urteile 4A_305/2012 vom 6. Februar 2013 E. 1.2; 4A_210/2009 vom 7. April 2010 E. 2). Die erstinstanzlich getroffenen Feststellungen sind für das Bundesgericht insoweit verbindlich, als sie von der Vorinstanz zumindest implizit übernommen worden sind (BGE 129 IV 246 E. 1; Urteil 4A_305/2012 vom 6. Februar 2013 E. 1.2). 2. Zwischen den Parteien ist streitig, ob die von den Beschwerdeführern per 30. Oktober 2011 ausgesprochene Kündigung des Pachtvertrags wegen der Errichtung eines Wohncontainers gültig ist. Die Vorinstanz hat dies aus mehreren Gründen verneint. Die Beschwerdeführer rügen, damit habe sie Art. 22a Abs. 1 des Bundesgesetzes vom 4. Oktober 1985 über die landwirtschaftliche Pacht (LPG; SR 221.213.2) i.V.m. Art. 22b lit. c LPG verletzt. Im Zusammenhang mit der Eventualbegründung der Vorinstanz, die Beschwerdeführer hätten rechtsmissbräuchlich gehandelt, rügen sie zudem eine Verletzung des rechtlichen Gehörs und von Art. 2 ZGB. 2.1 Nach Art. 22a Abs. 1 LPG darf der Pächter Erneuerungen und Änderungen am Pachtgegenstand, die über den ordentlichen Unterhalt hinausgehen, nur mit schriftlicher Zustimmung des Verpächters vornehmen. Nimmt er solche Erneuerungen oder Änderungen ohne schriftliche Zustimmung vor und macht er diese trotz schriftlicher Ermahnung bzw. Aufforderung des Verpächters nicht innert angemessener Frist rückgängig, so kann der Verpächter mit einer Frist von sechs Monaten die Pacht schriftlich auf den folgenden Frühjahr- oder Herbsttermin kündigen (Art. 22b lit. c LPG). 2.2 Voraussetzung für die Gültigkeit der Kündigung ist zunächst, dass das Errichten des Wohncontainers überhaupt eine Änderung am Pachtgegenstand i.S.v. Art. 22a Abs. 1 LPG darstellt. 2.2.1 Nach dem festgestellten Sachverhalt wohnten die Beschwerdegegner mit dem Einverständnis der Beschwerdeführer bereits seit geraumer Zeit provisorisch in einem Wohnwagen mit Vorzelt auf dem gepachteten Bauernhof. Diese Situation entstand, weil sich der Neubau des Stöcklis verzögerte, was die Beschwerdegegner zu verantworten hatten. Die Beschwerdeführer weigerten sich aus diesem Grund, das verpachtete Bauernhaus auf dem Hof zu verlassen. Da der Wohnwagen durch den mehrjährigen Gebrauch stark abgenützt, vergraut und schimmlig war, errichteten die Beschwerdegegner anstelle des Wohnwagens einen eingeschossigen Wohncontainer mit einer Wohnfläche von rund 78 m2. Der Container steht auf 15 in den Boden eingelassenen Rohrfundamenten, die mit Beton gefüllt wurden. Nachdem das erstinstanzliche Mietgericht in dieser Konstruktion noch eine Änderung am Pachtgegenstand erblickte, hat die Vorinstanz diese Frage offengelassen. Sie hat immerhin ausgeführt, bei einer landwirtschaftlichen Pacht habe der Boden als der zentrale Bestandteil des Pachtverhältnisses zwingend allerlei Eingriffe zu dulden. Ohne Zustimmung erlaubt müsste etwa das Einschlagen von Pfosten für eine Umzäunung für die Tierhaltung oder das Abstellen von Maschinen sein. Die Dimensionen des Wohncontainers seien mit einer grösseren landwirtschaftlichen Maschine vergleichbar. 2.2.2 Die Beschwerdeführer bringen vor, das Errichten eines rund 80 m2 grossen Wohncontainers, der mit 15 einbetonierten Rohrfundamenten verbunden sei, stelle keine ordentliche Unterhaltsarbeit des Pächters dar. Eine solche Konstruktion könne nicht mit dem Einschlagen von ein paar Holzpfosten für einen festen Zaun verglichen werden. Ebenso scheitere der Vergleich mit einer grösseren landwirtschaftlichen Maschine, da es sich bei einem mobilen Gegenstand schon begrifflich nicht um eine Änderung am Pachtgegenstand handle, die über den ordentlichen Unterhalt hinausgehe. Der Wohncontainer habe zudem eine Erhöhung des Ertragswerts der Pachtliegenschaft zur Folge. Dessen Errichtung stelle keine Unterhaltsarbeit dar, sondern eine wertvermehrende Investition. 2.2.3 Das Bundesgericht hat in einem mietrechtlichen Fall entschieden, das Eingraben eines Betonsockels mit den Massen 0.57 m x 0.27 m x 0.27 x zwecks Montage einer Satellitenschüssel in den Gartensitzplatz stelle einen Eingriff in die Substanz der Mietsache dar und sei somit als Änderung an der Mietsache zu qualifizieren (Urteil 4A_541/2011 vom 28. März 2012 E. 4). Der Vorinstanz ist zwar darin zuzustimmen, dass der Boden bei der landwirtschaftlichen Pacht grundsätzlich grössere Eingriffe zu dulden hat. Zudem sind Erneuerungen und Änderungen im Miet- und Pachtrecht gesetzlich nicht identisch geregelt: Während solche im Mietrecht stets der schriftlichen Zustimmung des Vermieters bedürfen (Art. 260a Abs. 1 OR), braucht der Pächter diese nur dann, wenn die Erneuerungen oder Änderungen über den ordentlichen Unterhalt hinausgehen (Art. 289a Abs. 1 lit. b OR bzw. Art. 22a Abs. 1 LPG). Auch im Bereich der landwirtschaftlichen Pacht liegt aber eine Änderung der Pachtsache vor, wenn 15 Rohrfundamente einbetoniert werden und ein Container mit einer Fläche von immerhin rund 78 m2 darauf gestellt wird. Eine Konstruktion mit diesen Ausmassen ist weder mit einer mobilen Landmaschine noch mit einem Zaun vergleichbar, wie die Beschwerdeführer zu Recht geltend machen. Die Errichtung eines Wohncontainers kann weiter nicht zum ordentlichen Unterhalt gezählt werden, wie etwa ein Vergleich mit Art. 22 Abs. 3 LPG zeigt: Nach dieser Bestimmung hat der Pächter für den ordentlichen Unterhalt zu sorgen und hat kleinere Reparaturen wie den gewöhnlichen Unterhalt der Wege, Stege, Gräben, Dämme, Zäune, Dächer, Wasserleitungen usw. vorzunehmen (vgl. auch die Aufzählung bei BENNO STUDER/EDUARD HOFER, Das landwirtschaftliche Pachtrecht, Vorabdruck 2007 der 2. Aufl., 2007, N. 478 f. zu Art. 22 LPG). Diese Arbeiten sind nicht vergleichbar mit der Errichtung eines Wohncontainers mit einer Fläche von rund 78 m2. Es liegt somit eine Änderung am Pachtgegenstand i.S.v. Art. 22a Abs. 1 LPG vor, die über den ordentlichen Unterhalt hinausgeht. 2.3 Streitig ist weiter, ob die Voraussetzungen für eine Kündigung nach Art. 22b lit. c LPG i.V.m. Art. 22a Abs. 1 LPG erfüllt waren. Die Vorinstanz forderte neben der Pflichtverletzung des Pächters zusätzlich das Vorliegen eines wichtigen Grundes. Die Beschwerdeführer werfen ihr vor, den Tatbestand in unzulässiger Weise erweitert zu haben. 2.3.1 Die Vorinstanz führte aus, bei Art. 22b LPG handle es sich um eine Ausgestaltung des allgemeinen Prinzips, wonach bei Dauerschuldverhältnissen neben der ordentlichen Kündigung auch eine ausserordentliche Kündigung aus wichtigem Grund möglich sei. Die Kündigungsvoraussetzungen von Art. 22b LPG seien daher als Konkretisierungen des erwähnten, für eine ausserordentliche Kündigung nötigen, wichtigen Grundes zu verstehen. Die vorzeitige Auflösung des Pachtvertrages sei eine ausserordentlich harte Massnahme, die eines ausserordentlichen Grundes bedürfe. Sie sei vor allem dann gerechtfertigt, wenn dem Pachtgegenstand Gefahr drohe. Welche konkreten Nachteile der Pachtsache durch die Errichtung eines neuen Wohnprovisoriums drohen würden, hätten die Beschwerdeführer nicht überzeugend dargetan. Die Schwelle eines wichtigen Grundes sei daher nicht erreicht und die Kündigung des Pachtvertrages gestützt auf Art. 22b lit. c LPG sei somit unzulässig. 2.3.2 Für eine vorzeitige Kündigung gestützt auf Art. 22b LPG bedarf es einer Pflichtverletzung des Pächters gemäss lit. a-c dieser Bestimmung sowie einer erfolglosen schriftlichen Ermahnung bzw. Aufforderung des Verpächters, künftige Pflichtverletzungen zu unterlassen bzw. erfolgte Pflichtverletzungen rückgängig zu machen. Weitere Voraussetzungen, namentlich das Vorliegen eines wichtigen Grundes, bestehen nach dem Gesetzeswortlaut nicht. Die Kündigung aus wichtigem Grund ist vielmehr in Art. 17 LPG geregelt (vgl. auch Botschaft vom 29. Mai 2002 zur Weiterentwicklung der Agrarpolitik [Agrarpolitik 2007], Teil III, BBl 2002 4950 zu Art. 22b LPG). E contrario bedarf es für eine Kündigung nach Art. 22b LPG nicht eines solchen. Würde auch in Art. 22b LPG zusätzlich zur Pflichtverletzung des Pächters ein wichtiger Grund vorausgesetzt, hätte diese Bestimmung keine eigenständige Bedeutung mehr, da sich der Verpächter beim Vorliegen eines wichtigen Grundes auch auf Art. 17 LPG berufen könnte. Die Vorinstanz hat somit Art. 22b lit. c LPG verletzt, wenn sie für dessen Anwendung den Nachweis eines wichtigen Grundes forderte. 2.4 Es sind damit auch die Rügen gegen die Eventualbegründung der Vorinstanz zu behandeln, wonach die Kündigung durch die Beschwerdeführer ohnehin rechtsmissbräuchlich sei. 2.4.1 Die Vorinstanz warf den Beschwerdeführern vor, sie hätten den Beschwerdegegnern lange Zeit erlaubt, auf dem Pachtland zu wohnen. Dies sei nur nötig gewesen, weil die Beschwerdeführer den Bauernhof auch nach mehrmaliger gerichtlicher Aufforderung bis heute nicht verlassen hätten. Die Beschwerdeführer würden sich daher widersprüchlich verhalten, wenn sie der Pächterfamilie nicht zugestünden, der stetig steigenden Dauer dieses Zustandes durch ein etwas stabileres und hygienischeres Provisorium Rechnung zu tragen. Aufgrund der aktenkundigen Vorgeschichte sei die Kündigung zudem durchwegs als Reaktion auf die anhaltenden Auseinandersetzungen zu verstehen. Der Kündigungsgrund der Änderung der Pachtsache sei damit ein vorgeschobener und die Kündigung selbst rechtsmissbräuchlich i.S.v. Art. 2 Abs. 2 ZGB. 2.4.2 Die Beschwerdeführer rügen vorab eine Verletzung des rechtlichen Gehörs bzw. eine Rechtsverweigerung dadurch, dass die Vorinstanz nicht auf ihre Argumentation zu dieser Frage eingegangen sei. Sie hätten geltend gemacht, es sei nicht rechtsmissbräuchlich, wenn sie das Aufstellen des Wohnwagens toleriert hätten, sich aber gegen die Errichtung des Wohncontainers zur Wehr setzen würden. Sie hätten nie einem generellen Wohnprovisorium zugestimmt. Die Vorinstanz habe dieses Vorbringen nicht gewürdigt. Zudem habe sie mit keinem Wort begründet, weshalb die angeblich vorgeschobene Kündigung rechtsmissbräuchlich sein solle. Der Anspruch auf rechtliches Gehör (Art. 29 Abs. 2 BV) verlangt, dass die Gerichte die rechtserheblichen Vorbringen der Parteien anhören und bei der Entscheidfindung berücksichtigen (BGE 124 I 241 E. 2 S. 242). Aus Art. 29 Abs. 2 BV wird zudem die Pflicht der Behörden abgeleitet, ihre Entscheide zu begründen. Die Begründung muss kurz die Überlegungen nennen, von denen sich das Gericht hat leiten lassen und auf die sich sein Entscheid stützt. Nicht erforderlich ist hingegen, dass sich der Entscheid mit allen Parteistandpunkten einlässlich auseinandersetzt und jedes einzelne Vorbringen ausdrücklich widerlegt (BGE 134 I 83 E. 4.1 S. 88; 133 III 439 E. 3.3 S. 445; je mit Hinweisen). Es genügt, wenn der Entscheid gegebenenfalls sachgerecht angefochten werden kann (BGE 136 I 184 E. 2.2.1 S. 188; 133 III 439 E. 3.3 S. 445; 129 I 232 E. 3.2 S. 236). Diesen Anforderungen genügt der vorinstanzliche Entscheid. Die Vorinstanz hat sich mit der Frage der Rechtsmissbräuchlichkeit ausführlich auseinandergesetzt. Sie ist nicht davon ausgegangen, die Beschwerdeführer hätten einem generellen Provisorium zugestimmt, sondern qualifiziert das Verhalten unabhängig davon als rechtsmissbräuchlich und begründet dies. Zu einer darüber hinausgehenden Auseinandersetzung mit sämtlichen Argumenten der Beschwerdeführerin war die Vorinstanz nicht verpflichtet. Die Vorinstanz hat die Kündigung zudem als vorgeschoben und damit rechtsmissbräuchlich qualifiziert, weil die Kündigung ihrer Ansicht nach durchwegs als Reaktion auf die anhaltenden Auseinandersetzungen mit den Pächtern zu verstehen sei. Auch diese Erwägungen genügen der Begründungspflicht. Die Rüge ist somit unbegründet. 2.4.3 Die Beschwerdeführer rügen weiter, die Vorinstanz habe die Kündigung zu Unrecht als rechtsmissbräuchlich qualifiziert und habe damit Art. 2 ZGB verletzt. Aus der Akzeptanz des Aufstellens eines mobilen Wohnwagens hätten die Beschwerdegegner keine Vertrauensgrundlage für das eigenmächtige Erstellen eines auf 15 Rohrfundamenten stehenden rund 80 m2 grossen Wohncontainers ableiten können. Der Bruder des ehemaligen Rechtsvertreters hätte den Beschwerdegegnern gar eine Wohnung in rund 100 m Entfernung zum Hof angeboten. Die Beschwerdegegner hätten ihrerseits nicht einmal angefragt, ob sie den Wohncontainer aufstellen dürften. Am Provisorium seien sie zudem nicht unschuldig, da sie die Sistierung der Baubewilligung für das Stöckli bewirkt hätten. Die Beschwerdeführer hätten ihre Rechte aus dem Pachtvertrag korrekt in Anspruch genommen. Die Beschwerdegegner hätten es in der Hand gehabt, durch die Wiederherstellung des vorherigen Zustandes die Kündigung zu vermeiden. Bei Vertragsverletzungen des Kündigungsempfängers sei mit der Annahme widersprüchlichen Verhaltens des Kündigenden in jedem Fall Zurückhaltung geboten. Der offenbare Missbrauch eines Rechtes findet keinen Rechtsschutz (Art. 2 Abs. 2 ZGB). Wann ein solcher Missbrauch vorliegt, ist anhand der konkreten Umstände des Einzelfalles zu bestimmen, wobei die von der Lehre und Rechtsprechung entwickelten Fallgruppen des Rechtsmissbrauchs zu beachten sind (BGE 135 III 162 E. 3.3.1 S. 169; 129 III 493 E. 5.1 S. 497 mit Hinweisen). Zu diesen Fallgruppen ist die Rechtsausübung zu zählen, die ohne schützenswertes Interesse erfolgt oder zu einem krassen Missverhältnis berechtigter Interessen führen würde (BGE 129 III 493 E. 5.1 S. 497; 123 III 200 E. 2b S. 203; 120 II 100 E. 3a S. 108 mit Hinweisen). Ebenso kann allgemein gesagt werden, dass die Geltendmachung eines Rechts missbräuchlich ist, wenn sie im Widerspruch zu einem früheren Verhalten steht und dadurch erweckte berechtigte Erwartungen enttäuscht (BGE 129 III 493 E. 5.1 S. 497; 128 III 375 E. 4.5; 125 III 257 E. 2a; je mit Hinweisen). Das von den Beschwerdeführern angeführte Wohnungsangebot ist dem festgestellten Sachverhalt nicht zu entnehmen und muss daher unberücksichtigt bleiben. Festgestellt ist hingegen, dass sich der Neubau des Stöcklis verzögert hat und dass dies die Beschwerdegegner zu verantworten hatten. Diese haben damit auch zur bestehenden Situation beigetragen, da die Beschwerdeführer dadurch nicht die Möglichkeit hatten, wie vorgesehen vom Bauernhaus in das Stöckli umzuziehen. Zu berücksichtigen ist weiter, dass gemäss dem Pachtvertrag an sich vorgesehen war, dass die Beschwerdegegner bis zur Errichtung des Stöcklis eine Ersatzwohnung beziehen würden. Unter diesen Voraussetzungen ist es nicht rechtsmissbräuchlich, wenn die Beschwerdeführer den Pachtvertrag kündigen, nachdem die Beschwerdegegner ohne ihre Zustimmung Änderungen am Pachtgegenstand vorgenommen haben. Ein schützenswertes Interesse der Beschwerdeführer ist hier durchaus erkennbar. Auch die Begründung der Vorinstanz, die Kündigung sei vorgeschoben, hält einer Überprüfung nicht stand. Es steht fest, dass die Voraussetzungen für eine Kündigung nach Art. 22b lit. c LPG i.V.m. Art. 22a Abs. 1 LPG erfüllt waren (vgl. E. 2.2 f.). Die Kündigung kann nicht einfach deshalb als rechtsmissbräuchlich qualifiziert werden, weil sich die Parteien seit längerer Zeit in gerichtlichen Auseinandersetzungen befinden. Mit dieser allgemeinen Begründung würde den Parteien die Ausübung ihrer Rechte geradezu verunmöglicht. Die Vorinstanz hat somit Art. 2 ZGB verletzt, indem sie die Kündigung als rechtsmissbräuchlich qualifiziert hat. 3. Die Beschwerde erweist sich damit als begründet. Die Beschwerdeführer haben zusammengefasst beantragt, es sei die Gültigkeit der Kündigung per 30. Oktober 2011 festzustellen und es seien die Beschwerdegegner zum Verlassen des Pachtobjekts innert einer richterlich anzusetzenden Frist zu verpflichten. Die Parteien äussern sich indessen nicht zur Frage, welche Frist zum Verlassen des Pachtobjekts angemessen erscheint. Auch den vorinstanzlichen Feststellungen lassen sich zu den relevanten Umständen (wie etwa dem für die Wiederherstellung des ursprünglichen Zustandes benötigten Aufwand oder den Möglichkeiten, eine neue Unterkunft zu organisieren) nicht genügend Informationen entnehmen, die eine Beurteilung dieser Frage erlauben würden. Die Sache ist daher in diesem Punkt zur Ergänzung des Sachverhalts und neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückzuweisen. 4. Nach dem Gesagten ist die Beschwerde teilweise gutzuheissen und das angefochtene Urteil aufzuheben. Es ist festzustellen, dass der Pachtvertrag vom 27. März 2008 per 30. Oktober 2011 gekündigt wurde. Im Übrigen ist die Sache zu neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Dem Gesuch der Beschwerdegegner um unentgeltliche Rechtspflege kann stattgegeben werden, da die gesetzlichen Voraussetzungen erfüllt sind (Art. 64 Abs. 1 und 2 BGG). Da die Beschwerdeführer in der Sache voll obsiegt haben und die Vorinstanz lediglich abzuklären haben wird, welche Frist den Beschwerdegegnern zum Verlassen des Pachtobjekts zu gewähren ist, rechtfertigt es sich, die Kosten für das bundesgerichtliche Verfahren den Beschwerdegegnern (unter solidarischer Haftbarkeit und intern zu gleichen Teilen) aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 und 5 sowie Art. 68 Abs. 2 und 4 BGG). Die Gerichtskosten werden vorläufig auf die Gerichtskasse genommen. Es wird jedoch ausdrücklich auf Art. 64 Abs. 4 BGG aufmerksam gemacht, wonach die begünstigte Partei der Gerichtskasse Ersatz zu leisten haben wird, wenn sie später dazu in der Lage ist. Von der Ausrichtung einer Parteientschädigung im Falle des Unterliegens entbindet die unentgeltliche Rechtspflege nicht. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird teilweise gutgeheissen und das Urteil des Obergerichts des Kantons Zürich vom 14. September 2012 wird aufgehoben. Es wird festgestellt, dass der Pachtvertrag vom 27. März 2008 per 30. Oktober 2011 gekündigt wurde. Im Übrigen wird die Sache zu neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückgewiesen. 2. Den Beschwerdegegnern wird für das bundesgerichtliche Verfahren die unentgeltliche Rechtspflege gewährt und es wird ihnen Rechtsanwalt Detlev Hebeisen, Winterthur, als amtlicher Vertreter beigegeben. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 4'000.-- werden den Beschwerdegegnern (unter solidarischer Haftbarkeit und intern zu gleichen Teilen) auferlegt, indes vorläufig auf die Gerichtskasse genommen. 4. Die Beschwerdegegner haben die Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 5'000.-- zu entschädigen (unter solidarischer Haftbarkeit und intern zu gleichen Teilen). 5. Rechtsanwalt Detlev Hebeisen, Winterthur, wird aus der Gerichtskasse eine Entschädigung von Fr. 5'000.-- ausgerichtet. 6. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 15. April 2013 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Klett Die Gerichtsschreiberin: Schreier
10,195
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CH_BGer_004
CH_BGer
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Federation
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1,427,760,000,000
2,015
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 2C_958/2014 Urteil vom 31.März 2015 II. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Zünd, Präsident, Bundesrichter Donzallaz, Bundesrichter Haag, Gerichtsschreiberin Hänni. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Werner Ritter, Beschwerdeführer, gegen Veterinäramt des Kantons Appenzell Ausserrhoden, Departement Volks- und Landwirtschaft. Gegenstand Widerhandlungen gegen Tierschutzgesetzgebung / Tierhalteverbot, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts Appenzell Ausserrhoden, 4. Abteilung, vom 11. Dezember 2013. Sachverhalt: A. A._, U._ (AR), hält eine grosse Anzahl Tiere auf seinem Hof. Am 9. November 2011 waren es 100 Rinder (38 Kühe und 62 Kälber) sowie - nach eigenen Angaben - zwei Pferde, 22 Ziegen, 18 Schafe, sieben Schweine, 45 Hühner und zahlreiche Kaninchen. Die Tierschutzbehörden der Kantone Appenzell Ausserrhoden und St. Gallen erliessen mehrere Verfügungen und zahlreiche Ermahnungen gegen A._ mit dem Ziel, Mängel bei der Tierhaltung auf seinem Betrieb zu beheben. A._ wurde sodann mehrfach wegen Verstössen gegen das Tierschutzgesetz von Strafgerichten der Kantone St. Gallen und Appenzell Ausserrhoden verurteilt. Ein weiteres Strafverfahren betreffend Tierquälerei im Kanton Appenzell Ausserrhoden ist hängig. B. Am 20. Februar 2012 verfügte das Veterinäramt des Kantons Appenzell Ausserrhoden ein zeitlich unbeschränktes Tierhalteverbot für Nutztiere gegen A._. Ausgenommen wurde die Pferdehaltung, welche unter Auflagen und Bedingungen weiterhin gestattet blieb. Gegen diese Verfügung erhob A._ Rekurs beim Departement Volks- und Landwirtschaft (DVL), welches das Rechtsmittel abwies. Eine gegen diesen Entscheid geführte Beschwerde an das Obergericht blieb ohne Erfolg (Urteil vom 11. Dezember 2013). C. Mit Eingabe vom 20. Oktober 2014 beantragt A._ dem Bundesgericht, das Urteil vom 11. Dezember 2013 aufzuheben. Von einem Tierhalteverbot und auch einem Verbot, Tiere in fremden Tierhaltungen zeitlich beschränkt oder dauerhaft unterzubringen, sei abzusehen. Eventuell sei die Streitsache an die Vorinstanz, das Departement DVL oder an das Veterinäramt zurückzuweisen. Der Rechtsdienst der Kantonskanzlei und das Obergericht des Kantons Appenzell Ausserrhoden sowie das Bundesamt für Lebensmittelsicherheit und Veterinärwesen (BLV) beantragen, die Beschwerde abzuweisen. Erwägungen: 1. 1.1. Der in Anwendung des Tierschutzgesetzes vom 16. Dezember 2005 (TSchG; SR 455) ergangene kantonal letztinstanzliche Endentscheid kann mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beim Bundesgericht angefochten werden (Art. 82 lit. a, Art. 86 Abs. 1 lit. d und Abs. 2 sowie Art. 90 BGG). Eine Ausnahme liegt nicht vor (Art. 83 BGG). Auf die frist- und formgerechte Beschwerde (Art. 42 Abs. 2 und Art. 100 Abs. 1 BGG) ist einzutreten. 1.2. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, wie ihn die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Es kann diesen bloss berichtigen oder ergänzen, wenn er offensichtlich unrichtig, unvollständig oder in Verletzung wesentlicher Verfahrensrechte ermittelt wurde (Art. 105 Abs. 2 BGG). Der Betroffene hat darzulegen, dass und inwiefern dies klar und eindeutig der Fall ist (vgl. BGE 140 III 16 S. 17 f.; 137 I 58 E. 4.1.2 S. 62; 136 I 184 E. 1.2 S. 187 mit Hinweisen). 2. 2.1. Nach Art. 80 Abs. 1 und 2 BV erlässt der Bund Vorschriften zum Schutz der Tiere. Er trägt der Würde der Kreatur Rechnung (Art. 120 Abs. 2 BV). Das auf die beiden Bestimmungen gestützte Tierschutzgesetz bezweckt, die Würde und das Wohlergehen der Tiere zu schützen (Art. 1 TSchG). Wer Tiere hält oder betreut, muss sie angemessen nähren, pflegen, ihnen die für ihr Wohlergehen notwendige Beschäftigung und Bewegungsfreiheit sowie soweit nötig Unterkunft gewähren (Art. 6 Abs. 1 TSchG). Nach Art. 23 Abs. 1 TSchG kann die zuständige Behörde Tierhalteverbote aussprechen gegenüber Personen, die wegen wiederholter oder schwerer Zuwiderhandlung gegen Vorschriften des Tierschutzgesetzes und seiner Ausführungserlasse oder gegen Verfügungen bestraft worden sind (lit. a) oder aus anderen Gründen unfähig sind, Tiere zu halten (lit. b). Unfähigkeit im Sinne von Art. 23 Abs. 1 lit. b TSchG liegt vor, wenn die betreffende Person nicht die grundsätzlichen Verhaltensgebote und -verbote des Tierschutzgesetzes zu befolgen vermag (vgl. die Urteile 2C_378/2012 vom 1. November 2012 E. 3.1; 2C_635/2011 vom 11. März 2012 E. 2.1 ff.; 2C_79/2007 vom 12. Oktober 2007 E. 4.2.2). Das Verbot der Tierhaltung als solches hat die Wahrung oder die Wiederherstellung des Tierwohls zum Ziel. Anders als bei der Bestrafung kommt es nicht auf ein Verschulden des Pflichtigen an, sondern lediglich auf das Bestehen eines rechtswidrigen Zustands; es ist eine restitutorische Massnahme, die nicht auf die Bestrafung des Halters, sondern auf den Schutz und die Wiederherstellung der tierschutzrechtlich korrekten Haltebedingungen ausgerichtet ist (Urteil 2C_378/2012 vom 1. November 2012 E. 3.1; vgl. RITA JEDELHAUSER, Das Tier unter dem Schutz des Rechts, Diss., 2011, S. 143, 202 f.). Einem Halteverbot gehen in der Regel grobe und für die Tiere leidvolle Verstösse gegen das Tierschutzrecht voraus (Art. 1 in Verbindung mit Art. 3 lit. a TschG; Urteil 2C_378/2012 vom 1. November 2012 E. 3.1; Jedelhauser, a.a.O., S. 204 f.). 2.2. Wenn festgestellt wird, dass Tiere vernachlässigt oder unter völlig ungeeigneten Bedingungen gehalten werden, schreitet die zuständige Behörde unverzüglich ein (Art. 24 Abs. 1 TSchG). Sie kann die Tiere vorsorglich beschlagnahmen und auf Kosten des Halters an einem geeigneten Ort unterbringen. Werden strafbare vorsätzliche Verstösse gegen die Vorschriften des Gesetzes festgestellt, so erstatten gemäss Art. 24 Abs. 3 TSchG die für den Vollzug von Tierschutzvorschriften zuständigen Behörden Strafanzeige (vgl. Urteile 2C_378/2012 vom 1. November 2012 E. 3.1; 2C_737/2010 vom 18. Juni 2011 E. 4.1). 3. 3.1. Das unbefristete Tierhalteverbot stützt das Obergericht in tatsächlicher Hinsicht auf einen Augenschein, Berichte und Fotodokumentationen des Veterinäramtes aus dem aktuellen und aus vorgängigen verwaltungstierschutzrechtlichen Verfahren sowie auf strafrechtliche Erkenntnisse gegen den Beschwerdeführer. 3.2. Wegen Zuwiderhandlungen gegen die Tierschutzgesetzgebung wurde der Beschwerdeführer bisher wie folgt bestraft: - Strafverfügung vom 6. August 2002, Verhöramt Appenzell Ausserrhoden; Busse Fr. 300.-- wegen Überbelegung der sog. Kälberbuchten (Boxen für Kälber); Mängel beim Einsatz eines sog. Kuhtrainers (Elektrobügel, der die Tiere rückwärts drängen soll für das Absetzen von Harn und Kot) - Strafurteil vom 31. Oktober 2003, Bezirksgericht Rorschach/SG; Gefängnisstrafe und Busse Fr. 2'000.--, bedingt auf zwei Jahre, Strafmass durch Mitbeurteilung eines Strassenverkehrsdelikts geprägt; dabei auch mehrfache Verstösse gegen das damals in Kraft gewesene Tierschutzgesetz (Verletzung von Art. 3 Abs. 1 und Art. 29 Ziff. 1 lit. a aTschG [vorsätzliches Missachten der Vorschriften über die Tierhaltung]; Art. 5 Abs. 2 und Art. 23 Abs. 1 der damals in Kraft gewesenen Tierschutzverordnung [aTSchV]; Missachtung der Vorschriften über Gebärplätze bei der Schaf- und Schweinehaltung) - Strafverfügung vom 21. April 2004, Verhöramt Appenzell Ausserrhoden; Busse von Fr. 400.-- wegen fahrlässiger Widerhandlung gegen das Tierschutzgesetz (Art. 10 und Art. 29 Ziff. 1 lit. a Abs. 2 des damals in Kraft stehenden Tierschutzgesetzes in Verbindung mit Art. 52 aTSchV [Schutzbestimmungen bei Tiertransporten]); Hühner wurden während 16 Stunden ohne Wasser und Nahrung in engen Transportkisten belassen - Berichtigte Strafverfügung vom 22. März 2005, Verhöramt Appenzell Ausserrhoden; 5 Tage Haft und Busse von Fr. 2'000.--, bedingt auf eine Probezeit von einem Jahr (unter anderem Überbelegung bei den Kälbern und den Kaninchen; Haftstrafe wegen wiederholten Beanstandungen und nicht mehr bloss fahrlässiger, sondern eventualvorsätzlicher Zuwiderhandlung) - Berichtigte Strafverfügung vom 15. November 2006, Verhöramt Appenzell Ausserrhoden; Busse Fr. 5'000.--; Strafmass durch Mitbeurteilung eines Strassenverkehrsdelikts geprägt; dabei auch Verstösse gegen das Tierschutzgesetz und Tierseuchennormen (unter anderem hatte der Beschwerdeführer trotz Tierhalteverbot im Kanton St. Gallen zwei Rinder bei einer anderen Person eingestellt) - Strafurteil vom 15. Januar 2010, Kreisgericht Rorschach/SG; Busse von Fr. 200.-- ersatzweise Freiheitsstrafe von zwei Tagen wegen mehrfacher Widerhandlung gegen das Tierschutzgesetz durch Nichtbeachtung einer amtlichen Verfügung (Auflagen betreffend Weidegang); demgegenüber Freispruch betreffend die Anklage der Tierquälerei Mit Urteil des Kantonsgerichts Appenzell Ausserrhoden vom 27. Juni 2013 wurde der Beschwerdeführer je teilweise schuldig gesprochen der mehrfachen Tierquälerei durch Vernachlässigung (Art. 26 Abs. 1 lit. a TschG); mehrfachen übrigen Widerhandlungen gegen das Tierschutzgesetz (begangen je im Zeitraum vom 5. Mai 2010 bis zum 9. Juli 2012) sowie der mehrfachen Übertretung des Tierseuchengesetzes. Das Strafurteil ist nicht rechtskräftig und basiert im Wesentlichen auf Erkenntnissen aus einer Hausdurchsuchung vom 23. Februar 2011; die Strafakten wurden von der Vorinstanz auf Begehren des Beschwerdeführers beigezogen. 3.3. Im verwaltungsrechtlichen Verfahren hatten Tierschutzbehörden des Kantons St. Gallen bereits vor dem Jahr 2000 verschiedene Verfügungen gegen den Beschwerdeführer erlassen (unter anderem Verbot für fünf Jahre, Schafe zu halten; zweifache Androhung eines Tierhalteverbots). Weil die Mängel bei der Schaf- und Rinderhaltung nicht behoben waren, wurde am 18. Februar 2002 ein teilweises Tierhalteverbot im Kanton St. Gallen verfügt. Bei einer Kontrolle und Nachkontrolle des Veterinäramts des Kantons Appenzell Ausserrhoden wurde sodann eine Überbesetzung sowohl in den Kälberboxen wie auch im Stall der Kühe festgestellt. Nachdem die Mängel während rund zwei Monaten vorübergehend behoben waren, musste eine eingewachsene Schnur bei einer Ziege festgestellt werden. Bei weiteren Kontrollen wurde bemerkt, dass die angebundenen Rinder keinen Auslauf erhielten und stark verschmutzt waren, was zu Entzündungen ihrer Haut führte. Bei einer weiteren Nachkontrolle wurde erneut festgestellt, den Rindern werde kein Auslauf gewährt; die Schliessung des Betriebs wurde angedroht. Bei zwei weiteren Nachkontrollen wurden insbesondere erneut überbelegte Kälberboxen festgestellt und ebenso, dass der Beschwerdeführer es unterlassen hatte, eine schwerkranke Kuh zu behandeln. Ein Tierhalteverbot wurde vom Veterinäramt verfügt und vom Verwaltungsgericht St. Gallen am 19. August 2009 aufgehoben. Bei Kontrollen im Mai 2010 stellte das Veterinäramt bei verschiedenen Kontrollen einen hohen Tierbestand, viele kranke Tiere und ungenügende Ressourcen zur Pflege der Tiere fest. In den Ställen bestand vielerorts eine erhebliche Verletzungsgefahr durch vorstehende Nägel und Schrauben. Zahlreiche Tiere waren zu kurz angebunden und ihnen wurde kein Auslauf gewährt (Rinder). Für gewisse Tiere bestand sogar kein Wasserzugang. Auch bei der Haltung von Hühnern und Kaninchen bestanden erhebliche Mängel. Erneut setze das Veterinäramt eine Frist für die Behebung der Mängel an und drohte am 20. Mai 2010 eine kostenpflichtige Ersatzvornahme und ein Tierhalteverbot an. Nach einer erneuten Kontrolle wurden Mängel beanstandet und ebenso festgestellt, dass im Laufe des Jahres 2009 rund 20 Tiere verendet und der Tierdatenbank als entsorgt gemeldet waren (die meisten von ihnen Kälber). Die Kontrolle vom 5. Mai 2010 bildete Grundlage und Anlass für eine Strafanzeige durch das Veterinäramt Appenzell Ausserrhoden. 3.4. Am 23. Februar 2011 erfolgte im Rahmen der eingeleiteten Strafuntersuchung eine Kontrolle durch Staatsanwaltschaft, Kantonspolizei und Veterinäramt, wobei die dort erstellten Akten inklusiv die Fotodokumentation kranker Tiere auf Wunsch des Beschwerdeführers von der Vorinstanz für das verwaltungsrechtliche Verfahren beigezogen wurden. Mit einer unangefochten gebliebenen Verfügung vom 8. April 2011 stellte das Veterinäramt im Wesentlichen fest, dass die Anzahl kranker, verletzter und vernachlässigter Tiere nach wie vor hoch sei und die kranken Tiere auch nicht getrennt versorgt oder gepflegt würden, weitere Mängel wurden vermerkt und es wurde erneut festgehalten, dass der Beschwerdeführer und seine Mitarbeiter - neben der Tätigkeit als Händler und dem Führen einer Gastwirtschaft - die Pflege des grossen Tierbestandes nicht gewährleisten könnten. Abermals drohte das Veterinäramt kostenpflichtige Ersatzvornahmen, ein Tierhalteverbot und eine erneute Verzeigung bei der Staatsanwaltschaft an. Im Rahmen des hängigen Strafverfahrens erfolgte am 9. November 2011 ein vier Wochen zuvor angekündigter Betriebsbesuch im Beisein des Veterinäramts. Gestützt auf die dabei gemachten Feststellungen erging die vorliegend angefochtene Verfügung des Veterinäramts vom 20. Februar 2012. Das Veterinäramt stellte eine grosse Anzahl erhebliche tierschutzrechtliche Mängel fest, die trotz wiederholter Androhung von Rechtsnachteilen nicht behoben worden waren. 3.5. Der Beschwerdeführer bringt vor, das Obergericht habe sein Urteil auf einen offensichtlich unrichtigen Sachverhalt gestützt und diesen unter Verletzung von Bundesrecht erhoben. Eine Rechtsverletzung bei der Sachverhaltsfeststellung ergebe sich daraus, dass die Vorinstanz nicht zwischen bereits abgeschlossenen und noch hängigen Verfahren unterscheide. Seine Vorbringen sind nicht stichhaltig: 3.5.1. Der Umstand, dass eine Anzahl Tiere keinen Zugang zu Wasser hatte, kann nicht mit dem Vorbringen entkräftet werden, dass beim Besuch des Kantonstierarztes am 9. November 2011 die Stallarbeiten erst im Gang waren und die - anlässlich mehrmaliger Kontrollen - als "extrem verschmutzt" beanstandeten Tränken jeweils noch zu reinigen gewesen wären. Wenn der Beschwerdeführer geltend macht, die Rinder seien im Winter regelmässig auf der Wiese gewesen und dies sei an Spuren zu erkennen, so stehen dem die Feststellungen der Vorinstanz gegenüber, die bei einem Augenschein auf dem Hof des Beschwerdeführers keinerlei Tierspuren auf den eingefrorenen Weiden finden konnte. Der Beschwerdeführer bringt sodann vor, weder seien in seinem Betrieb mehr Tiere erkrankt als in einem vergleichbaren Betrieb noch habe er kranke Tiere nicht gepflegt. Dass mehrere Kälber Symptome einer Lungenentzündung zeigten und der Betrieb eine vergleichsweise hohe Anzahl kranker Tiere aufwies, hat die Vorinstanz gestützt auf die Berichte des Kantonstierarztes ermittelt, die sich auf zahlreiche Besuche stützen. Daneben hat sie anlässlich des durchgeführten Augenscheins auch selbst kranke Tiere gesehen, so ein Rind mit einer grossen entzündlichen Geschwulst am Hals, die nachweislich über mehrere Monate unbehandelt blieb. Die Vorinstanz hat den Aussagen des Kantonstierarztes zum Gesundheitszustand der Tiere mehr Glauben geschenkt anstatt einen anderen, vom Beschwerdeführer selbst vorgeschlagenen Tierarzt zu befragen. Sie hat dies auch damit begründet, dass es einer Erfahrungstatsache entspreche, dass "Hausärzte" im Hinblick auf ihre auftragsrechtliche Vertrauensstellung im Zweifelsfall eher zugunsten ihrer Klienten aussagten. Das Vorgehen ist - entgegen der Vorbringen - nicht willkürlich und die Einwände vermögen die festgestellten tierschutzrechtlichen Mängel nicht infrage zu stellen, und ebensowenig den Eindruck der Vorinstanz, wonach sich der Beschwerdeführer selbst nicht verantwortlich fühlte, erkrankte Tiere behandeln zu lassen. 3.5.2. Unbegründet sind auch die Rügen zu den hängigen Verfahren. Während der Beschwerdeführer nach den Sachverhaltsfeststellungen der Vorinstanz das zuletzt ergangene Strafurteil vom 27. Juni 2013 angefochten hat, liess er die Verfügungen des Veterinäramts vom 20. Mai 2010 und vom 8. April 2011 in Rechtskraft erwachsen. Die Vorinstanz hat sich für ihre Sachverhaltsfeststellungen auf rechtskräftige verwaltungsrechtliche Verfügungen gestützt und für die Beurteilung des Tierhalteverbots auch die bisher ergangenen strafrechtlichen Verurteilungen des Beschwerdeführers berücksichtigt. Dies ist nicht nur zulässig, sondern für die materielle Beurteilung des Halteverbotes auch geboten (vgl. hiervor E. 2 und sogleich E. 4). Dass Sachverhaltselemente, die während eines Betriebsbesuchs festgestellt wurden, sowohl von den Strafverfolgungsbehörden für ihre Zwecke als auch von den Verwaltungsbehörden für ihre jeweiligen Verfahren verwendet werden, ist nicht zu beanstanden. Das Veterinäramt durfte demnach zur Ermittlung des Sachverhalts für die Verfügung vom 20. Februar 2012 auf Fotodokumentationen und andere Unterlagen verweisen, die sie erstellte und die auch für das - noch hängige - Strafverfahren verwendet werden. Der Beschwerdeführer hatte den Beizug dieser Akten im Übrigen ausdrücklich gewünscht. Die hieraus gewonnenen Sachverhaltselemente sind von der Vorinstanz weder selbst strafrechtlich gewürdigt noch im Sinne einer strafrechtlichen Verurteilung wegen Tierquälerei gewichtet worden. Eine behauptete Verletzung des Willkürverbots bei der Sachverhaltsmangels liegt nicht vor (Art. 9 BV). 3.6. Es steht somit in tatsächlicher Hinsicht eine grosse Anzahl tierschutzrechtlicher Mängel fest (E. 3.2-3.4). Diese sind durch die Vorinstanz ohne Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG erstellt worden (Art. 97 Abs. 1 BGG). Sie sind für das Bundesgericht verbindlich (Art. 105 Abs. 1 BGG). 4. Zu prüfen bleibt anhand der weiteren Vorbringen, ob das Obergericht gegenüber dem Beschwerdeführer ein unbefristetes Tierhalteverbot im Sinne von Art. 23 Abs. 1 TSchG aussprechen durfte. 4.1. Der Beschwerdeführer bringt vor, die Voraussetzungen für den Erlass eines unbefristeten Tierhalteverbots gegen ihn wären nicht gegeben (vgl. hiervor E. 2.1). So belegten die vorinstanzlichen Sachverhaltsfeststellungen nicht, dass er generell unfähig sei, Tiere zu halten oder zu züchten. Es sei über einen Beurteilungsspielraum von zehn Jahren zu "einzelnen geringfügigen Verstössen" gekommen, welche zudem zum grossen Tierbestand und zur Fluktuationsrate bei den von ihm gehaltenen Tieren in Bezug zu setzen seien. Die Tierschutzbestimmungen seien gegenüber dem "überwiegenden Teil" der auf dem Hof lebenden Tiere eingehalten. Vor diesem Hintergrund lasse sich das gegen ihn verfügte Tierhalteverbot nicht rechtfertigen; die vorinstanzlichen Erwägungen verletzten Art. 23 Abs. 1 TschG. 4.2. Die Vorbringen des Beschwerdeführers vermögen nicht zu überzeugen: 4.2.1. Die Haltung der Kühe, Rinder, Kälber, Ziegen, Schafe, Schweine, Kaninchen und Hühner wurde regelmässig kontrolliert. Anlässlich der Kontrollen wurden betreffend Nahrung, Pflege, Bewegungsfreiheit und Unterkunft der Tiere durchwegs schwere Mängel festgestellt (Art. 6 Abs. 1 TschG). Diverse Tiere hatten keinen Zugang zu Wasser (Art. 4 Abs. 1 bzw. Art. 37 Abs. 1 der Tierschutzverordnung vom 23. April 2008 [SR 455.1; TschV]), Hühner wurden sechzehn Stunden in einer engen Transportbox ohne Nahrung und Wasser eingesperrt, und Kälber mit Anzeichen einer Lungenentzündung wurden ohne tierärztliche Behandlung ihrem Schicksal überlassen; rund 20 Kälber verendeten auf dem Hof des Beschwerdeführers. Den Rindern, die in Anbindehaltung an einer zu kurzen Strickvorrichtung festgemacht waren, wurde über die gesamten Wintermonate kein Auslauf gewährt, obwohl eine Unterbrechung des Auslaufs maximal für zwei Wochen zulässig ist (Art. 40 Abs. 1 TschV). Bei einer Ziege musste sogar eine eingewachsene Schnur festgestellt werden. Andere Tiere waren so stark verschmutzt, dass sich ihre Haut entzündete. Die beanstandeten Mängel können in keiner Weise als "geringfügige Verstösse" bezeichnet werden. Zum Halteverbot führten entgegen der Einwände auch nicht Umstände, welche sich auf das Wohl der von ihm gehaltenen Tiere "nicht direkt auswirkten", wie unterlassene Eintragungen in der Tierverkehrsdatenbank und im Auslaufjournal. Grund waren ausschliesslich Mängel im Tierschutz selbst. 4.2.2. Der Beschwerdeführer bringt hiergegen vor, er betreibe eine in der Schweiz übliche und sehr verbreitete Form der Kälbermast und es wären "erhebliche und ausserordentlich aufwändige Umbauten an seinen Stallungen nötig", um die beanstandeten Mängel zu beheben. Ursache für die hohe Anzahl verstorbener Kälber sei der Umstand, dass er laufend Tiere kaufte und verkaufte. Hierdurch sei das Infektionsrisiko auf seinem Betrieb gestiegen. Auch etwa der festgestellte Pilzbefall bei den Kälbern käme in allen Mastbetrieben vor und könne nur mit "unverhältnismässigen hygienischen Massnahmen" verhindert werden. Die Einwände sind nicht stichhaltig: Wie bereits das Obergericht anführt, hätte es an ihm gelegen, die erkrankten Kälber abzutrennen und ihnen die erforderliche Behandlung, worunter einfache Massnahmen wie saubere Einstreu, aber auch Infusionen, zuteil kommen zu lassen (Art. 5 Abs. 2 TschV). Insbesondere setzt ein grösserer Tierbestand, wie dies die Vorinstanz korrekt darlegt, einen entsprechend grösseren Personaleinsatz für die tierschutzkonforme Haltung voraus. Ob die gewählte Form verbreitet ist oder nicht, kann nicht massgeblich sein. So oder anders müssen Tierhalterpflichten und die Tierschutzbestimmungen unabhängig von der vorhandenen Infrastruktur eingehalten werden (vgl. Art. 4 Abs. 1 und 2, Art. 6 Abs. 1 TschG; Art. 4 Abs. 1 und 2 TschV). 4.2.3. Soweit der Beschwerdeführer weiter einwendet, der "grösste Teil" der gehaltenen Tiere hätte keinen Anlass für Beanstandungen der Tierschutzbehörde gegeben, ist ihm mit der Vorinstanz entgegenzuhalten, dass das Tierschutzgesetz die Würde und das Wohlergehen des Tieres bezweckt. Die Bestimmungen des Tierschutzgesetzes und bei Rindern namentlich die Sondervorschriften in Art. 37-43 TschV sind bei jedem einzelnen Tier auf dem Betrieb einzuhalten. Selbst wenn die Tierschutzbestimmungen bei einer Mehrzahl der Tiere des Beschwerdeführers bei einer konkreten Kontrolle eingehalten sind, vermag dies die seit Jahren immer wieder festgestellten Zuwiderhandlungen bei einzelnen anderen Tieren seines Bestands nicht zu rechtfertigen. Demnach ist von Bedeutung, dass der Beschwerdeführer einzelne Kälber mit Anzeichen einer akuten Lungenentzündung nicht abtrennte, ihnen kein Stroh zur Verfügung stellte und nicht mit Infusionen behandeln liess, wie dies der Kantonstierarzt einforderte (Art. 5 Abs. 2 TSchV). Ebenso ist relevant, dass der sog. Kuhtrainer bei einem Rind zu tief eingestellt war (Art. 35 Abs. 4 TSchV), dass die Klauen von fünf Kühen unbehandelt blieben (Art. 5 Abs. 4 TSchV) und einzelne Tiere, denen eine nötige tierärztliche Behandlung vorenthalten wurde, sogar verendet sind. Solche Verstösse lassen sich durch den Einwand, dass der "überwiegende Teil" der Tiere gesetzeskonform gehalten wurde, nicht entkräften. Der Beschwerdeführer verkennt, dass die Tierschutzbestimmungen auch bei Massentierhaltung oder bei Mutationen im Tierbestand eines Viehhändlers bei jedem einzelnen Tier als Individuum einzuhalten sind (vgl. Vernehmlassung Bundesamt für Lebensmittelsicherheit und Veterinärwesen S. 3; Christoph Errass, in: Die schweizerische Bundesverfassung, St. Galler Kommentar, 3. Aufl. 2014, N. 14 zu Art. 80 BV; Jedelhauser, a.a.O., S. 117). 4.3. Es liegen demnach insgesamt zahlreiche und erhebliche Verstösse gegen die Tierschutzgesetzgebung vor, die das Wohlbefinden der betroffenen Tiere in erheblichem Mass beeinträchtigt haben (Art. 1 und 3 lit. a und b TSchG). Die festgestellten Umstände weisen insgesamt auf eine Uneinsichtigkeit des Beschwerdeführers und seinen fehlenden Willen zur tatsächlichen und längerfristigen Verbesserung der Zustände auf seinem Betrieb hin (vgl. ähnlich bereits Urteile 2C_378/2012 vom 1. November 2012 E. 3.2; 2C_635/2011 vom 11. März 2012 E. 3.3; 2C_79/2007 vom 12. Oktober 2007 E. 4.2.2). In Anbetracht der gravierenden Mängel sowie des Ausbleibens von Massnahmen, die das Wohlergehen der Tiere in den bemängelten Punkten hätten verbessern können (vgl. Art. 1 und 3 lit. a und b TSchG), hat die Vorinstanz zu Recht angenommen, dass auch inskünftig mit erheblichen Widerhandlungen gegen die Tierschutzgesetzgebung zu rechnen sei. Der Beschwerdeführer hat es trotz zahlreicher Chancen versäumt, auf eigene Initiative dauerhaft dafür zu sorgen, dass die Tierschutzbestimmungen auf dem Betrieb bei allen seinen Tieren eingehalten werden. Das Obergericht durfte davon ausgehen, er sei unfähig, Tiere zu halten (Art. 23 Abs. 1 lit. b TSchG). Wie es sodann als Eventualbegründung zutreffend ausführt, ist auch der Tatbestand Art. 23 Abs. 1 lit. a TschG bereits aufgrund der zahlreichen strafrechtlichen Sanktionen erfüllt. Soweit die Voraussetzungen für ein Tierhalteverbot in Art. 23 Abs. 1 TschG bestritten werden, erweist sich die Beschwerde somit als unbegründet. 4.4. Insofern der Beschwerdeführer geltend macht, es sei auch vom Verbot abzusehen, Tiere bei Dritten unterzubringen, kann dem nicht gefolgt werden. Das Tierschutzgesetz enthält zwar selbst keine spezifische Umschreibung, wer als Tierhalter zu gelten hat, unterscheidet aber zwischen Betreuer und Tierhalter (Art. 6 Abs. 1 TschG; vgl. auch Art. 31 TSchV). Tierhalter im Sinne von Art. 56 OR ist, wer die tatsächliche Herrschaft über das Tier ausübt bzw. über dieses verfügen kann (BGE 115 II 237 E. 2c S. 245; 104 II 23 E. 2a S. 25), auch wenn er die Beaufsichtigung des Tieres zeitweilig einer Hilfsperson anvertraut hat (BGE 110 II 136 E. 1 S. 138). Dabei ist das dauerhafte wirtschaftliche Interesse oder der Nutzen (auch ideeller Art) von entscheidender Bedeutung, um die Tierhalterin von der Hilfsperson abzugrenzen (BGE 67 II 119 E. 2 S. 122). Eine Mehrzahl von Haltern ist denkbar, wenn sämtliche Personen die Herrschaft über das Tier ausüben und ein dauerhaftes Interesse daran haben (Urteil 4C.237/2001 vom 8. Oktober 2001 E. 2b). Der Beschwerdeführer hat seine Tiere aus wirtschaftlichen Gründen gehalten. Als Berechtigtem obläge es auch bei Unterbringung in fremden Ställen bzw. der Betreuung durch andere Personen ihm, über sie zu bestimmen. Dass er nicht fähig oder willens ist, seinen Tieren eine nötige Behandlung oder Pflege zukommen zu lassen, ist über einen Zeitraum von mehr als zehn Jahren dokumentiert. Der Ort der Unterbringung kann diesen Mangel nicht vollständig beheben. Die Vorinstanz durfte auch dieses Begehren ablehnen, ohne Bundesrecht zu verletzen. 5. Der Beschwerdeführer macht geltend, am Tierhalteverbot bestehe kein öffentliches Interesse; es werde in unzulässiger Weise in seinen Anspruch auf eine freie Ausübung seines Berufes als Landwirt eingegriffen (Art. 27 BV). Auch sei die Massnahme nicht verhältnismässig, da er aufgrund der Topografie seines Betriebs nicht auf Ackerbau umstellen könne. 5.1. Die Tätigkeit des Beschwerdeführers als Landwirt ist vom Schutzbereich der Wirtschaftsfreiheit erfasst. Einschränkungen des Anspruchs auf Wirtschaftsfreiheit (Art. 27 Abs. 1 BV) bedürfen einer gesetzlichen Grundlage. Sie müssen durch ein öffentliches Interesse oder durch den Schutz von Grundrechten Dritter gerechtfertigt und zudem verhältnismässig sein (Art. 36 Abs. 1 bis 3 BV). Mit Art. 23 Abs. 1 TschG stützt sich die Vorinstanz in zulässiger Weise auf eine spezialgesetzliche Grundlage, um das dem Beschwerdeführer zweifellos zustehende Recht auf Wirtschaftsfreiheit rechtmässig einzuschränken. Das öffentliche Interesse an einer artgerechten Haltung der Tiere ergibt sich als Staatsaufgabe aus der Verfassung (Art. 80 Abs. 2 lit. a BV) sowie aus dem Zweckartikel des Tierschutzgesetzes, wonach Würde und Wohlergehen der Tiere zu schützen sind (Art. 1; Urteil 2C_378/2012 vom 1. November 2012 E. 3.4.4). Vorliegend wurden Würde und Wohlergehen zahlreicher vom Beschwerdeführer gehaltener Tiere erheblich verletzt (vgl. hiervor E. 3.1 ff. und E. 4). Mildere Massnahmen wie die mehrmalige Androhung der Schliessung des Betriebs haben sich - über Jahre hinweg - als nicht wirksam erwiesen. Vor diesem Hintergrund ist nicht zu beanstanden, dass die Vorinstanz eine weitere Verwarnung nicht mehr als geeignetes Mittel und das unbefristete Verbot als erforderlich angesehen hat, um die stetigen Verstösse gegen die Tierschutzbestimmungen zu beenden. 5.2. Dem öffentlichen Interesse gegenüber stehen die privaten und auch die wirtschaftlichen Interessen des Beschwerdeführers. Dieser betreibt einen Landwirtschaftsbetrieb und hat von dieser Tätigkeit bisher zumindest teilweise gelebt. Selbst wenn eine Umstellung auf Ackerbau bei seinem Betrieb wie vorgebracht nicht möglich sein sollte, stünden die Folgen des Tierhalteverbots für den Beschwerdeführer noch immer in einem vernünftigen Verhältnis zum angestrebten Zweck. Die Zuwiderhandlungen, welche in gleicher oder ähnlicher Art bereits über Jahre festgestellt wurden, haben das Mass "leichter Verstösse" längst überschritten. Im Fall des Beschwerdeführers hat die Behörde - wie dies das Obergericht zutreffend festhält - sehr lange zugewartet, bis sie das Tierhalteverbot nicht nur bloss angedroht, sondern für die Nutztierhaltung ausgesprochen hat. Dass die Massnahme den im Übrigen auch als Gastwirt tätigen Beschwerdeführer in seiner Berufsausübungsfreiheit hart trifft, mag zutreffen. Dies ist aber in Anbetracht der dokumentierten Verstösse hinzunehmen. Wie das Obergericht zutreffend anführt, sind angesichts des anhaltenden Strukturwandels in der Landwirtschaft auch andere, gesetzeskonform arbeitende Landwirte zur Aufnahme einer nichtlandwirtschaftlichen Neben- oder Haupterwerbstätigkeit gezwungen. Die Wirtschaftsfreiheit kann dem Beschwerdeführer keinen Anspruch darauf geben, seinen landwirtschaftlichen Betrieb gesetzeswidrig zu bewirtschaften (vgl. Urteil 2C_635/2011 vom 11. März 2012 E. 3.4). Die Massnahme erweist sich als verhältnismässig und ist mit Art. 27 BV vereinbar. 6. Das Obergericht hat weder das Tierschutzgesetz und seine Ausführungserlasse noch Verfassungsrecht (Art. 5 Abs. 2 und Art. 27 sowie Art. 9 BV) verletzt. Die Beschwerde erweist sich als unbegründet und ist abzuweisen. Dem Verfahrensausgang entsprechend wird der Beschwerdeführer kostenpflichtig (Art. 66 Abs. 1 BGG). Parteientschädigungen sind nicht geschuldet (Art. 68 Abs. 3 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Obergericht Appenzell Ausserrhoden, 4. Abteilung, und dem Bundesamt für Veterinärwesen schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 31. März 2015 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Die Gerichtsschreiberin: Hänni
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 9C_529/2013 Arrêt du 2 décembre 2013 IIe Cour de droit social Composition MM. et Mme les Juges fédéraux Kernen, Président, Borella et Glanzmann. Greffier: M. Bouverat. Participants à la procédure M._, représenté par Me Jean-Michel Duc, avocat, recourant, contre Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud, avenue du Général-Guisan 8, 1800 Vevey, intimé. Objet Assurance-invalidité, recours contre le jugement du Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour des assurances sociales, du 31 mai 2013. Faits: A. M._ a requis le 3 décembre 2004 des prestations de l'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud (l'office AI). Il a notamment indiqué avoir subi un trouble crânio-cérébral pour lequel il s'était annoncé auprès de la SUVA. Me Jean-Michel Duc, avocat, a fait savoir à l'administration par courrier du 28 janvier 2008 assorti d'une procuration qu'il représentait désormais l'assuré et que celui-ci faisait élection de domicile en son étude. Le 20 juin 2011, l'office AI a informé directement M._ qu'il envisageait de lui octroyer une rente entière du 1er avril 2005 au 31 mai 2011 puis un trois quarts de rente à partir du 1er juin 2011 et a transmis une copie de ce projet de décision à Me Duc. Ce dernier envoi lui a été retourné avec la mention "A déménagé; délai de réexpédition expiré". Par courriers du 5 juillet 2011, l'avocat précité a communiqué à l'administration sa nouvelle adresse et fait valoir des objections à l'encontre dudit projet. L'office AI les a rejetées par courrier du 4 octobre 2011, dans lequel il a averti Me Duc qu'une décision lui serait prochainement notifiée. Le 21 novembre 2011, l'administration a communiqué directement à M._ une décision lui reconnaissant dès le 1er novembre précédent le droit à un trois quart de rente. Me Duc a requis de l'office AI par courrier du 17 janvier 2012 une copie du dossier de son client. Le 23 janvier suivant, il a indiqué à l'administration qu'il avait constaté à la lecture de celui-ci l'existence d'une décision rendue le 21 novembre 2011, dépourvue de l'indication des voies de droit, qui ne lui avait pas été notifiée, et a demandé qu'une décision lui soit adressée en bonne et due forme. L'office AI lui a répondu le 26 janvier 2012 que la Caisse cantonale vaudoise de compensation lui notifierait une décision après avoir obtenu des informations de la SUVA. Il a joint à ce courrier une lettre adressée le 18 janvier précédent à cette dernière par la caisse de compensation précitée, ayant pour objet un formulaire de compensation avec des paiements rétroactifs de l'AVS/AI. Par décisions des 6 et 13 février 2012, transmises directement à M._ et envoyées en copie à l'ancienne adresse de Me Duc, l'office AI a reconnu le droit de l'assuré à une rente entière pour la période comprise entre le 1er avril 2005 et le 30 juin 2008 et à un trois quarts de rente du 1er juin au 31 octobre 2011, respectivement fixé à 13'233 fr. le montant des intérêts moratoires dus à l'intéressé. Invité par l'administration en mai 2012à remplir un questionnaire pour la révision de la rente, l'assuré le lui a retourné le 22 juin 2012 par le biais de son mandataire. Se référant à son pli du 23 janvier précédent, l'avocat en question a de nouveau sollicité, par courrier du 20 juillet 2012, la notification d'une décision en bonne et due forme. L'administration a alors fait parvenir à Me Duc, le 24 juillet suivant, une copie des décisions des 21 novembre 2011 et 6 et 13 février 2012, ainsi que de son courrier du 26 janvier 2012. B. Le 13 septembre 2012, l'assuré a déféré les décisions des 21 novembre 2011 et 6 et 13 février 2012 au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour des assurances sociales. Par jugement du 31 mai 2013, celui-ci a déclaré le recours irrecevable pour cause de tardiveté. C. M._ interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement dont il demande l'annulation. Il conclut au renvoi de la cause au Tribunal cantonal pour qu'il statue au fond. Considérant en droit: 1. Le recours en matière de droit public peut être formé pour violation du droit, tel qu'il est délimité par les art. 95 et 96 LTF. Le Tribunal fédéral applique le droit d'office (art. 106 al. 1 LTF), sans être limité par les arguments de la partie recourante ou par la motivation de l'autorité précédente. Par exception à ce principe, il ne peut entrer en matière sur la violation d'un droit constitutionnel ou sur une question relevant du droit cantonal ou intercantonal que si le grief a été invoqué et motivé de manière précise par la partie recourante (art. 106 al. 2 LTF). Il n'examine en principe que les griefs invoqués, compte tenu de l'exigence de motivation prévue à l'art. 42 al. 2 LTF, et ne peut aller au-delà des conclusions des parties (art. 107 al. 1 LTF). Le Tribunal fédéral fonde son raisonnement sur les faits retenus par la juridiction de première instance (art. 105 al. 1 LTF) sauf s'ils ont été établis de façon manifestement inexacte ou en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF (art. 105 al. 2 LTF). La partie recourante qui entend s'écarter des faits constatés doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions de l'art. 105 al. 2 LTF sont réalisées sinon un état de fait divergent ne peut être pris en considération. 2. Le litige porte sur le caractère tardif ou non du recours formé le 13 septembre 2012 contre les décisions des 21 novembre 2011 et 6 et 13 février 2012. 3. La juridiction cantonale a constaté que ces actes avaient été transmis directement au recourant et n'avaient pas été notifiés à son représentant. Le délai pour contester une décision commençait à courir, dans une telle constellation, le dernier jour du délai de recours calculé dès la notification à l'assuré de l'acte en question. Etant donné que les décisions litigieuses, dont la dernière avait été rendue en février 2012, étaient susceptibles de recours dans un délai de 30 jours, elles étaient donc entrées en force au moment du dépôt du recours, en septembre 2012. Celui-ci devait ainsi être déclaré tardif, ce qui valait également si l'on admettait que le courrier envoyé par l'intimé au recourant le 26 janvier 2012 avait pu créer une certaine confusion. Dans cette hypothèse, il fallait effectivement considérer que le laps de temps écoulé entre la réception des décisions en cause par le recourant et la réaction de son représentant - qui s'était manifesté auprès de l'intimé le 20 juillet 2012 et avait déposé le recours le 13 septembre suivant - était trop important pour être considéré comme raisonnable, d'autant que le recourant avait rempli le 22 juin 2012 avec son mandataire un questionnaire pour la révision de son droit à la rente. 4. Selon l'art. 37 LPGA, une partie peut, en tout temps, se faire représenter, à moins qu'elle ne doive agir personnellement, ou se faire assister, pour autant que l'urgence d'une enquête ne l'exclue pas (al. 1). Tant que la partie ne révoque pas la procuration, l'assureur adresse ses communications au mandataire (al. 3). Il s'agit là d'un principe général du droit des assurances sociales, commandé par la sécurité du droit, qui établit une règle claire quant à la notification, déterminante pour le calcul du délai de recours (ATF 99 V 177 consid. 3 p. 182; SVR 2009 UV n° 16 p. 62, 8C_210/2008; RAMA 1997 n° U 288 p. 442, U 263/96, consid. 2b). Lorsqu'il reçoit personnellement une communication de l'assureur social, l'assuré représenté est en droit de penser que celle-ci est aussi parvenue à son représentant et qu'il peut s'abstenir d'agir personnellement (U ELI KIESER, ATSG-Kommentar, 2ème éd. 2009, n. 14 ad art. 37). La notification irrégulière d'une décision ne doit entraîner aucun préjudice pour l'intéressé (art. 49 al. 3, 3ème phrase, LPGA). Cependant, la jurisprudence n'attache pas nécessairement la nullité à l'existence de vices dans la notification. La protection des parties est suffisamment garantie lorsque la notification irrégulière atteint son but malgré cette irrégularité. Il convient à cet égard de s'en tenir aux règles de la bonne foi qui imposent une limite à l'invocation du vice de forme. Ainsi l'intéressé doit agir dans un délai raisonnable dès qu'il a connaissance, de quelque manière que ce soit, de la décision qu'il entend contester (ATF 122 I 97 consid. 3a/aa p. 99; 111 V 149 consid. 4c p. 150 et les références; RAMA 1997 n°U 288 p. 442, U 263/96, consid. 2b/bb). Cela signifie notamment qu'une décision, fût-elle notifiée de manière irrégulière, peut entrer en force si elle n'est pas déférée au juge dans un délai raisonnable (SJ 2000 I p. 118, 1P.485/1999). En vertu de son devoir de diligence, il appartient à la partie à qui la décision a été directement notifiée de se renseigner auprès de son mandataire - dont l'existence est connue de l'autorité - de la suite donnée à son affaire, au plus tard le dernier jour du délai de recours. Aussi, la jurisprudence considère-t-elle qu'il y a lieu de faire courir dès cette date le délai dans lequel une partie est tenue d'attaquer une décision qui n'a pas été notifiée à son représentant (DTA 2002 n° 9 p. 65, C 196/00, consid. 3a et la référence). 5. Le recourant reproche aux premiers juges d'avoir violé les art. 37 et 49 al. 3 LPGA ainsi que l'interdiction du formalisme excessif issue des art. 29 al. 1 Cst. et 6 § 1 CEDH. L'application du principe selon lequel un assuré représenté qui reçoit directement une décision est censé prendre contact avec son mandataire au plus tard le dernier jour du délai de recours se comprendrait lorsque l'acte en question met fin à son droit à des prestations. Dans cette hypothèse, l'intéressé subirait en effet immédiatement les conséquences de la décision et, partant, serait en mesure d'en comprendre le contenu. En revanche, il en irait différemment des cas où - comme en l'espèce - la décision en cause ne déploie ses effets que bien après le moment de la notification. Au surplus, les décisions litigieuses revêtiraient un caractère technique et s'inscriraient dans un contexte assécurologique complexe, si bien qu'il n'aurait pas été capable d'en saisir la portée. Il serait en outre permis de se demander si un assuré qui entend contester une décision notifiée irrégulièrement ne devrait pas toujours disposer pour ce faire d'un délai d'un an, comme l'admettrait la jurisprudence dans certains cas particuliers. Par ailleurs, on ne pourrait pas reprocher à son avocat d'avoir attendu jusqu'au 20 juillet 2012 pour demander à l'intimé qu'une nouvelle décision, remplaçant celle du 21 novembre 2011, lui soit notifiée. Dans le courrier adressé par l'administration à son mandataire le 26 janvier 2012, celle-ci aurait effectivement indiqué qu'une décision serait rendue après que la SUVA aurait pris position, ce qui selon l'expérience générale prendrait un certain temps. Quant aux décisions des 6 et 13 février 2012, son représentant en aurait pris connaissance le 3 août 2012, à réception du courrier que lui avait envoyé l'intimé le 24 juillet précédent. Le délai de recours ayant été suspendu durant les féries judiciaires, le recours déposé le 13 septembre 2012 contre ces trois actes l'aurait dès lors été en temps utile. 6. Les principes jurisprudentiels précités (cf. consid. 4), confirmés à la lumière de la CEDH et de la LPGA (arrêt 9C_85/2011 du 17 janvier 2012 consid. 6.2, 6.3 et 6.8), n'opèrent pas de distinctions entre les décisions notifiées irrégulièrement en fonction de leur objet et le recourant n'avance pas de raisons sérieuses et objectives propres à remettre en cause cette pratique (sur les conditions d'un changement de jurisprudence, cf. ATF 133 V 37 consid. 5.3.3 p. 39; 132 V 357 consid. 3.2.4.1 p. 360 et les références citées). Il n'y a effectivement aucune raison de penser que le moment où une décision prend effet a une influence sur la faculté de son destinataire à en comprendre le contenu. De plus, on ne saurait affirmer que les décisions mettant fin au droit à des prestations déploient leurs effets immédiatement au moment de leur notification contrairement aux autres décisions rendues en matière d'assurance-invalidité. Une telle généralisation ignore notamment le fait que bon nombre d'actes appartenant à la première catégorie citée concerne la suppression du droit à une rente, laquelle peut intervenir au plus tôt le premier jour du deuxième mois suivant la notification (art. 88 bis al. 2 let. a RAI). Au surplus, c'est en vain que le recourant invoque le caractère prétendument complexe des décisions litigieuses pour en déduire qu'il ne pouvait pas comprendre leur contenu et, partant, qu'on ne pouvait pas attendre de lui qu'il contacte son mandataire après les avoir reçues. En effet, le contenu de ces actes n'est pas plus difficilement intelligible que celui du projet d'acceptation de rente du 20 juin 2011, notifié uniquement à l'intéressé, et ce dernier a manifestement soumis ce document à son mandataire puisque celui-ci s'y est opposé le 5 juillet 2011. Par ailleurs, on ne voit pas - et le recourant ne le précise pas non plus - quels motifs justifieraient l'extension de la jurisprudence développée en matière d'assurance-accident selon laquelle celui qui entend contester le refus (total ou partiel) de prestations communiqué à tort selon une procédure simplifiée, sans décision formelle, doit en principe le déclarer dans un délai d'une année (ATF 134 V 145 consid. 5.3 p. 151 ss). C'est donc à bon droit que les premiers juges ont appliqué aux décisions des 6 et 13 février 2012 les principes jurisprudentiels cités plus haut et en ont déduit que ces actes étaient entrés en force lorsqu'ils ont été portés devant eux. Pour le reste, c'est en vain que le recourant tente de tirer argument du courrier que son mandataire a adressé à l'intimé le 23 janvier 2012, respectivement des suites données par l'administration à la missive en question. Son avocat a effectivement eu connaissance, à cette date au plus tard, de la décision du 21 novembre 2011 par laquelle l'intimé lui avait octroyé un trois quarts de rente de l'assurance-invalidité à partir du 1er novembre 2011. Il appartenait alors au recourant, s'il entendait attaquer cet acte, de le faire dans le délai de 30 jours prévu par l'art. 60 LPGA et non de solliciter la notification d'une nouvelle décision (cf. par exemple arrêt 2C_347/2010 du 4 octobre 2010 consid. 2.2), étant précisé qu'il ne pouvait pas se prévaloir d'une absence de l'indication des voies de droit dans la décision précitée puisqu'il était représenté par un homme de loi (cf. ATF 134 I 199 consid. 1.3.1 p. 203). De plus, le mandataire du recourant devait savoir que la problématique évoquée dans le courrier envoyé le 18 janvier 2012 par la Caisse cantonale vaudoise de compensation à la SUVA ne pouvait exercer une influence ni sur la quotité de la rente allouée par la décision du 21 novembre 2011 ni sur le moment à partir duquel le droit à cette prestation était reconnu; l'avocat en question ne pouvait donc pas déduire du courrier que lui avait adressé l'administration le 26 janvier 2012 en se référant à ce pli que l'intimé comptait revenir sur cette décision. 7. Sur le vu de ce qui précède, le recours est mal fondé. Compte tenu de l'issue de la procédure, les frais judiciaires sont à la charge du recourant, qui ne peut prétendre de dépens (art. 66 al. 1 et 68 al. 1 LTF). Il a cependant sollicité le bénéfice de l'assistance judiciaire gratuite pour l'instance fédérale. Dès lors que les conditions en sont réalisées (art. 64 LTF), le recourant est dispensé du paiement des frais judiciaires et les honoraires de son avocat seront pris en charge par la caisse du Tribunal fédéral. L'attention du recourant est attirée sur le fait qu'il devra rembourser la caisse du Tribunal fédéral s'il devient en mesure de le faire ultérieurement (art. 64 al. 4 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. La demande d'assistance judiciaire est admise. Maître Jean-Michel Duc est désigné comme avocat d'office du recourant. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 fr., sont mis à la charge du recourant. Ils sont toutefois supportés provisoirement par la caisse du Tribunal. 4. Une indemnité de 2'800 fr. est allouée à l'avocat du recourant à titre d'honoraires à payer par la caisse du Tribunal. 5. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour des assurances sociales, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 2 décembre 2013 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: Kernen Le Greffier: Bouverat
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_1022/2014 Arrêt du 9 juillet 2015 Cour de droit pénal Composition MM. et Mme les Juges fédéraux Denys, Président, Jacquemoud-Rossari et Rüedi. Greffière : Mme Bichovsky Suligoj. Participants à la procédure X._, représenté par Me Jean-Christophe Oberson, avocat, recourant, contre 1. Ministère public de l'Etat de Fribourg, case postale 1638, 1701 Fribourg, 2. A._, représentée par Me Olivier Carrel, avocat, intimés. Objet Abus de confiance, arbitraire, principe in dubio pro reo, recours contre l'arrêt du Tribunal cantonal du canton de Fribourg, Cour d'appel pénal, du 8 septembre 2014. Faits : A. Par jugement du 29 novembre 2012, le Tribunal pénal de l'arrondissement de la Sarine a reconnu X._ coupable d'abus de confiance (art. 138 CP) au préjudice de A._ pour un montant de 16'210 fr. et l'a acquitté de ce chef de prévention pour le surplus. Il l'a condamné à une peine pécuniaire de 60 jours-amende à 50 fr., avec sursis pendant 2 ans, au paiement d'une amende additionnelle de 500 fr., et à verser à A._ la somme de 16'210 fr. plus intérêts. B. Statuant sur appels de X._, A._ et du Ministère public, le Tribunal cantonal du canton de Fribourg a rejeté le premier et admis partiellement les deux autres par arrêt du 8 septembre 2014. Il a reconnu X._ coupable d'abus de confiance pour un montant de 66'210 fr. et l'a acquitté de ce chef de prévention pour le surplus. La peine pécuniaire a été portée à 180 jours-amende à 50 fr., avec sursis pendant 2 ans, et le montant de l'amende additionnelle à 1'500 francs. X._ a été condamné à verser à A._ la somme de 66'210 fr. avec intérêts à 5% l'an dès le 2 mars 2010. En substance, la condamnation de X._ repose sur les faits suivants. X._, courtier en assurances et compétent en matière de gestion de fortune, est devenu l'amant de A._ depuis l'été 2007. Dans le cadre de leur relation, A._ a notamment mis à disposition de X._, la somme de 50'000 fr. en vue de placements boursiers, par ordre de virement donné à l'UBS le 14 janvier 2008. Ce dernier a utilisé cet argent pour alimenter un compte personnel désigné comme " commun ", pour ses besoins personnels et pour payer ses impôts. Le 20 février 2009, X._ a annoncé à A._ qu'il avait décidé de rompre afin de se remettre avec son épouse. Après la date de la rupture, X._, au bénéfice de procurations sur différents comptes bancaires de A._, a opéré un transfert de 15'000 fr. en sa faveur. Il a également acheté de la lingerie fine pour son épouse, aux frais de A._, à hauteur de 1'210 francs. A._ a dénoncé ces faits en déposant une plainte pénale le 27 mars 2009 ainsi qu'un complément le 1 er mai 2009. C. X._ forme un recours en matière pénale au Tribunal fédéral contre l'arrêt cantonal et conclut en substance à son acquittement du chef de prévention d'abus de confiance, avec suite de frais et dépens. Subsidiairement, il conclut au renvoi de la cause à l'autorité cantonale pour nouveau jugement. Considérant en droit : 1. Le recourant conteste s'être rendu coupable d'abus de confiance tant pour la somme de 50'000 fr. que pour celles de 15'000 fr. et 1'210 francs. Il invoque une constatation arbitraire des faits ainsi que la violation du principe de la présomption d'innocence. 1.1. Dans le recours en matière pénale, le Tribunal fédéral statue sur la base des faits établis par l'autorité précédente (art. 105 al. 1 LTF). Il n'en va différemment que si le fait a été établi en violation du droit ou de manière manifestement inexacte au sens des art. 97 al. 1 et 105 al. 2 LTF, soit pour l'essentiel de façon arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. (cf. ATF 136 II 304 consid. 2.4 p. 313; sur la notion d'arbitraire: ATF 140 III 16 consid. 2.1 p. 18 s.). Ce dernier reproche se confond avec celui déduit de la violation du principe in dubio pro reo (art. 32 Cst., art. 10 CPP, art. 6 par. 2 CEDH) au stade de l'appréciation des preuves (ATF 138 V 74 consid. 7 p. 82; 124 IV 86 consid. 2a p. 88). L'invocation de ces moyens ainsi que, de manière générale, de ceux déduits du droit constitutionnel et conventionnel (art. 106 al. 2 LTF), suppose une argumentation claire et détaillée (ATF 133 IV 286 consid. 1.4 p. 287), circonstanciée (ATF 136 II 101 consid. 3 p. 105). Les critiques de nature appellatoire sont irrecevables (ATF 140 III 264 consid. 2.3 p. 266). En tant que le recourant tente uniquement de démontrer que la cour cantonale aurait dû éprouver des doutes sur certains points, les moyens déduits de l'arbitraire et de la présomption d'innocence n'ont pas de portée distincte (cf. ATF 138 V 74 consid. 7 p. 82). 1.2. Commet un abus de confiance au sens de l'art. 138 ch. 1 al. 2 CP, celui qui, sans droit, aura employé à son profit ou au profit d'un tiers, des valeurs patrimoniales qui lui avaient été confiées. Sur le plan objectif, l'infraction suppose qu'une valeur ait été confiée, autrement dit que l'auteur ait acquis la possibilité d'en disposer, mais que, conformément à un accord (exprès ou tacite) ou un autre rapport juridique, il ne puisse en faire qu'un usage déterminé, en d'autres termes, qu'il l'ait reçue à charge pour lui d'en disposer au gré d'un tiers, notamment de la conserver, de la gérer ou de la remettre (ATF 133 IV 21 consid. 6.2 p. 27). Le comportement délictueux consiste à utiliser la valeur patrimoniale contrairement aux instructions reçues, en s'écartant de la destination fixée (ATF 129 IV 257 consid. 2.2.1 p. 259). Peu importe que le titulaire économique puisse encore en disposer. Il suffit que l'auteur soit mis en mesure de le faire (ATF 119 IV 127 consid. 2 p. 127; 109 IV 27 consid. 3 p. 29 s.). L'alinéa 2 de l'art. 138 ch. 1 CP ne protège pas la propriété, mais le droit de celui qui a confié la valeur patrimoniale à ce que celle-ci soit utilisée dans le but qu'il a assigné et conformément aux instructions qu'il a données; est ainsi caractéristique de l'abus de confiance au sens de cette disposition le comportement par lequel l'auteur démontre clairement sa volonté de ne pas respecter les droits de celui qui lui fait confiance (ATF 129 IV 257 consid. 2.2.1 p. 259; 121 IV 23 consid. 1c p. 25; 119 IV 127 consid. 2 p. 128). Du point de vue subjectif, l'auteur doit avoir agi intentionnellement et dans un dessein d'enrichissement illégitime. Celui qui dispose à son profit ou au profit d'un tiers d'un bien qui lui a été confié et qu'il s'est engagé à tenir en tout temps à disposition de l'ayant droit s'enrichit illégitimement s'il n'a pas la volonté et la capacité de le restituer immédiatement en tout temps. Celui qui ne s'est engagé à tenir le bien confié à disposition de l'ayant droit qu'à un moment déterminé ou à l'échéance d'un délai déterminé s'enrichit illégitimement que s'il n'a pas la volonté et la capacité de le restituer à ce moment précis (ATF 118 IV 27 consid. 3a p. 29). Le dessein d'enrichissement illégitime fait en revanche défaut si, au moment de l'emploi illicite de la valeur patrimoniale, l'auteur en paie la contre-valeur (cf. ATF 107 V 166 consid. 2a p. 167), s'il avait à tout moment ou, le cas échéant, à la date convenue à cet effet, la volonté et la possibilité de la faire ("Ersatzbereitschaft"; ATF 118 IV 32 consid. 2a p. 34) ou encore s'il était en droit de compenser (ATF 105 IV 29 consid. 3a p. 34). Le dessein d'enrichissement peut être réalisé par dol éventuel; tel est le cas lorsque l'auteur envisage l'enrichissement comme possible et agit néanmoins, même s'il ne le souhaite pas, parce qu'il s'en accommode pour le cas où il se produirait (ATF 133 IV 21 consid. 6.1.2 p. 27; 118 IV 27 consid. 3a p. 29 s., 32 consid. 2a p. 34 ; ATF 105 IV 29 consid. 3a p. 34). 2. 2.1. Le recourant reproche à la cour cantonale d'avoir arbitrairement retenu que le montant de 50'000 fr. avait été confié par l'intimée à des fins de gestion alors que cette somme lui avait été offerte, respectivement attribuée par une femme éprise de lui. 2.1.1. Mettant en évidence les contradictions dans les déclarations du recourant quant au fondement du transfert de 50'000 fr. le 14 janvier 2008, et la constance de celles de l'intimée, la cour cantonale a retenu que cette dernière avait bel et bien remis cette somme au recourant aux fins de gestion, en vue de l'achat d'actions. En effet, le recourant avait d'abord parlé d'un cadeau ou d'un don offert par la plaignante (auditions des 6 mai et 5 juin 2009), puis avait qualifié ce montant de rémunération représentant 3% des dossier-titres qu'il devait gérer pour elle (audition du 20 octobre 2009), pour enfin mentionner que ces 50'000 fr. étaient des frais d'acquisition (audition du 29 août 2012). La cour cantonale a estimé que ces nombreuses variations n'emportaient pas la conviction. Par ailleurs, un don de 50'000 fr. entre deux personnes - qui certes s'aimaient mais ne se connaissaient que depuis quelques mois - paraissait douteux, au même titre qu'une rémunération anticipée pour des opérations qui n'avaient même pas débuté. Ce dernier procédé n'était d'ailleurs pas conforme aux usages en matière de gestion de fortune. En outre, le fait que le virement de 50'000 fr. en faveur du recourant soit intervenu 3 jours seulement après qu'un fond de placement UBS d'une valeur de 49'308 fr. soit arrivé à échéance et crédité sur le compte UBS de l'intimée, rendait parfaitement plausible que cette dernière ait décidé de faire gérer ce montant par le recourant plutôt que par ses gestionnaires traditionnels, qu'elle estimait trop onéreux. Soulignant que le recourant avait admis qu'il utilisait cet argent notamment pour ses besoins personnels et payer ses impôts, la cour cantonale en a déduit une volonté d'appropriation des valeurs patrimoniales qui lui avaient été confiées, dans un dessein d'enrichissement illégitime, alors qu'il n'avait pas la possibilité ou la volonté d'en restituer en tout temps l'équivalent. 2.1.2. Contrairement à ce qu'affirme le recourant, il n'apparaît nullement que l'autorité cantonale aurait renversé le fardeau de la preuve. Elle a dûment examiné les éléments dont elle disposait. Elle a motivé les raisons qui l'ont amenée à accorder foi aux déclarations de l'intimée plutôt qu'à celles du recourant. Sa critique revient en réalité à se plaindre d'arbitraire dans l'appréciation des preuves. A cet égard, la constance du recourant dans l'affirmation que le montant de 50'000 fr. lui appartenait ne rend pas arbitraire l'appréciation de la cour cantonale selon laquelle ses propos ne sont pas crédibles en raison de ses déclarations divergentes au gré de ses auditions quant à la justification du versement du montant précité. Même si l'on voulait suivre le recourant pour retenir qu'il peut arriver que le versement d'honoraires pour la gestion puisse se faire de manière anticipée comme il le décrit, cette constatation ne rendrait pas arbitraire l'appréciation cantonale selon laquelle rien ne permet de retenir que le recourant a reçu la libre disposition de ces fonds que ce soit au titre de donation, de rémunération ou de frais d'acquisition. La seule circonstance qu'il ait été l'amant de l'intimée, qu'elle était très éprise de lui, ou encore qu'il ait conçu des projets de mariage, est impropre à établir que l'argent lui avait été offert à un titre ou un autre. Enfin, il n'y a nulle contradiction pour la cour cantonale d'avoir considéré que le doute devait profiter au recourant pour les autres sommes d'argent dont l'intimée se plaignait d'avoir été également frustrée pour la période comprise entre le 16 janvier 2008 et la rupture (19-20 février 2009), dès lors que sa motivation pour ces montants se fonde sur des circonstances différentes de celles relatives au versement de 50'000 francs. Pour le surplus le recourant se livre, de manière appellatoire, partant irrecevable, à sa propre appréciation de la crédibilité des déclarations respectives des parties pour privilégier la sienne. En tant que le recourant reproche à la cour cantonale de ne pas s'être interrogée sur la possibilité qu'il avait de restituer le montant confié, par l'invocation d'une compensation, il ne motive pas son grief de manière qui satisfasse aux exigences de l'art. 42 al. 2 LTF. Aucun élément ne permet de déterminer si et dans quelle mesure le recourant avait le droit à la moitié des bénéfices et à quel montant ceux-ci s'élevaient. En tout état, il omet que le dessein d'enrichissement illégitime se fonde non seulement sur la possibilité de restituer les valeurs confiées mais également sur la volonté de le faire. Or, la cour cantonale a retenu qu'il n'avait pas la volonté de restituer en tout temps l'équivalent de la valeur confiée, ce que le recourant ne conteste pas sous l'angle de l'arbitraire. Le grief est rejeté, dans la mesure où il est recevable. 2.2. Le recourant conteste la réalisation de l'élément subjectif de l'infraction d'abus de confiance, s'agissant de la somme de 16'210 fr. (1'210 + 15'000). 2.2.1. Savoir ce que l'auteur voulait, savait ou ce dont il s'accommodait relève du contenu de la pensée, donc de l'établissement des faits (ATF 135 IV 152 consid. 2.3.2 p. 156). 2.2.2. La cour cantonale a retenu, à l'instar des premiers juges, qu'après la date de la rupture, l'intimée n'avait pas pu consentir à l'achat de lingerie fine pour l'épouse du recourant d'un montant de 1'210 fr. prélevé le 19 février 2009 et à un virement de 15'000 fr. effectué par le recourant le 20 février 2009 en sa faveur. Il avait ainsi agi intentionnellement, dans le dessein de s'enrichir illégitimement. 2.2.3. L'affirmation selon laquelle il a prélevé ces deux montants en toute bonne foi, pensant que l'argent provenait de sa mère est nouvelle et partant irrecevable (art. 99 al. 1 et 106 al. 2 LTF). Il ne saurait se borner à contester la réalisation de l'aspect subjectif en se contentant de reprocher à la cour cantonale de ne pas avoir examiné s'il était en mesure de rembourser cette somme, notamment au vu de son salaire. En effet, il omet, une fois de plus qu'il ne suffit pas d'avoir la possibilité de restituer le montant confié, encore faut-il le vouloir, aspect qui fait défaut à teneur du jugement cantonal, lequel n'est d'ailleurs pas critiqué sur ce point. 3. Le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. Le recourant, qui succombe, supporte les frais judiciaires (art. 66 al. 1 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties et au Tribunal cantonal du canton de Fribourg, Cour d'appel pénal. Lausanne, le 9 juillet 2015 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président : Denys La Greffière : Bichovsky Suligoj
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5A_548/2014 Urteil vom 5. November 2014 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter von Werdt, Präsident, Bundesrichterin Escher, Bundesrichter Schöbi, Gerichtsschreiber Levante. Verfahrensbeteiligte A.A._, Beschwerdeführer, gegen 1. B.A._, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Hans Rudolf Forrer, 2. C.A._, Beschwerdegegnerinnen. Gegenstand Kosten (Protokollberichtigung und Sistierung, Erbrecht), Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Thurgau vom 30. April 2014. Sachverhalt: A. A.A._ und C.A._ sind die Kinder von D.A._ und der im Jahre 1981 verstorbenen E.A._. B.A._ ist die zweite Ehefrau von D.A._. Er starb im Jahre 2011. B. B.a. Am 21. November 2012 reichte B.A._ beim Bezirksgericht Frauenfeld gegen die Miterben A.A._ und C.A._ eine Klage betreffend güterrechtliche Auseinandersetzung im Erbfall ein. Gefordert wurde aus dem Ehe- und Erbvertrag vom 15. November 2007 der Betrag von Fr. 174'104.50. C.A._ unterzog sich bereits zu Beginn des Verfahrens dem Urteil. A.A._ widersetzte sich der Klage. B.b. Am 5. November 2013 fand die Hauptverhandlung statt. Gemäss dem Protokoll dieser Sitzung unterbreitete die vorsitzende Bezirksrichterin den Prozessparteien im Anschluss daran in Anwesenheit der Gerichtsschreiberin und der Praktikantin einen Vergleichsvorschlag. A.A._ verlangte daraufhin die Berichtigung des Protokolls; das Begehren wurde vom Bezirksgericht am 28. Februar 2014 abgewiesen. Gegen den bezirksgerichtlichen Entscheid reichte er Beschwerde an das Obergericht des Kantons Thurgau ein. B.c. In der Hauptsache setzte das Bezirksgericht die Beweisverhandlung auf den 10. April 2014 an. Daraufhin beantragte A.A._ die Sistierung des Verfahrens; das Gesuch wurde vom Bezirksgericht am 24. März 2014 abgewiesen. Auch gegen diesen Entscheid erhob A.A._ Beschwerde beim Obergericht. Er ersuchte um Vereinigung der beiden Beschwerden und um Verzicht auf eine Erhebung eines weiteren Kostenvorschusses. Der verfahrensleitende Oberrichter wies das Gesuch um aufschiebende Wirkung ab und bestätigte auf das Wiedererwägungsgesuch von A.A._ hin die Kostenvorschusspflicht. B.d. Am 13. April 2014 beantragte A.A._, die beiden Beschwerdeverfahren ohne Kostenfolgen abzuschreiben. Das Obergericht erkannte am 30. April 2014, dass die Beschwerden zufolge Gegenstandslosigkeit als erledigt abgeschrieben werden (Ziff. 1). Die Gerichtskosten setzte es für beide Verfahren auf Fr. 2'000.-- fest und auferlegte sie A.A._, welcher B.A._ insgesamt mit Fr. 2'460.60 zu entschädigen hat (Ziff. 2). C. Mit einer als "Beschwerde in Zivilsachen - Subsidiäre Verfassungsbeschwerde" bezeichneten Eingabe vom 3. Juli 2014 ist A.A._ an das Bundesgericht gelangt. Der Beschwerdeführer beantragt die Aufhebung des obergerichtlichen Prozesskostenentscheides (Ziff. 2) und die Zusprechung einer Parteientschädigung für das gesamte kantonale Verfahren. Eventualiter sei die Sache zur Neubeurteilung an das Obergericht zurückzuweisen. Subeventualiter seien die ihm auferlegten Gerichtskosten und die Parteientschädigung angemessen herabzusetzen. Es sind die kantonalen Akten, aber keine Vernehmlassungen eingeholt worden. Erwägungen: 1. Das Bundesgericht prüft von Amtes wegen und mit freier Kognition, ob eine Beschwerde zulässig ist (BGE 134 III 520 E. 1 S. 521). 1.1. Angefochten ist ein kantonal letztinstanzlicher Entscheid, mit dem die Vorinstanz zwei Beschwerden gegen die von der Erstinstanz abgewiesene Protokollberichtigung und gegen eine Sistierung des Hauptverfahrens als gegenstandslos abgeschrieben und über die bei ihr aufgelaufenen Prozesskosten befunden hat. Es handelt es sich um einen Rechtsmittelentscheid, der den Streit um zwei prozessuale Anordnungen beendet, nicht aber die Hauptsache erledigt (BGE 137 III 380 E. 1.1 S. 382), mithin um einen Zwischenentscheid. Hiebei geht es um eine Zivilsache mit Vermögenswert, wobei die gesetzliche Streitwertgrenze erreicht wird (Art. 72 Abs. 1 und Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG). Von der Sache her ist die Beschwerde in Zivilsachen gegeben, womit die Verfassungsbeschwerde entfällt (Art. 113 BGG). 1.2. Ein selbständig eröffneter Zwischenentscheid ist indes beim Bundesgericht nur anfechtbar, sofern die Möglichkeit eines nicht wieder gutzumachenden Nachteils gegeben ist (Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG). Ein solcher muss rechtlicher Natur sein, was voraussetzt, dass er sich auch nach einem späteren günstigen Endentscheid nicht oder nicht gänzlich beseitigen lässt. Die Erfüllung dieser Voraussetzung ist in der Beschwerde darzutun, es sei denn, die Möglichkeit eines Rechtsnachteils sei offensichtlich gegeben (BGE 137 III 324 E. 1.1 S. 329; 134 III 426 E. 1.2 S. 429). Der Beschwerdeführer äussert sich zu dieser Eintretensvoraussetzung in keiner Weise. Er hat gegenüber der Vorinstanz um die Abschreibung der beiden Beschwerden ersucht, worauf diese den nunmehr angefochtenen Entscheid gefällt hat. Die Annahme eines möglichen Rechtsnachteils drängt sich nicht auf. Damit wäre auf eine Beschwerde gegen den Abschreibungsentscheid nicht einzutreten. 1.3. Ist wie vorliegend einzig die in einem solchen Zwischenentscheid enthaltene Regelung der Prozesskosten strittig, so könnte diese nur im Rahmen einer Beschwerde gegen den Zwischenentscheid im Hauptpunkt an das Bundesgericht weitergezogen werden. Sind die diesbezüglichen Voraussetzungen nicht erfüllt, wie soeben dargelegt (E. 1.2), so kann die Kosten- und Entschädigungsregelung nicht selber einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil gemäss Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG bewirken (BGE 135 III 329 E. 1.2.1 und 1.2.2 S. 332 ff.). 2. Nach dem Dargelegten kann auf die Beschwerde nicht eingetreten werden. Ausgangsgemäss trägt der Beschwerdeführer die Verfahrenskosten (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 700.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Thurgau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 5. November 2014 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Der Gerichtsschreiber: Levante
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5A_868/2013 Urteil vom 20. Januar 2014 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Escher, präsidierendes Mitglied, Bundesrichterin Hohl, Bundesrichter Marazzi, Gerichtsschreiber Levante. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, gegen Betreibungsamt Frauenfeld. Gegenstand Gebührenrechnung usw., Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Thurgau, als kantonale Aufsichtsbehörde über Schuldbetreibung und Konkurs, vom 31. Oktober 2013 (BS.2013.25). Sachverhalt: A. Am 8. Juli 2013 gelangte X._ gegen die in der Betreibung Nr. yyy des Betreibungsamtes Frauenfeld ausgestellte Pfändungsurkunde samt Verlustschein an das Bezirksgericht Frauenfeld als untere Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen. Seine Beschwerde wurde am 20. September 2013 teilweise gutgeheissen, soweit darauf einzutreten war. Insbesondere wurde das Betreibungsamt verpflichtet, X._ auf dessen Kosten Einsicht in die Akten der in Frage stehenden Betreibung zu gewähren. Am 13. Juli 2013 gelangte X._ erneut an das Bezirksgericht. Er verlangte eine Korrektur der Kostenrechnung in der Betreibung Nr. zzz sowie die Rückerstattung der Nachnahmekosten. Die Beschwerde wurde am 20. September 2013 abgewiesen und die Gerichtskosten von Fr. 720.80 einschliesslich Barauslagen von Fr. 20.80 X._ auferlegt. B. Mit Eingabe vom 30. September 2013 wandte sich X._ gegen den bezirksgerichtlichen Entscheid in der Betreibung Nr. zzz an das Obergericht des Kantons Thurgau als obere kantonale Aufsichtsbehörde über Schuldbetreibung und Konkurs. Seine Kritik richtete sich im Wesentlichen gegen die betreibungsamtliche Kostenrechnung und die Auferlegung von Gerichtsgebühren durch die untere Aufsichtsbehörde. Mit Entscheid vom 31. Oktober 2013 hiess das Obergericht die Beschwerde von X._ teilweise gut, soweit darauf einzutreten war, und setzte die erstinstanzliche Gerichtsgebühr auf Fr. 320.80 herab. C. X._ ist am 18. November 2013 mit Beschwerde an das Bundesgericht gelangt. Er beantragt die Aufhebung der ihm vom Obergericht auferlegten Gerichtsgebühr, allenfalls die Rückweisung der Sache zur Neubeurteilung an die Vorinstanz. Zudem will er geprüft haben, ob das Obergericht die beiden Beschwerden hätte vereinigen sollen und ob die Erhebung einer Nachnahme für aufgelaufene Kosten zulässig sei. Es sind keine Antworten eingeholt worden. Erwägungen: 1. 1.1. Entscheide kantonaler Aufsichtsbehörden in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen unterliegen unabhängig eines Streitwertes der Beschwerde in Zivilsachen (Art. 72 Abs. 2 lit. a, Art. 74 Abs. 2 lit. c BGG). Als Betreibender steht dem Beschwerdeführer ein schutzwürdiges Interesse an der Anfechtung des obergerichtlichen Entscheides zu (Art. 76 Abs. 1 lit. b BGG). 1.2. Mit der Beschwerde in Zivilsachen kann die Verletzung von Bundesrecht gerügt werden (Art. 95 BGG). Das Bundesgericht wendet das Recht in diesem Bereich grundsätzlich von Amtes wegen und mit freier Kognition an (Art. 106 Abs. 1 BGG). In der Beschwerde ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt (Art. 42 Abs. 2 BGG; BGE 134 III 102 E. 1.1 S. 104). Die Verletzung verfassungsmässiger Rechte ist ebenfalls zu begründen (Art. 106 Abs. 2 BGG), wobei hier das Rügeprinzip gilt (BGE 133 III 589 E. 2 S. 591). Das Bundesgericht legte seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 BGG). 2. Anlass zur vorliegenden Beschwerde gibt die Auferlegung von Kosten für das kantonale Verfahren. 2.1. Das Verfahren vor den kantonalen Aufsichtsbehörden ist grundsätzlich kostenlos (Art. 20a Abs. 2 Ziff. 5 Satz 1 SchKG). Bei böswilliger oder mutwilliger Prozessführung können einer Partei Bussen bis Fr. 1'500.-- sowie Gebühren und Auslagen auferlegt werden (Art. 20a Abs. 2 Ziff. 5 Satz 2 SchKG). Die obere kantonale Aufsichtsbehörde hielt an der Kostenauferlegung durch die Erstinstanz fest, da sich der Beschwerdeführer in diesem Verfahren rechtsmissbräuchlich verhalten habe. In einem vorangegangenen Verfahren sei ihm bereits erläutert worden, wie er zu einer detaillierten Kostenrechnung des Betreibungsamtes gelange; dieser Entscheid sei seinerseits unangefochten geblieben. Gleichwohl sei der Beschwerdeführer erneut an die untere Aufsichtsbehörde gelangt und habe sich gegen die seiner Ansicht nach nicht nachvollziehbare Kostenrechnung beklagt, statt sich direkt an das Betreibungsamt zu wenden. Damit versuche er - so die Vorinstanz - im Rahmen des kostenlosen Beschwerdeverfahrens zu einer nicht kostenpflichtigen Auskunft zu kommen. Da der Beschwerdeführer indes noch anderweitige Fragen aufgeworfen habe, welche keine Mutwilligkeit erkennen lassen, seien die Verfahrenskosten angemessen herabzusetzen. 2.2. Der Beschwerdeführer bestreitet, sich im erstinstanzlichen Verfahren missbräuchlich verhalten zu haben. Insbesondere sehe er nicht ein, weshalb er eigens eine detaillierte Kostenrechnung beim Betreibungsamt verlangen solle. Damit stellt er erneut die ihm von der unteren Aufsichtsbehörde bereits in einem vorangegangenen Verfahren beantwortete Rechtsfrage, welche in Art. 3 GebV SchKG klar beantwortet wird. Eine Auseinandersetzung mit der vorinstanzlichen Begründung ist darin nicht zu erblicken (E. 1.2). 3. Im Weiteren besteht der Beschwerdeführer auch vor Bundesgericht darauf, dass die untere Aufsichtsbehörde die beiden bei ihr anhängig gemachten Verfahren hätte vereinigen müssen. 3.1. Die Vorinstanz hat dem Beschwerdeführer die verfahrensrechtlichen Grundlagen einlässlich dargelegt. Insbesondere hat sie ihn auf die bundesrechtlichen Minimalvorschriften von Art. 20a SchKG und das ergänzende kantonale Recht hingewiesen. Konkret geht es um die subsidiär anwendbare Bestimmung von Art. 125 lit. c ZPO, wonach das Gericht selbständig eingereichte Klagen vereinigen kann. Gemäss den Ausführungen der Vorinstanz handelt es sich vorliegend um zwei Beschwerden mit einem unterschiedlichen Streitobjekt, womit eine Vereinigung der Verfahren nicht angebracht sei. 3.2. Was der Beschwerdeführer gegen dieses Vorgehen ins Feld führt, genügt den Begründungsanforderungen an eine Beschwerde erneut nicht. Sein blosser Hinweis auf die Prozessökonomie lässt noch keine Willkür erkennen. Zudem trifft nicht zu, dass ihm durch die getrennte Beurteilung seiner beiden Beschwerden durch die untere Aufsichtsbehörde Kosten hätten erwachsen können. Das kantonale Beschwerdeverfahren ist grundsätzlich unentgeltlich (E. 2.1), womit der Erlass eines statt zweier Entscheide keine Kostenersparnis bringt. Die obere Aufsichtsbehörde hat dem Beschwerdeführer denn auch einzig wegen Rechtsmissbrauchs in einem konkreten Verfahren Kosten auferlegt. Ein Zusammenhang zwischen der Vereinigung von zwei Verfahren und den damit verbundenen Kostenfolgen besteht somit nicht. 4. Schliesslich erneuert der Beschwerdeführer seine Kritik an der Kostenerhebung per Nachnahme für die Rückweisung des Betreibungsbegehrens durch das Betreibungsamt. 4.1. Die Vorinstanz erachtete es als vertretbar, wenn das Betreibungsamt beim Beschwerdeführer aufgrund seines bisherigen Zahlungsverhaltens die aufgelaufenen Kosten per Nachnahme erhoben habe. Die in diesem Zusammenhang angeführte Bestimmung von Art. 13 Abs. 1 GebV SchKG erwähnt einzig, dass die Mehrkosten einer Nachnahme trägt, wer sie verursacht. Damit ist über die Form der Zustellung einer Mitteilung oder einer Betreibungsurkunde, die sich nach den Regeln von Art. 34 und Art. 35 bzw. Art. 64 ff. SchKG richtet, noch nichts gesagt. Dass ihm die Rückweisung seines Betreibungsbegehrens nicht korrekt zugestellt worden wäre, behauptet der Beschwerdeführer indes nicht. Er macht auch nicht geltend, dass er nicht gewusst habe, worauf sich die Nachnahme bezogen habe (vgl. BGE 59 III 66 S. 68). 4.2. Mit dem allgemeinen Hinweis, die Erhebung von Nachnahmen sei nicht mehr zeitgemäss und er komme seinen Verpflichtungen gegenüber dem Betreibungsamt regelmässig nach, genügt der Beschwerdeführer seiner Begründungspflicht nicht (E. 1.2). Es ist zudem nicht Aufgabe des Bundesgerichts, die diesbezüglichen Gewohnheiten des Betreibungsamtes abzuklären, zumal ihm keine Aufsichtsfunktion mehr zukommt (vgl. Art. 15 SchKG). 5. Nach dem Gesagten ist der Beschwerde insgesamt kein Erfolg beschieden. Ausgangsgemäss trägt der Beschwerdeführer die Verfahrenskosten (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Beschwerde in Zivilsachen wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 150.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Betreibungsamt Frauenfeld und dem Obergericht des Kantons Thurgau als kantonaler Aufsichtsbehörde über Schuldbetreibung und Konkurs schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 20. Januar 2014 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Levante
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 6B_607/2020 Urteil vom 24. August 2020 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Jacquemoud-Rossari, als präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiberin Arquint Hill. Verfahrensbeteiligte A._, angeblich vertreten durch Rechtsanwalt B._, Beschwerdeführer, gegen Staatsanwaltschaft des Kantons Uri, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Verletzung von Verkehrsregeln (Strafzumessung); Nichteintreten, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Uri, Strafrechtliche Abteilung, vom 22. April 2020 (OG S 19 7). Das präsidierende Mitglied zieht in Erwägung: 1. Rechtsanwalt B._ reichte am 25. Mai 2020 im Namen von A._ eine Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Uri vom 22. April 2020 ein. In formeller Hinsicht macht er geltend, gehörig bevollmächtigt zu sein. Er sei bereits in der Untersuchung und im vorinstanzlichen Verfahren als amtlicher Verteidiger eingesetzt worden. 2. Parteivertreter und -vertreterinnen haben sich im Beschwerdeverfahren vor Bundesgericht durch eine Vollmacht auszuweisen (Art. 40 Abs. 2 BGG). 3. Das Bundesgericht setzte Rechtsanwalt B._ mit prozessleitender Verfügung vom 26. Mai 2020 Frist an bis zum 17. Juni 2020, um eine Vollmacht für das bundesgerichtliche Verfahren einzureichen (Art. 40 Abs. 2 BGG). Innert antragsgemäss erstreckter Frist teilte dieser am 3. Juli 2020 im Wesentlichen mit, er habe A._ nicht erreichen können. Es sei ihm das weitere Vorgehen anzuzeigen. 4. Das Bundesgericht machte Rechtsanwalt B._ mit Verfügung vom 7. Juli 2020 ausdrücklich darauf aufmerksam, dass seine Einsetzung als amtlicher Verteidiger im kantonalen Verfahren keine Vollmacht zur Erhebung einer Beschwerde an das Bundesgericht beinhalte. Es setzte ihm erneut Frist an bis zum 17. August 2020, um eine Vollmacht einzureichen. Die Fristansetzung wurde - in Nachachtung von Art. 42 Abs. 5 BGG - mit der Androhung verknüpft, dass auf die Beschwerde nicht eingetreten werde, falls die Behebung des Mangels nicht fristgemäss erfolge. 5. Rechtsanwalt B._ teilte am 15. August 2020 mit, A._ habe offenbar seinen Wohnsitz gewechselt und keinen Nachsendeauftrag hinterlegt. Die an diesen adressierte Post sei Monate später an ihn retourniert worden. Auch alle übrigen Kontaktmöglichkeiten (WhatsApp, FB-Messenger) seien nicht erfolgreich gewesen. Es könne vom Desinteresse von A._ ausgegangen werden. Die Beschwerde werde, um nicht weitere Kosten zu generieren, zurückgezogen. 6. Eine ohne Vollmacht eingereichte und damit formell ungültige Beschwerde kann nicht zurückgezogen werden. Vielmehr ist darauf aufgrund fehlender Behebung des Mangels innert Frist im Verfahren nach Art. 108 BGG androhungsgemäss nicht einzutreten (Art. 42 Abs. 5 BGG). Gleiches gilt für die Gesuche um unentgeltliche Rechtspflege und aufschiebende Wirkung (Art. 42 Abs. 5 BGG). Ausnahmsweise kann auf eine Kostenauflage verzichtet werden (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Uri, Strafrechtliche Abteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. August 2020 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Jacquemoud-Rossari Die Gerichtsschreiberin: Arquint Hill
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 9C_771/2019 Urteil vom 21. September 2020 II. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Parrino, Präsident, Bundesrichterin Glanzmann, Bundesrichter Stadelmann, Gerichtsschreiberin Huber. Verfahrensbeteiligte A._, vertreten durch Rechtsdienst Inclusion Handicap, Beschwerdeführerin, gegen IV-Stelle des Kantons Zürich, Röntgenstrasse 17, 8005 Zürich, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Invalidenversicherung, Beschwerde gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 27. September 2019 (IV.2018.00880). Sachverhalt: A. Mit Verfügung vom 27. März 2007 sprach die IV-Stelle des Kantons Zürich der 1999 geborenen A._ ab 1. Januar 2004 eine Entschädigung für Minderjährige wegen mittlerer Hilflosigkeit zu. Diesen Anspruch bestätigte die Verwaltung mit Mitteilungen vom 12. September 2008, 10. November 2011, 28. Januar 2015 und 29. April 2016. Im Rahmen eines weiteren Revisionsverfahrens veranlasste die IV-Stelle im Oktober 2017 eine Abklärung bei A._ zu Hause (Abklärungsbericht für Hilflosenentschädigung für Erwachsene vom 29. Januar 2018) und verneinte nach durchgeführtem Vorbescheidverfahren mit Verfügung vom 10. September 2018 einen Anspruch der Versicherten auf eine Hilflosenentschädigung. B. Die dagegen erhobene Beschwerde wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 27. September 2019 ab. C. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beantragt A._, in Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheids vom 27. September 2019 sowie der Verfügung der IV-Stelle vom 10. September 2018 sei ihr eine Hilflosenentschädigung leichten Grades zuzusprechen. Darüber hinaus ersucht sie um Gewährung der unentgeltlichen Prozessführung. Die IV-Stelle schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherungen (BSV) verzichtet auf eine Vernehmlassung. Erwägungen: 1. Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann eine Rechtsverletzung nach Art. 95 f. BGG gerügt werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). Dennoch prüft es - offensichtliche Fehler vorbehalten - nur die in seinem Verfahren gerügten Rechtsmängel (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG; BGE 141 V 234 E. 1 S. 236). Es legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Es kann ihre Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Verfahrensausgang entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1, Art. 105 Abs. 2 BGG). 2. Das kantonale Gericht legte die gesetzlichen Bestimmungen und die von der Rechtsprechung entwickelten Grundsätze, namentlich diejenigen zum Anspruch auf Hilflosenentschädigung (Art. 9 ATSG; Art. 42 Abs. 1 IVG; Art. 37 IVV), zu den massgebenden sechs alltäglichen Lebensverrichtungen (namentlich An-/Auskleiden, Essen und Fortbewegung/Kontaktaufnahme; BGE 127 V 94 E. 3c S. 97) sowie zum Tatbestand der lebenspraktischen Begleitung (Art. 42 Abs. 3 IVG; Art. 37 Abs. 3 lit. e und Art. 38 IVV; BGE 133 V 450) zutreffend dar. Darauf wird verwiesen. 3. 3.1. Die Vorinstanz erkannte, im Zusammenhang mit der in Frage stehenden Hilflosenentschädigung stehe einzig eine psychische Beeinträchtigung im Vordergrund. Die Beschwerdeführerin sei gemäss Abklärungsbericht vom 29. Januar 2018 beim An-/Auskleiden, Essen und der Fortbewegung/Pflege von gesellschaftlichen Kontakten funktionell selbstständig und bedürfe der Unterstützung Dritter in Form von Beratung bei der Kleiderwahl, Anregung zum Essen und Trinken sowie Vereinbarung von Terminen, deren rechtzeitige Wahrnehmung und entsprechender Begleitung. Diese Hilfestellungen seien typische Beispiele des Instituts der lebenspraktischen Begleitung und würden im Wesentlichen den im Kreisschreiben über Invalidität und Hilflosigkeit in der Invalidenversicherung (KSIH) aufgeführten Unterstützungsleistungen bei der Tagesstrukturierung und der Begleitung bei ausserhäuslichen Verrichtungen entsprechen. Im Weiteren sei die Versicherte auf eine klare Struktur in ihrem täglichen Leben sowie auf Bezugspersonen angewiesen, die sie anleiten, begleiten und verstehen. Im Abklärungsbericht sei zudem auf das Erfordernis von klaren, nachvollziehbaren Regeln sowie einem gut strukturierten, konsequenten und verbindlichen pädagogischen Rahmen hingewiesen worden, den die Beschwerdeführerin seit Herbst 2017 in der Internatsschule erhalte. Eine funktional gesamtheitliche Betrachtungsweise lege die Zuordnung der in Frage stehenden Hilfeleistungen zur lebenspraktischen Begleitung nahe. Die Beschwerdeführerin funktioniere unter allgemeiner Beaufsichtigung und Anleitung selbstständig, weshalb die Hilfestellung näher bei einer lebenspraktischen Begleitung als beim Institut der indirekten Dritthilfe, mit der einer funktionellen Hilflosigkeit begegnet werde, liege. Eine Entschädigung aufgrund lebenspraktischer Begleitung verneinte die Vorinstanz jedoch mit der Begründung, dass die Versicherte keinen Anspruch auf eine Viertelsrente habe. 3.2. Die Beschwerdeführerin bestreitet die vom kantonalen Gericht getroffenen Sachverhaltsfeststellungen nicht, weshalb diese für das Bundesgericht verbindlich sind (E. 1). Sie rügt jedoch, dass mit der indirekten Dritthilfe entgegen der Vorinstanz nicht der funktionellen Hilflosigkeit begegnet werde. Vielmehr diene die indirekte Dritthilfe im Sinne einer Aufforderung oder Anleitung dazu, eine in einer notwendigen Lebenstätigkeit grundsätzlich funktionell selbstständige Person dazu zu motivieren und zu befähigen, eine erforderliche Tätigkeit vorzunehmen. Die Argumentation des kantonalen Gerichts, Beaufsichtigung und Anleitung bei einer grundsätzlich selbstständig funktionierenden Person sei der lebenspraktischen Begleitung zuzuordnen, vermöge nicht zu überzeugen. 4. 4.1. Laut den verbindlichen vorinstanzlichen Feststellungen (E. 3.1 oben) geht es bei der - in den einzelnen Lebensverrichtungen funktional nicht eingeschränkten - Beschwerdeführerin insbesondere darum, Hilfe bei der Bewältigung von Alltagssituationen zu erhalten. Sie braucht geordnete Tagesstrukturen und eine feste Bezugsperson, die sie anleitet, begleitet und versteht. Bei dieser Art von Hilfestellungen handelt es sich insbesondere auch nach Massgabe der Rz. 8050-8052 KSIH (gültig ab 1. Januar 2015, Stand: 1. Januar 2018) um klare Bestandteile des Instituts der lebenspraktischen Begleitung gemäss Art. 38 IVV. So fallen gemäss den genannten Randziffern des KSIH namentlich die Hilfe beim Einhalten von fixen Mahlzeiten, die Unterstützung bei der Bewältigung von Alltagssituationen im Sinne von Anleitungen und Aufforderungen sowie die Hilfe beim Verlassen des Hauses für bestimmte notwendige Verrichtungen und Kontakte unter die lebenspraktische Begleitung (zur Bedeutung von Verwaltungsweisungen vgl. BGE 141 V 365 E. 2.4 S. 368 und BGE 133 V 450 E. 9 S. 466 zur Gesetzes- und Verordnungskonformität der Rz. 8050-8052 KSIH in der bis Ende 2007 gültig gewesenen Fassung). 4.2. Der Beschwerdeführerin, die den Bedarf an Hilfestellungen als indirekte Dritthilfe bei den Lebensverrichtungen berücksichtigt haben will, ist zwar dahingehend beizupflichten, dass die zur Vornahme einer Lebensverrichtung benötigte indirekte Dritthilfe grundsätzlich nicht voraussetzt, dass die versicherte Person in der entsprechenden alltäglichen Lebensverrichtung funktionsmässig eingeschränkt ist (ULRICH MEYER/MARCO REICHMUTH, Rechtsprechung des Bundesgerichts zum Sozialversicherungsrecht, Bundesgesetz über die Invalidenversicherung [IVG], 3. Aufl. 2014 N. 28 zu den Art. 42-42 ter IVG). Ebenfalls richtig ist, dass eine indirekte Dritthilfe auch in der Aufforderung einer Drittperson an die versicherte Person bestehen kann, eine Lebensverrichtung vorzunehmen, die sie wegen ihres psychischen Zustandes ohne besondere Aufforderung nicht vornehmen würde (BGE 133 V 450 E. 7.2 S. 466). Das soeben Gesagte ändert jedoch nichts daran, dass der Bedarf der Versicherten nach Tagesstrukturierung klar im Vordergrund steht und sie mit einer gewährleisteten Alltagsstruktur durchaus in der Lage zu sein scheint, selbstständig ihre täglichen Pflichten wahrzunehmen. Dies bestätigt sich dadurch, dass sie gemäss Abklärungsbericht vom 29. Januar 2018 durch den klaren Ablauf im Internat ihr Essen ohne weitere Anleitungen zu sich nehmen und ihre ausserhäuslichen Termine alleine wahrnehmen kann. Das kantonale Gericht verletzte folglich bei einer funktional gesamtheitlichen Betrachtungsweise (vgl. Urteil 8C_184/2019 vom 22. Juli 2019 E. 5.1 mit Hinweis auf 9C_691/2014 vom 11. Dezember 2014 E. 4) kein Bundesrecht, wenn es die benötigten Hilfestellungen unter dem Titel der lebenspraktischen Begleitung berücksichtigte. 4.3. Die Vorinstanz verneinte schliesslich eine Entschädigung aufgrund lebenspraktischer Begleitung mit der Begründung, bei der Beschwerdeführerin stehe einzig eine psychische Beeinträchtigung im Vordergrund und ein Anspruch auf eine Viertelsrente sei nicht gegeben (Art. 42 Abs. 3 IVG). Die Beschwerdeführerin kritisiert, es könne nicht angehen, alle Hilfestellungen ausschliesslich der lebenspraktischen Begleitung zuzurechnen, wenn gar kein Anspruch auf eine lebenspraktische Begleitung bestehe. Damit werde eine Hilflosenentschädigung von vornherein vereitelt. Diesem Einwand kann nicht gefolgt werden, denn es handelt sich bei den von der Versicherten benötigten Hilfestellungen nach dem Gesagten um typische Bestandteile der lebenspraktischen Begleitung. Diese Hilfeleistungen können nicht unbesehen dessen den alltäglichen Lebensverrichtungen in Form von indirekter Dritthilfe zugeordnet werden. Die IV-Stelle bringt dazu richtig vor, dass nicht vom Ergebnis bzw. von einem allfälligen Leistungsanspruch heraus die Abgrenzung zwischen indirekter Dritthilfe und lebenspraktischer Begleitung vorgenommen werden darf. Vielmehr ist, wie bereits ausgeführt, eine Gesamtbetrachtung erforderlich. 4.4. Auf die weiteren Rügen der Versicherten zu ihrem Internatsaufenthalt (Art. 42 Abs. 5 IVG und Art. 35bis Abs. 1 IVV) ist bei diesem Ergebnis nicht weiter einzugehen. Bereits das kantonale Gericht stellte fest, dass sich die im Internat verbrachten Nächte im vorliegenden Fall als irrelevant erweisen würden, da ein Anspruch auf eine lebenspraktische Begleitung zu verneinen sei. Die Beschwerde ist unbegründet und der vorinstanzliche Entscheid zu bestätigen. 5. Dem Verfahrensausgang entsprechend werden die Gerichtskosten der Beschwerdeführerin auferlegt (Art. 66 Abs. 1 Satz 1 BGG). Dem Gesuch um unentgeltliche Prozessführung kann entsprochen werden, da die entsprechenden Voraussetzungen erfüllt sind (Art. 64 Abs. 1 BGG). Es wird indessen auf Art. 64 Abs. 4 BGG aufmerksam gemacht, wonach sie der Gerichtskasse Ersatz zu leisten haben wird, wenn sie später dazu in der Lage ist. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Der Beschwerdeführerin wird die unentgeltliche Prozessführung gewährt. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt, indes vorläufig auf die Bundesgerichtskasse genommen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 21. September 2020 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Parrino Die Gerichtsschreiberin: Huber
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 9C_381/2007 Urteil vom 23. September 2008 II. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter U. Meyer, Präsident, Bundesrichter Lustenberger, Borella, Kernen, Seiler, Gerichtsschreiber Attinger. Parteien Winterthur-Columna Vorsorgestiftung, Vorsorgewerk der E._ der W._ AG, Beschwerdeführerin, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. André Bloch, Suter Howald Rechtsanwälte, Stampfenbachstrasse 52, 8035 Zürich, gegen G._, Beschwerdegegner, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Erich Fluri, Hintere Bergstrasse 18, 8942 Oberrieden. Gegenstand Berufliche Vorsorge, Beschwerde gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 26. April 2007. Sachverhalt: A. Der 1950 geborene G._ war seit 1. Januar 1985 bei der Gesellschaft R._ tätig, zunächst als Vizedirektor, ab 1. Juli 1986 als stellvertretender Direktor und ab 1. Januar 1988 als Direktor der Zweigniederlassung X._. Nachdem sich die Unternehmen R._ und P._ im Jahre 1989 zusammengeschlossen hatten, war G._ fortan Arbeitnehmer der W._ AG. Überdies trat er 1990 als Kollektivgesellschafter ("E._") der im Zuge des Zusammenschlusses neu gegründeten A._ & Co. bei. Diese teilte ihm mit Schreiben vom 8. Februar 1995 seinen mit sofortiger Wirkung beschlossenen Ausschluss aus der Kollektivgesellschaft mit. Bereits zuvor war mit Schreiben vom 20. Januar 1995 sein Arbeitsverhältnis auf Ende April 1995 gekündigt worden. Der darauf durch G._ angestrengte arbeitsrechtliche Prozess endete mit unangefochten gebliebenem Entscheid des Obergerichts des Kantons Zürich vom 6. Juli 1998, worin die Auflösung des Anstellungsverhältnisses auf den 31. Januar 1996 festgelegt wurde. Die Winterthur-Columna Vorsorgestiftung (damals noch Vorsorgestiftung Winterthur), Vorsorgewerk der E._ der W._ AG (nachfolgend: Vorsorgestiftung), bei welcher G._ berufsvorsorgeversichert gewesen war, erbrachte in der Folge eine Freizügigkeitsleistung von insgesamt Fr. 469'507.- (zuzüglich Verzugszins). Darin war keinerlei Anteil an der für den Versicherten individuell berechneten Rückstellung für vorzeitige Pensionierung enthalten (der entsprechende Rückstellungsbetrag belief sich am 31. Januar 1996 auf Fr. 248'212.-). B. B.a Nachdem das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 11. Februar 2000 diesbezüglich auf die von G._ am 2. Dezember 1996 erhobene Klage nicht eingetreten war, und das Eidgenössische Versicherungsgericht die gegen das Nichteintreten geführte Verwaltungsgerichtsbeschwerde mit Urteil vom 30. Oktober 2001 gutgeheissen und die Sache zum materiellen Entscheid an das kantonale Gericht zurückgewiesen hatte, hiess dieses die Klage mit Entscheid vom 22. Januar 2003 gut und verpflichtete die Vorsorgestiftung, G._ Fr. 144'403.- (zuzüglich Verzugszins) zu bezahlen. B.b Dagegen erhoben sowohl G._ als auch die Vorsorgestiftung Verwaltungsgerichtsbeschwerden, welche das Eidgenössische Versicherungsgericht mit neuerlichem Urteil vom 5. Oktober 2004 in dem Sinne guthiess, als es die Sache an das kantonale Gericht zurückwies, damit dieses, nach erfolgter Abklärung im Sinne der Erwägungen, über die Klage vom 2. Dezember 1996 neu entscheide. Den entsprechenden Ausführungen im letztinstanzlichen Rückweisungsentscheid ist zu entnehmen, dass im Wesentlichen auf den per 1. Juli 1994 in Kraft gesetzten Abs. 2 von Ziff. 4 des "Regulativs für die Ansprüche von E._ ex R._ betreffend Rückstellungen für vorzeitige Pensionierungen" (nachfolgend: Regulativ) abzustellen ist, welcher wie folgt lautet: "Scheidet ein E._ aus nicht selber verschuldeten Gründen aus dem Partnership aus, so wird ihm ein angemessener Anteil an der für ihn individuell berechneten Rückstellung für vorzeitige Pensionierung mitgegeben. Der Betrag wird durch den PICT nach Rücksprache mit dem Präsidenten der Personalvorsorge-Kommission des Vorsorgewerkes der E._s unter Berücksichtigung des genauen Sachverhalts festgesetzt." Nach den Erwägungen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts räumt diese reglementarische Bestimmung den austretenden Versicherten grundsätzlich einen Rechtsanspruch auf einen ("gemäss festgelegtem Modus zu bestimmenden") Anteil an den für jede Person individuell ermittelten Rückstellungen für vorzeitige Pensionierung ein. Was den Anspruch von G._ anbelangt, wurde dem kantonalen Gericht aufgetragen, auf der Grundlage ergänzender Abklärungen darüber zu befinden, ob der Versicherte "aus nicht selber verschuldeten Gründen" aus der Partnerschaft ausgeschieden ist. Für den Fall der Bejahung eines unverschuldeten Ausscheidens wurde dem kantonalen Gericht weiter die Beantwortung der Frage auferlegt, welcher Anteil an der für G._ individuell ermittelten Rückstellung als "angemessen" im Sinne der zitierten Regulativbestimmung zu betrachten ist. Diesbezüglich betonte das Eidgenössische Versicherungsgericht, dass "das Quantitativ" im Hinblick auf das Rechtsgleichheitsgebot aufgrund eines "Quervergleich[s] mit den anderen schuldlos ausgeschiedenen Personen zu bestimmen" ist, wobei das kantonale Gericht "aussagekräftige Angaben bezüglich sämtlicher Partner [...] beizuziehen" hat, welche seit Inkrafttreten von Ziff. 4 Abs. 2 Regulativ vor ihrer ordentlichen Pensionierung (d.h. vor Vollendung des 60. Altersjahres) ausgeschieden sind. B.c Nach umfangreichem Beweisverfahren hiess das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich die Klage mit Entscheid vom 26. April 2007 gut und verpflichtete die Vorsorgestiftung, G._ Fr. 248'212.- zuzüglich Zins (sowie Zinseszins) von 5 % ab 1. Februar 1996, 4,25 % ab 1. Januar 2000, 3,5 % ab 1. Januar 2003, 2,5 % ab 1. Januar 2004 sowie 3,5 % ab 1. Januar 2005 auf ein von ihm zu bezeichnendes Freizügigkeitskonto zu bezahlen. C. Die Vorsorgestiftung lässt Beschwerde ans Bundesgericht führen mit dem Antrag auf Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheids und vollumfängliche Abweisung der Klage; eventuell sei die Sache zur Neubeurteilung an das kantonale Gericht zurückzuweisen. G._ lässt auf Abweisung der Beschwerde schliessen, während das Bundesamt für Sozialversicherungen auf eine Vernehmlassung verzichtet. D. Mit Verfügungen vom 4. Juli 2007 und 10. Juli 2008 erteilte der Instruktionsrichter der Beschwerde die aufschiebende Wirkung. E. Das Bundesgericht hat am 23. September 2008 eine publikumsöffentliche Beratung durchgeführt. Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzung gemäss den Art. 95 f. BGG erhoben werden. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG), und kann deren Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht (Art. 105 Abs. 2 BGG; vgl. auch Art. 97 Abs. 1 BGG). Mit Blick auf diese Kognitionsregelung ist aufgrund der Vorbringen in der Beschwerde ans Bundesgericht zu prüfen, ob der angefochtene Gerichtsentscheid in der Anwendung der massgeblichen materiell- und beweisrechtlichen Grundlagen (u.a.) Bundesrecht verletzt (Art. 95 lit. a BGG), einschliesslich einer allfälligen rechtsfehlerhaften Tatsachenfeststellung (Art. 97 Abs. 1, Art. 105 Abs. 2 BGG). Hingegen hat unter der Herrschaft des BGG eine freie Überprüfung des vorinstanzlichen Entscheides in tatsächlicher Hinsicht zu unterbleiben (ausser wenn sich die Beschwerde gegen einen Entscheid über die Zusprechung oder Verweigerung von Geldleistungen der Militär- oder Unfallversicherung richtet; Art. 97 Abs. 2 BGG). Ebenso entfällt eine Prüfung der Ermessensbetätigung nach den Grundsätzen zur Angemessenheitskontrolle (BGE 126 V 75 E. 6 S. 81 hinsichtlich der seinerzeitigen Regelung nach dem auf Ende 2006 aufgehobenen OG). 2. 2.1 Die Beschwerde führende Vorsorgestiftung stellt formell Antrag, der vorinstanzliche Beschluss vom 7. Juni 2005 sei aufzuheben. Mit diesem Zwischenentscheid hatte das kantonale Gericht die seinerzeitige Beklagte und heutige Beschwerdeführerin u.a. angewiesen, "Beweismittel zu bezeichnen, welche ein Verschulden des Klägers [heute Beschwerdegegner] an seinem Ausscheiden aus der Kollektivgesellschaft [...] darlegen", während Letzterer gleichzeitig Beweismittel zu bezeichnen hatte, "welche den Gegenbeweis begründen". Entgegen den Vorbringen der Beschwerdeführerin lässt sich die verfahrensleitende Anordnung der Vorinstanz in keiner Weise beanstanden. Bei ihrer zivilprozessual geprägten Argumentation, es habe eine "falsche Beweislastverteilung" stattgefunden, übersieht die Vorsorgestiftung, dass der im Sozialversicherungsprozess herrschende Untersuchungsgrundsatz eine Beweislast im Sinne der subjektiven Beweisführungslast begriffsnotwendig ausschliesst (BGE 117 V 261 E. 3b S. 264 mit Hinweisen). Im Rahmen der von Amtes wegen und unter Berücksichtigung der Mitwirkungspflichten der Parteien vorzunehmenden vollständigen Abklärung des rechtserheblichen Sachverhalts konnte der Zwischenentscheid des kantonalen Gerichts vernünftigerweise nicht anders als in der am 7. Juni 2005 beschlossenen Art ausfallen. 2.2 Ferner beanstandet die Beschwerdeführerin die Feststellung im angefochtenen Entscheid, wonach es sich beim Kriterium des nicht selber verschuldeten Ausscheidens aus der Kollektivgesellschaft A._ & Co. (im Folgenden: Kollektivgesellschaft) aus Sicht des Beschwerdegegners um ein unbestimmtes Negativum handle, was hier grundsätzlich eine Umkehr der Beweislast in dem Sinne rechtfertige, dass die Vorsorgestiftung die Folgen einer allfälligen Beweislosigkeit eines Verschuldens des ausgeschlossenen Gesellschafters zu tragen hätte. Auf diese Frage braucht indessen nicht näher eingegangen zu werden. Denn unter den Verfahrensbeteiligten ist richtigerweise unbestritten, dass die letztgenannte Beweisregel ohnehin erst zum Zuge käme, wenn es sich als unmöglich erwiese, im Rahmen des Untersuchungsgrundsatzes gestützt auf eine Beweiswürdigung einen Sachverhalt zu ermitteln, der zumindest die Wahrscheinlichkeit für sich hätte, der Wirklichkeit zu entsprechen (BGE 117 V 261 E. 3b S. 264 mit Hinweis). Eine solche beweisrechtliche Pattsituation hat die Vorinstanz im hier zu beurteilenden Fall - unter dem Blickwinkel der eingeschränkten bundesgerichtlichen Kognition zu Recht - nirgends erblickt. 2.3 Des Weitern macht die Vorsorgestiftung geltend, indem das kantonale Gericht "Defizite in der Person des Beschwerdegegners (Stichworte: Einzelgänger, Defizite in kommunikativen und führungstechnischen Fragen)" vom Verschulden ausklammere, lege es den Begriff des Selbstverschuldens gemäss Ziff. 4 Abs. 2 Regulativ unrichtig aus. Auch dieser Einwand ist unbegründet: Die Vorinstanz spricht den genannten charakterlichen Eigenschaften und Mängeln bei der Berufsausübung im vorliegenden Zusammenhang nicht etwa von vornherein jede Bedeutung ab. Im vorinstanzlichen Entscheid wird lediglich zum Ausdruck gebracht, dass die persönlichen Eigenschaften und Mängel nicht bereits an sich ein Verschulden begründen. Vielmehr werden sie - darin ist dem kantonalen Gericht beizupflichten - im Hinblick auf die hier zu beantwortende Frage nach einem Selbstverschulden beim Ausschluss aus der Kollektivgesellschaft erst insoweit relevant, als sie sich in einem schuldhaften Handeln oder in einer sonstigen vorwerfbaren Verhaltensweise manifestiert haben. 2.4 In ihrem überaus einlässlichen Entscheid gelangte die Vorinstanz - wobei es die hievor (E. 1) dargelegte eingeschränkte Kognition des Bundesgerichts zu beachten gilt - zum zutreffenden Schluss, dass der Beschwerdegegner aus nicht selber verschuldeten Gründen aus der Kollektivgesellschaft (Partnership) ausschied. Weder die von der Vorsorgestiftung angeführten Ereignisse für sich allein genommen noch deren Gesamtheit berechtigen zur Annahme eines in gesellschaftsrechtlicher (oder berufsvorsorgerechtlicher) Hinsicht wesentlichen Verschuldens. Sämtliche letztinstanzlich erhobenen Einwendungen führen zu keiner anderen Betrachtungsweise, zumal von entscheidrelevanten rechtsfehlerhaften Sachverhaltsfeststellungen oder derartigen Beweiswürdigungen (auch antizipierter) nicht die Rede sein kann. So ist nicht zu beanstanden, wenn das kantonale Gericht vereinzelte frühere Vorkommnisse und "seltsame Verhaltensweisen", welche in der Folge zwischen den beteiligten Kollektivgesellschaftern allesamt bereinigt worden waren, nicht als Gründe anerkannte, die nach Jahren für den Ausschluss aus der Gesellschaft ins Feld geführt werden können. Anders zu entscheiden wäre lediglich, wenn vonseiten der Arbeitgeberfirma oder der Kollektivgesellschaft vergeblich Verwarnungen des Beschwerdegegners oder Androhungen nachteiliger Folgen ausgesprochen worden wären, was hier nicht geltend gemacht wurde. Zu Recht hat die Vorinstanz aus dem Verhalten des Beschwerdegegners nach dessen Ausschluss aus der Gesellschaft mangels diesbezüglicher Ursächlichkeit nichts zu seinen Ungunsten abgeleitet. Dieselben Überlegungen müssen hinsichtlich der letztinstanzlichen Vorbringen der Beschwerdeführerin gelten, wonach "der Beschwerdegegner auch Probleme mit seiner früheren Arbeitgeberin hatte" (gemeint ist die Bank Y._, mit welcher vom 1. September 1973 bis 28. Februar 1982 ein Arbeitsverhältnis bestand). Entgegen den Ausführungen in der Beschwerde belegt sodann auch die Aktennotiz des (dem Beschwerdegegner vorgesetzten) Regionalleiters vom 1. November 1994 kein hier relevantes Verschulden: Während mit Bezug auf ein vom Beschwerdegegner geführtes Mandat "U." festgehalten wurde, "actuellement, des problèmes sont en cours", wurde hinsichtlich eines anderen ausgeführt, der Beschwerdegegner habe richtig reagiert, und bezüglich eines dritten Geschäftes notiert, die von ihm gezogenen Schlussfolgerungen seien nicht zufriedenstellend. In einem weiteren Punkt hatte ein Mitgesellschafter eine offenbar vom Beschwerdegegner geübte Praxis beanstandet: "Un associé ne peut pas écrire de lettre personelle en s'invoquant associé". Der Regionalleiter wurde gebeten, die Frage mit dem Hauptsitz und mit dem Risk Management zu prüfen. Zusammenfassend wurde in der internen Notiz festgestellt, die Situation des Beschwerdegegners sei nicht zur Zufriedenheit aller geregelt; er habe Probleme in den Bereichen Beziehungen und Kommunikation, wogegen seine (Revisions-)Arbeit in technischer Hinsicht in Ordnung sei. Auch im Lichte dieser Aktennotiz erscheint der am 8. Februar 1995 mit sofortiger Wirkung beschlossene Ausschluss nicht als selbstverschuldet im Sinne von Ziff. 4 Abs. 2 Regulativ. Im Folgenden ist deshalb die Frage zu beantworten, welches der dem Beschwerdegegner mitzugebende "angemessene Anteil" an der für ihn individuell berechneten Rückstellung für vorzeitige Pensionierung ist. 3. 3.1 Die Vorinstanz hat den diesbezüglichen Rückweisungsauftrag gemäss Urteil des Eidgenössischen Versicherungsgerichts vom 5. Oktober 2004 erfüllt und das Mögliche zur Erhellung der von der Vorsorgestiftung im massgebenden Zeitraum geübten Praxis bei der Verteilung der Rückstellungsgelder vorgekehrt. Weitere Beweismassnahmen würden nicht zu neuen Erkenntnissen führen, wobei für diese antizipierte Beweiswürdigung das bisherige Prozessverhalten der Beschwerdeführerin mit selektiver Einbringung von Informationen in das Verfahren bis hin zu teilweise geänderten Aktenstücken sowie im Prozessverlauf wechselnden, zum Teil sich ausschliessenden Vorbringen durchaus berücksichtigt werden darf. 3.2 Auch im weitergehenden Vorsorgebereich hat eine registrierte Vorsorgeeinrichtung die Pflicht, dafür zu sorgen, dass die im Rahmen der Verwaltung des Vorsorgewerks im Laufe der Zeit getroffenen Entscheide unter dem zentralen Gesichtswinkel der Gleichbehandlung der Destinatäre jederzeit zuverlässig und ohne grossen Aufwand überprüfbar sind (Einhaltung der gesetzlichen Vorschriften, Pflicht zur klaren und vollständigen Aktenführung usw.; vgl. Urteil B 117/05 des Eidgenössischen Versicherungsgerichts vom 19. Oktober 2006). Dieser Verpflichtung hat die Vorsorgestiftung eindeutig nicht nachgelebt. 3.3 Die in den vorstehenden E. 3.1 und 3.2 erwähnten, der Beschwerdeführerin anzulastenden formellen Beweis- und Mitwirkungsmängel rechtfertigen gewiss für sich allein noch nicht, dem Beschwerdegegner unter dem reglementarischen Rechtstitel einer angemessenen Beteiligung an der für ihn gebildeten Rückstellung gleich den gesamten Betrag mitzugeben. Dessen Zusprechung durch den angefochtenen Entscheid ist aber bei den gegebenen Umständen, soweit sie vorinstanzlich verbindlich festgestellt worden sind (E. 1 hievor), auch materiell nicht bundesrechtswidrig. Denn zumindest in den beiden B._ und C._ betreffenden Fällen ist die Mitgabe der gesamten Rückstellung ausgewiesen, woran nichts ändert, dass diese ausscheidenden Kollektivgesellschafter Mitarbeiter der W._ AG blieben und die Rückstellung in die für sie neu zuständige Vorsorgeeinrichtung einbringen mussten. Wie der Beschwerdegegner in seiner letztinstanzlichen Vernehmlassung zutreffend einwendet, ist indessen auch die vorzeitige Pensionierung des D._ in den Quervergleich der insgesamt zwölf ausscheidenden Partner (einschliesslich des Beschwerdegegners) mit einzubeziehen. Denn auch D._ schied (mit 58 Jahren) vor Vollendung des 60. Altersjahres aus der zwischenzeitlich in eine Kommanditgesellschaft umgewandelten Partnerfirma aus. Er bezog eine Early Retirement Allowance im Sinne einer Überbrückungsrente, verblieb bis zum reglementarischen Pensionierungsalter 60 (für welches die "individuell berechneten Rückstellungen für vorzeitige Pensionierung" getätigt wurden) beitragsfrei in der Vorsorgestiftung und erhielt nach Vollendung des 60. Altersjahres sein gesamtes Rückstellungskapital ausbezahlt. Dem Beschwerdegegner ist beizupflichten, dass D._ damit "im Zeitpunkt des Ausscheidens "nichts anderes als eine Art 'Freizügigkeitsleistung' [erhielt], die er bei Erreichen des 60. Altersjahres beziehen konnte". Demgegenüber können die Verweigerung der Leistungen für die drei aus eigenem Antrieb zurückgetretenen Partner - was auf den hier zu beurteilenden Fall von vornherein nicht zutrifft -, aber auch die Mitgabe der bloss etwa hälftigen Rückstellung in fünf weiteren Fällen für den Beschwerdegegner nicht präjudiziell sein. Soweit bekannt, war der Grund für die bloss ungefähr hälftige Mitgabe der individuell ermittelten Rückstellung, dass diese fünf Partner mit der zunehmenden Internationalisierung des Geschäftes nicht zurecht kamen. Just dieses Motiv kann nun aber für den Beschwerdegegner nicht angerufen werden, nachdem die Vorsorgestiftung, wie sich jetzt zeigt, während Jahren zu Unrecht davon ausgegangen war, er habe sein Ausscheiden aus der Kollektivgesellschaft selber verschuldet. Ist aber die in fünf Fällen zur nur teilweisen Mitgabe der Rückstellung führende Überlegung im Falle des Beschwerdegegners nicht einschlägig, ist diesem zufolge Gleichbehandlung mit den Fällen B._, C._ und D._ die gesamte Rückstellung für vorzeitige Pensionierung, welche sich am 31. Januar 1996 unbestrittenermassen auf Fr. 248'212.- belief, auf ein Freizügigkeitskonto mitzugeben. Die vorinstanzlich angeordnete Verzugszinsregelung (ab 1. Februar 1996 Verzinsung zum jeweils massgebenden Verzugszinssatz [seit 1. Januar 2005: BVG-Mindestzins plus 1 %, somit ab 1. Januar 2008 zu insgesamt 3,75 %) ist ebenfalls rechtens (Art. 7 FZV in Verbindung mit Art. 15 Abs. 2 BVG und Art. 12 BVV 2 [jeweils in der geltungszeitlich zutreffenden Fassung]; BGE 132 V 127 E. 8.2 mit Hinweisen S. 148). 4. Die Gerichtskosten werden der Beschwerde führenden Vorsorgestiftung als unterliegender Partei auferlegt (Art. 66 Abs. 1 BGG). Ferner hat sie eine Parteientschädigung an den obsiegenden Beschwerdegegner zu entrichten (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1000.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Beschwerdeführerin hat den Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 8000.- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 23. September 2008 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Meyer Attinger
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5C.61/2005 /bnm Urteil vom 30. September 2005 II. Zivilabteilung Besetzung Bundesrichter Raselli, Präsident, Bundesrichterinnen Nordmann, Escher, Bundesrichter Meyer, Marazzi Gerichtsschreiber Zbinden. Parteien X._ AG, Klägerin und Berufungsklägerin, vertreten durch Rechtsanwalt Frank Nabholz, gegen Versicherung Y._, Beklagte und Berufungsbeklagte, vertreten durch Rechtsanwalt Christoph Frey, Gegenstand Versicherungsvertrag, Berufung gegen den Entscheid des Handelsgerichts des Kantons St. Gallen vom 26. November 2004. Sachverhalt: Sachverhalt: A. Die X._ AG (Klägerin) hatte mit den Versicherung Z._ zwei Policen über eine Bauwesenversicherung abgeschlossen. Mit Schreiben vom 14. Dezember 1999 kündigte die Versicherung Z._ beide Policen mit der Begründung, sie hätten bereits 1998 für einen Schadenfall in A._ eine Entschädigung von Fr. 316'000.-- leisten müssen. Der neue grosse Schadenfall in B._ zwinge sie nun zur Kündigung. Die Klägerin gelangte am 11. Januar 2000 an die Versicherung Y._ AG (Beklagte) und ersuchte sie um eine Offerte für einen Versicherungsvertrag als Ersatz für die Policen bei der Versicherung Z._. Diese antwortete, dass die Risikoart einen vertieften Einblick des Versicherers in die Risikostruktur des Versicherungsnehmers bedinge. Neben einem späteren Gespräch mit der Klägerin wünsche sie, dass ihr vorab Informationen zugestellt würden. Unter anderem verlangte sie von der Klägerin das "Schadenrendement der bestehenden Rahmenverträge". Die Klägerin stellte der Beklagten in der Folge das Schadenrendement der Versicherung Z._ per September 1999 zu. Dieses weist für das Jahr 1999 ein Schadenereignis mit einem Schadenaufwand von Fr. 30'000.-- und einer Rückstellung in derselben Höhe aus. Am 18. September 2000 schlossen die Klägerin und die Beklagte den von dieser unterbreiteten Versicherungsvertrag ab. Als Vertragsbeginn wurde der 1. Juli 2000 vereinbart. Im November 2000 gingen bei der Beklagten vier Schadenmeldungen der Klägerin mit einer Gesamtschadensumme von Fr. 648'000.-- ein. Dies veranlasste die Beklagte, den Versicherungsvertrag per sofort zu kündigen. Am 1. Dezember 2000 kam es zu einer Besprechung zwischen den Parteien. Die Beklagte warf der Klägerin eine Anzeigenpflichtverletzung vor und trat vom Versicherungsvertrag zurück. Mit Schreiben vom 15. Dezember 2000 bestätigte und erläuterte sie den Rücktritt. Sie legte der Klägerin zur Last, dass der Schadenfall "B._" im Schadenrendement nicht namentlich und nicht in der realen Höhe aufgeführt worden sei. Der Schadenfall sei von der Versicherung Z._ im Juli 2000 mit einer Zahlung von ca. Fr. 350'000.-- erledigt worden. Weil die Klägerin die Beklagte auf deren schriftliche Anfrage hin nicht über alle erheblichen Gefahrstatsachen informiert habe, liege eine falsche Antragsdeklaration vor. Das berechtige zum Rücktritt. Am 1. Dezember 2000 kam es zu einer Besprechung zwischen den Parteien. Die Beklagte warf der Klägerin eine Anzeigenpflichtverletzung vor und trat vom Versicherungsvertrag zurück. Mit Schreiben vom 15. Dezember 2000 bestätigte und erläuterte sie den Rücktritt. Sie legte der Klägerin zur Last, dass der Schadenfall "B._" im Schadenrendement nicht namentlich und nicht in der realen Höhe aufgeführt worden sei. Der Schadenfall sei von der Versicherung Z._ im Juli 2000 mit einer Zahlung von ca. Fr. 350'000.-- erledigt worden. Weil die Klägerin die Beklagte auf deren schriftliche Anfrage hin nicht über alle erheblichen Gefahrstatsachen informiert habe, liege eine falsche Antragsdeklaration vor. Das berechtige zum Rücktritt. B. Die Klägerin reichte am 19. Juni 2002 vor Handelsgericht des Kantons St. Gallen gegen die Beklagte Klage auf Bezahlung des zu ermittelnden Schadens, mindestens aber Fr. 1 Mio. ein. Die Beklagte beantragte Abweisung der Klage. Der Handelsgerichtspräsident beschränkte die Streitigkeit im Einvernehmen mit den Parteien auf die Frage der geltend gemachten Anzeigepflichtverletzung. Am 26. November 2004 wies das Handelsgericht die Klage ab. B. Die Klägerin reichte am 19. Juni 2002 vor Handelsgericht des Kantons St. Gallen gegen die Beklagte Klage auf Bezahlung des zu ermittelnden Schadens, mindestens aber Fr. 1 Mio. ein. Die Beklagte beantragte Abweisung der Klage. Der Handelsgerichtspräsident beschränkte die Streitigkeit im Einvernehmen mit den Parteien auf die Frage der geltend gemachten Anzeigepflichtverletzung. Am 26. November 2004 wies das Handelsgericht die Klage ab. C. Mit Eingabe vom 24. Februar 2005 hat die Klägerin Berufung beim Bundesgericht eingereicht mit dem Antrag, das angefochtene Urteil sei aufzuheben und es sei festzustellen, dass die Beklagte kein Recht hatte, vom Versicherungsvertrag mit der Klägerin wegen Anzeigepflichtverletzung zurückzutreten, eventuell sei die Sache an die Vorinstanz zurückzuweisen. Es ist keine Berufungsantwort eingeholt worden. Das Handelsgericht hat keine Gegenbemerkungen eingereicht. Ebenfalls am 24. Februar 2005 hat die Klägerin beim Kassationsgericht des Kantons St. Gallen Nichtigkeitsbeschwerde eingereicht. Diese ist am 5. Juli 2005 abgewiesen worden. Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Die Berufung richtet sich gegen einen letztinstanzlichen kantonalen Endentscheid. Es handelt sich um eine Zivilrechtsstreitigkeit mit Vermögenswert. Da der erforderliche Streitwert von Fr. 8'000.-- ohne weiteres erreicht wird, kann auf die form- und fristgerecht eingereichte Berufung unter Vorbehalt der nachfolgenden Einschränkungen grundsätzlich eingetreten werden (vgl. Art. 43 ff. OG). 1. Die Berufung richtet sich gegen einen letztinstanzlichen kantonalen Endentscheid. Es handelt sich um eine Zivilrechtsstreitigkeit mit Vermögenswert. Da der erforderliche Streitwert von Fr. 8'000.-- ohne weiteres erreicht wird, kann auf die form- und fristgerecht eingereichte Berufung unter Vorbehalt der nachfolgenden Einschränkungen grundsätzlich eingetreten werden (vgl. Art. 43 ff. OG). 2. 2.1 Die Vorinstanz hat ausgeführt, die Klägerin habe sich für die Vertragsverhandlungen durch den Versicherungstreuhänder W._ vertreten lassen. Die Behauptung der Klägerin, W._ sei "mit Bezug auf die Informationsbeschaffung" Auftragnehmer der Beklagten gewesen, gehe vor dem Hintergrund der unmissverständlichen Vollmacht der Klägerin an der Sache vorbei. Gemäss dieser Vollmacht vertrete der Versicherungstreuhänder W._ die Klägerin mit Ausnahme des Vertragsschlusses in allen Belangen. Namentlich sollte auch die gesamte Korrespondenz zwischen Versicherern und der Klägerin ausschliesslich über den Versicherungstreuhänder laufen. Die Handlungen des Versicherungstreuhänders seien deshalb bezüglich der Erfüllung der Anzeigepflicht bis zum Vertragsschluss der Klägerin zuzurechnen. Mit anderen Worten müsse sich die Klägerin alles anrechnen lassen, was ihrem Vertreter W._ bis zum Vertragsschluss bekannt gewesen sei oder hätte bekannt sein müssen. 2.2 Die Klägerin führt dazu aus, die Einvernahme des Zeugen W._ habe ergeben, dass dieser auch mit der Beklagten eine Zusammenarbeitsvereinbarung gehabt habe. Nach dieser Information habe die Klägerin bei nächster Gelegenheit, nämlich den Plädoyers, die Edition dieser Zusammenarbeitsvereinbarung verlangt. Im angefochtenen Entscheid fehle eine Feststellung über dieses Editionsbegehren, aber auch über die Absprache zwischen W._ und der Beklagten gänzlich. Der Inhalt der Absprache sei indessen für die rechtliche Würdigung des Verhaltens und des Wissens von W._ wesentlich. Es fehle daher mit der Zusammenarbeitsvereinbarung zwischen W._ und der Beklagten eine Tatsachenfeststellung, welche für die Anwendung von Art. 4, 6 und 8 VVG unerlässlich gewesen sei. Darin liege ein unvollständiger Tatbestand im Sinne von Art. 64 Abs. 1 i.V.m. Art. 51 Abs. 1 lit. b OG. 2.3 Die Klägerin hat dieselbe Rüge auch vor dem Kassationsgericht des Kantons St. Gallen erhoben, welches sie unter dem Gesichtspunkt des kantonalen Prozessrechts überprüft und in seinem Urteil vom 5. Juli 2005 verworfen hat. Das Kassationsgericht hat unter anderem ausgeführt, dass die Klägerin das Begehren um Edition der Zusammenarbeitsvereinbarung sowie die Behauptung, diese Vereinbarung sei für den Ausgang des Verfahrens von Bedeutung, erst nach Aktenschluss, also verspätet in den Prozess eingeführt habe. Die Beklagte habe zu Recht darauf hingewiesen, dass die Klägerin allein schon aufgrund der von ihr unterzeichneten Vollmacht an W._ davon habe ausgehen müssen, es bestehe eine Zusammenarbeitsvereinbarung zwischen W._ und der Beklagten, sei doch in der Vollmacht von einer durchlaufenden Maklerkommission die Rede. Die Klägerin hätte daher die Behauptung und den Beweisantrag in den Rechtsschriften vorbringen können und müssen (Urteil des Kassationsgerichts E. 3 S. 6 f.). Das Urteil des Kassationsgerichts blieb unangefochten und ist daher in Rechtskraft erwachsen. 2.4 Steht aber fest, dass die Edition des Zusammenarbeitsvertrags aufgrund des kantonalen Prozessrechts verspätet verlangt worden ist, kann in dessen Fehlen auch kein ungenügend festgestellter Tatbestand im Sinne von Art. 64 Abs. 1 OG liegen. Gestützt auf diese Bestimmung können Sachverhaltsergänzungen nur insoweit verlangt werden, als entsprechende Sachbehauptungen im kantonalen Verfahren frist- und formgerecht aufgestellt, vom Gericht jedoch zu Unrecht übergangen worden sind (BGE 130 III 102 E. 2.2 S. 106). Dies ist wie ausgeführt nicht der Fall. 2.4 Steht aber fest, dass die Edition des Zusammenarbeitsvertrags aufgrund des kantonalen Prozessrechts verspätet verlangt worden ist, kann in dessen Fehlen auch kein ungenügend festgestellter Tatbestand im Sinne von Art. 64 Abs. 1 OG liegen. Gestützt auf diese Bestimmung können Sachverhaltsergänzungen nur insoweit verlangt werden, als entsprechende Sachbehauptungen im kantonalen Verfahren frist- und formgerecht aufgestellt, vom Gericht jedoch zu Unrecht übergangen worden sind (BGE 130 III 102 E. 2.2 S. 106). Dies ist wie ausgeführt nicht der Fall. 3. Die Klägerin rügt eine Verletzung von Art. 4, 6 und 8 VVG. Die Vorinstanz habe im Zusammenhang mit dem sog. Schadenrendement die Abgrenzung zwischen der Aufklärungspflicht des Versicherungsnehmers und der (Rück-)Fragepflicht des Versicherers rechtswidrig vorgenommen. 3.1 Gemäss Art. 4 Abs. 1 VVG hat der Antragsteller dem Versicherer an Hand eines Fragebogens oder auf sonstiges schriftliches Befragen alle für die Beurteilung der Gefahr erheblichen Tatsachen, soweit und so wie sie ihm beim Vertragsabschluss bekannt sind oder bekannt sein müssen, schriftlich mitzuteilen. Erheblich sind nach Absatz 2 dieser Bestimmung diejenigen Gefahrstatsachen, die geeignet sind, auf den Entschluss des Versicherers, den Vertrag überhaupt oder zu den vereinbarten Bedingungen abzuschliessen, einen Einfluss auszuüben. Die Gefahrstatsachen, auf welche die schriftlichen Fragen des Versicherers in bestimmter, unzweideutiger Fassung gerichtet sind, werden als erheblich vermutet (Art. 4 Abs. 3 VVG). Wenn der Anzeigepflichtige beim Abschluss der Versicherung eine erhebliche Gefahrstatsache, die er kannte oder kennen musste, unrichtig mitgeteilt oder verschwiegen hat, so ist der Versicherer an den Vertrag nicht gebunden, wenn er binnen vier Wochen, nachdem er von der Verletzung der Anzeigepflicht Kenntnis erhalten hat, vom Vertrag zurücktritt (Art. 6 VVG). Der Versicherer kann, auch wenn die Anzeigepflicht verletzt ist, vom Vertrag nicht zurücktreten, wenn er die verschwiegene Tatsache gekannt hat oder gekannt haben muss (Art. 8 Ziffer 3 VVG) oder wenn er die unrichtig angezeigte Tatsache richtig gekannt hat oder gekannt haben muss (Art. 8 Ziffer 4 VVG). 3.2 Im angefochtenen Entscheid wird ausgeführt, die Parteien hätten im Kern den Begriff "Schadenrendement" gleich verstanden. Es handle sich um die Aufstellung aller während der Dauer eines Versicherungsvertrags eingetretenen Schadensfälle. Auch die Klägerin habe die Aufforderung der Beklagten so verstanden, dass sie eine Zusammenstellung aller die Versicherungsverträge mit der Versicherung Z._ betreffenden Schadenfälle vorzulegen habe. Die Klägerin sei dieser Aufforderung im Januar 2000 nachgekommen, indem sie der Beklagten eine knapp leserlich als "...rendement" übertitelte Zusammenstellung faxte, die für das Jahr 1999 einen Schadenfall mit einem Schadenaufwand von Fr. 30'000.-- und einer Rückstellung in derselben Höhe ausgewiesen habe. Auf dem Dokument sei vermerkt: "nachgeführt per 09.1999." Der Verfasser des Rendements sei aus der Urkunde nicht ersichtlich. Erkennbar sei lediglich der Faxabsender von W._ bzw. seiner Firma in der Kopf- und derjenige der Versicherung Z._ in der Fusszeile. Gemäss der Klägerin habe ihr Vertreter das Dokument unkorrigiert und kommentarlos an die Beklagte weitergeleitet. Entgegen der Meinung der Klägerin habe diese das Schadenrendement nicht als interne Aufstellung der Versicherung Z._ betrachten dürfen, die sie inhaltlich nicht zu überprüfen gehabt habe. Denn zum einen habe die Beklagte das Schadenrendement direkt von der Klägerin angefordert, weshalb von ihr selber als Trägerin der Anzeigepflicht eine Auskunft geschuldet gewesen sei. Zum andern habe die Klägerin nicht schweigen dürfen, wenn sie einen Fehler oder eine Unvollständigkeit bei der Anzeige der Gefahrstatsachen erkannte oder erkennen musste. Sie habe eine vollständige Mitteilung über alle die Frage betreffenden Tatsachen zu verfassen. Zudem habe sie Gefahrstatsachen, von denen sie erst Kenntnis erhalten habe, nachdem sie ihre Anzeige abgeschickt habe, dem Versicherer nachträglich mitzuteilen. Die Klägerin habe erkennen müssen, dass das Schadenrendement im Jahr 1999 nicht vollständig gewesen sei. Sie habe der Versicherung Z._ im Jahr 1999 einen zweiten grossen Schadenfall angemeldet, der die Versicherung im Dezember 1999 zur sofortigen Kündigung veranlasst habe. Der im Schadenrendement aufgeführte Schadenaufwand für das Jahr 1999 sei damit für sie bereits im Januar 2000 - als das Rendement gefaxt wurde - erkennbar unrichtig gewesen. Das Schadenrendement habe ihr auch als unvollständig erscheinen müssen, weil es entsprechend der Erklärung auf dem Dokument nur bis September 1999 nachgeführt worden sei, die Behandlung der neuerlichen Schadenmeldung aber spätestens ab Dezember 1999 im Gange gewesen sei. Es sei unbestritten, dass das schriftliche Schadenrendement bei Vertragsschluss unvollständig gewesen sei. Der zweite grosse Schadenfall B._ habe der Versicherung Z._ nicht bloss einen Schadenaufwand von Fr. 30'000.--, sondern einen solchen von mindestens Fr. 300'000.-- verursacht. Der von der Klägerin angemeldete Schaden habe sich sogar in der Grössenordnung von Fr. 1 Mio. bewegt. 3.3 Die Klägerin rügt in diesem Zusammenhang zunächst, dass die Vorinstanz im Sinne eines Mangels gemäss Art. 64 Abs. 1 OG nicht festgestellt habe, W._ habe das so genannte Rendement direkt bei der Versicherung Z._ bestellt und es ohne Kenntnisgabe an die Klägerin direkt an die Beklagte weitergeleitet. Es ist indessen nicht zu beanstanden, dass die Vorinstanz diese Behauptung der Klägerin im Entscheid lediglich wiedergegeben, aber als unerheblich bezeichnet hat, weil die Klägerin das Schadenrendement nicht als interne Aufstellung der Versicherung Z._ habe betrachten dürfen, die sie inhaltlich nicht zu überprüfen habe. Es trifft zu, dass es Sache der Klägerin war, eine korrekte Antwort auf die gestellte Frage nach allen während der Dauer des Versicherungsvertrags mit der Versicherung Z._ eingetretenen Schadensfälle zu geben. 3.4 Weiter rügt die Klägerin, sie selber habe von diesem Schadenrendement nichts gewusst. Die Vorinstanz hat ihr zu Recht entgegengehalten, dass ihr das Wissen ihres Vertreters W._ voll anzurechnen sei, so dass es auch keine Rolle spiele, ob die Klägerin selber das Schadenrendement gekannt hat oder nicht (Art. 5 Abs. 1 VVG; Nef, Basler Kommentar, N. 2 zu Art. 5 VVG). Die Klägerin kann nicht einen Vertreter bestellen und sich nicht gleichzeitig sein Wissen und Handeln anrechnen lassen. 3.5 Die Klägerin macht weiter geltend, mit der Lieferung des Rendements sei die "Frage" der Beklagten beantwortet gewesen. Die Beklagte hätte eine Aktualisierung des Rendements verlangen können und wäre zu einer Rückfrage verpflichtet gewesen. Die Vorinstanz hat dazu erwogen, dass das Rendement bereits im Zeitpunkt seiner Abgabe erkennbar unrichtig war. Die Klägerin wusste nach den verbindlichen Feststellungen der Vorinstanz bereits im Zeitpunkt des Rendements, dass der Schaden weit höher lag als die Rückstellung von Fr. 30'000.--. Bei dieser Sachlage ist die rechtliche Schlussfolgerung nicht zu beanstanden, dass die Klägerin ihre Anzeigepflicht verletzt hat. Die Beklagte wäre bei dieser Sachlage nur dann nicht befugt, vom Vertrag zurückzutreten, wenn sie die unrichtig angezeigte Tatsache richtig gekannt hat oder gekannt haben müsste (Art. 8 Ziffer 4 VVG). Dass die Beklagte sie richtig gekannt hat, macht die Klägerin nicht geltend. Dagegen ist sie der Meinung, dass sich die Beklagte selber hätte kundig machen müssen. Es trifft zu, dass die Beklagte, um sicher zu sein, dass die Rückstellung dem Schaden entspricht, bei der Klägerin oder ihrem Vertreter hätte zurückfragen können. Auch eine Rückfrage direkt bei der Versicherung Z._ wäre allenfalls denkbar gewesen. Dies alles hat sie nicht getan. Da es sich gemäss Schadenrendement bei den Fr. 30'000.-- um eine Rückstellung handelte, aus der sich bereits begrifflich ergibt, dass das effektive Schadenaufkommen noch nicht bestimmt ist und von der Rückstellung abweichen kann, könnte die Beklagte dann nicht vom Vertrag zurücktreten, wenn sie mit der schliesslich eingetretenen Schadenhöhe hätte rechnen müssen. Dies ist nicht der Fall. Auch wenn die Beklagte nicht zurückfragte, musste sie nicht mit jeder Abweichung von der Rückstellung rechnen, sondern nur mit einer solchen innerhalb einer vernünftigen Bandbreite. Dieser Rahmen wird offensichtlich gesprengt, wenn die Rückstellung Fr. 30'000.-- und die angemeldete Forderung über Fr. 1 Mio. beträgt. Dies ist auch dann der Fall, wenn die Versicherungsleistung schliesslich höher liegt als Fr. 300'000.--. Art. 8 Ziff. 4 VVG ist daher nicht verletzt. 3.6 Die Klägerin macht weiter geltend, sie habe im Schadenrendement - neben der Rückstellung für den Schadenfall von 1999 in B._ - auf das erste grosse Schadenereignis 1998 in A._ im Betrage von Fr. 316'252.-- hingewiesen. Diese Information habe die Beklagte auch nicht vom Vertragsschluss mit der Klägerin abgehalten, woraus sich in Anwendung von Art. 4 VVG der Schluss aufdränge, dass die Beklagte auch in Kenntnis eines korrekten Schadenrendements den Vertrag geschlossen hätte. Dieser Schluss ist nicht zwingend. Gegenteils hat die Kumulation der beiden grossen Schadenereignisse in den Jahren 1998 und 1999 die Versicherung Z._ veranlasst, den Vertrag mit der Klägerin zu kündigen. Auch die Beklagte durfte diese Kumulation als erheblich betrachten. Der Schluss der Vorinstanz, die Information über die reale Schadenhöhe in B._ sei geeignet, auf den Entschluss der Beklagten, den Vertrag überhaupt oder zu den vereinbarten Bedingungen abzuschliessen, einen Einfluss auszuüben, ist nicht zu beanstanden. Art. 4 VVG ist nicht verletzt. 3.7 Die Klägerin macht schliesslich geltend, das Rücktrittsrecht des Versicherers nach Art. 6 VVG setze voraus, dass der Versicherungsnehmer ihn in seinem Vertrauen getäuscht habe. Im vorliegenden Fall sei indessen geliefert worden, was die Beklagte verlangt habe. Dass dieses Schadenrendement provisorisch gewesen sei, indem per September 1999 lediglich eine Rückstellung enthalten gewesen sei, welche im Zeitpunkt des Vertragsabschlusses ein Jahr später naturgemäss veraltet gewesen sei, habe der Beklagten klar sein müssen. Sie habe gestützt auf dieses Schriftstück kein Vertrauen entwickeln dürfen, welches sie zum Rücktritt berechtigt habe. Dem ist entgegenzuhalten, dass die Klägerin - wie ausgeführt - mit der Mitteilung einer Rückstellung von Fr. 30'000.-- im Rendement, welches der Beklagten im Januar 2000 zugestellt worden ist, wissentlich einen weit geringeren Schaden unterstellt hat, als ihr damals bereits bekannt war. Die Annahme, sie habe mit ihrem Verhalten Vertrauen getäuscht, ist nicht zu beanstanden. Art. 6 VVG ist nicht verletzt. 3.7 Die Klägerin macht schliesslich geltend, das Rücktrittsrecht des Versicherers nach Art. 6 VVG setze voraus, dass der Versicherungsnehmer ihn in seinem Vertrauen getäuscht habe. Im vorliegenden Fall sei indessen geliefert worden, was die Beklagte verlangt habe. Dass dieses Schadenrendement provisorisch gewesen sei, indem per September 1999 lediglich eine Rückstellung enthalten gewesen sei, welche im Zeitpunkt des Vertragsabschlusses ein Jahr später naturgemäss veraltet gewesen sei, habe der Beklagten klar sein müssen. Sie habe gestützt auf dieses Schriftstück kein Vertrauen entwickeln dürfen, welches sie zum Rücktritt berechtigt habe. Dem ist entgegenzuhalten, dass die Klägerin - wie ausgeführt - mit der Mitteilung einer Rückstellung von Fr. 30'000.-- im Rendement, welches der Beklagten im Januar 2000 zugestellt worden ist, wissentlich einen weit geringeren Schaden unterstellt hat, als ihr damals bereits bekannt war. Die Annahme, sie habe mit ihrem Verhalten Vertrauen getäuscht, ist nicht zu beanstanden. Art. 6 VVG ist nicht verletzt. 4. Die Berufung muss aus diesen Gründen abgewiesen werden, soweit darauf eingetreten werden kann. Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt die Klägerin die Verfahrenskosten (Art. 156 Abs. 1 OG). Eine Parteientschädigung ist nicht geschuldet, da keine Berufungsantwort eingeholt worden ist. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Berufung wird abgewiesen, soweit darauf eingetreten werden kann. 1. Die Berufung wird abgewiesen, soweit darauf eingetreten werden kann. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 12'000.-- wird der Klägerin auferlegt. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 12'000.-- wird der Klägerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Handelsgericht des Kantons St. Gallen schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 30. September 2005 Im Namen der II. Zivilabteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5A_850/2012 Urteil vom 22. November 2012 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Escher, präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiber Füllemann. Verfahrensbeteiligte X._ GmbH, Beschwerdeführerin, gegen Z._, vertreten durch Rechtsanwalt Erich Tagwerker, Beschwerdegegnerin, Betreibungsamt A._. Gegenstand Konkursandrohung, Beschwerde nach Art. 72 ff. BGG gegen den Beschluss vom 31. Oktober 2012 des Obergerichts des Kantons Zürich (II. Zivilkammer als oberer kan- tonaler Aufsichtsbehörde über Schuldbetreibung und Konkurs). Nach Einsicht in die Beschwerde gemäss Art. 72 ff. BGG gegen den Beschluss vom 31. Oktober 2012 des Obergerichts des Kantons Zürich, das (als obere SchK-Aufsichtsbehörde) auf eine Beschwerde der Beschwerdeführerin gegen einen abweisenden Beschwerdeentscheid der unteren Aufsichtsbehörde (betreffend eine gegen die Beschwerdeführerin gerichtete Konkursandrohung) nicht eingetreten ist, in Erwägung, dass das Obergericht erwog, den Begründungsanforderungen einer zulässigen Beschwerde (Art. 321 Abs. 1 ZPO) genüge die Beschwerde der Beschwerdeführerin nicht, sie enthalte zwar einen sinngemässen Antrag auf Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheids, jedoch keine Begründung dieses Antrags, die Beschwerdefrist könne als gesetzliche Frist nicht (zwecks Nachreichung einer Begründung) erstreckt werden, im Übrigen wäre die Beschwerde auch abzuweisen, weil die Vorinstanz die materiellrechtlichen Einwendungen der Beschwerdeführerin gegen den Umfang der Restforderung zu Recht nicht geprüft habe, dass die Beschwerde nach Art. 72 ff. BGG nebst einem Antrag eine Begründung zu enthalten hat, in welcher in gedrängter Form dargelegt wird, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht (Art. 95 f. BGG) verletzt (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift auf die Erwägungen des angefochtenen Entscheids einzugehen und im Einzelnen zu zeigen ist, welche Vorschriften und warum sie von der Vorinstanz verletzt worden sind (BGE 133 IV 286 E. 1.4 S. 287), dass auch Verfassungsrügen in der Beschwerdeschrift vorzubringen und zu begründen sind (Art. 106 Abs. 2 BGG), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift klar und detailliert anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch den kantonalen Entscheid verletzt sind (BGE 134 I 83 E. 3.2 S. 88 mit Hinweisen; 133 IV 286 E. 1.4 S. 287 f.), dass die Beschwerdeführerin in ihrer Eingabe an das Bundesgericht nicht in nachvollziehbarer Weise auf die entscheidenden obergerichtlichen Erwägungen eingeht, dass sie erst recht nicht nach den gesetzlichen Anforderungen anhand dieser Erwägungen aufzeigt, inwiefern der Beschluss des Obergerichts vom 31. Oktober 2012 rechts- oder verfassungswidrig sein soll, dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende - Beschwerde in Anwendung von Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG nicht einzutreten ist, dass die unterliegende Beschwerdeführerin kostenpflichtig wird (Art. 66 Abs. 1 BGG), dass in den Fällen des Art. 108 Abs. 1 BGG das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und das präsidierende Abteilungsmitglied zuständig ist, erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 300.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Betreibungsamt A._ und dem Obergericht des Kantons Zürich schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 22. November 2012 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Füllemann
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 1C_268/2018 Urteil vom 12. Juli 2019 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Chaix, Präsident, Bundesrichter Merkli, Kneubühler, Gerichtsschreiber Uebersax. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, vertreten durch PD Dr. Peter Reetz, Rechtsanwalt und MLaw Franziska Meier, Rechtsanwältin, gegen 1. B._, vertreten durch Rechtsanwalt Thomas Frey, 2. C._, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Martin E. Looser, Beschwerdegegner, Gesundheitsdepartement des Kantons St. Gallen, Oberer Graben 32, 9001 St. Gallen. Gegenstand Entbindung vom Amtsgeheimnis für Presseauskünfte (Bestätigungserklärung), Beschwerde gegen das Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons St. Gallen, Abteilung II, vom 18. April 2018 (B 2016/173). Sachverhalt: A. A.a. Am 19. September 1991 erteilte der Gesundheitsrat des Kantons St. Gallen A._ zunächst eine örtlich und zeitlich befristete sowie am 19. September 1996 eine für den ganzen Kanton gültige, unbefristete Ausnahmebewilligung zur selbstständigen Berufsausübung als Zahnarzt. Am 31. Januar 2012 eröffnete das Gesundheitsdepartement des Kantons St. Gallen ein Disziplinarverfahren gegen A._. In der Folge wurde ihm prozessual die Berufsausübungsbewilligung entzogen. Nach einem für ihn günstigen Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons St. Gallen vom 24. August 2017 erteilte das Gesundheitsdepartement A._ am 6. November 2017 wieder die Berufsausübungsbewilligung. Während der Hängigkeit des Disziplinarverfahrens erteilten der damalige Generalsekretär des Gesundheitsdepartements des Kantons St. Gallen, B._, und der damalige Leiter des Rechtsdienstes des Gesundheitsdepartements, C._, im Juni/Juli sowie im November 2012 dem Medienunternehmen Obersee Nachrichten AG Auskünfte über A._. B._ und C._ traten in der Folge altersbedingt in den Ruhestand. Am 1. Dezember 2015 erhob A._ bei der Anklagekammer des Kantons St. Gallen Strafanzeige gegen die beiden früheren Kantonsangestellten wegen mutmasslicher Verletzung des Amtsgeheimnisses. Am 30. März 2016 erteilte die Anklagekammer des Kantons St. Gallen die Ermächtigung zur Eröffnung von Strafverfahren gegen B._ und C._. A.b. In der Folge ersuchten B._ und C._ die Vorsteherin des Gesundheitsdepartements des Kantons St. Gallen um schriftliche Bestätigung, dass sie ihnen im Jahre 2012 mündlich gestattet habe, der Obersee Nachrichten AG über den Fall von A._ Auskunft zu erteilen. Am 1. Juli 2016 verfasste die Departementschefin die gewünschte schriftliche Bestätigung der mündlichen Ermächtigung vom Juni 2012. B. Dagegen erhob A._ am 25. Juli 2016 Beschwerde beim Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen mit den Antrag, es sei festzustellen, dass die Verfügung über die schriftliche Bestätigung nichtig sei; eventuell sei diese aufzuheben. Mit Entscheid vom 18. April 2018 trat das Verwaltungsgericht auf die Beschwerde nicht ein. Zur Begründung führte es im Wesentlichen aus, es handle sich bei der Bestätigung nicht um eine anfechtbare Verfügung, womit es an einer Prozessvoraussetzung mangle. Überdies sei A._ davon mangels Rechtswirkungen nicht beschwert, weshalb er nicht zur Beschwerdeerhebung berechtigt sei. C. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten an das Bundesgericht vom 24. Mai 2018 beantragt A._, den Entscheid des Verwaltungsgerichts aufzuheben und die Sache zur Neubeurteilung an dieses zurückzuweisen; eventuell sei die Nichtigkeit der fraglichen schriftlichen Bestätigung festzustellen. Zur Begründung beruft er sich im Wesentlichen darauf, das Verwaltungsgericht habe den Sachverhalt offensichtlich unrichtig festgestellt und dessen Entscheid sei willkürlich und verletze seinen Anspruch auf rechtliches Gehör. C._ und B._ schliessen auf Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten sei. Das Gesundheitsdepartement ersucht darum, den Entscheid des Verwaltungsgerichts zu schützen und damit sinngemäss um Abweisung der Beschwerde. Das Verwaltungsgericht beantragt unter Verweis auf seinen Entscheid ausdrücklich die Abweisung der Beschwerde. Im zweiten Schriftenwechsel halten A._, C._ und B._ an ihren Standpunkten fest. A._ äusserte sich am 27. Juni 2019 nochmals zur Sache. Erwägungen: 1. 1.1. Angefochten ist ein kantonal letztinstanzlicher Endentscheid im Zusammenhang mit der Erfüllung öffentlicher Aufgaben durch zwei Staatsangestellte. Dabei handelt es sich um eine öffentlich-rechtliche Materie. Grundsätzlich steht daher die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten an das Bundesgericht offen (vgl. Art. 83 ff. BGG). 1.2. Streitgegenstand vor Bundesgericht kann nur sein, worüber die Vorinstanz kantonal letztinstanzlich entschieden hat (vgl. Art. 86 Abs. 1 lit. d BGG). Hier bildet der Nichteintretensentscheid des Verwaltungsgerichts im Zusammenhang mit einer Beschwerde gegen die schriftliche Bestätigung der Vorsteherin des Gesundheitsdepartements über eine früher erteilte Ermächtigung den Streitgegenstand. 1.3. Der Beschwerdeführer war am vorinstanzlichen Verfahren beteiligt und ist als Beschwerdeführer vor dem Verwaltungsgericht sowie als direkter Adressat des angefochtenen Entscheids zur Beschwerde ans Bundesgericht legitimiert (vgl. Art. 89 Abs. 1 BGG). 1.4. Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann insbesondere, von hier nicht interessierenden weiteren Möglichkeiten abgesehen, die Verletzung von Bundesrecht unter Einschluss des Bundesverfassungsrechts gerügt werden (Art. 95 lit. a BGG). Soweit die Vorinstanz kantonales Recht anzuwenden hatte, kann im Wesentlichen geltend gemacht werden, der angefochtene Entscheid verstosse gegen Bundesrecht bzw. gegen die verfassungsmässigen Rechte und Grundsätze. Das Bundesgericht prüft kantonales Recht somit nur auf Bundesrechtsverletzung, namentlich Willkür, hin (BGE 138 I 143 E. 2 S. 149 f.). 1.5. Zu prüfen ist hier nur, ob die Vorinstanz gemessen an den vom Beschwerdeführer erhobenen Rügen (vgl. Art. 42 Abs. 2 BGG) zu Recht auf die bei ihr erhobene Beschwerde nicht eingetreten ist. Ein Entscheid in der Sache ist nicht zu fällen; wäre die Beschwerde gutzuheissen, wäre die Streitsache an das Verwaltungsgericht zur weiteren Behandlung zurückzuweisen. Eine Ausnahme könnte einzig gelten, falls die Nichtigkeit der Bestätigungserklärung festzustellen wäre, wie das der Beschwerdeführer ebenfalls geltend macht. 1.6. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalt zugrunde (Art. 105 Abs. 1 BGG), es sei denn, dieser sei offensichtlich unrichtig oder beruhe auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG (vgl. Art. 97 Abs. 1 und Art. 105 Abs. 2 BGG). 2. 2.1. Der Beschwerdeführer rügt die offensichtlich unrichtige Feststellung des Sachverhalts in Verbindung mit einer willkürlichen Beweiswürdigung durch das Verwaltungsgericht. Er erachtet es als nicht erstellt, dass die Vorsteherin des Gesundheitsdepartements des Kantons St. Gallen ihre beiden Mitarbeiter im Juni 2012 ermächtigt habe, gegenüber der Presse Auskünfte über seinen Fall zu erteilen. 2.2. Offensichtlich unrichtig ist die Sachverhaltsfeststellung, wenn sie willkürlich im Sinne von Art. 9 BV ist (BGE 143 IV 241 E. 2.3.1; 143 I 310 E. 2.2; je mit Hinweis). Willkür liegt nach ständiger Rechtsprechung nur vor, wenn die vorinstanzliche Beweiswürdigung schlechterdings unhaltbar ist, d.h. wenn die Behörde in ihrem Entscheid von Tatsachen ausgeht, die mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch stehen, aktenwidrig sind oder auf einem offenkundigen Fehler beruhen. Dass eine andere Lösung ebenfalls möglich erscheint, genügt nicht (BGE 143 IV 241 E. 2.3.1; 137 I 58 E. 4.1.2 S. 62; je mit Hinweisen). 2.3. Das Verwaltungsgericht ging davon aus, die Vorsteherin des Gesundheitsdepartements habe den damaligen Generalsekretär sowie den damaligen Leiter des departementalen Rechtsdienstes im Juni 2012 mündlich ermächtigt, einem bestimmten Presseorgan Auskunft über den Fall des Beschwerdeführers zu erteilen. Es konnte sich dafür auf die Aussagen der zwei beteiligten Mitarbeiter sowie auf den Inhalt der hier angefochtenen schriftlichen Bestätigung der Departementschefin stützen. Die Darstellungen der Beteiligten, wie die Ermächtigung genau erteilt wurde, sind zwar im Detail nicht genau deckungsgleich. Das ist aber durch den Zeitablauf durchaus nachvollziehbar erklärbar. Auch wurde die Ermächtigung offenbar nicht protokolliert oder anderweitig schriftlich festgehalten. Der Beschwerdeführer vermag jedoch nicht darzutun, weshalb das zwingend erforderlich gewesen sein sollte. Insgesamt beruht die Einschätzung der Vorinstanz nicht auf einem klaren Widerspruch oder einem offenkundigen Fehler und ist auch nicht aktenwidrig. Im Übrigen stellte der Beschwerdeführer die Berechtigung der zwei fraglichen Mitarbeiter, sich gegenüber der Presse in seiner Sache zu äussern, im Jahre 2012 offenbar auch gar nicht in Frage. Erst mehr als drei Jahre später, als er gegen die beiden Betroffenen Strafanzeige wegen Verletzung des Amtsgeheimnisses einreichte, bezweifelte er, dass sie überhaupt zur Auskunftserteilung ermächtigt worden seien. Warum er so lange zugewartet hat, obwohl er nun behauptet, im Jahre 2012 sei keine Ermächtigung ausgesprochen worden, bleibt unerklärt. Im Ergebnis sind im vorliegenden verwaltungsrechtlichen Verfahren die tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz für das Bundesgericht mit Blick auf dessen beschränkte Kognition für Tatfragen nicht zu beanstanden. 2.4. Über die strafrechtliche Beweiswürdigung des Ausmasses sowie die entsprechende Tragweite der erteilten mündlichen Ermächtigung, insbesondere welche Handlungen damit mit welchen strafrechtlichen Folgen genau abgedeckt waren, hat sich das Bundesgericht hier nicht zu äussern. 3. 3.1. In der Sache macht der Beschwerdeführer geltend, der angefochtene Entscheid sei willkürlich im Sinne von Art. 9 BV. Gemäss der ständigen Praxis des Bundesgerichts ist ein Entscheid willkürlich, wenn er offensichtlich unhaltbar ist, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft. Das Bundesgericht hebt einen Entscheid jedoch nur auf, wenn nicht bloss die Begründung, sondern auch das Ergebnis unhaltbar ist; dass eine andere Lösung ebenfalls als vertretbar oder gar zutreffender erscheint, genügt nicht (BGE 144 I 170 E. 7.3 S. 174 f. mit Hinweisen; 140 III 16 E. 2.1 S. 18 f.; 167 E. 2.1 S. 168; 137 I 1 E. 2.4 S. 5; 134 II 124 E. 4.1 S. 133; je mit Hinweisen). Da der angefochtene Entscheid nur aufzuheben ist, wenn er im Ergebnis und nicht bloss in der Begründung gegen die Verfassung verstösst, hat das Bundesgericht die Möglichkeit, die Motive des umstrittenen Entscheids zu ersetzen. Davon ist nur Gebrauch zu machen, wenn der massgebliche Sachverhalt aus den Akten hinreichend ersichtlich ist und die rechtliche Situation als klar erscheint und wenn die letzte kantonale Instanz die substituierte Begründung nicht ausdrücklich abgelehnt hat (vgl. BGE 130 I 241 E. 4.4 S. 248; Urteil des Bundesgerichts 1P.188/2005 vom 14. Juli 2005 E. 5.2; je mit Hinweisen). 3.2. Das Verwaltungsgericht trat aus zwei Gründen auf die bei ihm erhobene Beschwerde nicht ein: Erstens ging es davon aus, es liege kein anfechtbarer Entscheid vor, weil die strittige schriftliche Erklärung vom 1. Juli 2016 der Departementsvorsteherin nur die frühere mündliche Ermächtigung bestätigt und damit keine Rechte und Pflichten begründet habe; zweitens sprach es dem Beschwerdeführer aus dem gleichen Grund mangels Beschwer die Legitimation zur Beschwerdeerhebung ab. Hält nur einer der beiden Entscheidgründe vor dem Willkürverbot stand, ist der angefochtene Entscheid nicht zu beanstanden. 3.3. Nach Art. 59bis Abs. 1 des Gesetzes über die Verwaltungsrechtspflege des Kantons St. Gallen vom 16. Mai 1965 (VRP; sGS 951.1) in der hier unbestrittenermassen anwendbaren Fassung vom 25. Januar 2011 beurteilt das Verwaltungsgericht, abgesehen von hier nicht interessierenden anderen Anfechtungsobjekten und Ausnahmen, Beschwerden gegen Verfügungen und Entscheide der Departemente. Gemäss Art. 64 in Verbindung mit Art. 45 Abs. 1 VRP ist zur Erhebung einer Beschwerde an das Verwaltungsgericht berechtigt, wer an der Änderung oder Aufhebung des angefochtenen Entscheids ein eigenes schutzwürdiges Interesse dartut. 3.4. Die strittige Ermächtigungserklärung erging vor dem Hintergrund des gegen die beiden Staatsangestellten laufenden Strafverfahrens wegen Verletzung des Amtsgeheimnisses. Nachdem die Anklagekammer am 30. März 2016 in Anwendung von Art. 7 Abs. 2 lit. b StPO in Verbindung mit Art. 17 Abs. 2 lit. b des Einführungsgesetzes zur Schweizerischen Straf- und Jugendstrafprozessordnung vom 3. August 2010 des Kantons St. Gallen (EG-StPO; sGS 962.1) die Ermächtigung zur Strafverfolgung erteilt hatte, ersuchten die beiden Beschuldigten die Departementschefin um schriftliche Bestätigung der im Sommer 2012 mündlich erteilten Ermächtigung zur Auskunftserteilung. Der Amtsgeheimnisverletzung nach Art. 320 StGB macht sich strafbar, wer ein Geheimnis offenbart, das ihm in seiner Eigenschaft als Mitglied einer Behörde oder als Beamter anvertraut worden ist oder das er in seiner amtlichen oder dienstlichen Stellung wahrgenommen hat (Art. 320 Ziff. 1 Abs. 1 StGB); nicht strafbar macht sich, wer das Geheimnis mit schriftlicher Einwilligung seiner vorgesetzten Behörde offenbart (Art. 320 Ziff. 2 StGB; vgl. auch zum gegengleichen Zeugnisverweigerungsrecht Art. 170 StPO). Das Formerfordernis der Schriftlichkeit kann auch nachträglich erfüllt werden (DONATSCH, in: Donatsch et al. [Hrsg.], Kommentar zur Schweizerischen Strafprozessordnung, 2. Aufl., 2014, N. 13 zu Art. 170 StPO; TRECHSEL/VEST, in: Trechsel/ Pieth [Hrsg.], Schweizerisches Strafgesetzbuch, Praxiskommentar, 3. Aufl., 2018, N. 11 zu Art. 320 StGB). Davon zu unterscheiden ist die hier nicht massgebliche Frage, ob es auch zulässig ist, die Ermächtigung als solche erst nachträglich zu erteilen. Die Zuständigkeit zur Ermächtigung richtet sich nach dem Recht des betroffenen Gemeinwesens (vgl. das Urteil des Bundesgerichts 6P.22/2007 vom 21. August 2007 E. 5.10.2.3.1). Im vorliegenden Fall ist dies gestützt auf Art. 24 Abs. 1 des Staatsverwaltungsgesetzes des Kantons St. Gallen vom 16. Juni 1994 (StVG; sGS 140.1) die Departementsvorsteherin. 3.5. Das Verwaltungsgericht steht auf dem Standpunkt, die angefochtene Bestätigungserklärung habe keine Rechte und Pflichten begründet oder festgestellt und stelle daher keine anfechtbare Verfügung gemäss Art. 59bis Abs. 1 VRP dar. Nach der auf die bundesrechtliche Definition in Art. 5 Abs. 1 VwVG zurückgehenden, verbreiteten Definition einer Verfügung stellt diese einen individuellen, an den Einzelnen gerichteten Hoheitsakt dar, durch den eine konkrete verwaltungsrechtliche Rechtsbeziehung rechtsgestaltend oder feststellend in verbindlicher und erzwingbarer Weise geregelt wird (vgl. statt vieler HÄFELIN/ MÜLLER/UHLMANN, Allgemeines Verwaltungsrecht, 7. Aufl., 2016, Rz. 849 ff.). Dass das Verwaltungsgericht mit seiner Auslegung von Art. 59bis Abs. 1 VRP Rechtswirkungen einer Amtshandlung verlangt, damit diese als anfechtbare Verfügung gelten kann, ist demnach nicht unhaltbar. Allerdings kann das Formerfordernis der Schriftlichkeit einer Einwilligung zwar nachträglich erfüllt werden; dieser Vorgang ist aber wenigstens insofern mit einer gewissen Rechtswirkung versehen, als die Schriftform erst die Gültigkeit der Einwilligung bewirkt. Kommt es nicht dazu, fehlt es an einer die Amtsgeheimnisverletzung ausschliessenden Einwilligung. 3.6. Die Departementsvorsteherin führt in ihrer schriftlichen Bestätigung vom 1. Juli 2016 aus, nach Art. 23 lit. c StVG vertrete das zuständige Departement die Regierung im Verwaltungsverfahren, wobei für das Departement mangels anderer gesetzlicher Anordnung gemäss Art. 24 Abs. 1 StVG dessen Vorsteher bzw. Vorsteherin handle. Nach Art. 28 Abs. 1 lit. f und Abs. 2 StVG vertrete der Generalsekretär die Departementsvorsteherin und sorge für die Öffentlichkeitsarbeit. Der Leiter des departementalen Rechtsdienstes handle ebenfalls für das Departement, wenn dieses die Regierung in Verwaltungsverfahren vertrete (Art. 27 StVG i.V.m. Art. 2 lit. a Ziff. 1 der Ermächtigungsverordnung vom 4. Januar 2011 des Kantons St. Gallen [sGS 141.41]). Die Beschwerdegegner leiten daraus zusammen mit der Departementsvorsteherin ab, sie hätten gestützt auf diese Rechtslage auch ohne Ermächtigung die fraglichen Auskünfte erteilen dürfen, weshalb sie gestützt auf Art. 14 StGB über den Rechtfertigungsgrund der gesetzlich erlaubten Handlung verfügt hätten und der Straftatbestand der Amtsgeheimnisverletzung ausgeschlossen sei. Die Erteilung einer Ermächtigung zur Auskunftserteilung sei daher gar nicht nötig gewesen, womit auch die Notwendigkeit einer nachträglichen schriftlichen Bestätigung entfallen sei. Das Verwaltungsgericht geht wiederum davon aus, das Gesundheitsdepartement habe im Rahmen seiner Verpflichtung zur Beaufsichtigung von Medizinalpersonen und zum Schutz der Patienten die Öffentlichkeit angemessen zu informieren. Soweit sich die Vorinstanz dazu auf Art. 51 ff. des Bundesgesetzes vom 23. Juni 2006 über die universitären Medizinalberufe (MedBG; SR 811.11) beruft, überzeugt das allerdings nicht. Diese Bestimmungen sehen die Führung von Registern und die Pflicht zur Meldung bzw. Datenbekanntgabe an den Bund bzw. bestimmte Behörden vor. Wieweit damit ein Auftrag zur Information der Öffentlichkeit verbunden ist, erscheint zweifelhaft. Zutreffender erweist sich der Hinweis auf Art. 4 des Gesetzes des Kantons St. Gallen vom 18. November 2014 über das Öffentlichkeitsprinzip der Verwaltung (Öffentlichkeitsgesetz; sGS 140.2), wonach das öffentliche Organ von sich aus über seine Tätigkeit informiert, soweit dies von allgemeinem Interesse ist, wobei auch hier Zielkonflikte mit Datenschutzinteressen möglich sind, die das Transparenzgebot wieder zu beschränken vermögen. Immerhin behält auch Art. 67 Abs. 1 des Personalgesetzes des Kantons St. Gallen vom 25. Januar 2011 (sGS 143.1), worin die Geheimhaltungspflicht des kantonalen Staatspersonals vorgeschrieben ist, die Bestimmungen des Öffentlichkeitsgesetzes vor. 3.7. Ob die Beschwerdegegner bereits gesetzlich zur Auskunftserteilung befugt gewesen wären, ist allenfalls im Strafverfahren zu entscheiden, kann im vorliegenden verwaltungsrechtlichen Verfahren aber offenbleiben. Entscheidend ist die Rechtsnatur der hier einzig strittigen Ermächtigungserklärung. Ausgangspunkt dafür ist, dass die Ermächtigung zur Auskunftserteilung grundsätzlich einen verwaltungsinternen Akt darstellt. Sie regelt das Verhältnis der hierarchisch übergeordneten zur hierarchisch untergeordneten Verwaltungsstelle. Abgesehen von ihrer verwaltungsrechtlichen Tragweite hat sie Auswirkung auf ein allfälliges Strafverfahren gegenüber dem ermächtigten Staatsangestellten. Bei der Ermächtigung, die Öffentlichkeit über bestimmte Vorgänge aus der Staatsverwaltung zu informieren, ist grundsätzlich auch das Datenschutzrecht zu beachten. Bereits verwaltungsintern können eventuelle Datenschutzinteressen, auch solche von privaten Dritten, mitberücksichtigt werden. Teilweise wird vertreten, allfällig vom Geheimnis mitbetroffene Drittpersonen müssten vorher angehört werden (so TRECHSEL/VEST, a.a.O., N. 11 zu Art. 320 StGB). Gegebenenfalls sind die Datenschutzinteressen bei der Auskunftserteilung als Realakt zu beachten. Bei Bedarf muss die Öffentlichkeit aber auch zeitgerecht informiert werden können. Überdies darf in Rechnung gestellt werden, was bereits allgemein bekannt ist. Das ist im vorliegenden Fall, der offenbar schon einige Zeit vorher medienwirksam war, nicht ganz unbedeutend. Diese Zusammenhänge brauchen aber nicht vertieft zu werden. Denn es müssen hier zwei Vorgänge unterschieden werden: die mündliche Ermächtigung von 2012 und deren schriftliche Bestätigung von 2016. 3.8. Die Departementschefin ermächtigte die Beschwerdegegner im Juni 2012 mündlich zur Auskunftserteilung. Am 1. Juli 2016 bestätigte sie dies vor dem Hintergrund des gegen die Beschwerdegegner angehobenen Strafverfahrens schriftlich. Von ihrem Wortlaut und ihrer Zwecksetzung her verfolgt die strittige Bestätigungserklärung drei Ziele: Erstens soll damit das nach Art. 320 Ziff. 2 StGB geltende Erfordernis der Schriftform nachträglich erfüllt werden, sofern dies als notwendig erachtet wird, falls das Vorliegen einer gesetzlichen Ermächtigung verneint werden sollte; zweitens soll die Erklärung zumindest als Beweismittel im Strafverfahren dafür dienen, dass die Departementsvorsteherin im Sommer 2012 die Beschwerdegegnerin mündlich zur Auskunftserteilung ermächtigt hatte; drittens wird bereits in dem Sinne aus Sicht der Departementsvorsteherin zuhanden der Strafverfolgungsbehörden Stellung genommen, dass der Straftatbestand der Amtsgeheimnisverletzung bei den Beschwerdegegnern nicht erfüllt sei. Bei der genannten zweiten Funktion als Beweismittel und der dritten als Vernehmlassung schafft die Bestätigungserklärung offensichtlich keine Rechte und Pflichten und stellt auch keine solchen fest. Bei der ersten Funktion ist das hingegen weniger klar, wenn wie hier davon ausgegangen wird, dass dem Formerfordernis der Schriftlichkeit eine gewisse Rechtswirkung zukommt (vgl. vorne E. 3.5). Der Beschwerdeführer ist von diesem Gesichtspunkt freilich nicht berührt. Es geht dabei einzig um die Frage, ob die mündliche Ermächtigung zur Auskunftserteilung im Juni 2012 gültig zustande gekommen bzw. nachträglich validiert worden ist. Diese Frage ist wichtig für das Strafverfahren, doch hat sie keine Auswirkung auf die verwaltungs- sowie strafrechtliche Stellung des Beschwerdeführers, ist dieser doch weder am Ermächtigungsvorgang beteiligt noch beschlägt die Frage der Schriftform die inhaltliche Ausgestaltung des fraglichen Auskunftsrechts. Die den Beschwerdeführer störenden Auskünfte wurden zudem längst erteilt. Die Beschwerdegegner werden nicht berechtigt, neue Informationen weiterzugeben, was aus den Erläuterungen der Erklärung deutlich hervorgeht. Der Beschwerdeführer ist mithin durch die hier strittige Bestätigungserklärung der Departementsvorsteherin vom 1. Juli 2016 nicht beschwert und hat kein aktuelles und damit schutzwürdiges Interesse an der Anfechtung dieses Schreibens. Ob er allenfalls im Jahr 2012 hätte angehört werden müssen, bevor die Departementschefin die Beschwerdegegner mündlich zur Auskunftserteilung ermächtigte, ist hier nicht zu entscheiden. Es ist daher nicht unhaltbar, wenn das Verwaltungsgericht entschied, der Beschwerdeführer sei zur Beschwerde nicht legitimiert gewesen. 3.9. Der angefochtene Entscheid hält demnach im Ergebnis vor dem Willkürverbot stand, auch wenn die Begründung modifiziert werden muss. Da der insoweit massgebliche Sachverhalt aus den Akten hinreichend ersichtlich ist, die rechtliche Situation klar erscheint und das Verwaltungsgericht die entsprechend substituierte Begründung nicht ausdrücklich abgelehnt hat, steht einer Anpassung der Entscheidbegründung in diesem Sinne nichts im Weg. 4. 4.1. Der Beschwerdeführer sieht ferner darin einen Verstoss gegen den Anspruch auf rechtliches Gehör nach Art. 29 Abs. 2 BV, dass er nicht angehört worden ist, bevor die Departementsvorsteherin am 1. Juli 2016 die schriftliche Bestätigungserklärung verfasst hat. Der Beschwerdeführer vertritt dazu sogar die Auffassung, die Erklärung leide deswegen an einem derart schweren Mangel, dass sie nichtig sei. 4.2. Das rechtliche Gehör dient der Sachaufklärung und stellt ein persönlichkeitsbezogenes Mitwirkungsrecht beim Erlass eines Entscheides dar, welcher in die Rechtsstellung des Einzelnen eingreift. Dazu gehört insbesondere das Recht des Betroffenen, sich vor Fällung eines solchen Entscheids zur Sache zu äussern. Wie weit dieses Recht geht, lässt sich nicht generell, sondern nur unter Würdigung der konkreten Umstände beurteilen. Massgebend ist, ob es dem Betroffenen ermöglicht worden ist, seinen Standpunkt wirksam zur Geltung zu bringen (vgl. BGE 144 I 11 E. 5.3 S. 17 f.; 136 I 265 E. 3.2 S. 272; 135 II 286 E. 5.1 S. 293). Nach der Rechtsprechung können sodann besonders schwere und offensichtliche Verfahrensmängel sogar die Nichtigkeit eines Entscheides begründen. Das gilt insbesondere bei funktioneller oder sachlicher Unzuständigkeit einer Behörde (vgl. BGE 136 II 489 E. 3.3 S. 495 mit Hinweisen). Eine Gehörsverweigerung führt in aller Regel aber lediglich zur Anfechtbarkeit und nicht zur Nichtigkeit eines Entscheides, was insbesondere gilt, wenn die betroffene Person ihre Parteirechte anderweitig geltend machen kann (vgl. das Urteil des Bundesgerichts 1C_402/2016 vom 31. Januar 2018 E. 9.3). 4.3. Da die Bestätigungserklärung der Departementsvorsteherin nicht in Rechtspositionen des Beschwerdeführers eingriff, verstösst es nicht gegen Art. 29 Abs. 2 BV, dass er vor dem Verfassen der Erklärung dazu nicht angehört wurde. Die mündliche Ermächtigung von 2012 bildet nicht Streitgegenstand, weshalb nicht zu prüfen ist, ob damals eine Anhörung hätte stattfinden müssen, zumal es insoweit ebenfalls an einem aktuellen Rechtsschutzinteresse fehlen dürfte. Damit geht auch der Vorwurf des Beschwerdeführers ins Leere, die Erklärung sei nichtig, weil die Gehörsverweigerung einen schweren formellen Mangel darstelle. 5. Die Beschwerde erweist sich als unbegründet und ist abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Bei diesem Verfahrensausgang wird der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig (Art. 66 Abs. 1, Art. 65 BGG). Überdies hat er die anwaltlich vertretenen Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren je angemessen zu entschädigen (vgl. Art. 68 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Der Beschwerdeführer hat die Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren mit je Fr. 3'000.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Gesundheitsdepartement des Kantons St. Gallen und dem Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen, Abteilung II, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 12. Juli 2019 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Chaix Der Gerichtsschreiber: Uebersax
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5A_434/2007/frs Arrêt du 20 mai 2008 IIe Cour de droit civil Composition MM. et Mmes les Juges Raselli, Président, Escher, Hohl, Marazzi et Jacquemoud-Rossari. Greffière: Mme Jordan. Parties X._, recourant, représenté par Me Pierre-Bernard Petitat, avocat, contre dame X._, intimée, représentée par Me Christian Buonomo, avocat, Objet modification d'un jugement de divorce, recours contre l'arrêt de la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève du 8 juin 2007. Faits: A. X._, né en 1959, et dame X._, née en 1961, se sont mariés le 29 juin 1990. Deux enfants sont issus de cette union: A._, né le 27 octobre 1990, et B._, né le 27 mai 1993. B. Par jugement du 5 mars 2001, le Tribunal de première instance du canton de Genève a prononcé le divorce des époux. Ratifiant les conclusions concordantes des parties sur les effets accessoires, il a notamment attribué aux parents l'autorité parentale conjointe et accordé la garde des enfants à la mère, sous réserve d'un large droit de visite en faveur du père. Il a par ailleurs donné acte à X._ de son engagement de contribuer à l'entretien de son ex-femme par le versement de 500 fr. jusqu'à la date à laquelle il prendra sa retraite et à celui de ses fils par le versement de 500 fr. jusqu'à l'âge de 10 ans et de 1'000 fr. jusqu'à l'âge de 18 ans, voire au-delà en cas d'études sérieuses et régulières. C. Statuant le 19 octobre 2006 sur l'action en modification du jugement de divorce introduite par X._, le Tribunal de première instance du canton de Genève a supprimé, avec effet au 1er janvier 2006, la contribution de 500 fr. en faveur de l'ex-épouse et réduit, avec effet à la même date, à 500 fr. les aliments dus à chaque enfant jusqu'à l'âge de 18 ans, refusant pour le surplus qu'il soit sursis à leur paiement jusqu'à la levée de saisie opérée sur le salaire du débirentier. Sur appel du demandeur, la Chambre civile de la Cour de justice a, le 8 juin 2007, confirmé ce jugement et compensé les dépens d'appel. D. X._ exerce un recours en matière civile au Tribunal fédéral. Il conclut, principalement, à sa condamnation à payer à chacun de ses enfants 200 fr., allocations familiales et « d'études » non comprises, dès le 1er janvier 2006 jusqu'à l'âge de 18 ans, voire 25 ans en cas d'études sérieuses et régulières et, subsidiairement, au renvoi de la cause pour nouvelle décision dans le sens des considérants. Il sollicite en outre le bénéfice de l'assistance judiciaire. Invitée à répondre, l'intimée propose, sous suite de dépens, principalement, l'irrecevabilité du recours pour défaut de motivation et, subsidiairement, son rejet. L'autorité cantonale déclare persister dans les termes et le dispositif de son arrêt. Considérant en droit: 1. Le Tribunal fédéral examine d'office et librement la recevabilité des recours qui lui sont soumis (ATF 133 I 206 consid. 2 p. 210; 133 II 249 consid. 1.1 p. 251). 1.1 En l'espèce, seule la contribution d'entretien en faveur des enfants est litigieuse. Il s'agit d'une contestation civile de nature pécuniaire (cf. ATF 116 II 493 consid. 2; également: ATF 133 III 393 consid. 2 p. 395) dont la valeur litigieuse atteint 30'000 fr. Le recours satisfait donc aux exigences des art. 72 al. 1 ainsi que 74 al. 1 let. b et 51 al. 4 LTF. Interjeté contre une décision finale prise sur recours et par une autorité cantonale de dernière instance, le recours est également recevable au regard des art. 75 al. 1 et 90 LTF. L'arrêt attaqué ayant été notifié au recourant le jeudi 14 juin 2007, le délai de recours de 30 jours (art. 100 al. 1 LTF) a couru jusqu'au samedi 14 juillet 2007. Les féries d'été ayant commencé le 15 juillet 2007 pour se terminer le 15 août suivant, le délai de recours a été prorogé, par application cumulative des art. 45 al. 1 et 46 al. 1 let. a LTF jusqu'au jeudi 16 août 2007 (cf. arrêt du Tribunal fédéral 5A_144/2007 du 18 octobre 2007, consid. 1). Interjeté le 9 août 2007, le recours a donc été déposé en temps utile. 1.2 Saisi d'un recours en matière civile, le Tribunal fédéral fonde son arrêt sur les faits tels qu'ils ont été constatés par l'autorité cantonale (art. 105 al. 1 LTF), à moins que des faits pertinents pour l'issue du litige n'aient été établis de façon manifestement inexacte, à savoir arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. (ATF 133 III 393 consid. 7.1 p. 398), ou en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF (art. 97 al. 1 LTF) et pour autant que la correction du vice soit susceptible d'influer sur le sort de la cause (art. 97 al. 1 in fine LTF). De même, le Tribunal fédéral ne sanctionne la violation de droits fondamentaux telle que la protection contre l'arbitraire que si ce moyen est invoqué et motivé par le recourant (art. 106 al. 2 LTF). Les exigences de motivation de l'acte de recours correspondent à celles de l'art. 90 al. 1 let. b OJ (ATF 133 III 393 consid. 6 p. 397). Le recourant doit ainsi démontrer par une argumentation précise que la décision attaquée est manifestement insoutenable. Le Tribunal fédéral n'entre pas en matière sur les critiques de nature appellatoire (ATF 133 III 585 consid. 4.1 p. 588; cf. pour l'art. 90 al. 1 let. b OJ: ATF 130 I 258 consid. 1.3 p. 261/262 et les arrêts cités). Par ailleurs, aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté, à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (art. 99 al. 1 LTF). Le Tribunal fédéral applique d'office le droit (art. 106 al. 1 LTF) à l'état de fait constaté dans l'arrêt cantonal, éventuellement rectifié et complété conformément aux principes sus-exposés. Il n'est lié ni par les motifs invoqués par les parties ni par l'argumentation juridique retenue par l'autorité cantonale (cf. ATF 130 III 297 consid. 3.1 p. 298/299). Toutefois, compte tenu de l'obligation de motiver incombant au recourant en vertu de l'art. 42 al. 2 LTF, qui correspond à celle de l'art. 55 al. 1 let. c OJ (Message, p. 4093), il n'examine pas toutes les questions juridiques qui peuvent se poser, mais seulement celles qui sont soulevées devant lui (cf. ATF 131 III 26 consid. 12.3 p. 32 et les arrêts cités). 2. Autant qu'on puisse le comprendre à la lecture des conclusions et du contenu du recours, le recourant conteste la quotité des aliments fixés en faveur de ses enfants. Il soutient que ceux-là doivent être arrêtés à 200 fr., au lieu de 500 fr., par mois pour chacun de ses fils. 2.1 A cet effet, il remet d'abord en cause divers postes de son minimum vital, notamment les montants retenus à titre d'entretien de base, de loyer et de frais de transport. 2.1.1 Soutenant qu'il ne vit pas chez sa compagne, il critique d'abord la réduction par moitié du montant de base pour l'entretien courant d'une personne vivant seule. Certes, la Cour de justice a relevé que le recourant vit la plupart du temps chez son amie, ce qui lui permettait de réduire certaines dépenses incluses dans le montant de base. Quand bien même devrait-on admettre que la constatation incriminée est erronée, cela ne porterait pas à conséquence. Cette circonstance a été invoquée par surabondance. Les motifs de la décision reposent sur l'appréciation - qui ne fait l'objet d'aucune critique (cf. ATF 133 IV 119 consid. 6.3 p. 120/121 sur les exigences de motivation en cas de motivations multiples) - selon laquelle le recourant n'encourt en réalité aucun, voire très peu de frais pour son entretien, dans la mesure où la quasi-totalité de ses dépenses privées (téléphone, chauffage, électricité, repas et déplacements), généralement comprises dans le montant de base du droit des poursuites, sont supportées par l'entreprise et où il dispose de liquidités provenant de retraits en espèces qu'il effectue - outre son salaire - sur le compte de sa société. 2.1.2 Lorsque le recourant reproche à la Chambre civile d'avoir arrêté son loyer à 419 fr. au lieu de 500 fr., son argumentation est appellatoire. Pour démontrer l'arbitraire d'une constatation, il ne suffit pas d'affirmer péremptoirement que l'autorité cantonale a faussement considéré qu'un montant mensuel de 81 fr. était payé par l'entreprise, qu'elle n'a pas saisi qu'il y avait en réalité deux locaux distincts, sis à la même adresse, soit un logement et un atelier-bureau utilisé par la société, et de requérir à cet égard une inspection des lieux. Il appartenait au recourant de démontrer précisément, pour chaque constatation de fait incriminée, comment les preuves administrées auraient dû, selon lui, être correctement appréciées et en quoi leur appréciation par la Cour de justice était insoutenable (ATF 129 I 113 consid. 2.1 p. 120; 128 I 295 consid. 7a p. 312; 125 I 492 consid. 1b p. 495 et les arrêts cités). 2.1.3 Le recours n'est pas plus recevable dans la mesure où il porte sur les frais de transport privé (70 fr.) écartés par la Chambre civile. Le recourant se borne à prétendre que cette somme n'est pas excessive pour couvrir ses déplacements en soirée et le week-end et est justifiée par son domicile à la campagne. Derechef, il omet de critiquer les considérations topiques de l'autorité cantonale sur ce point, selon lesquelles il n'encourt, d'une part, aucune dépense pour se rendre sur le lieu de son travail, le siège de son entreprise étant à son domicile privé, et voit, d'autre part, selon les comptes de pertes et profits, l'intégralité de ses frais de véhicules pris en charge par sa société. 2.2 Le recourant soutient ensuite qu'il faut tenir compte du fait que l'intimée dispose de revenus très élevés dont « tout porte à croire » qu'ils sont encore plus conséquents que ceux allégués. En effet, son ex-femme n'aurait jamais produit de certificats de salaire à l'appui de ses allégations, en violation de l'art. 280 al. 2 CC qui oblige les ex-conjoints à collaborer en vue de la fixation des contributions d'entretien. Invoquant une « appréciation » arbitraire des faits, le recourant reproche par ailleurs aux juges cantonaux de ne pas avoir exigé de l'intimée la production d'un certificat de salaire et de s'être contentés des déclarations de l'intéressée en séance de comparution personnelle. Il prétend enfin que l'autorité cantonale n'aurait pas pris en considération la différence importante qu'il existe entre les revenus des parties. 2.2.1 Il n'y a pas lieu d'examiner les critiques portant sur le montant exact des revenus de l'intimée, le recours devant être admis pour un autre motif. 2.2.2 Il n'est pas contesté que des changements notables sont intervenus dans la situation des parties, pouvant justifier une modification des aliments en faveur des enfants conformément à l'art. 286 al. 2 CC, applicable par renvoi de l'art. 134 al. 2 CC. Depuis le prononcé du divorce, le recourant a vu ses revenus diminuer de moitié environ pour des motifs indépendants de sa volonté (Breitschmid, Commentaire zurichois, n. 13 ad art. 286 CC), alors que les ressources de l'intimée ont encore augmenté. L'autorité cantonale a jugé qu'en dépit de la diminution de ses revenus, le recourant était en mesure d'assumer le paiement mensuel de 500 fr. pour chacun de ses deux enfants, dès lors qu'il disposait d'un solde de 1'094 fr. après déduction du minimum vital (1'354 fr. 50) de son revenu (2'448 fr. 90). Elle a par ailleurs considéré que l'amélioration des ressources de l'intimée devait profiter en premier aux enfants, ce qui était le cas en l'espèce. Grâce aux efforts de la mère, laquelle assumait également les frais liés au handicap de son fils cadet, les enfants pouvaient en effet fréquenter une école privée. Un tel raisonnement fait fi de considérations importantes. Certes, l'amélioration de la situation du parent crédirentier doit en principe profiter aux enfants par des conditions de vie plus favorables, notamment par l'acquisition d'une meilleure formation (ATF 108 II 83 consid. 2c; arrêt 5C. 27/2004 du 30 avril 2004, consid. 4.2 publié in FamPra.ch 2004 p. 728). Il n'en demeure pas moins que la charge d'entretien doit rester équilibrée pour chacune des personnes concernées (Breitschmidt, op. cit., n. 13 ad art. 286 CC) et, en particulier, ne pas devenir excessivement lourde pour le parent débirentier qui aurait une condition modeste (ATF 108 II 83 consid. 2c). Selon l'art. 285 al. 1 CC, la contribution d'entretien doit en effet correspondre aux besoins de l'enfant ainsi qu'à la situation et aux ressources des père et mère, compte tenu de la fortune et des revenus de l'enfant, de même que de la participation de celui des parents qui n'a pas la garde de l'enfant à la prise en charge de ce dernier. Ces différents critères doivent être pris en considération; ils exercent une influence réciproque les uns sur les autres (cf. ATF 116 II 110 consid. 3a p. 112). En l'espèce, depuis le divorce, la disproportion entre les revenus des époux s'est encore accrue en ce sens que le recourant - qui gagnait environ moitié moins (8'166 fr. brut par mois) que l'intimée - a vu ses ressources diminuer considérablement (3'000 brut par mois) alors que celles - déjà conséquentes (15'000 fr. brut par mois) - de son ex-épouse se sont encore améliorées (de 100'000 fr. au moins en 2005). Après le paiement des pensions litigieuses (1'000 fr.), le recourant dispose, compte tenu de son salaire (2'448 fr. 90) et déduction faite d'un minimum vital (1'354 fr. 50) - calculé au plus juste (minimum de base de 550 fr.; loyer de 419 fr.; 385 fr. 50 de prime d'assurance maladie) -, du montant plus que modeste de 94 fr. La charge représentée par les aliments apparaît ainsi particulièrement lourde et met le recourant dans une situation précaire, le réduisant purement et simplement au minimum vital du droit des poursuites au sens de l'art. 93 LP. Ce seuil, qui vise à protéger les intérêts de créanciers tiers, ne permet normalement pas de mener une existence convenable. On ne saurait exiger du recourant, qui sera en principe appelé à verser les aliments pendant plusieurs années, qu'il se restreigne à un tel niveau de vie, alors même que l'intimée a vu ses revenus augmenter considérablement et qu'une réduction plus ample de la contribution induit manifestement pour elle une charge supplémentaire proportionnellement moindre. A cet égard, au vu des faits constatés - critiqués en vain (supra consid. 2.1) - et conformément aux conclusions du recourant qui est assisté d'un mandataire professionnel, une contribution de 200 fr. par enfant apparaît plus équitable. Le recourant disposera en effet ainsi d'un solde résiduel décent de 694 fr. L'intimée devra supporter, quant à elle, une charge supplémentaire de 300 fr. par enfant qui n'apparaît pas disproportionnée au regard de ses revenus conséquents (au moins 230'000 fr., auxquels s'est ajouté un bonus discrétionnaire de 50'000 fr. en 2005). 3. En conclusion, le recours apparaît bien fondé dans la mesure de sa recevabilité et doit par conséquent être admis dans le sens des considérants. L'intimée, qui succombe, supportera les frais judiciaires (art. 66 al. 1 LTF) et versera des dépens au recourant (art. 68 al. 1 et 2 LTF). Dans cette mesure, la requête d'assistance judiciaire du recourant devient sans objet. Il appartiendra aux autorités cantonales de statuer à nouveau sur les frais et dépens de la procédure cantonale (art. 68 al. 5 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est admis dans la mesure de sa recevabilité et l'arrêt entrepris est réformé en ce sens que X._ est condamné à verser, dès le 1er janvier 2006, une contribution mensuelle de 200 fr., allocations familiales ou d'études non comprises, à chacun de ses enfants, jusqu'à l'âge de 18 ans, voire au-delà, mais jusqu'à 25 ans au maximum, en cas d'études sérieuses et régulières. 2. La requête d'assistance judiciaire du recourant est sans objet. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 1'500 fr., sont mis à la charge de l'intimée. 4. Une indemnité de 1'500 fr., à payer au recourant à titre de dépens, est mise à la charge de l'intimée. 5. La cause est renvoyée à l'autorité précédente pour nouvelle décision sur les frais et dépens de la procédure cantonale. 6. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève. Lausanne, le 20 mai 2008 / JOR Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Raselli Jordan
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 9C_255/2021 Urteil vom 30. Juni 2021 II. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Stadelmann, als Einzelrichter, Gerichtsschreiberin Keel Baumann. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführerin, gegen Galenos Kranken- und Unfallversicherung, Militärstrasse 36, 8021 Zürich, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Krankenversicherung, Beschwerde gegen das Urteil des Kantonsgerichts Basel-Landschaft vom 17. März 2021 (730 20 318/74). Nach Einsicht in die Beschwerde vom 30. April 2021 (Poststempel) gegen das Urteil des Kantonsgerichts Basel-Landschaft vom 17. März 2021, in die Verfügung vom 28. Mai 2021, mit welcher A._ zur Bezahlung eines Kostenvorschusses innert einer Nachfrist bis zum 8. Juni 2021 verpflichtet wurde, ansonsten auf das Rechtsmittel nicht eingetreten werde, in Erwägung, dass die Beschwerdeführerin den Vorschuss auch innerhalb der Nachfrist nicht geleistet hat, dass deshalb gestützt auf Art. 62 Abs. 3 BGG im vereinfachten Verfahren nach Art. 108 Abs. 1 lit. a und Abs. 2 BGG auf die Beschwerde nicht einzutreten ist und in Anwendung von Art. 66 Abs. 1 Satz 2 BGG auf die Erhebung von Gerichtskosten umständehalber verzichtet wird, erkennt der Einzelrichter: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Sozialversicherungsrecht, und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 30. Juni 2021 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Einzelrichter: Stadelmann Die Gerichtsschreiberin: Keel Baumann
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[AZA 7] I 526/00 Ge IIe Chambre composée des Juges fédéraux Lustenberger, Président, Meyer et Ferrari; Berset, Greffière Arrêt du 15 mai 2001 dans la cause K._, recourant, représenté par Maître Christophe Maillard, avocat, avenue du Tribunal-Fédéral 1, 1002 Lausanne, contre Office de l'assurance-invalidité du canton de Fribourg, Impasse de la Colline 1, 1762 Givisiez, intimé, et Tribunal administratif du canton de Fribourg, Givisiez Vu la décision - entrée en force - du 2 juillet 1996, par laquelle l'Office de l'assurance-invalidité du canton de Fribourg (ci-après : l'OAI) a rejeté la demande de prestations de l'assurance-invalidité introduite par K._; vu la décision du 20 octobre 1998, par laquelle l'OAI a refusé une nouvelle demande de prestations de l'assuré du 31 décembre 1996; vu le jugement du 13 juillet 2000, par lequel le Tribunal administratif du canton de Fribourg, Cour des assurances sociales, a rejeté le recours interjeté par K._ contre cette décision; vu le recours de droit administratif interjeté par le prénommé qui demande l'annulation de ce jugement, avec suite de frais et dépens, en concluant, principalement à l'octroi d'une rente entière d'invalidité et, subsidiairement, au renvoi de la cause à l'OAI pour qu'il fixe son degré d'invalidité, le montant de la rente, ainsi que le début du droit à cette prestation; vu la demande d'assistance judiciaire déposée par l'assuré pour la procédure fédérale; attendu : qu'à la suite de la nouvelle demande de rente du 31 décembre 1996, il convient d'examiner si l'invalidité du recourant s'est modifiée entre le 2 juillet 1996 - date de la première décision - et le 20 octobre 1998 dans une mesure ouvrant droit à la rente (art. 28 al. 1 LAI); que selon une jurisprudence constante, le juge des assurances sociales apprécie la légalité des décisions attaquées, en règle générale, d'après l'état de fait existant au moment où la décision litigieuse a été rendue (ATF 121 V 366 consid. 1b et les arrêts cités); qu'à l'examen des avis médicaux, il n'apparaît nullement que tel fût le cas; que le recourant présente des lombalgies chroniques évoluant depuis 1990, des troubles statiques du rachis, des séquelles d'ostéochondrite juvénile, une sacralisation bilatérale de L5 et un état anxio-dépressif (rapports du docteur B._, médecin traitant, des 20 septembre 1996 et 21 septembre 1994); que ce médecin, et à sa suite, les docteurs N._ et O._ du Centre psycho-social de X._ ont constaté une aggravation de l'état anxio-dépressif du recourant (rapports respectifs des 20 septembre et 30 octobre 1996); que, cependant, cette aggravation n'a eu qu'un caractère épisodique, les deux médecins prénommés ayant déclaré, six mois plus tard, que l'évolution sur le plan psychopathologique par rapport à leur appréciation de septembre 1996 s'était avérée nettement favorable (rapport des docteurs N._ et O._ des 19 et 20 juin 1997); que l'ensemble des rapports médicaux fait ressortir que le recourant n'est plus en mesure de travailler comme manoeuvre ou carreleur mais qu'il présente une entière capacité de travail dans une activité adaptée à son handicap, soit légère et permettant d'alterner les positions (rapports des 19/20 juin 1997 et 30 octobre 1996 des docteurs N._ et O._, ainsi que rapport du 21 septembre 1994 du docteur B._); que le recourant ne conteste pas cette appréciation mais fait valoir que les activités proposées par l'OAI (aide-magasinier, manutentionnaire, ouvrier d'usine, décolleteur, aide-mécanicien, concierge dans un poste interne d'usine, sans port de charges lourdes et avec des positions alternées) ne sont pas compatibles avec son handicap; que cette affirmation est contredite par les rapports du 31 janvier 1997 du docteur B._ (selon lequel une activité légère d'ouvrier d'usine, de magasinier et un travail de petite mécanique n'est pas contre-indiquée) et le rapport du 20 juin 1997 des docteurs N._ et O._ (qui proposent une activité de gardiennage, de conciergerie et d'emploi dans une grande surface); que le recourant allègue également que pour des motifs structurels, il ne trouve pas de travail adapté à ses limitations physiques, que les postes présentant les caractéristiques souhaitées sont inexistants et qu'il incombe à l'assureur social d'apporter la preuve de l'existence d'un certain nombre de places de travail correspondant à son profil professionnel et à son handicap; qu'il appartient en principe à l'administration d'indiquer quelles sont les possibilités de travail concrètes entrant en considération, compte tenu des indications médicales et des autres aptitudes de l'assuré (VSI 1998 p. 296 consid. 3b et les arrêts cités); que, cependant, il ne faut pas subordonner la concrétisation des possibilités de travail et des perspectives de gain à des exigences excessives; qu'est déterminante à cet égard la question de savoir dans quelle mesure la capacité de gain résiduelle de l'assuré peut être exploitée économiquement sur un marché du travail équilibré entrant en considération pour lui (VSI 1998 p. 296 consid. 3b et les arrêts cités; Omlin, Die Invalidät in der obligatorischen Unfallversicherung, thèse Fribourg 1995, p. 208); qu'il n'y a pas lieu, dans ce contexte, d'examiner si une personne invalide peut être placée eu égard aux conditions concrètes du marché du travail, mais uniquement si elle pourrait encore exploiter économiquement sa capacité de travail résiduelle lorsque les places de travail disponibles correspondent à l'offre de la main d'oeuvre; qu'en l'espèce, le recourant est en mesure de mettre en valeur, sur le marché du travail ainsi défini, sa capacité de travail de 100 % dans les postes proposés par l'OAI, qui correspondent aux activités exigibles décrites par les docteurs B._, N._ et O._; que la comparaison des revenus à laquelle a procédé l'OAI a laissé apparaître un taux d'invalidité de 14 %, alors que les premiers juges sont parvenus à un taux d'invalidité de 19 % (non contesté en tant que tel par le recourant); que selon la jurisprudence, pour déterminer le revenu d'invalide, on peut aussi se référer à des données statistiques telles qu'elles résultent des enquêtes suisses sur la structure des salaires, notamment quand l'assuré n'a pas, comme en l'espèce, repris d'activité professionnelle; que l'on se référera alors à la statistique des salaires bruts standardisés, en se fondant toujours sur la médiane ou valeur centrale (ATF 124 V 323 consid. 3b/bb; VSI 1999 p. 182); qu'en l'occurrence, le salaire de référence est celui auquel peuvent prétendre les hommes effectuant des activités simples et répétitives dans le secteur privé, à savoir 4268 fr. par mois, compte tenu d'un horaire de travail de 40 heures par semaine (Enquête suisse sur la structure des salaires 1998, tabelle 1, niveau de qualification 4); que ce salaire mensuel hypothétique doit être porté à 4470 fr. (soit 4268 : 40 x 41.9), ou 53 640 fr. par an, dès lors que la moyenne usuelle de travail dans les entreprises en 1998 était de 41,9 heures (La Vie économique 1999/8 annexe p. 27, Tabelle B 9.2); que même si l'on procède à un abattement de 25 % (le maximum admis par la jurisprudence, ATF 126 V 79 sv. consid. 5b/aa-cc), il en résulte un revenu d'invalide de 40 230 fr., dont la comparaison avec le revenu sans invalidité (non contesté) de 51 168 fr. conduit à un degré d'invalidité de 21,37 %, ce qui est insuffisant pour ouvrir le droit à une rente (art. 28 al. 1 LAI); que le fait que le revenu d'invalide a été ainsi déterminé, en fonction des données statistiques toutes branches économiques confondues, ne permet pas de conclure que la situation du recourant n'a pas été convenablement élucidée; qu'en effet, compte tenu du large éventail d'activités simples et répétitives que recouvrent les secteurs de la production et des services, on doit convenir qu'un nombre significatif de ces activités sont légères et permettent l'alternance des positions et qu'elles sont dès lors adaptées au handicap du recourant; que, dans ces circonstances, l'invalidité du recourant ne s'est pas modifiée dans une mesure ouvrant le droit à la rente; que le recours est mal fondé; que les conditions de l'assistance judiciaire pour la procédure fédérale sont remplies; que le recourant est toutefois rendu attentif au fait qu'il devra rembourser la caisse du Tribunal s'il devient ultérieurement en mesure de le faire (art. 152 al. 3 OJ; SVR 1999 IV no 6 p. 15), par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce : I. Le recours est rejeté. II. Il n'est pas perçu de frais de justice. III. L'assistance judiciaire est accordée. Les honoraires (y compris la taxe à la valeur ajoutée) de Me Maillard sont fixés à 2500 fr. pour la procédure fédérale et seront supportés par la caisse du tribunal. IV. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, au Tribunal administratif du canton de Fribourg, Cour des assurances sociales, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 15 mai 2001 Au nom du Tribunal fédéral des assurances p. le Président de la IIe Chambre : La Greffière :
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_427/2007 Urteil vom 12. Dezember 2007 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Schneider, Präsident, Bundesrichter Wiprächtiger, Zünd, Gerichtsschreiber Störi. Parteien X._, Beschwerdeführerin, vertreten durch Rechtsanwalt Beat Hess, gegen A._ AG, Beschwerdegegnerin, vertreten durch Rechtsanwalt und Notar Richard Kottmann, Staatsanwaltschaft des Kantons Luzern, Zentralstrasse 28, 6002 Luzern, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Gewerbsmässiger Diebstahl; mehrfache Unterdrückung von Urkunden. Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Luzern, II. Kammer, vom 29. März 2007. Sachverhalt: Sachverhalt: A. Das Kriminalgericht des Kantons Luzern verurteilte X._ am 17. März 2006 wegen gewerbsmässigen Diebstahls im Sinne von Art. 139 Ziff. 2 StGB und mehrfacher Unterdrückung von Urkunden im Sinne von Art. 254 Abs. 1 StGB zu einer bedingten Gefängnisstrafe von 15 Monaten. Ausserdem verpflichtete es sie, der Privatklägerin A._ AG Fr. 118'259.70 zu bezahlen. Es hielt für erwiesen, dass die als Lehrling bei der A._ AG beschäftigte X._ zwischen dem 14. April 2003 und dem 28. April 2004 616 Fehlbuchungen (Storni ohne Gegenbuchungen) ausführte und die "stornierten" Beträge - insgesamt Fr. 118'259.70 - aus der Kasse nahm und für sich verwendete. Auf Berufung der (zwischenzeitlich verheirateten) X._ hin bestätigte das Obergericht des Kantons Luzern das erstinstanzliche Urteil am 29. März 2007 vollumfänglich, wobei es anstelle der Gefängnis- eine neurechtliche Freiheitsstrafe gleicher Dauer aussprach. Auf Berufung der (zwischenzeitlich verheirateten) X._ hin bestätigte das Obergericht des Kantons Luzern das erstinstanzliche Urteil am 29. März 2007 vollumfänglich, wobei es anstelle der Gefängnis- eine neurechtliche Freiheitsstrafe gleicher Dauer aussprach. B. Mit Beschwerde in Strafsachen beantragt X._, das obergerichtliche Urteil aufzuheben und sie freizusprechen oder eventuell die Sache zur Neubeurteilung ans Obergericht zurückzuweisen. Ausserdem ersucht sie um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung. Vernehmlassungen wurden keine eingeholt. Erwägungen: Erwägungen: 1. Die Verurteilung der Beschwerdeführerin beruht massgeblich auf ihrem Geständnis. Für das Obergericht ist es glaubhaft, dessen Widerruf dagegen nicht überzeugend. Die Beschwerdeführerin wirft dem Obergericht vor, die Beweise willkürlich gewürdigt und verkannt zu haben, dass ihr Geständnis nicht verwertbar sei, da ihr unter Missachtung von § 67 Abs. 1 der Luzerner Strafprozessordnung vom 3. Juni 1957 (StPO) nach ihrer Verhaftung kein freier Verkehr mit ihrem Verteidiger ermöglicht worden sei. 1.1 Die Verantwortlichen der A._ AG stellten fest, dass zwischen dem 14. April 2003 und dem 28. April 2004 zahlreiche Storni ohne entsprechende Gegenbuchungen getätigt wurden, was zu entsprechenden Fehlbeträgen in der Kasse führte. Abklärungen des fimeninternen Sicherheitsdienstes führten zu einem Verdacht gegen die Beschwerdeführerin, die damals als Lehrling bei der Privatklägerin beschäftigt war. Von der Sicherheitsbeauftragten B._ und dem Verkaufsleiter C._ am 3. Mai 2004 auf den Verdacht angesprochen, gab die Beschwerdeführerin zu, immer wieder Geld aus den Kassen entwendet zu haben. Gleichentags unterschrieb sie eine Vereinbarung über die sofortige Auflösung des Lehrverhältnisses und eine Schuldanerkennung über Fr. 90'000.--. Die Beschwerdeführerin bestätigte dieses Geständnis gegenüber der Polizei, wobei sie im Einzelnen darlegte, zu welchen Zeiten und an welchen Kassen sie Geld entwendet und zu welchen Zwecken sie es verbraucht habe. Am 12. Mai 2004 liess die Beschwerdeführerin durch ihren Verteidiger mitteilen, dass sie alle belastenden Aussagen zurückziehe und damit ihr Geständnis widerrufe. 1.2 Für das Obergericht (angefochtener Entscheid E. 2.2 S. 5 ff.) ist das Geständnis der Beschwerdeführerin überzeugend, weil sie es nicht nur gegenüber dem Sicherheitsdienst der Privatklägerin machte, sondern auch an verschiedenen Tagen gegenüber der Polizei wiederholte und bestätigte. Es sei schlicht unvorstellbar, dass sich die Beschwerdeführerin gegenüber ihrer Arbeitgeberin und der Polizei zu Unrecht derart gravierender Straftaten beschuldigt haben könnte. Glaubhaft erscheine das Geständnis auch wegen dessen Detailreichtum und dem Umstand, dass sich die von ihr beschriebene Vorgehensweise mit den aktenkundigen Beobachtungen und Angaben der Zeugen der Arbeitgeberin decke. Es bestünden keinerlei Anhaltspunkte dafür, dass sie unter Druck gesetzt worden sei und/oder mit unzutreffenden Selbstbelastungen die sofortige Entlassung aus der Untersuchungshaft habe erwirken wollen. 1.3 Die Beschwerdeführerin macht einerseits geltend, die Einschätzung des Obergerichts, ihr Geständnis sei glaubhaft, dessen Widerruf dagegen nicht, sei willkürlich. Anderseits versucht sie nachzuweisen, dass sie unmöglich alle ihr vorgeworfenen Diebstähle begangen haben könne, da sie zu den fraglichen Zeiten teilweise nicht gearbeitet oder nicht die Kasse bedient habe. 1.3.1 Die Einwände der Beschwerdeführerin gegen die Würdigung ihres Geständnisses und dessen Widerruf sind unbegründet. So ist es zwar durchaus nachvollziehbar, dass sie sich unter Druck fühlte, als sie in der betriebsinternen Befragung mit den Diebstahlsvorwürfen konfrontiert wurde. Weshalb sie deshalb ein falsches Geständnis hätte ablegen sollen, ist dagegen kaum plausibel, musste sie sich doch bewusst sein, dass sie damit ihre Lage nicht verbessern würde. Es trifft im Übrigen auch keineswegs zu, wie sie in der untersuchungsrichterlichen Einvernahme vom 20. Oktober 2004 behauptete, dass sie damals bloss bestätigt habe, was ihr von Herrn C._ "vorgeplappert" worden sei. Sie hat jedenfalls drei "Stornierungen" vom 28. April 2004 zuhanden von Frau B._ und Herrn C._ mit Betrag, Kasse und Uhrzeit aufgeschrieben, dieses Dokument datiert und unterschrieben, wobei Frau B._ als Zeugin bestätigte, dass diese Angaben nach ihren Nachforschungen im elektronischen Journal zutreffend sind. Noch weniger nachvollziehbar ist, weshalb die Beschwerdeführerin gegenüber der Polizei diese angeblich unzutreffenden Selbstbezichtigungen hätte wiederholen und mit lebensnahen Details ausschmücken sollen, konnte sie doch keineswegs sicher damit rechnen, nach dem Eingeständnis, über Fr. 100'000.-- gestohlen zu haben, umgehend aus der Untersuchungshaft entlassen zu werden. Es mag zwar durchaus sein, dass der Untersuchungsrichter § 67 StPO verletzte, indem er der sich damals in Haft befindenden Beschwerdeführerin am 5. Mai 2004 nicht gestattete, sich ohne Kontrolle mit ihrem Verteidiger zu unterhalten. Dies ist hier allerdings nicht zu prüfen, da sie bzw. ihr Verteidiger den gegen eine solche Verweigerung von § 68ter StPO vorgesehenen Rekurs an die Kriminal- und Anklagekammer nicht ergriff (Art. 80 Abs. 1 BGG). Unerfindlich ist zudem, inwiefern dieser Umstand die Überzeugungskraft des Geständnisses, das schon zuvor erfolgte, ohne dass diesbezüglich eine Verfahrensverletzung gerügt würde, beeinträchtigen könnte. Der zur Diskussion stehende Sachverhalt - ob sie die falschen Storni gebucht und die entsprechenden Gelder aus der Kasse gestohlen habe - war einfach und die Konsequenzen eines Schuldeingeständnisses für die Beschwerdeführerin in groben Zügen abschätzbar, sodass sie in der betriebsinternen wie in der polizeilichen Befragung auch ohne anwaltlichen Beistand durchaus in der Lage war, ihre Interessen zunächst selber wahrzunehmen. Die Vorbringen der Beschwerdeführerin sind damit nicht geeignet, das Abstellen auf ihr Geständnis als willkürlich erscheinen zu lassen. 1.3.2 Die Beschwerdeführerin bringt vor, die Vorwürfe könnten aus zeitlichen Gründen nicht stimmen. Es ergebe sich aus dem von ihr bereits dem Kriminalgericht vorgelegten Schulzeugnis schlüssig, dass sie entgegen den Wochenrapporten ihrer Arbeitgeberin nicht an allen Tagen, an denen die fraglichen "Storni" gebucht und Geld gestohlen wurde, im Betrieb gearbeitet, sondern die Schule besucht habe. Das vom Verteidiger an der kriminalgerichtlichen Hauptverhandlung vorgelegte Zeugnis des Berufsbildungszentrums Willisau vom 1. September 2005 betrifft den Zeitraum vom 1. August 2004 bis zum 31. Juli 2005 und damit nicht die Zeit, in denen die Diebstähle stattfanden; es ist nicht einschlägig. Das Zeugnis vom 3. Februar 2004, welches den Zeitraum vom 1. August 2002 bis zum 31. Juli 2004 und damit (auch) den Deliktszeitraum betrifft, weist für das 1. und das 3. Semester keine und für das 2. Semester Absenzen von 9 Lektionen aus. Ob sich daraus ausschliessen liesse, dass die Beschwerdeführerin während einiger Tatzeitpunkte in ihrem Lehrbetrieb arbeitete, bleibt unklar. Auf jeden Fall ist das Dokument ohne massgeblichen Beweiswert, da es weder von der Arbeitgeberin noch von der Schule noch von der Beschwerdeführerin unterschrieben ist. Es ist damit von vornherein nicht geeignet, das Abstellen auf das mit dem nach der Einschätzung des Obergerichts sauber geführten Wochenplan der Arbeitgeberin in Einklang stehende Geständnis willkürlich erscheinen zu lassen. Das Gleiche gilt für die Aussage von D._, wonach die Beschwerdeführerin immer zur Zeit der Nachmittagspause um 16 Uhr an der Kasse tätig war und immer dann die komischen Buchungen stattgefunden hätten. Diese Aussage der stellvertretenden Filialleiterin schliesst nicht zwingend aus, dass die Beschwerdeführerin auch am Vormittag und am Mittag Kassablösungen machte und dabei Geld der Kasse entwendete. 1.3.3 Unerfindlich sind schliesslich die Einwände gegen die Auswertung der Telefondaten der Beschwerdeführerin. Sie selbst gab in ihrem Geständnis an, sie habe einen grossen Teil des gestohlenen Geldes für Telefongebühren ausgegeben, da sie mit ihrem im Kosovo lebenden Freund täglich stundenlang telefoniert habe. Die Auswertung der von der sunrise gelieferten Aufladetaten ergibt, dass die Beschwerdeführerin im fraglichen Zeitraum erhebliche, mit ihrem Lehrlingslohn nicht zu deckende Summen für das Aufladen ihres Handys ausgab. Aus den automatisch erstellten Listen ergeben sich zwar tatsächlich nur die Ladedaten und die Ladebeträge; im Begleitschreiben bestätigt indessen der "Police Liaison Assistant" E._ unterschriftlich, dass es sich dabei um die Auswertung der Natel-Nummer der Beschwerdeführerin handelt. Dass sie viel telefonierte, wird klarerweise auch durch die Aussage der Kioskverkäuferin F._ bestätigt, bei der die Beschwerdeführerin jeweils Prepaid-Karten kaufte. Danach kaufte diese regelmässig "mehrmals pro Monat" "vielleicht zwei Stück" Prepaid-Karten à Fr. 50.--. Sie habe viel Geld für Telefonkarten ausgegeben, sicher mehr als Fr. 100.-- pro Monat. Das Obergericht ist offensichtlich nicht in Willkür verfallen, indem es das Geständnis durch die Telefonauswertung und die Aussage F._ gestützt sieht. 1.3.3 Unerfindlich sind schliesslich die Einwände gegen die Auswertung der Telefondaten der Beschwerdeführerin. Sie selbst gab in ihrem Geständnis an, sie habe einen grossen Teil des gestohlenen Geldes für Telefongebühren ausgegeben, da sie mit ihrem im Kosovo lebenden Freund täglich stundenlang telefoniert habe. Die Auswertung der von der sunrise gelieferten Aufladetaten ergibt, dass die Beschwerdeführerin im fraglichen Zeitraum erhebliche, mit ihrem Lehrlingslohn nicht zu deckende Summen für das Aufladen ihres Handys ausgab. Aus den automatisch erstellten Listen ergeben sich zwar tatsächlich nur die Ladedaten und die Ladebeträge; im Begleitschreiben bestätigt indessen der "Police Liaison Assistant" E._ unterschriftlich, dass es sich dabei um die Auswertung der Natel-Nummer der Beschwerdeführerin handelt. Dass sie viel telefonierte, wird klarerweise auch durch die Aussage der Kioskverkäuferin F._ bestätigt, bei der die Beschwerdeführerin jeweils Prepaid-Karten kaufte. Danach kaufte diese regelmässig "mehrmals pro Monat" "vielleicht zwei Stück" Prepaid-Karten à Fr. 50.--. Sie habe viel Geld für Telefonkarten ausgegeben, sicher mehr als Fr. 100.-- pro Monat. Das Obergericht ist offensichtlich nicht in Willkür verfallen, indem es das Geständnis durch die Telefonauswertung und die Aussage F._ gestützt sieht. 2. Zusammenfassend ist somit festzustellen, dass die Willkürrügen unbegründet sind. Das Obergericht hat im Übrigen die Beweislast gegen die Beschwerdeführerin zu Recht als erdrückend eingestuft, die Beschwerde war aussichtslos und grenzt an Trölerei. Damit sind sowohl die Beschwerde als auch das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung abzuweisen, und die Verfahrenskosten sind der Beschwerdeführerin aufzuerlegen (Art. 64, Art. 66 Abs. 1 OG). Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Luzern, II. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 12. Dezember 2007 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Schneider Störi
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 8C_590/2016 Urteil vom 30. September 2016 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Maillard, Präsident, Gerichtsschreiber Grünvogel. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, gegen IV-Stelle des Kantons Zürich, Röntgenstrasse 17, 8005 Zürich, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Invalidenversicherung (Prozessvoraussetzung), Beschwerde gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 8. Januar 2016. Nach Einsicht in die am 12. und 15 September 2016 (jeweils Poststempel) mit Unterlagen ergänzte Beschwerde vom 5. September 2016 gegen den gemäss postamtlicher Bescheinigung am 18. Januar 2016 an den damaligen Rechtsvertreter von A._ ausgehändigten Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 8. Januar 2016, in Erwägung, dass die Beschwerde nicht innert der nach Art. 100 Abs. 1 BGG 30-tägigen, gemäss Art. 44 - 48 BGG am 17. Februar 2016 abgelaufenen Rechtsmittelfrist eingereicht worden ist, dass abgesehen davon darin keine rechtsgenügliche Auseinandersetzung mit dem angefochtenen Entscheid im Sinne von Art. 42 Abs. 2 BGG stattfindet, dass den Ausführungen nämlich nicht entnommen werden kann, inwiefern die Sachverhaltsfeststellung im Sinne von Art. 97 Abs. 1 BGG - soweit überhaupt beanstandet - unzutreffend und die darauf beruhenden Erwägungen rechtsfehlerhaft sein sollen, dass deshalb im vereinfachten Verfahren nach Art. 108 Abs. 1 lit. a und b BGG auf die Beschwerde nicht einzutreten ist, dass in Anwendung von Art. 66 Abs. 1 Satz 2 BGG umständehalber auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet wird, erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 30. September 2016 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Maillard Der Gerichtsschreiber: Grünvogel
451
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 5A_537/2017 Arrêt du 9 octobre 2017 IIe Cour de droit civil Composition M. le Juge fédéral von Werdt, Président. Greffière : Mme Gauron-Carlin. Participants à la procédure A._, représentée par Me Thomas Barth, avocat, recourante, contre 1. B._ SA, représentée par Me Rémy Wyler, avocat, 2. Établissement d'a ssurance contre l'incendie et les éléments naturels du canton de Vaud (ECA), avenue Général-Guisan 56, 1009 Pully, intimés. Objet action en contestation de l'état des charges, recours contre l'arrêt de la Cour d'appel civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud du 2 juin 2017 (AX15.002121-162128). Considérant en fait et en droit : 1. Par arrêt du 2 juin 2017, la Cour d'appel civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud a rejeté, dans la mesure de sa recevabilité, l'appel interjeté par A._ le 12 décembre 2016 et confirmé le jugement rendu le 15 décembre 2015 par le Président du Tribunal civil de l'arrondissement de La Côte rejetant l'action en contestation des charges formée le 20 décembre 2014 par A._. 2. Par acte du 13 juillet 2017, A._ exerce un recours en matière civile au Tribunal fédéral, comprenant une requête d'effet suspensif. Par ordonnance du 17 juillet 2017 du Président de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral, la recourante a été invitée à payer une avance de frais de 6'000 fr. jusqu'au 25 août 2017. Invités à se déterminer sur la requête d'effet suspensif contenue dans le recours, l'intimée n° 1 a conclu au rejet de cette mesure, alors que l'intimé n° 2 n'a pas déposé d'observations. La cour cantonale s'en est remise à justice. Par courrier du 18 août 2017, la recourante a sollicité une prolongation du délai imparti pour verser l'avance de frais. Par ordonnance présidentielle 21 août 2017, un délai non prolongeable au 6 septembre 2017 a été imparti à la recourante pour effectuer le paiement de l'avance de frais requise, soulignant que le défaut de paiement de l'avance de frais dans le délai supplémentaire entraînerait l'irrecevabilité du recours et que le défaut de paiement n'était pas considéré comme un retrait du moyen de droit, le retrait devant être déclaré par écrit. Par lettre du 4 septembre 2017, la recourante a implicitement requis une nouvelle prolongation du délai de versement de l'avance de frais, exposant se trouver " dans l'impossibilité totale " de s'acquitter du montant demandé. Par ordonnance du 5 septembre 2017, le Président de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral a accordé à la recourante " un ultime délai non prolongeable au 26 septembre 2017" pour verser l'avance de frais de 6'000 fr., relevant à nouveau les conséquences de l'absence de paiement dans le délai fixé. Par courrier du 26 septembre 2017, la recourante a indiqué ne pas avoir été en mesure de s'acquitter de l'avance de frais et a sollicité un "dernier report de délai" au 2 octobre 2017. La recourante a, par lettre du 2 octobre 2017, informé le Tribunal fédéral qu'elle avait procédé au paiement de l'avance de frais et a conclu à la recevabilité de son recours. La caisse du Tribunal fédéral a, par attestation du 4 octobre 2017, constaté que l'avance de frais de 6'000 fr. avait été versée le 30 septembre 2017. Il ressort de ce qui précède que l'avance de frais n'a pas été payée dans le second délai supplémentaire imparti à la recourante, mais que l'intéressée a expressément indiqué ne pas souhaiter retirer son recours. Le recours doit cependant être déclaré irrecevable (art. 62 al. 3 LTF) selon la procédure simplifiée prévue à l'art. 108 al. 1 LTF, ce qui rend sans objet sa demande d'effet suspensif. 3. Les frais sont mis à la charge de la recourante (art. 66 al. 1 LTF). L'intimée n° 1, qui a été invitée à se déterminer sur la requête d'effet suspensif et a déposé des déterminations à ce sujet, a droit à une indemnité de dépens pour son écriture (art. 68 al. 1 LTF). Par ces motifs, le Président prononce : 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 1'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Une indemnité de 1'000 fr., à payer à l'intimée n° 1, à titre de dépens pour l'instance fédérale, est mise à la charge de la recourante. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour d'appel civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 9 octobre 2017 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le Président : von Werdt Le Greffier : Gauron-Carlin
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_104/2016 Urteil vom 21. Juni 2016 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Denys, Präsident, Bundesrichterin Jacquemoud-Rossari, Bundesrichter Oberholzer, Rüedi, Bundesrichterin Jametti, Gerichtsschreiberin Arquint Hill. Verfahrensbeteiligte X._, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. René Schwarz, Beschwerdeführer, gegen Generalstaatsanwaltschaft des Kantons Thurgau, Zürcherstrasse 323, 8510 Frauenfeld, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Abgekürztes Verfahren (Art. 358 ff. StPO); Zustimmung zur Anklageschrift, Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Thurgau vom 3. November 2015. Sachverhalt: A. Die Staatsanwaltschaft Kreuzlingen führte gegen X._ ein Strafverfahren wegen Verstössen gegen das Betäubungsmittelgesetz. Am 12. September 2014 beantragte X._ die Durchführung des abgekürzten Verfahrens. Die Staatsanwaltschaft hiess den Antrag am 15. September 2014 gut und eröffnete am 16. September 2014 die Anklageschrift. Darin schlug sie vor, X._ sei wegen qualifizierter Widerhandlungen gegen das Betäubungsmittelgesetz und mehrfacher Übertretung desselben zu einer unbedingten Freiheitsstrafe von 11 Monaten sowie zu einer Busse von Fr. 800.-- zu verurteilen. Am 29. September 2014 stimmte X._ der Anklageschrift zu, worauf die Staatsanwaltschaft diese mit den Akten an das Bezirksgericht Kreuzlingen überwies. An der bezirksgerichtlichen Hauptverhandlung vom 3. Dezember 2014 erklärte X._, die Anklage sei grundsätzlich zum Urteil zu erheben. Gleichentags beschloss das Bezirksgericht, die Hauptverhandlung werde zu einem späteren Zeitpunkt fortgeführt. An der Hauptverhandlung vom 17. Juni 2015 beantragte X._, die Akten seien an die Staatsanwaltschaft zur Durchführung eines ordentlichen Vorverfahrens zurückzuweisen. B. Am 17. Juni 2015 verurteilte das Bezirksgericht X._ wegen qualifizierter Widerhandlung gegen das Betäubungsmittelgesetz und Übertretung desselben zu einer unbedingten Freiheitsstrafe von 11 Monaten und einer Busse von Fr. 800.--. Es auferlegte ihm eine Ersatzforderung von Fr. 1'200.-- und die Verfahrenskosten von insgesamt Fr. 4'010.--. Den amtlichen Verteidiger entschädigte es mit Fr. 6'548.25. C. Das Obergericht des Kantons Thurgau wies die Berufung von X._ am 3. November 2015 ab und bestätigte das bezirksgerichtliche Urteil. D. X._ beantragt mit Beschwerde in Strafsachen, das obergerichtliche Urteil sei aufzuheben und die Sache zur Durchführung des ordentlichen Verfahrens an die kantonalen Behörden zurückzuweisen. Er ersucht um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung. Erwägungen: 1. Die Beschwerde ist zu begründen (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG). Soweit der Beschwerdeführer zur Begründung auf die kantonalen Akten verweist, ist er nicht zu hören. Die Begründung muss in der Beschwerde selbst enthalten sein, Verweise auf andere Rechtsschriften oder auf die Akten reichen nicht aus (BGE 140 III 115 E. 2 S. 116; 138 IV 47 E. 2.8.1 S. 54; je mit Hinweisen). 2. Der Beschwerdeführer macht im Wesentlichen geltend, er habe der Anklageschrift nicht zugestimmt. 2.1. Gemäss Art. 358 Abs. 1 StPO kann die beschuldigte Person der Staatsanwaltschaft bis zur Anklageerhebung die Durchführung des abgekürzten Verfahrens beantragen, wenn sie den Sachverhalt, der für die rechtliche Würdigung wesentlich ist, eingesteht und die Zivilansprüche zumindest im Grundsatz anerkennt. Die Anklageschrift enthält im abgekürzten Verfahren unter anderem den Hinweis, dass die Parteien mit der Zustimmung zur Anklageschrift auf ein ordentliches Verfahren und auf Rechtsmittel verzichten (Art. 360 Abs. 1 lit. h StPO). Die Staatsanwaltschaft eröffnet die Anklageschrift den Parteien, welche innert zehn Tagen zu erklären haben, ob sie ihr zustimmen oder sie ablehnen. Die Zustimmung ist unwiderruflich (Art. 360 Abs. 2 StPO). Das erstinstanzliche Gericht führt eine Hauptverhandlung durch, an welcher es die beschuldigte Person befragt und feststellt, ob diese den Sachverhalt anerkennt, welcher der Anklage zu Grunde liegt, und ob diese Erklärung mit der Aktenlage übereinstimmt. Wenn nötig befragt es auch die übrigen anwesenden Personen. Ein Beweisverfahren findet nicht statt (Art. 361 StPO). Ein Urteil im abgekürzten Verfahren setzt voraus, dass die beschuldigte Person ihr Geständnis in der erstinstanzlichen Hauptverhandlung bestätigt. Das gerichtliche Bestätigungsverfahren ist einer der Schutzmechanismen dieses besonderen Verfahrens. Die Möglichkeit, dass die beschuldigte Person ihre Zustimmung zur Anklageschrift widerruft, ist hinzunehmen, wenn sich das Gericht nicht persönlich davon überzeugen kann, dass sie den angeklagten Sachverhalt anerkennt (BGE 139 IV 233 E. 2.6). Das Gericht befindet frei darüber, ob die Durchführung des abgekürzten Verfahrens rechtmässig und angebracht ist, ob die Anklage mit dem Ergebnis der Hauptverhandlung und den Akten übereinstimmt und ob die beantragten Sanktionen angemessen sind (Art. 362 Abs. 1 StPO). Sind die Voraussetzungen für ein Urteil im abgekürzten Verfahren erfüllt, so erhebt das Gericht die Straftatbestände, Sanktionen und Zivilansprüche der Anklageschrift zum Urteil. Die Erfüllung der Voraussetzungen für das abgekürzte Verfahren wird summarisch begründet (Art. 362 Abs. 2 StPO). Sind die Voraussetzungen für ein Urteil im abgekürzten Verfahren nicht erfüllt, so weist das Gericht die Akten an die Staatsanwaltschaft zur Durchführung eines ordentlichen Vorverfahrens zurück. Das Gericht eröffnet den Parteien seinen ablehnenden Entscheid mündlich sowie schriftlich im Dispositiv. Dieser Entscheid ist nicht anfechtbar (Art. 362 Abs. 3 StPO). Mit der Berufung gegen ein Urteil im abgekürzten Verfahren kann eine Partei nur geltend machen, sie habe der Anklageschrift nicht zugestimmt oder das Urteil entspreche dieser nicht (Art. 362 Abs. 5 StPO; vgl. zum Ganzen BGE 139 IV 233 E. 2.3 mit zahlreichen Hinweisen). 2.2. Die Vorinstanz erwägt, der Beschwerdeführer habe am 12. September 2014 die Durchführung des abgekürzten Verfahrens beantragt und erklärt, den Sachverhalt anzuerkennen. Am 29. September 2014 habe er der Anklageschrift zugestimmt. An der Hauptverhandlung vom 3. Dezember 2014 habe der Beschwerdeführer auf Frage des Bezirksgerichtspräsidenten bestätigt, die Anklageschrift zu kennen und damit einverstanden zu sein. Nach der persönlichen Befragung des Beschwerdeführers habe dessen Verteidiger beantragt, die Anklage sei bezüglich Straftatbeständen und Sanktionen zum Urteil zu erheben, wobei es im Übrigen dem Gericht überlassen sei, die Angemessenheit der beantragten Freiheitsstrafe unter dem Aspekt der laufenden Entzugstherapie zu würdigen. Nach dem Vortrag der Verteidigung habe der Bezirksgerichtspräsident den Beschwerdeführer erneut nach seiner Meinung gefragt und darauf hingewiesen, dass eine unbedingte Freiheitsstrafe von 11 Monaten beantragt werde, die allenfalls unter Fortführung der laufenden Entzugstherapie in Halbgefangenschaft verbüsst werden könne. Auf die Frage des Bezirksgerichtspräsidenten, ob die Strafsache mit dem Risiko einer höheren Strafe in das ordentliche Verfahren zurückzuweisen sei, habe der Beschwerdeführer zu Protokoll gegeben, er könne und müsse mit beidem leben (vgl. angefochtenen Entscheid, S. 11-14). 2.3. 2.3.1. Dass das Urteil nicht der Anklageschrift entspräche, macht der Beschwerdeführer nicht geltend und ist auch nicht ersichtlich. Unbestritten ist, dass das abgekürzte Verfahren gesetzeskonform eingeleitet wurde. Der Beschwerdeführer anerkannte im Vorverfahren den der Anklage zu Grunde liegenden und mit der Aktenlage übereinstimmenden Sachverhalt. Er bestätigte, der Anklageschrift im abgekürzten Verfahren unwiderruflich zuzustimmen und auf Rechtsmittel zu verzichten. Dass er sich bei dieser Erklärung in einem Irrtum befunden habe, behauptet er nicht. 2.3.2. Der Beschwerdeführer hat der Anklageschrift auch vor dem erstinstanzlichen Gericht zugestimmt, als er an der Hauptverhandlung befragt wurde. Zu Unrecht beanstandet der Beschwerdeführer in diesem Zusammenhang, er sei gefragt worden, ob er mit der Anklageschrift einverstanden sei, und nicht, ob er den Sachverhalt anerkenne. Wie die Vorinstanz zutreffend erwägt, klärte das erstinstanzliche Gericht an der Befragung vom 3. Dezember 2014, dass die Zustimmung des Beschwerdeführers zur Anklageschrift rechtmässig erfolgte, dass er den Sachverhalt tatsächlich anerkannte und dass seine Erklärung mit der Aktenlage übereinstimmte. Aus dieser Befragung ergibt sich, dass der Beschwerdeführer auch mit der unbedingten Freiheitsstrafe von 11 Monaten vorbehaltlos einverstanden war (vgl. angefochtenen Entscheid, S. 11-12). 2.3.3. Der Beschwerdeführer stellt sich auf den Standpunkt, es mangle an seiner Zustimmung zur Anklageschrift, weil er kein zweites Mal befragt worden sei und seine Zustimmung nicht erneuert habe. Dazu stellt die Vorinstanz fest, das erstinstanzliche Gericht habe am 3. Dezember 2014 entschieden, die Hauptverhandlung werde zu einem späteren Zeitpunkt fortgeführt, um die weitere Entwicklung im Zusammenhang mit der Entzugstherapie abzuwarten, damit die Angemessenheit der Sanktion zuverlässiger beurteilt werden könne. Die Vorinstanz befindet zu Recht, dass die Hauptverhandlung vom 17. Juni 2015 als Fortsetzung der Hauptverhandlung vom 3. Dezember 2014 zu betrachten ist. Wie aus dem Schreiben des Verteidigers vom 16. Februar 2015 hervorgeht, war der Beschwerdeführer mit der Vertagung einverstanden und ging selber vom "im Frühling bevorstehenden zweiten Teil der Verhandlung" aus. Der Beschwerdeführer geht fehl, wenn er meint, er hätte am 17. Juni 2015 nochmals gestützt auf Art. 361 Abs. 2 StPO befragt werden müssen. Dies war bereits am 3. Dezember 2014 geschehen. Am 17. Juni 2015 ging es nur noch darum, die Angemessenheit der Sanktion im Sinne von Art. 362 Abs. 1 lit. c StPO zu beurteilen. Folgerichtig beschränkte das erstinstanzliche Gericht die Befragung nun auf die Entwicklung im Zusammenhang mit der Entzugstherapie. Entgegen den Ausführungen des Beschwerdeführers war eine Massnahme bereits ein Thema, als er am 3. Dezember 2014 der Anklageschrift zustimmte. Von einer neuen Wendung, welche das erstinstanzliche Gericht zu verantworten hätte, kann keine Rede sein. 2.3.4. Der Beschwerdeführer übersieht, dass sich der vorliegende Fall grundlegend vom Sachverhalt unterscheidet, der im von ihm angerufenen Bundesgerichtsentscheid zu beurteilen war. Dort hatte der Beschuldigte den Sachverhalt und dessen rechtliche Würdigung gemäss Anklageschrift nur an der staatsanwaltschaftlichen Einvernahme anerkannt. In der Folge ersuchte er die Staatsanwaltschaft um Rückzug der Anklage, weil er im ordentlichen Verfahren eine tiefere Strafe erwirken wollte. Dem erstinstanzlichen Gericht teilte er mit, er sei mit dem Urteilsvorschlag nicht mehr einverstanden und werde sein Geständnis an der Hauptverhandlung vermutlich widerrufen. An der Hauptverhandlung bestätigte er lediglich, den Anklagesachverhalt im Vorverfahren anerkannt zu haben, und sah von weiteren Aussagen ab (BGE 139 IV 233 E. 2.2). 2.4. Schliesslich trägt der Beschwerdeführer vor, er habe vor der Vorinstanz eingehende Überlegungen angestellt zu einer möglichen Weiterentwicklung der einschlägigen bundesgerichtlichen Rechtsprechung. Damit habe sich die Vorinstanz höchstens am Rande befasst. Sofern diese Ausführungen des Beschwerdeführers überhaupt den Begründungsanforderungen gemäss Art. 42 Abs. 2 und Art. 106 Abs. 2 BGG genügen, sind sie ungeeignet, eine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör darzutun. Die Vorinstanz legt zutreffend dar, weshalb die Voraussetzungen für ein Urteil im abgekürzten Verfahren erfüllt waren und das erstinstanzliche Gericht die Straftatbestände und Sanktionen der Anklageschrift zum Urteil erheben durfte. 3. Die Beschwerde ist abzuweisen. Der Beschwerdeführer wird grundsätzlich kostenpflichtig (Art. 66 Abs. 1 BGG). Sein Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung ist gutzuheissen, da von seiner Bedürftigkeit auszugehen ist und seine Rechtsbegehren nicht von vornherein aussichtslos waren. Es sind keine Kosten zu erheben. Seinem Rechtsvertreter ist eine Entschädigung aus der Bundesgerichtskasse auszurichten (Art. 64 Abs. 1 und 2 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird gutgeheissen. 3. Es werden keine Kosten erhoben. 4. Dem Rechtsvertreter des Beschwerdeführers, Rechtsanwalt Dr. René Schwarz, wird eine Entschädigung von Fr. 3'000.-- aus der Bundesgerichtskasse ausgerichtet. 5. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Thurgau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 21. Juni 2016 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Denys Die Gerichtsschreiberin: Arquint Hill
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CH_BGer
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2,021
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 4D_45/2021 und 4D_47/2021 Urteil vom 24. August 2021 I. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Hohl, Präsidentin, Gerichtsschreiber Leemann. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführerin, gegen Obergericht des Kantons Zürich, I. Zivilkammer, Beschwerdegegner, B._ AG, Verfahrensbeteiligte. Gegenstand unentgeltliche Rechtspflege; Fristwiederherstellung, Beschwerde gegen den Beschluss und das Urteil des Obergerichts des Kantons Zürich, I. Zivilkammer, vom 1. Juni 2021 (PP210028-O/U). Erwägungen: 1. Am 18. November 2020 lud das Bezirksgericht Uster in einem von der Verfahrensbeteiligten gegen die Beschwerdeführerin erhobenen Forderungsprozess diese beiden Parteien zur Hauptverhandlung am 16. Februar 2021 vor. Mit Eingabe vom 14. Februar 2021 ersuchte die Beschwerdeführerin um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege und beantragte die Sistierung des Verfahrens, eventualiter die Verschiebung der Verhandlung. Mit Verfügung vom 15. Februar 2021 wies das Bezirksgericht die Anträge der Beschwerdeführerin ab und setzte ihr Frist an, um hinsichtlich ihres Gesuchs um unentgeltliche Rechtspflege ihre Einkommens- und Vermögensverhältnisse umfassend zu belegen. Mit Schreiben vom 1. März 2021 ersuchte die Beschwerdeführerin um Erstreckung der mit Verfügung vom 15. Februar 2021 angesetzten Frist. Am 4. März 2021 gewährte das Bezirksgericht der Beschwerdeführerin eine letztmalige Fristerstreckung bis am 12. März 2021. Die entsprechende Verfügung wurde der Beschwerdeführerin wegen eines Postrückbehaltungsauftrags erst am 1. April 2021 zugestellt. Mit Entscheid vom 30. März 2021 hiess das Bezirksgericht die Klage gut und wies das Gesuch der Beschwerdeführerin um unentgeltliche Rechtspflege ab. Mit Verfügung vom 20. April 2021 wies das Bezirksgericht ein von der Beschwerdeführerin gestelltes Gesuch um Wiederherstellung der mit Verfügung vom 4. März 2021 bis am 12. März 2021 erstreckten Frist zur Einreichung von Belegen zu ihren Einkommens- und Vermögensverhältnissen ab. Mit Eingabe vom 9. Mai 2021 focht die Beschwerdeführerin die bezirksgerichtliche Verfügung vom 20. April 2021 beim Obergericht des Kantons Zürich mit Beschwerde an. Mit Entscheid vom 1. Juni 2021 wies das Obergericht die Beschwerde ab; das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege für das Beschwerdeverfahren wies es ebenfalls ab. Mit Eingabe vom 30. Mai 2021 erhob die Beschwerdeführerin zudem Beschwerde gegen die mit Entscheid des Bezirksgerichts Uster vom 30. März 2021 erfolgte Abweisung ihres Gesuchs um unentgeltliche Rechtspflege für das erstinstanzliche Verfahren. Mit Beschluss vom 11. Juni 2021 trat das Obergericht auf die Beschwerde nicht ein; das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege für das Beschwerdeverfahren wies es ab. Mit Schreiben vom 4. Juli 2021 erklärte die Beschwerdeführerin dem Bundesgericht, die Entscheide des Obergerichts vom 1. Juni 2021 (Verfahren 4D_45/2021) und vom 11. Juni 2021 (Verfahren 4D_47/2021) mit Beschwerde anfechten zu wollen. Es wurden keine Vernehmlassungen eingeholt. 2. 2.1. Die Beschwerden in den Verfahren 4D_45/2021 und 4D_47/2021, die denselben Rechtsstreit betreffen, werden gemeinsam behandelt. 2.2. Ein Verfahren vor Bundesgericht kann aus Gründen der Zweckmässigkeit ausgesetzt werden (Art. 6 Abs. 1 BZP in Verbindung mit Art. 71 BGG). Vorliegend besteht kein Anlass für eine Sistierung; die Beschwerdeführerin legt auch nicht hinreichend dar, weshalb das Verfahren sistiert werden müsste. Das Sistierungsgesuch ist abzuweisen. 3. Das Bundesgericht prüft von Amtes wegen und mit freier Kognition, ob ein Rechtsmittel zulässig ist (Art. 29 Abs. 1 BGG; BGE 145 I 121 E. 1; 143 III 140 E. 1; 141 III 395 E. 2.1). 3.1. Der Streitwert erreicht die Streitwertgrenze für eine Beschwerde in Zivilsachen gemäss Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG nicht. Diese ist daher nur zulässig, wenn sich eine Rechtsfrage von grundsätzlicher Bedeutung stellt (Art. 74 Abs. 2 lit. a BGG), was die beschwerdeführende Partei aufzuzeigen hat (Art. 42 Abs. 2 Satz 2 BGG). Die Beschwerdeführerin behauptet nicht, dass sich eine Rechtsfrage von grundsätzlicher Bedeutung stellt und es ist auch nicht ersichtlich, inwiefern sich eine solche stellen könnte. Unter diesen Umständen ist die Beschwerde in Zivilsachen nicht zulässig, sondern es steht die subsidiäre Verfassungsbeschwerde im Sinne der Art. 113-119 BGG offen. 3.2. Mit der subsidiären Verfassungsbeschwerde kann ausschliesslich die Verletzung von verfassungsmässigen Rechten gerügt werden (Art. 116 BGG). Diesbezüglich gilt eine qualifizierte Rügepflicht. Das Bundesgericht prüft die Verletzung von Grundrechten nicht von Amtes wegen, sondern nur insofern, als eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (Art. 117 in Verbindung mit Art. 106 Abs. 2 BGG). Dies bedeutet, dass klar und detailliert anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids darzulegen ist, inwiefern verfassungsmässige Rechte verletzt worden sein sollen (BGE 135 III 232 E. 1.2; 134 I 83 E. 3.2; je mit weiteren Hinweisen). Die Begründung hat ferner in der Beschwerdeschrift selbst zu erfolgen und der blosse Verweis auf Ausführungen in anderen Rechtsschriften oder auf die Akten reicht nicht aus (BGE 143 II 283 E. 1.2.3; 140 III 115 E. 2). 4. Die Eingabe der Beschwerdeführerin vom 4. Juli 2021 erfüllt die genannten Begründungsanforderungen offensichtlich nicht. Sie zeigt nicht unter Bezugnahme auf die Erwägungen der angefochtenen Entscheide des Obergerichts des Kantons Zürich vom 1. und 11. Juni 2021 auf, inwiefern der Vorinstanz eine Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorzuwerfen wäre. Vielmehr verweist sie in unzulässiger Weise auf ihre Rechtsmitteleingabe an das Obergericht. Auf die Beschwerden ist somit mangels hinreichender Begründung nicht einzutreten (Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG). 5. Das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege für das bundesgerichtliche Verfahren ist bereits wegen Aussichtslosigkeit abzuweisen (Art. 64 Abs. 1 BGG). Die Beschwerdeführerin wird bei diesem Verfahrensausgang kostenpflichtig (Art. 66 Abs. 1 BGG). Dem Beschwerdegegner und der Verfahrensbeteiligten stehen keine Parteientschädigungen zu (Art. 68 Abs. 2 und 3 BGG). Demnach erkennt die Präsidentin: 1. Die Beschwerden in den Verfahren 4D_45/2021 und 4D_47/2021 werden gemeinsam behandelt. 2. Das Gesuch um Verfahrenssistierung wird abgewiesen. 3. Auf die Beschwerden wird nicht eingetreten. 4. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege für das bundesgerichtliche Verfahren wird abgewiesen. 5. Die Gerichtskosten von Fr. 300.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 6. Es werden keine Parteientschädigungen zugesprochen. 7. Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin, dem Obergericht des Kantons Zürich, I. Zivilkammer, und der Verfahrensbeteiligten schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. August 2021 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Hohl Der Gerichtsschreiber: Leemann
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 1B_187/2010 Urteil vom 14. Juni 2010 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Féraud, Präsident, Gerichtsschreiber Pfäffli. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, gegen Unbekannten Beschwerdegegner. Gegenstand Strafverfahren. Erwägungen: 1. X._ wandte sich im Zusammenhang mit einer Strafanzeige vom 25. Mai 2010 mit Eingabe vom 8. Juni 2010 an das Bundesgericht und ersuchte um "sofortigen Erlass einer vorsorglichen Verfügung". Ein der Beschwerde an das Bundesgericht unterliegender Entscheid lässt sich weder der Beschwerdeschrift noch den eingereichten Beschwerdebeilagen entnehmen. Da ein taugliches Anfechtungsobjekt nicht ansatzweise ersichtlich ist, ist bereits aus diesem Grund auf die Beschwerde nicht einzutreten. Ausserdem geht aus der Beschwerde nicht hervor, inwiefern ein allfälliges Anfechtungsobjekt Recht im Sinne von Art. 42 Abs. 2 BGG verletzen sollte. Nach dem Gesagten ist im vereinfachten Verfahren nach Art. 108 Abs. 1 BGG auf die Beschwerde nicht einzutreten. 2. Auf eine Kostenauflage kann verzichtet werden (Art. 66 Abs. 1 BGG). Mit dem Entscheid in der Sache selbst wird das vom Beschwerdeführer gestellte Gesuch um Erlass einer vorsorglichen Massnahme gegenstandslos. Der Beschwerdeführer wird darauf aufmerksam gemacht, dass das Bundesgericht inskünftig Eingaben der vorliegenden Art formlos ablegen wird. Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 14. Juni 2010 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Féraud Pfäffli
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 1C_676/2019, 1C_454/2020 Arrêt du 23 mars 2021 Ire Cour de droit public Composition MM. et Mme les Juges fédéraux Kneubühler, Président, Jametti et Merz. Greffier : M. Kurz. Participants à la procédure A._ SA, représentée par Mes François Bellanger et Milena Pirek, avocats, recourante, contre Conseil d'Etat de la République et canton de Genève, rue de l'Hôtel-de-Ville 2, 1204 Genève, Objet 1C_676/2019 Gel des dérogations concernant la densité en zone villas; communiqué de presse du Département du territoire du 28 novembre 2019, 1C_454/2020 Gel des dérogations concernant la densité en zone villas; recevabilité du recours à la Chambre constitutionnelle cantonale, recours contre le communiqué de presse du Département du territoire de la République et canton de Genève du 28 novembre 2019 et contre l'arrêt de la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre constitutionnelle, du 19 juin 2020. Faits : A. Le chapitre 6 de la loi genevoise sur les constructions et installations diverses, du 14 avril 1988 (LCI, RS/GE L 5 05) est consacré à la cinquième zone (zone villas). Sa section 1 traite du rapport des surfaces et de l'ordre des constructions. L'art. 59 LCI (rapport des surfaces) prévoit en particulier (al. 1) que la surface de la construction, exprimée en m2 de plancher, doit représenter entre 25% et 30% de la surface de la parcelle. L'art. 59 al. 4 LCI, dans sa teneur au 26 janvier 2013, est formulé comme suit: Lorsque les circonstances le justifient et que cette mesure est compatible avec le caractère, l'harmonie et l'aménagement du quartier, le département: a) peut autoriser, après consultation de la commune et de la commission d'architecture, un projet de construction en ordre contigu ou sous forme d'habitat groupé dont la surface de plancher habitable n'excède pas 40 % de la surface du terrain, 44 % lorsque la construction est conforme à un standard de haute performance énergétique, 48 % lorsque la construction est conforme à un standard de très haute performance énergétique, reconnue comme telle par le service compétent; b) peut autoriser exceptionnellement, lorsque la surface totale de la parcelle ou d'un ensemble de parcelles contiguës est supérieure à 5000 m2, avec l'accord de la commune exprimé sous la forme d'une délibération municipale et après la consultation de la commission d'architecture, un projet de construction en ordre contigu ou sous forme d'habitat groupé dont la surface de plancher habitable n'excède pas 50 % de la surface du terrain, 55 % lorsque la construction est conforme à un standard de haute performance énergétique, 60 % lorsque la construction est conforme à un standard de très haute performance énergétique, reconnue comme telle par le service compétent. B. Le 28 novembre 2019, la Chancellerie d'Etat du canton de Genève a fait paraître sur le site Internet de l'Etat de Genève, un communiqué de presse du département cantonal du territoire (ci-après: DT) intitulé "Zone villas: gel des dérogations concernant la densité". Il est ainsi rédigé: "Le département du territoire (DT) n'accordera plus de dérogations pour les projets de densification en zone villas au sens de l'article 59 al. 4 LCI. Cette mesure, qui concerne la zone villas appelée à le rester, entre en vigueur le 28 novembre 2019. Elle sera levée lorsque la stratégie de densification de ces périmètres sera achevée, afin que les conditions et critères qualitatifs et environnementaux soient évalués et définis. Cela passe notamment par l'établissement systématique d'une vision urbanistique à l'échelle communale. Le canton souhaite ainsi établir les conditions-cadre pour plus de durabilité au développement de cette zone". Il est ensuite expliqué qu'environ 160 hectares de zone villas ont été consommés ces cinq dernières années. Dans le but de mieux encadrer la densification de cette zone, le DT voulait mettre en place une démarche confirmant le dispositif en vigueur depuis l'adoption de l'article 59 al. 4 LCI en 2013, tout en conditionnant directement son application à l'existence d'une stratégie de densification communale. Le traitement des demandes de dérogation reprendrait une fois réunies les conditions suivantes: mise à jour des plans directeurs communaux; mise en place d'un groupe de travail canton-communes sur les impacts en termes d'équipement de la densification de la zone 5; mise à jour des fiches (A03 et A04) du plan directeur cantonal en lien avec la zone 5. Ce plan de mesures à moyen et long termes devait permettre d'assurer un développement plus harmonieux de ces précieux périmètres. Une présentation informatique a été mise en lien avec ce communiqué. C. La société A._ SA a pour but, selon le registre du commerce, tous travaux d'architecture et d'informatique, ainsi que toutes transactions, activités et promotions immobilières. Elle a recouru auprès de la Chambre constitutionnelle de la Cour de justice du canton de Genève contre ce communiqué qu'elle considérait être une ordonnance administrative interprétative. Elle estimait que cette mesure violait l'art. 59 al. 4 LCI, les principes de parallélisme des formes, de la proportionnalité et de la bonne foi, ainsi que la liberté économique. Par acte du 23 décembre 2020 (cause 1C_676/2019), A._ SA a également formé directement un recours en matière de droit public au Tribunal fédéral dirigé contre la même mesure. Elle conclut à son annulation. Subsidiairement, elle demande qu'un régime transitoire soit aménagé pour les projets de constructions déposés par la recourante jusqu'au 30 janvier 2020. Cette procédure a été suspendue par ordonnance du 30 décembre 2019 jusqu'à droit connu sur le recours cantonal. Par arrêt du 19 juin 2020, la Chambre constitutionnelle a déclaré le recours irrecevable. L'acte attaqué ne constituait pas une ordonnance administrative destinée aux services de l'Etat, mais une simple communication au sujet d'un changement de pratique. Les décisions de refus de dérogation pouvaient être contestées par les voies de droit ordinaires. Même s'il s'agissait d'une ordonnance administrative, elle ne pouvait donc pas être soumise à la Chambre constitutionnelle dont les compétences se limitaient aux actes normatifs cantonaux. Par acte du 26 août 2020, A._ SA recourt également auprès du Tribunal fédéral contre l'arrêt de la Chambre constitutionnelle (cause 1C_454/2020). Elle conclut à l'annulation de cet arrêt et de l'acte publié le 28 novembre 2019. Subsidiairement, elle conclut au renvoi de la cause à la Chambre constitutionnelle. La cause 1C_676/2019 a été reprise par ordonnance du 25 juin 2020. Le Conseil d'Etat conclut à l'irrecevabilité, subsidiairement au rejet du recours. La recourante a à nouveau demandé la suspension de la cause jusqu'à droit connu dans la cause 1C_454/2020. La société B._, recourante dans une cause connexe, s'est opposée à cette suspension, qui a été refusée par ordonnance du 13 octobre 2020. Dans ses écritures du 16 novembre 2020, la recourante se prononce notamment sur l'existence d'un intérêt actuel au recours et persiste dans ses conclusions. Les parties se sont encore déterminées les 14 décembre 2020 (Conseil d'Etat) et 18 janvier 2021 (recourante). Dans la cause 1C_454/2020, la Chambre constitutionnelle se réfère à son arrêt. Elle relève que le 30 juin 2020, le DT a annoncé la fin du gel des dérogations en zone villas, ce qui remettrait en cause l'intérêt actuel au recours. Le Conseil d'Etat conclut au rejet du recours. La recourante s'est déterminée, notamment sur la question de son intérêt à recourir. Les parties se sont encore déterminées les 14 décembre 2020 (Conseil d'Etat) et 18 janvier 2021 (recourante). Considérant en droit : 1. Les deux recours sont formés dans le même contexte par la même partie recourante, et posent des questions similaires. Il se justifie de les joindre afin qu'il soit statué à leur sujet par un seul et même arrêt (art. 71 LTF et 24 PCF). 1.1. Le premier recours est dirigé directement contre un acte que la recourante qualifie d'ordonnance administrative. Il serait recevable à condition que cet acte puisse être considéré comme un acte normatif au sens de l'art. 82 let. b LTF. Le second recours est formé contre un arrêt d'irrecevabilité rendu par la Chambre constitutionnelle pour des motifs ayant également trait à la nature de l'acte attaqué. Cette question, pertinente dans les deux causes car elle concerne la recevabilité du premier recours et le bien-fondé du second, sera examinée ci-dessous (consid. 2). 1.2. Compte tenu de la réponse apportée à cette question, il n'y a pas lieu de s'interroger sur la qualité pour agir de la recourante (qui n'explique guère en quoi elle serait directement concernée par le gel des dérogations), ni sur son intérêt actuel au recours (compte tenu de la levée du gel des dérogations, envisagée par le DT dans un communiqué du 20 juin 2020, et de la modification législative entrée en vigueur le 28 novembre 2020). Le recours formé contre un arrêt cantonal d'irrecevabilité est par ailleurs recevable, la recourante ne pouvant toutefois conclure dans ce cadre qu'au renvoi de la cause à la Chambre constitutionnelle afin qu'elle statue sur le fond (ATF 143 I 344 consid. 4). 2. La recourante considère que la mesure annoncée le 28 novembre 2019 constituerait une ordonnance administrative déployant des effets externes, assimilable à un acte normatif. Cette mesure préciserait à l'attention des autorités le sens des notions indéterminées figurant à l'art. 59 al. 4 LCI et supprimerait ainsi le pouvoir d'appréciation reconnu par cette disposition. Elle déploierait des effets directs sur la situation juridique des particuliers puisqu'elle les empêcherait d'obtenir des dérogations en zone villas. La recourante relève que la mesure en question ne donnera pas lieu à une décision concrète rendue à son égard, susceptible d'être contestée, puisqu'elle n'a pas encore déposé de dossier impliquant une demande de dérogation. En tant que bureau d'architectes, elle n'aurait pas qualité pour agir contre un refus. Les administrés auraient besoin de savoir immédiatement s'ils doivent ou non adapter leur projet. Dans le recours dirigé contre l'arrêt de la Chambre constitutionnelle, la recourante relève que le recours est ouvert, selon l'art. 124 let. a Cst./GE (RS 131.234), contre les actes normatifs cantonaux. En l'occurrence, sous la forme d'un communiqué de presse, le DT a annoncé un changement de pratique dans l'interprétation de l'art. 59 al. 4 LCI. La recourante relève que tout document par lequel une autorité synthétise et récapitule sa propre pratique, sous quelque forme que ce soit, serait une ordonnance administrative. Elle estime que le destinataire principal de cette communication serait l'administration, chargée d'appliquer la disposition en cause. Le recours abstrait serait ouvert, dès lors que la communication litigieuse déploierait des effets externes sans donner lieu à une décision formelle attaquable. 2.1. Selon l'art. 82 let. b LTF, le recours en matière de droit public est ouvert à l'encontre des actes normatifs cantonaux. La notion d'acte normatif correspond à celle d'arrêté cantonal qui prévalait sous l'empire de l'ancienne loi fédérale d'organisation judiciaire du 16 décembre 1943 (art. 84 aOJ). Il s'agit d'un acte général (destiné à s'appliquer à un nombre indéterminé de personnes) et abstrait (se rapportant à un nombre indéterminé de situations) qui affecte d'une façon quelconque la situation juridique des particuliers, notamment en leur imposant une obligation de faire, de s'abstenir ou de tolérer ou en réglant de toute autre manière et de façon obligatoire leur relation avec l'Etat, ou encore qui a trait à l'organisation des autorités (ATF 136 II 415 consid. 1.1; 135 II 328 consid. 2.1; 121 I 42 consid. 2a; 173 consid. 2a). 2.2. Ne sont en revanche pas considérées comme actes normatifs les ordonnances administratives. Il s'agit d'actes servant à régler le fonctionnement de l'administration, destinés aux employés et services de l'Etat. Elles peuvent régir l'organisation et l'exécution des tâches de l'administration, ou viser à une application uniforme du droit en agissant sur l'exercice du pouvoir d'appréciation et l'application de dispositions contenant des notions juridiques indéterminées (ATF 128 I 167 consid. 4.3). En vertu de la jurisprudence, une ordonnance administrative peut toutefois exceptionnellement être attaquée par la voie du recours en matière de droit public lorsque, d'une part, elle déploie des effets externes - c'est-à-dire qu'elle porte atteinte au moins indirectement à la position juridique des administrés - et que, d'autre part, son application ne peut pas se traduire dans une décision formelle contre laquelle l'administré pourrait recourir de manière efficace et raisonnable en invoquant ses droits fondamentaux (ATF 136 II 415 consid. 1.1; 128 I 167 c. 4.3; 125 I 313 consid. 2a; 122 I 44 consid. 2a; arrêt 2C_613/2015 du 7 mars 2017 consid. 2.2.1). 2.3. Selon la teneur essentielle du communiqué du 28 novembre 2019, le DT déclare qu'il n'accordera plus de dérogations pour les projets de densification en zone villas au sens de l'art. 59 al. 4 LCI. Cette communication n'est pas adressée aux services subordonnés de l'administration puisque c'est le DT lui-même qui est compétent pour accorder les dérogations en question. Davantage qu'une directive, l'acte en question est une information sur la manière dont sera à l'avenir appliquée la disposition cantonale. Les justiciables sont ainsi informés d'un changement de pratique d'ores et déjà décidé par l'autorité compétente. Si le DT a décidé, pour des motifs de prévisibilité et de transparence, de publier une telle information, la volonté de l'autorité de changer sa propre pratique ne paraît pas constituer en tant que telle un acte assimilable à un acte normatif attaquable. La question peut toutefois demeurer indécise - comme l'a également estimé la cour cantonale -, car la seconde condition posée par la jurisprudence pour admettre un recours contre une ordonnance administrative n'est, de toute façon, à l'évidence pas satisfaite. 2.4. En effet, un refus du département cantonal d'accorder une dérogation sur la base de l'art. 59 al. 4 LCI, en vertu de sa nouvelle pratique, est évidemment susceptible de faire l'objet d'un recours auprès du Tribunal administratif de première instance conformément à l'art. 145 LCI, puis de la Chambre administrative de la Cour de justice (art. 149 LCI). Il en va de même de tout refus ou retard à statuer sur ce point (art. 4 al. 4 de la loi genevoise sur la procédure administrative - LPA, RS/GE E 5 10), de sorte que les justiciables disposent d'une protection juridique immédiate et efficace, y compris le cas échéant jusqu'au Tribunal fédéral. La recourante relève qu'il ne serait pas raisonnable d'exiger du justiciable qu'il dépose une demande d'autorisation vouée d'emblée à l'échec. Il n'en demeure pas moins qu'une protection juridique suffisante est à disposition des particuliers ayant déposé une demande de dérogation, ou ayant l'intention de le faire. Il n'est pas non plus déterminant que la recourante, en tant que prestataire de services, n'ait pas qualité pour recourir contre un éventuel refus. Le cas échéant, un recours pourrait être déposé par l'un de ses mandants destinataire d'une décision de refus, ce qui satisfait à l'exigence d'un recours concret effectif. Les conditions restrictives posées pour un contrôle d'une ordonnance administrative n'étant pas réunies, le recours formé directement contre le communiqué de presse du 28 novembre 2019 (cause 1C_676/2019) est irrecevable. 3. Dans son recours dirigé contre l'arrêt de la Chambre constitutionnelle (cause 1C_454/2020), la recourante se plaint d'une constatation inexacte des faits et d'une violation de son droit d'être entendue. Contrairement à ce que relève l'arrêt attaqué, elle avait fait valoir des observations complémentaires le 15 mai 2020, mais l'instance précédente n'en aurait pas tenu compte. 3.1. L'indication de l'arrêt cantonal selon laquelle la recourante aurait renoncé à formuler des observations dans le délai fixé (ch. 10 des considérants en fait), apparaît manifestement inexacte. Dans sa réponse au recours, la cour cantonale admet en effet que l'écriture de la recourante du 15 mai 2020 a bien été reçue et transmise pour information au Conseil d'Etat. Même si, comme l'affirme la Chambre constitutionnelle, la mention de l'absence d'une réplique de la recourante constitue une simple erreur de plume, l'état de fait peut être corrigé dans ce sens, conformément à l'art. 105 al. 2 LTF. 3.2. Contrairement toutefois à ce que soutient la recourante, la Chambre constitutionnelle n'a pas totalement ignoré la dernière écriture de la recourante: celle-ci a été transmise au Conseil d'Etat, pour information. Ce dernier a ensuite déposé une duplique spontanée, mais cette écriture lui a été retournée au motif qu'elle n'avait pas été autorisée. La recourante, qui s'était opposée au dépôt de cette écriture, en a d'ailleurs été informée. Pour sa part, la Chambre constitutionnelle affirme avoir pris connaissance de la dernière écriture de la recourante avant de statuer le 19 juin suivant. Elle n'est évidemment pas en mesure de prouver formellement ce fait, mais il ressort de la lecture de son arrêt que l'ensemble des points pertinents soulevés en réplique ont été traités, conformément au droit d'être entendue de la recourante et à l'obligation de motiver: la cour cantonale a en effet examiné la nature du communiqué de presse (consid. 4-5), ses effets externes (consid. 6) et la protection juridique accordée aux personnes concernées. Les griefs de fond (violation du pouvoir d'appréciation de l'autorité administrative et du principe de séparation des pouvoirs) n'ont en revanche pas été abordés, mais ils n'avaient pas à l'être puisque la cour cantonale n'est pas entrée en matière. Il n'y a dès lors pas de violation du droit d'être entendue de la recourante. 4. Sur le fond, dans la procédure 1C_454/2020, la recourante se plaint d'arbitraire dans l'application de l'art. 130B al. 1 let. a de la loi genevoise d'organisation judiciaire du 26 septembre 2010 (OJ/GE, RS/GE E 2 05). Elle relève que l'art. 124 let. a Cst./GE mentionne les "normes cantonales" et considère là aussi que le communiqué de presse du département cantonal constituerait une ordonnance administrative interprétative susceptible de faire l'objet d'un contrôle abstrait. 4.1. Dans la mesure où le grief se rapporte à l'interprétation d'une norme de procédure cantonale, c'est avec raison que la recourante invoque uniquement le grief d'arbitraire. Une décision est arbitraire lorsqu'elle viole gravement une norme ou un principe juridique clair et indiscuté, ou lorsqu'elle contredit d'une manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité. Le Tribunal fédéral n'a pas à déterminer quelle est l'interprétation correcte que l'autorité cantonale aurait dû donner des dispositions applicables; il doit uniquement examiner si l'interprétation qui a été faite est défendable. Par conséquent, si celle-ci ne se révèle pas déraisonnable ou manifestement contraire au sens et au but de la disposition ou de la législation cantonale en cause, elle sera confirmée, même si une autre solution paraît également concevable, voire préférable. De plus, il ne suffit pas que les motifs de la décision attaquée soient insoutenables, encore faut-il que cette dernière soit arbitraire dans son résultat (ATF 144 I 170 consid. 7.3; arrêt 1C_228/2018 du 18 juillet 2019 consid. 9.1). Dans ce contexte, les recourants sont soumis aux exigences accrues de motivation de l'art. 106 al. 2 LTF. 4.2. Contrairement à ce que soutient la recourante, la cour cantonale n'a pas exclu qu'une ordonnance administrative puisse faire l'objet d'un contrôle abstrait. Elle a toutefois considéré que la communication du 28 novembre 2019, quel que soit son intitulé, ne constituait pas une telle ordonnance faute d'être destinée aux services subordonnés de l'administration. Même s'il devait s'agir d'une telle ordonnance, la possibilité d'obtenir des décisions d'application pouvant être contestée par leurs destinataires excluait un contrôle abstrait de cet acte. Ces considérations sont, comme on l'a vu, conformes à la jurisprudence (consid. 2). A fortiori, elles échappent donc au grief d'arbitraire. 5. Sur le vu de ce qui précède, le recours 1C_676/2019 dirigé contre le communiqué du 28 novembre 2019 est irrecevable. Le recours 1C_454/2020 formé contre l'arrêt de la Chambre constitutionnelle est rejeté dans la mesure où il est recevable. Les frais judiciaires sont mis à la charge de la recourante qui succombe, conformément à l'art. 66 al. 1 LTF. La recourante ne saurait prétendre - comme elle le fait en réplique - qu'elle a recouru contre l'arrêt de la Chambre constitutionnelle uniquement en raison de la violation du droit d'être entendue dont elle se prétend victime (absence de prise en compte de sa réplique; cf. consid. 3). Comme cela est relevé ci-dessus, il n'y a pas de violation du droit d'être entendu sur ce point et l'absence de mention de la réplique déposée le 15 mai 2020 ne saurait être considérée comme un motif essentiel du recours. Il n'y a donc pas lieu de mettre tout ou partie des frais judiciaires à la charge de l'Etat de Genève. La société B._ ne s'est déterminée que sur la demande de suspension de la procédure déposée par la recourante. Ni elle, ni le Conseil d'Etat (art. 68 al. 3 LTF) n'ont droit à des dépens. Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Les causes 1C_676/2019 et 1C_454/2020 sont jointes. 2. Le recours formé contre le communiqué du 28 novembre 2019 (cause 1C_676/2019) est irrecevable. 3. Le recours formé contre l'arrêt de la Chambre constitutionnelle du canton de Genève du 19 juin 2020 (cause 1C_454/2020) est rejeté dans la mesure où il est recevable. 4. Les frais judiciaires, arrêtés à 6'000 fr. pour les deux procédures, sont mis à la charge de la recourante. Il n'est pas alloué de dépens. 5. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires de la recourante, au Conseil d'Etat de la République et canton de Genève, au Département du territoire de la République et canton de Genève, à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre constitutionnelle, ainsi qu'à Mes Paul Hanna et Yannick Fernandez. Lausanne, le 23 mars 2021 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président : Kneubühler Le Greffier : Kurz
5,135
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1C_676/2019
Public
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 6B_10/2019 Verfügung vom 15. Februar 2019 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Denys, Präsident, Gerichtsschreiberin Arquint Hill. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, gegen Staatsanwaltschaft des Kantons Schaffhausen, Bahnhofstrasse 29, 8200 Schaffhausen, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Verletzung von Verkehrsregeln, Beschwerde gegen die Verfügung des Obergerichts des Kantons Schaffhausen vom 26. Oktober 2018 (51/2018/63/D). Der Präsident zieht in Erwägung: Der Beschwerdeführer erhob gegen die Verfügung des Obergerichts des Kantons Schaffhausen vom 26. Oktober 2018 wegen Verletzung der Verkehrsregeln (Rechtskraft des Strafbefehls) Beschwerde in Strafsachen. Der Beschwerdeführer ist am 23. Januar 2019 verstorben. Die Beschwerde ist als gegenstandslos geworden vom Geschäftsverzeichnis abzuschreiben. Demnach verfügt der Präsident: 1. Die Beschwerde wird als gegenstandslos geworden vom Geschäftsverzeichnis abgeschrieben. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Diese Verfügung wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Schaffhausen schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 15. Februar 2019 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Denys Die Gerichtsschreiberin: Arquint Hill
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 5A_344/2021 Urteil vom 1. Juni 2021 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Escher, präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiber Zingg. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, gegen Betreibungsamt Olten-Gösgen, Amthausquai 23, 4601 Olten. Gegenstand Berechnung des Existenzminimums, Beschwerde gegen das Urteil der Aufsichtsbehörde für Schuldbetreibung und Konkurs des Kantons Solothurn vom 26. April 2021 (SCBES.2021.8). Erwägungen: 1. Am 27. Januar 2021 berechnete das Betreibungsamt Olten-Gösgen das Existenzminimum des Beschwerdeführers und pfändete den das Existenzminimum von Fr. 2'430.-- übersteigenden Betrag. Dagegen erhob der Beschwerdeführer Beschwerde bei der Aufsichtsbehörde für Schuldbetreibung und Konkurs des Kantons Solothurn. Er verlangte die Berücksichtigung der Unterhaltsbeiträge von Fr. 850.-- im Existenzminimum, die er gemäss Scheidungsurteil vom 11. November 2010 an seine Tochter zu leisten habe. Mit Urteil vom 26. April 2021 wies die Aufsichtsbehörde die Beschwerde ab. Dagegen hat der Beschwerdeführer am 4. Mai 2021 Beschwerde an das Bundesgericht erhoben. Am 6. Mai 2021 hat das Bundesgericht dem Beschwerdeführer mitgeteilt, dass die Beschwerdefrist nicht erstreckt werden kann (Art. 47 Abs. 1 BGG). 2. Der Beschwerdeführer verlangte die Fristerstreckung, um Beweismittel einzureichen. Neue Beweismittel sind vor Bundesgericht jedoch grundsätzlich unzulässig (Art. 99 Abs. 1 BGG). Insbesondere könnte die vom Beschwerdeführer angestrebte Neubeurteilung des (abgeänderten) Scheidungsurteils des Richteramts Olten-Gösgen vom 11. November 2010 nicht berücksichtigt werden. 3. Nach Art. 42 Abs. 2 BGG ist in der Beschwerdebegründung in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt. Der Beschwerdeführer geht jedoch auf das angefochtene Urteil überhaupt nicht ein, worin ausgeführt wird, dass im Urteil vom 11. November 2010 keine über die Mündigkeit hinausgehende Unterhaltspflicht des Beschwerdeführers für seine Tochter festgesetzt worden sei und es fraglich erscheine, ob er gegenüber seiner Tochter nach Art. 277 Abs. 2 ZGB noch unterhaltspflichtig sei, womit das Betreibungsamt zu Recht die Vorlage eines aktuellen richterlichen Urteils sowie von Zahlungsquittungen verlangt habe. 4. Die Beschwerde enthält damit offensichtlich keine hinreichende Begründung. Auf sie ist im vereinfachten Verfahren durch das präsidierende Mitglied der Abteilung nicht einzutreten (Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG). 5. Es rechtfertigt sich ausnahmsweise, auf die Erhebung von Gerichtskosten zu verzichten (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und der Aufsichtsbehörde für Schuldbetreibung und Konkurs des Kantons Solothurn schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 1. Juni 2021 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Zingg
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 1P.405/2002 /mde Sentenza del 20 settembre 2002 I Corte di diritto pubblico Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e vicepresidente del Tribunale federale, Féraud e Catenazzi, cancelliere Crameri. X._, ricorrente, patrocinato dall'avv. Niccolò Salvioni, via Gallinazza 6, casella postale 143, 6601 Locarno, contro Y._, patrocinato dall'avv. Filippo Ferrari, via Nassa 36-38, casella postale 2638, 6901 Lugano, Ministero pubblico del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 6901 Lugano, Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 6901 Lugano. procedimento penale (ricusa; decreto di abbandono; proposta di atto d'accusa), (ricorso di diritto pubblico contro la sentenza del 4 luglio 2002 della Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino) Fatti: Fatti: A. Il 1° dicembre 1998 X._ ha denunciato Y._ per estorsione aggravata, appropriazione indebita aggravata e falsità in documenti, costituendosi nel contempo parte civile. Il Procuratore pubblico del Cantone Ticino avv. J._ (PP), promossa l'accusa contro il denunciato ed esperita l'istruzione formale, ha ordinato, il 29 dicembre 2000, il deposito degli atti. L'8 gennaio 2001 X._ ha presentato alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) una domanda di ricusa del PP. La Corte cantonale ha respinto l'istanza con decisione del 2 marzo 2001, che X._ ha impugnato, senza successo, dinanzi al Tribunale federale (sentenza del 19 luglio 2001, causa 1P.245/2001, apparsa parzialmente in RDAT I-2002 n. 10 pag. 190). A. Il 1° dicembre 1998 X._ ha denunciato Y._ per estorsione aggravata, appropriazione indebita aggravata e falsità in documenti, costituendosi nel contempo parte civile. Il Procuratore pubblico del Cantone Ticino avv. J._ (PP), promossa l'accusa contro il denunciato ed esperita l'istruzione formale, ha ordinato, il 29 dicembre 2000, il deposito degli atti. L'8 gennaio 2001 X._ ha presentato alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) una domanda di ricusa del PP. La Corte cantonale ha respinto l'istanza con decisione del 2 marzo 2001, che X._ ha impugnato, senza successo, dinanzi al Tribunale federale (sentenza del 19 luglio 2001, causa 1P.245/2001, apparsa parzialmente in RDAT I-2002 n. 10 pag. 190). B. Il 27 agosto 2001 il PP ha notificato alle parti la chiusura dell'istruzione formale e il 29 agosto 2001 ha decretato l'abbandono del procedimento penale contro il denunciato. X._ ha impugnato questa decisione dinanzi al Giudice dell'istruzione e dell'arresto del Cantone Ticino (GIAR) che, con giudizio del 10 settembre 2001, ha respinto il gravame. Un ricorso di diritto pubblico presentato da X._ contro questa decisione è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale federale con sentenza del 31 ottobre 2001 (causa 1P.649/2001). B. Il 27 agosto 2001 il PP ha notificato alle parti la chiusura dell'istruzione formale e il 29 agosto 2001 ha decretato l'abbandono del procedimento penale contro il denunciato. X._ ha impugnato questa decisione dinanzi al Giudice dell'istruzione e dell'arresto del Cantone Ticino (GIAR) che, con giudizio del 10 settembre 2001, ha respinto il gravame. Un ricorso di diritto pubblico presentato da X._ contro questa decisione è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale federale con sentenza del 31 ottobre 2001 (causa 1P.649/2001). C. Con un unico giudizio del 4 luglio 2002, la CRP ha respinto, in quanto ricevibili, un'istanza di ricusa del 3/4 settembre 2001 presentata dal denunciante nei confronti del PP e un'istanza di revoca del decreto di abbandono del procedimento penale; ha inoltre dichiarato inammissibile una proposta di atto di accusa. C. Con un unico giudizio del 4 luglio 2002, la CRP ha respinto, in quanto ricevibili, un'istanza di ricusa del 3/4 settembre 2001 presentata dal denunciante nei confronti del PP e un'istanza di revoca del decreto di abbandono del procedimento penale; ha inoltre dichiarato inammissibile una proposta di atto di accusa. D. X._ impugna questa sentenza con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede, in via preliminare, di concedere effetto sospensivo al gravame e di metterlo al beneficio dell'assistenza giudiziaria (nel senso di esonerarlo dalle spese processuali e dal fornire ripetibili e di concedergli il gratuito patrocinio) e, nel merito, di annullare la decisione impugnata. Y._ postula la reiezione dell'impugnativa. Il Ministero pubblico del Cantone Ticino propone di respingere il ricorso, rimettendosi nondimeno al giudizio del Tribunale federale, conclusione, quest'ultima, formulata anche dalla CRP. Y._ postula la reiezione dell'impugnativa. Il Ministero pubblico del Cantone Ticino propone di respingere il ricorso, rimettendosi nondimeno al giudizio del Tribunale federale, conclusione, quest'ultima, formulata anche dalla CRP. E. Avverso la decisione impugnata il ricorrente ha inoltrato altresì, a titolo puramente cautelare, un ricorso per cassazione al Tribunale federale, dichiarato inammissibile con sentenza del 20 agosto 2002 (causa 6S.333/2002). Diritto: Diritto: 1. Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio esperito, senza essere vincolato, in tale ambito, agli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 128 I 46 consid. 1a). 1.1 Con la decisione impugnata la CRP ha respinto, con un unico giudizio, un'istanza di ricusa e una di revoca di un decreto di abbandono e ha dichiarato irricevibile una proposta di atto di accusa. Il ricorso, tempestivo (art. 89 OG) e proposto contro una decisione finale presa in ultima istanza cantonale è ricevibile dal profilo degli art. 86 e 87 OG. 1.2 Secondo l'art. 88 OG il diritto di presentare un ricorso di diritto pubblico spetta ai privati che si trovano lesi nei loro diritti da decisioni che li riguardano personalmente o che rivestono carattere obbligatorio generale. È irrilevante la circostanza ch'essi avessero qualità di parte nella sede cantonale (DTF 123 I 279 consid. 3b, 121 I 267 consid. 2). Per costante giurisprudenza, il denunciante, la parte lesa o la parte civile, cui manca la qualità di vittima ai sensi della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati del 4 ottobre 1991 (LAV; RS 312.5), non sono, di massima, legittimati a impugnare nel merito decisioni concernenti procedimenti penali nei quali erano, in quella veste, interessati; non sono in particolare legittimati a impugnare i giudizi con cui è stato pronunciato l'abbandono di un procedimento penale o è stata respinta la loro istanza di apertura dell'istruzione formale o di promozione dell'accusa. La pretesa punitiva spetta infatti unicamente allo Stato ed essi non possono quindi prevalersi di un interesse giuridico ai sensi dell'art. 88 OG (DTF 125 I 253 consid. 1b e rinvii; sentenza del 21 dicembre 1999 nella causa B., consid. 3, pubblicata in RDAT I-2000, n. 52, pag. 496 segg.; sentenza del 6 dicembre 1999 nella causa R., pubblicata in RDAT I-2000, n. 53, pag. 498 segg.; Gérard Piquerez, Procédure pénale suisse, Traité théorique et pratique, Zurigo 2000, pag. 812, n. 3820 segg.). Le citate persone non possono pertanto rimproverare all'autorità cantonale di aver violato la costituzione, segnatamente il divieto dell'arbitrio nell'applicare la legge, nell'accertare i fatti, nel valutare le prove o nell'apprezzarne la rilevanza (DTF 125 I 253 consid. 1b). Questa giurisprudenza è stata mantenuta anche dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2000, dell'art. 9 Cost. (sentenza del 16 agosto 2000 in re H., consid. 1a/aa, causa 1P.151/2000; cfr. DTF 126 I 81 consid. 3-6, 97 consid. 1a). 1.2.1 Il ricorrente, limitandosi a rilevare che, come parte lesa costituitasi parte civile, avrebbe qualità di parte in tutte e tre le decisioni contenute nell'atto impugnato, non si esprime del tutto sulla sua qualità di vittima: nella sentenza del 20 agosto 2002 (causa 6S.333/2002) il Tribunale federale l'ha negata, dal momento che si trattava di reati contro il patrimonio e che il ricorrente non precisava né comprovava, come nella presente causa, l'esistenza di lesioni fisiche o psichiche di cui soffrirebbe in seguito al preteso danno subito (consid. 2.2 - 2.4). Non v'è nessun motivo per scostarsi da quelle conclusioni, sicché manca al ricorrente la qualità di vittima e, con ciò, anche la legittimazione ricorsuale, fatta eccezione per la questione della ricusa. 1.3 Indipendentemente dalla carenza di legittimazione nel merito, il leso o il denunciante può tuttavia censurare la violazione delle garanzie procedurali che il diritto cantonale o gli art. 29 seg. Cost. e 6 CEDU gli conferiscono quale parte, sempreché tale inosservanza equivalga a un diniego di giustizia formale. Il leso o il denunciante può pertanto far valere, ad esempio, che il ricorso non sarebbe stato esaminato a torto nel merito, ch'egli non sarebbe stato sentito, che gli sarebbe stata negata la possibilità di offrire mezzi di prova o di consultare gli atti o che non gli sarebbe stata riconosciuta, a torto, la qualità di danneggiato (DTF 122 I 267 consid. 1b, 121 IV 317 consid. 3b, 120 Ia 220 consid. 2a). Per contro, egli non è legittimato a censurare la valutazione che l'autorità ha fatto delle prove da lui offerte, segnatamente la circostanza che l'assunzione di queste prove sia stata rifiutata in base alla loro irrilevanza o al loro apprezzamento anticipato. Il giudizio su tali questioni non può infatti essere distinto da quello sul merito che tuttavia, come visto, il leso o denunciate non è legittimato a impugnare (DTF 120 Ia 157 consid. 2a/bb e rinvii). 1.4 Secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG il ricorso di diritto pubblico deve contenere, pena la sua inammissibilità, l'esposizione dei fatti essenziali e quella concisa dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati, e precisare altresì in che consista tale violazione. Ciò significa che il gravame deve sempre contenere un'esauriente motivazione giuridica, dalla quale si possa dedurre se, ed eventualmente in quale misura, la decisione impugnata leda il ricorrente nei suoi diritti costituzionali (DTF 127 I 38 consid. 3c, 126 I 235 consid. 2a, 125 I 492 consid. 1b e rinvii). Nuovamente il ricorrente insiste essenzialmente nel criticare l'operato del PP, riproponendo per la maggior parte censure già presentate, ed esaminate dalle Autorità adite, nell'ambito della procedura di ricusazione. Egli non si confronta tuttavia, in modo sufficientemente chiaro e preciso, con le puntuali considerazioni contenute nella sentenza impugnata, né spiega, secondo le esigenze dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e della giurisprudenza, per quali motivi esse sarebbero contrarie al diritto, segnatamente perché sarebbero manifestamente insostenibili e quindi arbitrarie (cfr., sulla nozione di arbitrio, DTF 127 I 54 consid. 2b, 60 consid. 5a pag. 70). Tali critiche sono, nelle accennate condizioni, inammissibili anche dal profilo dell'art. 90 OG. Nuovamente il ricorrente insiste essenzialmente nel criticare l'operato del PP, riproponendo per la maggior parte censure già presentate, ed esaminate dalle Autorità adite, nell'ambito della procedura di ricusazione. Egli non si confronta tuttavia, in modo sufficientemente chiaro e preciso, con le puntuali considerazioni contenute nella sentenza impugnata, né spiega, secondo le esigenze dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e della giurisprudenza, per quali motivi esse sarebbero contrarie al diritto, segnatamente perché sarebbero manifestamente insostenibili e quindi arbitrarie (cfr., sulla nozione di arbitrio, DTF 127 I 54 consid. 2b, 60 consid. 5a pag. 70). Tali critiche sono, nelle accennate condizioni, inammissibili anche dal profilo dell'art. 90 OG. 2. Il ricorrente rimprovera alla CRP di non avergli concesso la facoltà di esprimersi oralmente e in contraddittorio, e di aver così violato il suo diritto di essere sentito. 2.1 Ribadendo ch'egli non sarebbe mai stato convocato per essere sentito o per essere sottoposto a un eventuale confronto in contraddittorio con il denunciato, il ricorrente non adduce alcuna norma che imporrebbe di udire personalmente il denunciante, né espone per quale motivo una sua audizione sarebbe stata necessaria. Limitandosi ad accennare che ne avrebbe avuto il diritto quale vittima del denunciato e quale vittima del PP, il ricorrente - che non invoca nessuna norma specifica del diritto cantonale che sancirebbe tale facoltà - disattende che le esigenze minime dedotte dall'art. 29 cpv. 2 Cost. (e, precedentemente, dall'art. 4 vCost.), non implicano, di massima, il diritto di esprimersi oralmente dinanzi all'autorità chiamata a statuire, né egli sostiene il contrario (cfr. DTF 125 I 209 consid. 9b pag. 219, 122 II 464 consid. 4c, 108 Ia 188 consid. 2a; Jörg Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999, pag. 524 seg.). Neppure il ricorrente fa valere e dimostra - tenuto conto della sua qualità di denunciante e non di accusato (cfr. Mark E. Villiger, Handbuch der Europäischen Menschenrechtskonvention, 2a ed., Zurigo 1999, n. 386 e 392) - che la sua audizione sarebbe stata necessaria; al riguardo, egli non adduce nessuna particolare circostanza documentata e concreta che la imponesse. Egli, patrocinato da un legale, ha potuto esprimersi compiutamente, e a più riprese, per iscritto. Le ulteriori, analoghe censure di violazione del diritto di essere sentito e di diniego di giustizia nei confronti del Procuratore pubblico generale esulano dall'oggetto del litigio e sono quindi inammissibili. 2.2 Il ricorrente rileva invero d'aver chiesto di essere sentito personalmente e richiama al riguardo l'art. 286 cpv. 2 CPP/TI, che dichiara applicabile alla procedura dinanzi alla CRP l'art. 283 cpv. 1 CPP/TI; secondo questa norma, invece dell'assegnazione di un termine per le osservazioni, o in ogni caso se lo ritiene opportuno, il GIAR può citare le parti a un'udienza di contraddittorio. Al riguardo il ricorrente, sostenendo che la CRP non gli avrebbe permesso di precisare e puntualizzare le accuse mosse, fa valere ch'essa avrebbe violato il suo diritto di essere sentito e sarebbe incorsa nell'arbitrio. La censura è priva di fondamento. Innanzitutto, l'art. 283 CPP/TI è una norma potestativa; inoltre, il ricorrente nemmeno tenta di spiegare perché, adottando il procedimento scritto, la CRP sarebbe incorsa nell'arbitrio; del resto, l'art. 216 cpv. 1 CPP/TI dispone che l'atto di accusa dev'essere accompagnato da un memoriale di motivazione, necessariamente scritto. Nell'ambito di tale procedura il ricorrente, patrocinato da un legale, poteva esprimersi compiutamente per iscritto, salvaguardando i suoi diritti: né egli indica alcun motivo che gli avrebbe impedito di farlo. 2.3 Sull'irricevibilità dell'atto di accusa privato il ricorrente si limita ad addurre che il PP non avrebbe considerato gli asseriti legami del denunciato con organizzazioni criminali; rileva quindi che il mancato perseguimento di quest'ultimo sarebbe arbitrario, viste le prove esistenti negli atti. Egli censura inoltre la valutazione delle prove operata dal PP nell'ambito dell'istruttoria penale, richiamando semplicemente, in maniera inammissibile visto che la motivazione dev'essere contenuta nell'atto di ricorso (DTF 115 Ia 27 consid. 4a pag. 30), alcuni atti dell'incarto. Ora, non avendo qualità di vittima secondo la LAV, egli non è legittimato a censurare nel merito la decisione impugnata, ma solo l'asserita lesione dei suoi diritti di parte (DTF 126 I 81 consid. 7b). 2.3.1 Secondo l'art. 216 CPP/TI, entro dieci giorni dall'intimazione del decreto di abbandono, la parte civile può proporre alla CRP un atto di accusa, accompagnato da un memoriale di motivazione. La Corte cantonale ha dichiarato irricevibile la proposta di atto d'accusa perché il ricorrente, invece di esporre nel memoriale l'esistenza di sufficienti indizi di colpevolezza dell'accusato, si è limitato a riproporre quanto affermato nella denuncia penale o nei suoi verbali di interrogatorio e a esporre semplici ipotesi, senza contestare quanto indicato dal PP nel decreto impugnato. Ora, quando l'ultima Autorità cantonale dichiara, come nella fattispecie, un ricorso irricevibile per ragioni formali, e non procede all'esame di merito, il ricorrente deve addurre perché quest'ultima avrebbe accertato in modo arbitrario l'assenza dei presupposti formali, in concreto quelli di motivazione previsti dall'art. 216 CPP/TI; inoltre, quando la decisione impugnata è fondata su più motivazioni indipendenti, il ricorrente deve impugnarle tutte e dimostrare che ognuna di esse è incostituzionale. La CRP ha stabilito che l'accenno del ricorrente, secondo cui egli nella denegatissima ipotesi in cui i suoi gravami venissero respinti, si riservava di adeguare l'atto di accusa e di presentare un memoriale di motivazione aggiuntivo, era irrilevante, il CPP/TI, tranne i casi previsti dall'art. 216 cpv. 2, non ritenuti adempiuti nella fattispecie, non prevedendo tale facoltà, che neppure appariva giustificata oggettivamente. Ora, il ricorrente non contesta del tutto questa motivazione abbondanziale: la sua critica è quindi inammissibile (DTF 118 Ib 26 consid. 2b, 134 consid. 2, 113 Ia 94 consid. 1a/bb; Walter Kälin, Das Verfahren der staasrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 368 seg.). 2.3.1 Secondo l'art. 216 CPP/TI, entro dieci giorni dall'intimazione del decreto di abbandono, la parte civile può proporre alla CRP un atto di accusa, accompagnato da un memoriale di motivazione. La Corte cantonale ha dichiarato irricevibile la proposta di atto d'accusa perché il ricorrente, invece di esporre nel memoriale l'esistenza di sufficienti indizi di colpevolezza dell'accusato, si è limitato a riproporre quanto affermato nella denuncia penale o nei suoi verbali di interrogatorio e a esporre semplici ipotesi, senza contestare quanto indicato dal PP nel decreto impugnato. Ora, quando l'ultima Autorità cantonale dichiara, come nella fattispecie, un ricorso irricevibile per ragioni formali, e non procede all'esame di merito, il ricorrente deve addurre perché quest'ultima avrebbe accertato in modo arbitrario l'assenza dei presupposti formali, in concreto quelli di motivazione previsti dall'art. 216 CPP/TI; inoltre, quando la decisione impugnata è fondata su più motivazioni indipendenti, il ricorrente deve impugnarle tutte e dimostrare che ognuna di esse è incostituzionale. La CRP ha stabilito che l'accenno del ricorrente, secondo cui egli nella denegatissima ipotesi in cui i suoi gravami venissero respinti, si riservava di adeguare l'atto di accusa e di presentare un memoriale di motivazione aggiuntivo, era irrilevante, il CPP/TI, tranne i casi previsti dall'art. 216 cpv. 2, non ritenuti adempiuti nella fattispecie, non prevedendo tale facoltà, che neppure appariva giustificata oggettivamente. Ora, il ricorrente non contesta del tutto questa motivazione abbondanziale: la sua critica è quindi inammissibile (DTF 118 Ib 26 consid. 2b, 134 consid. 2, 113 Ia 94 consid. 1a/bb; Walter Kälin, Das Verfahren der staasrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 368 seg.). 3. Il ricorrente adduce poi che la CRP avrebbe fondato il giudizio impugnato su un accertamento arbitrario dei fatti. La censura è inammissibile per carenza di legittimazione e sarebbe comunque infondata poichè, come d'altronde rilevato dal ricorrente medesimo, la Corte cantonale ha ritenuto che determinati fatti non erano rilevanti nell'ambito delle istanze sottoposte al suo giudizio. Del resto, il ricorrente, riunendo procedure e fattispecie diverse, si limita a proporre una diversa e personale versione e interpretazione dei fatti, senza confrontarsi con i motivi posti a fondamento del giudizio impugnato. 3.1 Il ricorrente sostiene inoltre che la CRP non avrebbe potuto, senza incorrere nell'arbitrio, congiungere le due istanze procedurali, quella di ricusa e quella sulla revoca del decreto di abbandono, con la proposta di atto d'accusa, che avrebbe dovuto essere decisa in seguito. Adduce che il PP non avrebbe condotto e concluso l'istruttoria in modo approfondito e completo. La decisione d'inammissibilità della proposta di atto d'accusa - da lui formulato in via cautelativa per il caso di reiezione delle domande pregiudiziali - sarebbe arbitraria poiché fondata su due decisioni preliminari arbitrariamente respinte. Aggiunge che il contestato giudizio congiunto sarebbe arbitrario perchè gli avrebbe imposto di proporre cautelativamente un ricorso per cassazione al Tribunale federale, rimedio inutile, essendo la procedura cantonale viziata: questo assunto non regge perché il ricorso per cassazione era manifestamente inammissibile e temerario, visto che il ricorrente non è vittima ai sensi della LAV (sentenza del 20 agosto 2002, consid. 7, causa 6S.333/2002). Del resto, viste la manifesta infondatezza delle istanze e le particolarità del caso, il censurato modo di procedere della Corte cantonale non ha violato i diritti del ricorrente. 3.1 Il ricorrente sostiene inoltre che la CRP non avrebbe potuto, senza incorrere nell'arbitrio, congiungere le due istanze procedurali, quella di ricusa e quella sulla revoca del decreto di abbandono, con la proposta di atto d'accusa, che avrebbe dovuto essere decisa in seguito. Adduce che il PP non avrebbe condotto e concluso l'istruttoria in modo approfondito e completo. La decisione d'inammissibilità della proposta di atto d'accusa - da lui formulato in via cautelativa per il caso di reiezione delle domande pregiudiziali - sarebbe arbitraria poiché fondata su due decisioni preliminari arbitrariamente respinte. Aggiunge che il contestato giudizio congiunto sarebbe arbitrario perchè gli avrebbe imposto di proporre cautelativamente un ricorso per cassazione al Tribunale federale, rimedio inutile, essendo la procedura cantonale viziata: questo assunto non regge perché il ricorso per cassazione era manifestamente inammissibile e temerario, visto che il ricorrente non è vittima ai sensi della LAV (sentenza del 20 agosto 2002, consid. 7, causa 6S.333/2002). Del resto, viste la manifesta infondatezza delle istanze e le particolarità del caso, il censurato modo di procedere della Corte cantonale non ha violato i diritti del ricorrente. 4. La CRP, rilevata la tardività della domanda di ricusa, ha ritenuto che l'invocato motivo di ricusa o di esclusione non era comunque dato, per cui il PP poteva trattare il procedimento penale, ritenendo pertanto validi il decreto di abbandono e la decisione di chiusura dell'istruzione formale da lui emanati: e ciò considerando, contrariamente all'assunto ricorsuale, anche la denuncia penale sporta dal ricorrente nei confronti del PP. Riguardo alla decisione di chiusura la CRP ha rilevato inoltre che il GIAR, adito dal ricorrente, aveva osservato ch'essa non era di principio soggetta a impugnativa e che il Tribunale federale aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato contro quel giudizio. 4.1 Il ricorrente insiste nuovamente nel criticare l'operato del PP, che ha lasciato la carica il 1° settembre 2001, riproponendo per la maggior parte censure già presentate ed esaminate. La criticata conduzione dell'inchiesta da parte del PP, già oggetto di una precedente, analoga istanza di ricusa, e in particolare le critiche di violazione del diritto di essere sentito poiché la CRP avrebbe omesso di esaminare alcune censure e di assumere ulteriori prove, sono già state esaminate dal Tribunale federale e ritenute inammissibili, rispettivamente infondate. Il Tribunale federale ha sottolineato che il ricorrente poteva rimediare alle pretese manchevolezze dell'istruzione formale presentando al magistrato inquirente un'istanza di complemento d'inchiesta, indicando i mezzi di prova ancora da assumere, e impugnando, se del caso, un'eventuale decisione negativa. In conclusione, il Tribunale federale aveva rilevato che non erano ravvisabili errori particolarmente gravi o ripetuti del PP, né un suo atteggiamento ostile nei confronti del ricorrente, che facessero dedurre l'intenzione del magistrato di nuocergli o di essere prevenuto verso di lui (sentenze del 19 luglio 2001, consid. 3c e del 31 ottobre 2001, consid. 2). In siffatte circostanze è quindi a ragione che la CRP ha ritenuto temeraria l'istanza di ricusa: la stessa conclusione vale per le - rinnovate - lamentele espresse dal ricorrente. 4.2 Sull'istanza di revoca del decreto di abbandono la CRP ha ritenuto che la denuncia penale nei confronti del PP non costituiva un "fatto" ai sensi dell'art. 221 CPP/TI scoperto dopo l'emanazione del decreto di abbandono, visto che la denuncia era stata presentata dal ricorrente e ch'essa presuppone l'avvio delle indagini preliminari. Il ricorrente non spiega e non dimostra perchè questa interpretazione dell'art. 221 CPP/TI sarebbe addirittura insostenibile e quindi arbitraria. 4.2 Sull'istanza di revoca del decreto di abbandono la CRP ha ritenuto che la denuncia penale nei confronti del PP non costituiva un "fatto" ai sensi dell'art. 221 CPP/TI scoperto dopo l'emanazione del decreto di abbandono, visto che la denuncia era stata presentata dal ricorrente e ch'essa presuppone l'avvio delle indagini preliminari. Il ricorrente non spiega e non dimostra perchè questa interpretazione dell'art. 221 CPP/TI sarebbe addirittura insostenibile e quindi arbitraria. 5. Le censure di merito non possono essere esaminate poichè il ricorrente non è vittima ai sensi della LAV. Esse sarebbero comunque infondate, visto che, anche al riguardo, egli si limita a ribadire l'asserita prevenzione del PP, su cui hanno già deciso, negandola, le Autorità cantonali e il Tribunale federale. La reiterata censura secondo cui la CRP, non denunciando il PP al Ministero pubblico perchè spetterebbe al GIAR esaminare i provvedimenti e le omissioni del PP (cfr. art. 280 CPP/TI), avrebbe violato l'art. 181 CPP/TI, oltre a esulare dalla presente vertenza, è inconsistente visto che la CRP, come il Tribunale federale, non ha riscontrato errori particolarmente gravi commessi dal PP. 5. Le censure di merito non possono essere esaminate poichè il ricorrente non è vittima ai sensi della LAV. Esse sarebbero comunque infondate, visto che, anche al riguardo, egli si limita a ribadire l'asserita prevenzione del PP, su cui hanno già deciso, negandola, le Autorità cantonali e il Tribunale federale. La reiterata censura secondo cui la CRP, non denunciando il PP al Ministero pubblico perchè spetterebbe al GIAR esaminare i provvedimenti e le omissioni del PP (cfr. art. 280 CPP/TI), avrebbe violato l'art. 181 CPP/TI, oltre a esulare dalla presente vertenza, è inconsistente visto che la CRP, come il Tribunale federale, non ha riscontrato errori particolarmente gravi commessi dal PP. 6. 6.1 L'emanazione del presente giudizio rende superflua la domanda di effetto sospensivo. 6.2 Riguardo alla richiesta di assistenza giudiziaria il ricorrente richiama i suoi numerosi ricorsi presentati al Tribunale federale. Ora, le domande di assistenza giudiziaria formulate negli stessi sono state tutte respinte, i gravami essendo privi di esito favorevole fin dall'inizio. La stessa conclusione vale anche per il presente ricorso (art. 152 cpv. 1 OG). In siffatte circostanze, la richiesta del ricorrente di potersi esprimere oralmente davanti a questa Corte dev'essere respinta. Le spese e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e art. 159 cpv. 1 OG). Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 2. La richiesta di assistenza giudiziaria è respinta. 2. La richiesta di assistenza giudiziaria è respinta. 3. La tassa di giustizia di fr. 2000.-- è posta a carico del ricorrente, che rifonderà a Y._ fr. 1000.-- per ripetibili della sede federale. 3. La tassa di giustizia di fr. 2000.-- è posta a carico del ricorrente, che rifonderà a Y._ fr. 1000.-- per ripetibili della sede federale. 4. Comunicazione alle parti, al già Procuratore pubblico del Cantone Ticino, avv. J._, al Procuratore pubblico del Cantone Ticino e alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, Losanna, 20 settembre 2002 In nome della I Corte di diritto pubblico del Tribunale federale svizzero Il presidente: Il cancelliere:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_268/2011 Arrêt du 19 juillet 2011 Cour de droit pénal Composition MM. et Mme les Juges Mathys, Président, Jacquemoud-Rossari et Denys. Greffière: Mme Rey-Mermet Participants à la procédure X._, représenté par Me Alain Brogli, avocat, recourant, contre Ministère public du canton de Vaud, rue de l'Université 24, 1014 Lausanne, intimé. Objet Demande de relief (abus de confiance, escroquerie, etc.), recours contre l'arrêt du Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour de cassation pénale, du 2 février 2011. Faits: A. Par jugement du 7 novembre 2008, le Tribunal correctionnel de l'arrondissement de La Côte a condamné par défaut X._ à une peine privative de liberté de 6 ans pour abus de confiance, escroquerie, gestion déloyale, gestion fautive, blanchiment d'argent et infraction à la loi fédérale sur l'acquisition d'immeubles par des personnes à l'étranger. X._ a formé une première demande de relief qui a été rejetée par prononcé du 8 décembre 2008 rendu par le Président du Tribunal correctionnel. Par arrêt du 9 novembre 2009, la Cour de cassation pénale du Tribunal cantonal vaudois a admis le recours interjeté par X._ contre ce prononcé et a renvoyé la cause en première instance pour statuer sur la demande de relief. X._ n'a pas comparu à l'audience de reprise de cause. Par jugement du 19 octobre 2010, le Tribunal correctionnel a rejeté la requête tendant à la dispense de X._ et à l'autorisation pour son avocat de le représenter aux débats. Il a aussi rejeté la demande de relief et confirmé le jugement du 7 novembre 2008. B. Le 5 novembre 2010, X._ a présenté une seconde demande de relief. Par prononcé du 2 décembre 2010, le Président du Tribunal correctionnel l'a rejetée. C. Par arrêt du 2 février 2011, la Cour de cassation pénale du Tribunal cantonal vaudois a rejeté le recours de X._ et confirmé le prononcé du 2 décembre 2010. D. X._ forme un recours en matière pénale contre cet arrêt. Il conclut principalement à sa réforme en ce sens qu'une audience soit fixée pour statuer sur le relief, subsidiairement à son annulation. La cour cantonale s'est référée à son arrêt. Le Ministère public a conclu au rejet du recours. Considérant en droit: 1. Le recourant se plaint d'une violation de l'art. 6 CEDH. Il relève que, selon les deux certificats médicaux produits, son état de santé ne lui permettait pas d'assister à l'audience de reprise de cause et qu'il aurait dû être autorisé à se faire représenter par son avocat. 1.1 Selon la jurisprudence de la Cour européenne des droits de l'homme, l'art. 6 CEDH garantit à l'accusé le droit d'être jugé en sa présence. Il s'ensuit qu'une procédure par défaut n'est compatible avec cette disposition que si le condamné a la possibilité de demander qu'une juridiction statue à nouveau, après l'avoir entendu, sur le bien-fondé de l'accusation, en fait comme en droit (arrêt de la CourEDH Sejdovic contre Italie du 1er mars 2006, Recueil CourEDH 2006-II p. 201 § 81 s. et les arrêts cités). Ce principe supporte cependant quelques atténuations. D'abord, la Cour européenne reconnaît que, devant les juridictions supérieures, la comparution de l'accusé ne revêt pas nécessairement la même importance qu'en première instance (cf. arrêt de la CourEDH Kamasinski c. Autriche du 19 décembre 1989, série A vol. 168 § 1060). Ensuite, elle admet que la CEDH n'empêche pas une personne de renoncer de son plein gré aux garanties d'un procès équitable de manière expresse ou tacite, en particulier à son droit d'être jugé en contradictoire. Elle exige seulement que la renonciation au droit de participer à l'audience se trouve établie de manière non équivoque et qu'elle ait été entourée du minimum de garanties correspondant à sa gravité (arrêt Sejdovic, § 86 et les arrêts cités). Enfin, sous réserve que les sanctions procédurales prévues ne soient pas disproportionnées et que l'accusé ne soit pas privé du droit d'être représenté par un avocat, la Cour européenne juge que le législateur national doit pouvoir décourager les absences injustifiées aux audiences (arrêt Sejdovic, § 92 et les arrêts cités, en particulier arrêt de la CourEDH Poitrimol contre France du 23 novembre 1993, série A vol. 277 A § 35). Dès lors, la Cour européenne des droits de l'homme admet qu'une personne condamnée par défaut se voie refuser la possibilité d'être jugée en contradictoire si les trois conditions cumulatives suivantes sont remplies: premièrement, il est établi que cette personne avait reçu sa citation à comparaître; deuxièmement, elle n'a pas été privée de son droit à l'assistance d'un avocat dans la procédure par défaut; et, troisièmement, il est démontré qu'elle avait renoncé de manière non équivoque à comparaître ou qu'elle avait cherché à se soustraire à la justice (cf. arrêts de la CourEDH Medenica contre Suisse du 14 juin 2001, Recueil CourEDH 2001-VI § 55 ss et Sejdovic, § 105 ss, a contrario). A propos de cette dernière condition, la Cour européenne a précisé qu'il ne devait pas incomber à l'accusé de prouver qu'il n'entendait pas se dérober à la justice ou que son absence s'expliquait par un cas de force majeure, mais qu'il était loisible aux autorités nationales d'évaluer si les excuses fournies par l'accusé pour justifier son absence étaient valables ou si les éléments versés au dossier permettaient de conclure que l'absence de l'accusé aux débats était indépendante de sa volonté (arrêt Sejdovic, § 88 et les arrêts cités; cf. aussi arrêt 6B_860/2008 du 10 juillet 2009 consid. 4.1). 1.2 En l'espèce, s'agissant de la première condition précitée, il n'est pas contesté que le recourant a été informé de la procédure pénale dirigée contre lui et qu'il a valablement été cité à comparaître. 1.3 Pour ce qui concerne la deuxième condition, le recourant a été assisté d'un avocat d'office dans la première phase des débats ayant conduit au jugement par défaut du 7 novembre 2008. Son avocat a été dispensé de la suite des débats après qu'une suspension de ceux-ci pour permettre la mise en ?uvre d'une expertise financière lui eut été refusée (cf. jugement du 7 novembre 2008 p. 7). On peut se demander si l'assistance d'un avocat a suffisamment été garantie au recourant dans la procédure par défaut. On peut en particulier en douter au regard de la teneur de l'art. 398 al. 1 de l'ancien code de procédure pénale vaudois du 12 septembre 1967 (CPP/VD; RS/VD 312.0), qui exclut les plaidoiries dans une procédure par défaut. Cette disposition n'apparaît pas compatible avec l'art. 6 CEDH qui garantit l'assistance d'un avocat aussi pour une procédure par défaut. La question peut rester ouverte en l'occurrence dès lors que le recours doit de toute façon être admis car la troisième condition nécessaire pour refuser à un défaillant la possibilité d'être jugé en contradictoire n'est pas réalisée (cf. infra, consid. 1.4). 1.3 Pour ce qui concerne la deuxième condition, le recourant a été assisté d'un avocat d'office dans la première phase des débats ayant conduit au jugement par défaut du 7 novembre 2008. Son avocat a été dispensé de la suite des débats après qu'une suspension de ceux-ci pour permettre la mise en ?uvre d'une expertise financière lui eut été refusée (cf. jugement du 7 novembre 2008 p. 7). On peut se demander si l'assistance d'un avocat a suffisamment été garantie au recourant dans la procédure par défaut. On peut en particulier en douter au regard de la teneur de l'art. 398 al. 1 de l'ancien code de procédure pénale vaudois du 12 septembre 1967 (CPP/VD; RS/VD 312.0), qui exclut les plaidoiries dans une procédure par défaut. Cette disposition n'apparaît pas compatible avec l'art. 6 CEDH qui garantit l'assistance d'un avocat aussi pour une procédure par défaut. La question peut rester ouverte en l'occurrence dès lors que le recours doit de toute façon être admis car la troisième condition nécessaire pour refuser à un défaillant la possibilité d'être jugé en contradictoire n'est pas réalisée (cf. infra, consid. 1.4). 1.4 1.4.1 Cette troisième condition se rapporte à l'existence d'une excuse valable pour justifier du défaut à l'audience de reprise de cause. A l'appui de sa requête de second relief, le recourant s'est prévalu de deux certificats médicaux des 15 octobre et 4 novembre 2010. La cour cantonale a analysé le contenu de ces pièces et est parvenue à la conclusion qu'elles n'établissaient pas que le déplacement en Suisse du recourant était exagérément risqué pour la santé de celui-ci. Elle a ainsi exclu que le recourant se soit trouvé dans un cas de force majeure l'empêchant de se rendre à son procès (cf. arrêt cantonal p. 8). 1.4.2 Au regard de la jurisprudence précitée (supra, consid. 1.1 in fine), l'appréciation de la cour cantonale se limitant à examiner, en application de l'art. 407 al. 1 CPP/VD, si un cas de force majeure était ou non prouvé apparaît trop restrictive. Il s'agissait bien plutôt de déterminer s'il existait une excuse valable. Cela étant, en considérant que les certificats médicaux ne permettaient pas de retenir que le recourant aurait couru un risque pour sa santé en se déplaçant en Suisse pour participer à l'audience de reprise de cause, la cour cantonale a posé une constatation de fait fondée sur une appréciation des preuves à disposition. 1.4.3 Le Tribunal fédéral doit conduire son raisonnement juridique sur la base des faits constatés dans la décision attaquée (art. 105 al. 1 LTF). Il peut compléter ou rectifier même d'office les constatations de fait qui se révèlent manifestement inexactes, c'est-à-dire arbitraires selon l'art. 9 Cst. (ATF 133 II 249 consid. 1.1.2 p. 252; 137 I 58 consid. 4.1.2), ou établies en violation du droit (art. 105 al. 2 LTF). La partie recourante est autorisée à attaquer des constatations de fait ainsi irrégulières si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (art. 97 al. 1 LTF). Lorsque de tels griefs sont soulevés, l'art. 106 al. 2 LTF prévoit pour la motivation du recours des exigences qualifiées. La partie recourante doit ainsi indiquer, dans l'acte de recours lui-même, quel droit constitutionnel aurait été violé et montrer, par une argumentation circonstanciée, en quoi consiste sa violation (ATF 133 II 249 consid. 1.4.2 p. 254; 136 I 65 consid. 1.3.1). 1.4.4 Dans son mémoire, le recourant reprend le contenu des certificats médicaux et conteste l'interprétation qu'en a donnée la cour cantonale. Autrement dit, il s'en prend à l'appréciation des preuves, que le Tribunal fédéral ne revoit que sous l'angle restreint de l'arbitraire. Analysant les certificats médicaux produits, la cour cantonale a exposé que le médecin du recourant lui aurait simplement recommandé de ne pas voyager mais ne l'aurait pas "enjoint de s'abstenir"; elle a conclu que les certificats n'établissaient pas qu'il était "exagérément risqué" pour le recourant de faire le déplacement (cf. arrêt cantonal p. 7-8). Or, selon le certificat du 15 octobre 2010, le recourant souffre de problèmes psychiatriques et il est très peu souhaitable qu'il se rende en Suisse car le motif du séjour est très stressant et anxiogène. Le médecin relève que le recourant n'est pas capable de voyager en Suisse et qu'il lui a conseillé de ne pas le faire. Le certificat du 4 novembre 2010 mentionne qu'un voyage en Suisse impliquerait un grand risque que l'état du recourant se détériore. Au vu du contenu des certificats médicaux, l'appréciation de la cour cantonale apparaît insoutenable. Il ressort clairement de ces pièces que le recourant n'est pas capable de voyager et qu'un grand risque de détérioration de son état de santé existe. L'interprétation minimaliste et dépourvue de justification de la cour cantonale apparaît arbitraire. Sur la base des certificats médicaux, il faut admettre que le recourant disposait d'une excuse valable pour justifier son absence à l'audience de reprise de cause. On ne saurait non plus lui imputer un quelconque abus de droit puisqu'il a requis de pouvoir être représenté par son avocat (art. 397 CPP/VD), ce qui lui a été refusé. Il s'ensuit que la solution de cour cantonale viole l'art. 6 CEDH. Le recours doit être admis, l'arrêt attaqué annulé et la cause renvoyée à l'autorité cantonale pour reprise de la procédure. 2. Vu l'issue de la procédure, il ne sera pas perçu de frais (art. 66 al. 4 LTF) et le canton de Vaud versera au recourant une indemnité de dépens pour la procédure devant le Tribunal fédéral (art. 68 al. 1 et 2 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est admis, l'arrêt attaqué est annulé et la cause est renvoyée à l'autorité cantonale afin qu'elle rende une nouvelle décision au sens des considérants. 2. Il n'est pas perçu de frais. 3. Le canton de Vaud versera une indemnité de dépens de 3'000 fr. au recourant. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour de cassation pénale. Lausanne, le 19 juillet 2011 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président: Mathys La Greffière: Rey-Mermet
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 1C_532/2020 & 1C_533/2020 Arrêt du 16 décembre 2020 Ire Cour de droit public Composition M. le Juge fédéral Chaix, Président. Greffier : M. Parmelin. Participants à la procédure Commune Municipale de Chippis, Grande Avenue 5, case postale 24, 3965 Chippis, Bourgeoisie de Chippis, Grande Avenue 5, case postale 24, 3965 Chippis, représentées par Me Jacques Philippoz, avocat, recourante, contre Swissgrid SA, représentée par Mes Ariane Ayer et Thierry Gachet, avocats, intimée, Commission fédérale d'estimation du 3e arrondissement. Objet Expropriation; envoi en possession anticipé, recours contre l'arrêt du Tribunal administratif fédéral, Cour I, du 24 août 2020 (A-3053/2019 + A-3740/2019). Vu : les décisions d'approbation des plans portant notamment sur la construction d'une ligne à 380 kV entre Chamoson et Chippis rendues par l'Office fédéral de l'énergie les 30 juin 2010 et 19 janvier 2015, la procédure d'estimation concernant les parcelles n°s 604, 1403 et 1404 de la commune de Chippis, dont la Bourgeoisie de Chippis et la Commune de Chippis sont propriétaires, ouverte le 28 mars 2019 à la demande de Swissgrid SA, la séance de conciliation tenue le 9 avril 2019, les décisions du 17 mai 2019 par lesquelles le Président de la Commission fédérale d'estimation du 3 e arrondissement autorise Swissgrid SA à prendre possession de façon anticipée des parcelles n°s 604, 1403 et 1404 pour y construire les pylônes nos 168, 169 et 170, conformément aux plans approuvés définitivement à la suite de la décision du Tribunal fédéral du 1er septembre 2017, tout en réservant les droits éventuels des expropriées à une indemnité du fait de l'envoi en possession anticipé à traiter dans le cadre des dossiers ouverts devant la Commission fédérale d'estimation, les arrêts du Tribunal administratif fédéral du 24 août 2020 qui rejettent, pour autant que recevables, les recours déposés contre ces décisions par la Commune de Chippis et la Bourgeoisie de Chippis, le recours en matière de droit public, assorti d'une requête d'effet suspensif, déposé le 21 septembre 2020 contre ces arrêts par la Commune de Chippis (cause 1C_532/2020) et la Bourgeoisie de Chippis (cause 1C_533/2020), les déterminations de Swissgrid SA du 20 octobre 2020 qui conclut à ce que le recours et la requête d'effet suspensif soient déclarés irrecevables, les observations des recourantes du 25 novembre 2020; considérant : que le recours en matière de droit public au sens des art. 82 ss LTF est ouvert à l'encontre des arrêts rendus par le Tribunal administratif fédéral dans des causes de droit public, sous réserve des cas où un tel recours est exclu pour l'un des motifs prévus aux art. 83 LTF, que, à l'issue de ses déterminations, l'intimée conclut précisément à l'irrecevabilité du recours et de la requête d'effet suspensif au motif que la voie de droit au Tribunal fédéral serait exclue en vertu de l'art. 83 let. w LTF, à teneur duquel les décisions en matière de droit de l'électricité qui concernent l'approbation des plans des installations électriques à courant fort et à courant faible et l'expropriation de droits nécessaires à la construction ou à l'exploitation de telles installations ne sont pas susceptibles de recours, si elles ne soulèvent pas de question juridique de principe, que l'art. 83 let. w LTF, dans sa version définitive entrée en vigueur le le 1er janvier 2018, s'étend selon son texte clair non pas seulement aux décisions en matière de droit de l'électricité qui concernent l'approbation des plans des installations électriques à courant fort et à courant faible, comme le soutiennent les recourantes en se référant à la version initiale de cette disposition du Conseil fédéral, mais aussi à celles relatives à l'expropriation de droits nécessaires à la construction ou à l'exploitation de telles installations, sauf si elles soulèvent des questions de principe (cf. à ce sujet, arrêt 1C_647/2019 du 8 octobre 2020 consid. 1.3 destiné à la publication), que les décisions relatives à l'envoi en possession anticipé rendues par le Président de la Commission d'estimationen application des art. 45 al. 3 de la loi fédérale sur les installations électriques (LIE; RS 734.0) et 76 de la loi fédérale sur l'expropriation (LEx; RS 711) entrent manifestement dans le champ d'application de l'art. 83 let. w LTF, qu'il appartenait ainsi, en vertu de l'art. 42 al. 2 LTF, aux recourantes de démontrer que leur recours portait sur une question de principe au sens de cette disposition, sous peine de le voir être déclaré irrecevable (ATF 146 II 276 consid. 1.2.1 p. 280; 145 IV 99 consid. 1.5 p. 107; arrêt 1C_126/2018 du 8 août 2018 consid. 3.1; voir aussi Message du Conseil fédéral relatif au premier paquet de mesures de la Stratégie énergétique 2050 (Révision du droit de l'énergie) et à l'initiative populaire fédérale " Pour la sortie programmée de l'énergie nucléaire (Initiative « Sortir du nucléaire ») " du 4 septembre 2013, FF 2013 p. 6915), que, dans le Message précité (FF 2013 p. 6915), le Conseil fédéral cite à titre d'exemples le cas où la question juridique soulevée n'a jamais fait l'objet d'une décision, si sa clarification peut être déterminante pour la pratique ou si son importance requiert le jugement d'une instance judiciaire suprême, ainsi que l'hypothèse où l'instance préalable a dérogé à une jurisprudence du Tribunal fédéral (sur la notion de question juridique de principe, voir aussi ATF 146 II 276 consid. 1.2.1 p. 280; 142 IV 250 consid. 1.3 p. 254; arrêt 1C_647/2019 du 8 octobre 2020 consid. 2.1 destiné à la publication), que les recourantes ne se sont pas exprimées sur cette question dans leur recours, que, dans leurs observations, elles voient une question juridique de principe dans le fait que " le Tribunal administratif fédéral aurait manifestement dérogé à la jurisprudence invoquée relative aux conditions émises par le Tribunal fédéral pour accorder l'envoi en possession anticipé pour la construction des pylônes et le survol des parcelles par la pose de conducteurs ", que le Tribunal administratif fédéral a examiné la conformité de la requête d'envoi en possession anticipé à l'aune de l'art. 45 al. 3 LIE et de la jurisprudence du Tribunal fédéral en lien avec l'art. 76 LEx, auquel renvoie cette disposition, qu'elle a correctement rappelée (arrêt 1C_448/2012 du 16 avril 2013 consid. 5.1), qu'une divergence d'appréciation sur la réalisation des conditions de l'envoi en possession anticipé ne suffit pas pour admettre que le recours porterait sur une question de principe (ATF 143 II 425 consid. 1.3.2 p. 428), sauf à ouvrir dans tous les cas le recours contre les décisions rendues en la matière par le Tribunal administratif fédéral, ce qui ne correspond pas à la volonté du législateur fédéral de ne pas différer la réalisation des projets d'installations électriques lorsque, comme en l'espèce, ils font l'objet de décisions d'approbation des plans exécutoires (cf. ATF 133 II 100 consid. 3.3 p. 134), que, pour satisfaire aux exigences de motivation requises, il revenait ainsi aux recourantes d'indiquer clairement sur quel point la jurisprudence du Tribunal fédéral aurait prétendument mal été appliquée et en quoi cela constituerait une question juridique de principe, qu'on cherche en vain une telle démonstration dans le cadre de leurs observations, que, dans la mesure où l'occasion a été donnée aux recourantes de s'exprimer sur la recevabilité du recours au regard de l'art. 83 let. w LTF, il n'appartient pas au Tribunal fédéral d'examiner d'office quels griefs parmi ceux évoqués dans le mémoire de recours pourraient justifier d'entrer en matière au motif qu'ils soulèveraient une question juridique de principe, que les arrêts non publiés cités par les recourantes dans leurs recours au Tribunal administratif fédéral du 14 juin 2019 et sur lesquels cette juridiction ne se serait pas exprimée sont antérieurs à la modification partielle de la loi sur les installations électriques entrée en vigueur le 1 er janvier 2000 et se fondent sur des dispositions de cette loi qui ont été abrogées, qu'en particulier, la jurisprudence citée dans l'arrêt 1E.3/1997 du 15 mai 1997, dont les recourantes se prévalent pour prétendre être habilitées à remettre en cause le tracé de la ligne à très haute tension litigieuse dans la procédure d'expropriation, n'est plus applicable à la suite de la révision partielle de la LIE, entrée en vigueur le 1er janvier 2000, qui postule que les griefs relevant du droit de l'aménagement du territoire et de la protection de l'environnement et que les objections en matière d'expropriation soient définitivement traités dans la procédure d'approbation des plans (cf. art. 16f al. 2 et 16h al. 1 LIE; Message du Conseil fédéral relatif à la loi fédérale sur la coordination et la simplification des procédures d'approbation des plans du 25 février 1998, FF 1998 p. 2231-2232), étant au surplus précisé que l'art. 50 al. 2 LIE, évoqué dans cet arrêt, a été abrogé avec effet au 1er janvier 2000 par la loi fédérale sur la coordination et la simplification des procédures de décision du 18 juin 1999, que l'argumentation des recourantes tirée des arrêts 1E.4/1997 du 7 mai 1997 et 1E.17/1998 du 22 octobre 1998 suivant laquelle l'envoi en possession anticipé ne pourrait être prononcé que si la fixation de l'indemnité d'expropriation n'est litigieuse que dans un nombre de cas restreint et si les travaux de construction étaient pratiquement terminés ne saurait être suivie, que l'existence d'un nombre restreint de litiges quant à la fixation de l'indemnité d'expropriation était une circonstance que l'art. 53 al. 2 LIE commandait au Président de la Commission d'estimation de prendre en compte pour décider de l'envoi en possession anticipé, que cette disposition a été abrogée avec la révision partielle de la LIE introduite par la loi fédérale sur la coordination et la simplification des procédures de décision, qu'au surplus, dans les causes évoquées par les recourantes, le fait que les travaux de construction de la ligne à haute tension étaient pratiquement terminés était une circonstance parmi d'autres prise en considération dans la pesée des intérêts en présence pour retenir que l'envoi en possession anticipé se justifiait, sans qu'il s'agisse pour autant d'une condition indispensable pour prononcer une telle mesure, qu'au demeurant, le Tribunal administratif fédéral s'est prononcé à ce propos, retenant sans être contredit sur ce point que les travaux de construction de la ligne à très haute tension litigieuse avaient déjà débuté et se trouvaient à un stade avancé sur les deux premiers tronçons, que l'autorité précédente ne s'est ainsi pas écartée de la jurisprudence du Tribunal fédéral, comme l'affirment les recourantes pour justifier une entrée en matière, qu'en définitive, le recours doit être déclaré irrecevable en application de l'art. 83 let. w LTF, faute pour les recourantes d'avoir établi qu'il soulevait une question juridique de principe, que les recourantes, qui procèdent en tant que propriétaires privées de parcelles visées par l'envoi en possession anticipé, prendront en charge les frais judiciaires (art. 65 et 66 al. 1 LTF)et verseront à l'intimée une indemnité de dépens (art. 68 al. 1 LTF), qui sera fixée en tenant compte du fait qu'elle s'est déterminée sur la requête d'effet suspensif uniquement et que ses observations sont identiques à celles déposées dans les autres causes connexes; par ces motifs, le Président prononce : 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge des recourantes. 3. Les recourantes verseront solidairement un montant de 400 fr. à titre de dépens à l'intimée. 4. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires des parties, à la Commission fédérale d'estimation du 3 e arrondissement et au Tribunal administratif fédéral. Lausanne, le 16 décembre 2020 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président : Chaix Le Greffier : Parmelin
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 1B_463/2020 Urteil vom 10. November 2020 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Chaix, Präsident, Gerichtsschreiber Pfäffli. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, gegen Departement für Justiz und Sicherheit des Kantons Thurgau, Regierungsgebäude, 8510 Frauenfeld, Amt für Justizvollzug des Kantons Thurgau, Vollzugs- und Bewährungsdienste, Zürcherstrasse 194a, 8510 Frauenfeld. Gegenstand Strafverfahren; unentgeltliche Rechtspflege, Beschwerde gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Thurgau vom 1. Juli 2020 (VG.2020.64/Z). Erwägungen: 1. Das Departement für Justiz und Sicherheit des Kantons Thurgau wies mit Entscheid vom 25. März 2020 einen von A._ gegen den Entscheid des Amts für Justizvollzug des Kantons Thurgau vom 20. Dezember 2019 in Sachen bedingte Entlassung aus dem Strafvollzug erhobenen Rekurs ab. Dagegen erhob A._ am 9. Mai 2020 Beschwerde. Das Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau wies mit Entscheid vom 1. Juli 2020 ein von A._ gestelltes Gesuch um unentgeltliche Prozessführung und um Bewilligung von Rechtsanwalt B._ als unentgeltlicher Anwalt des Beschwerdeführers ab. Gleichzeitig setzte es A._ eine Frist zur Leistung eines Kostenvorschusses. 2. A._ führt mit Eingabe vom 6. September 2020 Beschwerde in Strafsachen gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Thurgau vom 1. Juli 2020. Das Bundesgericht forderte die Verfahrensbeteiligten auf, im Rahmen einer allfälligen Vernehmlassung insbesondere auch zur Frage der Rechtzeitigkeit der Beschwerde Stellung zu nehmen. Das Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau führte in seiner Vernehmlassung vom 9. Oktober 2020 aus, dass die Zustellung des angefochtenen Entscheids an den Beschwerdeführer gemäss Sendungsverfolgung der Post am 3. Juli 2020 via Postfachzustellung an die Strafanstalt erfolgt sei. Mit Eingabe vom 13. Oktober 2020 machte A._ erneut geltend, er hätte den verwaltungsgerichtlichen Entscheid am 5. Juli 2020 erhalten. Er ersuchte um Zustellung einer allfälligen Zustellungsbescheinigung. Mit Schreiben vom 23. Oktober 2020 stellte ihm das Bundesgericht die Vernehmlassung des Verwaltungsgerichts sowie eine Kopie der Sendungsverfolgung der Post zu und forderte ihn auf, allfällige Bemerkungen dazu bis zum 3. November 2020 einzureichen. Innert Frist liess sich A._ nicht vernehmen. 3. 3.1. Das Bundesgericht prüft von Amtes wegen und mit freier Kognition, ob und inwieweit ein bei ihm eingereichtes Rechtsmittel zulässig ist (vgl. BGE 141 II 113 E. 1 S. 116 mit Hinweisen). 3.2. Nach Art. 100 Abs. 1 BGG ist die Beschwerde innert 30 Tagen nach Eröffnung der vollständigen Ausfertigung des angefochtenen Entscheids beim Bundesgericht einzureichen. Diese gesetzliche Frist ist nicht erstreckbar (Art. 47 Abs. 1 BGG). 3.3. Der angefochtene Entscheid des Verwaltungsgerichts ist dem Beschwerdeführer gemäss eigenen Angaben am 5. Juli 2020 zugestellt worden. Gemäss "Sendungsinformationen" der Post ist der angefochtene Entscheid via Postfach am Freitag, 3. Juli 2020, um 06.52 Uhr der Strafanstalt zugestellt worden. Weshalb die Strafanstalt den verwaltungsgerichtlichen Entscheid dem Beschwerdeführer erst zwei Tage später am Sonntag, den 5. Juli 2020, ausgehändigt haben sollte, ist nicht ersichtlich. Der Beschwerdeführer hat sich denn auch zu der ihm vom Bundesgericht zugestellten "Sendungsinformation" der Post nicht geäussert. Es ist somit davon auszugehen, dass ihm der verwaltungsgerichtliche Entscheid entsprechend den "Sendungsinformationen" der Post am 3. Juli 2020 zugestellt worden ist. 3.4. Die Beschwerdefrist begann somit am 4. Juli 2020 zu laufen und endete unter Berücksichtigung des Fristenstillstandes gemäss Art. 46 Abs. 1 lit. b BGG am Donnerstag, 3. September 2020. Die Beschwerde vom 6. September 2020 ist daher nach Ablauf der 30-tägigen Beschwerdefrist aufgegeben worden. Auf die Beschwerde ist demnach im vereinfachten Verfahren nach Art. 108 Abs. 1 BGG nicht einzutreten. 4. Angesichts der Aussichtslosigkeit des Verfahrens ist dem Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung nicht zu entsprechen (Art. 64 BGG). Indessen ist davon abzusehen, für das bundesgerichtliche Verfahren Kosten zu erheben (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Es werden keine Kosten erhoben. 4. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Departement für Justiz und Sicherheit des Kantons Thurgau, dem Amt für Justizvollzug des Kantons Thurgau, Abteilung Vollzugs- und Bewährungsdienste, und dem Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 10. November 2020 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Chaix Der Gerichtsschreiber: Pfäffli
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_666/2014 Urteil vom 16. Dezember 2014 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Mathys, Präsident, Bundesrichter Oberholzer, Rüedi, Gerichtsschreiberin Siegenthaler. Verfahrensbeteiligte 1. X._, vertreten durch Advokat Jürg Tschopp, 2. Y._, Beschwerdeführer, gegen Staatsanwaltschaft des Kantons Basel-Landschaft, Erste Staatsanwältin, Grenzacherstrasse 8, 4132 Muttenz, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Beschwerdelegitimation, Entschädigung und Genugtuung (ungerechtfertigte Haft); unentgeltliche Prozessführung, Beschwerde gegen den Beschluss des Kantonsgerichts Basel-Landschaft, Abteilung Strafrecht, vom 8. April 2014. Sachverhalt: A. X._ befand sich vom 4. Juli bis 22. Oktober 2009 während 80 Tagen in Untersuchungshaft. Die Staatsanwaltschaft Basel-Landschaft stellte die gegen X._ wegen des Verdachts auf qualifizierte Widerhandlung gegen das Betäubungsmittelgesetz geführte Strafuntersuchung am 13. Dezember 2012 ein. B. Am 9. April 2013 machte X._ bei der Staatsanwaltschaft eine "Forderung für ungerechtfertigte Haft nach Art. 429 StPO" geltend und beantragte unter anderem für den durch Untersuchungshaft und Schriftensperre verursachten Gesundheitsschaden und dessen Folgen die Zusprechung von Schadenersatz im Betrag von Fr. 2'159'938.-- nebst Zins; die Geltendmachung einer Genugtuungsforderung blieb ausdrücklich vorbehalten. Die Staatsanwaltschaft wies das Entschädigungsbegehren am 4. Februar 2014 ab. Die dagegen gerichtete Beschwerde wies das Kantonsgericht Basel-Landschaft am 8. April 2014 ab. C. X._ und sein Rechtsvertreter Y._ erheben Beschwerde in Strafsachen. Sie beantragen im Wesentlichen die Aufhebung des angefochtenen Beschlusses, die Zusprache von Schadenersatz wegen ungerechtfertigter Haft im Betrag von Fr. 2'159'938.-- nebst 5% Zins seit 1. April 2013, eine (nicht bezifferte) Entschädigung für den vom behandelnden Psychiater von X._ angefertigten Bericht sowie eine angemessene Parteientschädigung für das Verfahren vor den beiden Vorinstanzen. X._ beantragt zudem "Kostenerlass" und "unentgeltliche Verbeiständung" sowohl im Beschwerdeverfahren wie auch im Verfahren vor den beiden Vorinstanzen. Erwägungen: 1. Zur Beschwerde in Strafsachen ist berechtigt, wer vor der Vorinstanz am Verfahren teilgenommen hat oder keine Möglichkeit zur Teilnahme erhalten hat und überdies ein rechtlich geschütztes Interesse an der Aufhebung oder Änderung des angefochtenen Entscheids hat (Art. 81 Abs. 1 BGG). Der Beschwerdeführer 2 war im vorinstanzlichen Verfahren nicht Partei, sondern handelte als Rechtsvertreter des Beschwerdeführers 1. Auf seine in eigenem Namen erhobene Beschwerde ist nicht einzutreten. 2. Der Beschwerdeführer 1 verweist wiederholt auf seine Ausführungen im kantonalen Verfahren. Damit ist er nicht zu hören. Die Begründung der Beschwerde muss in der Beschwerdeschrift selbst enthalten sein, und der blosse Verweis auf Ausführungen in anderen Rechtsschriften oder auf die Akten reicht nicht aus (BGE 138 IV 47 E. 2.8.1; 133 II 396 E. 3.2; je mit Hinweisen). 3. 3.1. Der Beschwerdeführer 1 begründet seinen Entschädigungsanspruch damit, dass er als zuvor psychisch gesunder Mensch durch das Strafverfahren aus der Bahn geworfen worden sei. Es bestehe bis heute eine vollständige Arbeitsunfähigkeit. Der fachärztliche Bericht belege "die derzeitige gesundheitliche Misere", die allein auf die ungerechtfertigten Zwangsmassnahmen der Strafbehörden zurückzuführen sei. Die Vorinstanz verneint einen Kausalzusammenhang zwischen dem eingestellten Strafverfahren und der vom Beschwerdeführer 1 geltend gemachten Arbeitsunfähigkeit. Dieser leide seit früher Kindheit unter psychischen Störungen und aggressivem Verhalten. Sein Lebenslauf sei gezeichnet von jahrelangen Arbeitslücken, Betäubungsmittelkonsum, einer verbüssten Haftstrafe sowie Auslandsaufenthalten mit wenig zukunftsversprechenden Perspektiven. Schon zum Zeitpunkt der Festnahme sei er keiner Arbeit nachgegangen. Seine heutige Situation erweise sich somit nicht als kausale Folge des Strafverfahrens. 3.2. Die Feststellung des Sachverhalts durch die Vorinstanz kann gemäss Art. 97 Abs. 1 BGG nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig, d.h. willkürlich ist oder auf einer Verletzung von schweizerischem Recht im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann. Die Rüge der willkürlichen Feststellung des Sachverhalts prüft das Bundesgericht gemäss Art. 106 Abs. 2 BGG nur insoweit, als sie in der Beschwerde explizit vorgebracht und substanziiert begründet worden ist. In der Beschwerde muss im Einzelnen dargelegt werden, inwiefern der angefochtene Entscheid an einem qualifizierten und offensichtlichen Mangel leidet (BGE 138 I 171 E. 1.4; 136 II 489 E. 2.8; 133 IV 286 E. 1.4; je mit Hinweisen). Den kantonalen Instanzen steht bei der Beweiswürdigung ein weiter Spielraum des Ermessens zu. Willkür gemäss Art. 9 BV liegt nur vor, wenn der angefochtene Entscheid auf einer schlechterdings unhaltbaren Beweiswürdigung beruht, d.h. wenn die Behörde in ihrem Entscheid von Tatsachen ausgeht, die mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch stehen oder auf einem offenkundigen Fehler beruhen, oder wenn jene erhebliche Beweise übersieht oder solche willkürlich ausser Acht lässt. Dabei genügt es nicht, wenn sich der angefochtene Entscheid lediglich in der Begründung als unhaltbar erweist; eine Aufhebung rechtfertigt sich erst, wenn er auch im Ergebnis verfassungswidrig ist (BGE 138 I 49 E. 7.1; 138 V 74 E. 7; je mit Hinweisen). Soweit der Beschwerdeführer 1 Bemerkungen zum Sachverhalt anbringt (Beschwerde, S. 4-6), erschöpft sich seine Beschwerde in rein appellatorischer Kritik. Konkrete Rügen, die den Begründungsanforderungen genügen könnten, sind nicht ersichtlich. Darauf kann nicht eingetreten werden. 4. 4.1. Der Beschwerdeführer 1 rügt, die Vorinstanz wäre verpflichtet gewesen, den Sachverhalt von Amtes wegen abzuklären. Die "Strafbehörde" habe "jedoch die Auswirkungen der von ihr verhängten Zwangsmassnahmen in keiner Weise abgeklärt". Nach Art. 421 Abs. 1 StPO legt die Strafbehörde im Endentscheid die Kostenfolgen fest. Damit ist sie verpflichtet, "von Amtes wegen über die Kosten sowie allfällige Entschädigungs- und Genugtuungsansprüche zu entscheiden. Vor diesem Entscheid muss die Behörde die erforderlichen Unterlagen beschaffen und die Parteien, denen Entschädigungsansprüche zustehen dürften, auffordern, diese anzumelden" (Botschaft zur Vereinheitlichung des Strafprozessrechts vom 21. Dezember 2005, BBl 2006 1325). Nach Art. 429 Abs. 2 StPO prüft die Strafbehörde Ansprüche auf Entschädigung und Genugtuung von Amtes wegen. Sie kann die beschuldigte Person auffordern, ihre Ansprüche zu beziffern und zu belegen. Der Beschwerdeführer 1 scheint daraus abzuleiten, dass auch im Entschädigungsverfahren der Untersuchungsgrundsatz (Art. 6 StPO) gilt. In der Literatur wird zwar vereinzelt, wenn auch ohne nähere Begründung diese Auffassung vertreten. So schreibt etwa Niklaus Schmid (Schweizerische Strafprozessordnung, Praxiskommentar, Zürich 2013, N. 12 zu Art. 429 StPO) : "Es gilt also Untersuchungs- bzw. Offizial- (6), nicht aber Anklagegrundsatz". Teilweise widersprüchlich argumentieren Stefan Wehrenberg/Irene Bernhard (in: Basler Kommentar, Schweizerische Strafprozessordnung, 2011). Einerseits führen sie aus, es sei "also von Amtes wegen (...) zu prüfen, ob ein Anspruch auf Entschädigung und Genugtuung der beschuldigten Person besteht, wie hoch dieser ist und ob er allenfalls herabgesetzt oder verweigert werden kann" (N. 10 zu Art. 429 StPO); andererseits vertreten sie die Auffassung, "den Freigesprochenen (treffe) jedoch eine Mitwirkungspflicht bzw. ein Mitwirkungsrecht zur Bemessung der Höhe des Entschädigungsanspruchs" (N. 31 zu Art. 429 StPO), und schliesslich wollen sie "für die Berechnung der Höhe der wirtschaftlichen Einbussen ... die zivilrechtlichen Regeln" anwendbar erklären (N. 24 zu Art. 429 StPO). Yvona Grieser (in: Donatsch/Hansjakob/Lieber [Hrsg.], Kommentar zur Schweizerischen Strafprozessordnung, 2. Aufl. 2014, N. 8 zu Art. 429 StPO) verweist zwar darauf, dass über den Anspruch auf Schadenersatz und Genugtuung von Amtes wegen zu entscheiden sei; sie scheint dies aber dahingehend zu verstehen, dass nicht der Untersuchungsgrundsatz zur Anwendung gelangt, über allfällige Ansprüche aber auch ohne ausdrücklichen Antrag zu entscheiden ist (im gleichen Sinn Riedo/Fiolka/Niggli, Strafprozessrecht, 2011, N. 3106). Andere Autoren verwenden zwar den Begriff des Untersuchungsgrundsatzes (so etwa Moreillon/Parein-Reymond, Code de procédure pénale, 2013, N. 28 zu Art. 429 StPO; Mizel/Rétornaz, Code de procédure pénale suisse, 2011, N. 59 zu Art. 429 StPO); Jeanneret/Kuhn, Précis de procédure pénale, 2013, N. 5083); sie erörtern aber nicht näher, welche Konsequenzen sich daraus für die Festsetzung und Bemessung der Entschädigung ergeben. Aus dem Hinweis in Art. 429 Abs. 2 Satz 1 StPO, wonach die Strafbehörde den Entschädigungsanspruch von Amtes wegen zu prüfen hat, folgt nur, dass sie die Partei zur Frage der Entschädigung mindestens anzuhören und gegebenenfalls gemäss Art. 429 Abs. 2 Satz 2 StPO aufzufordern hat, ihre Ansprüche zu beziffern und zu belegen (Urteil 6B_726/2012 vom 5. Februar 2013 E. 3). Dies bedeutet indessen nicht, dass die Strafbehörde im Sinne des Untersuchungsgrundsatzes von Art. 6 StPO alle für die Beurteilung des Entschädigungsanspruchs bedeutsamen Tatsachen von Amtes wegen abzuklären hat. Vielmehr obliegt es dem Antragsteller, seine Ansprüche zu begründen und auch zu belegen (vgl. auch Art. 126 Abs. 2 lit. b StPO, wonach die Zivilklage der Privatklägerschaft auf den Zivilweg verwiesen wird, wenn sie nicht hinreichend beziffert oder begründet ist). Dies entspricht denn auch der zivilrechtlichen Regelung, wonach wer Schadenersatz beansprucht, den Schaden zu beweisen hat (Art. 42 Abs. 1 OR). Nur wenn sich der Schaden nicht ziffernmässig nachweisen lässt, ist er nach Ermessen des Richters mit Rücksicht auf den gewöhnlichen Lauf der Dinge und auf die vom Geschädigten getroffenen Massnahmen abzuschätzen (Art. 42 Abs. 2 OR). 4.2. Zum vermeintlichen Nachweis des Schadens verweist der Beschwerdeführer 1 im Wesentlichen auf einen Therapiebericht des ihn behandelnden Psychiaters Dr. med. A._ vom 9. April 2013. Dieser stützt sich ausschliesslich auf die unreflektiert übernommenen Schilderungen des Beschwerdeführers und verzichtet auf jede weitere Abklärung. Der Psychiater diagnostiziert zwar eine "posttraumatische Belastungsstörung" und eine "andauernde Persönlichkeitsänderung nach Extrembelastung". Die Diagnose wird aber nicht näher begründet. Wie aus dem Bericht selbst hervorgeht, hatte der Beschwerdeführer seinen Therapeuten um einen Bericht gebeten, "aus dem deutlich wird, wie sehr er unter dem endlosen Verfahren, das jetzt eingestellt worden sei, gelitten habe". Die Vorinstanz setzt sich eingehend mit dem Bericht von Dr. med. A._ auseinander und gelangt zum Ergebnis, aus den Ausführungen gehe nicht hervor, inwiefern die im Rahmen des Strafverfahrens angeordneten Zwangsmassnahmen zum heute behaupteten Gesundheitszustand und zur vollständigen Arbeitsunfähigkeit des Beschwerdeführers 1 geführt haben sollen. Sie verneint deshalb einen Kausalzusammenhang zwischen dem Strafverfahren und dem vom Beschwerdeführer geltend gemachten Schaden. Der Beschwerdeführer 1 nimmt auf diese Ausführungen keinen Bezug und beschränkt sich darauf, weitere Abklärungen "von Amtes wegen" zu beantragen. So führt er aus, wenn die Vorinstanz der Meinung sei, der Kausalzusammenhang sei trotz der fachärztlichen Bestätigung nicht rechtsgenügend nachgewiesen, habe sie die Klärung selber vorzunehmen oder die Staatsanwaltschaft dazu anzuhalten (Beschwerde, S. 7). Ein derartiger Einwand ist nicht geeignet, eine willkürliche Feststellung des Sachverhalts zu rügen (vgl. Art. 97 Abs. 1 BGG). Mangels substanziierter Rüge ist darauf nicht einzutreten. 5. Der Beschwerdeführer 1 rügt weiter "kunterbunt" eine Verletzung des Willkürverbots sowie des Anspruchs auf rechtliches Gehör und ein faires Verfahren. Kernpunkt seiner diesbezüglichen Ausführungen bildet - soweit überhaupt nachvollziehbar - der Vorwurf, die Vorinstanzen hätten ihre eigene Beurteilung vorgenommen, ohne für die Klärung des Sachverhalts einen Sachverständigen beizuziehen. Nach Art. 182 StPO ziehen Staatsanwaltschaft und Gerichte eine oder mehrere sachverständige Personen bei, wenn sie nicht über die besonderen Kenntnisse und Fähigkeiten verfügen, die zur Feststellung oder Beurteilung eines Sachverhalts erforderlich sind. Diese Bestimmung bezieht sich - wie sich schon aus ihrer systematischen Einordnung ergibt - auf die Abklärung eines strafrechtlich relevanten Sachverhalts im Rahmen einer strafprozessualen Untersuchung, nicht aber auch auf die Bestimmung und Bemessung eines geltend gemachten zivilrechtlichen Schadens. Nachdem im Bericht des behandelnden Arztes Dr. med. A._ ein angeblicher Kausalzusammenhang nur behauptet, aber in keiner Weise glaubhaft gemacht, geschweige denn belegt wird, bestand für die Vorinstanz keine Veranlassung, weitere Abklärungen vorzunehmen. Die Beschwerde erweist sich in diesem Punkt als unbegründet. 6. Schliesslich rügen die Beschwerdeführer eine "Verweigerung des Anwaltshonorars Art. 138 StPO, Art. 9 BV". Dass diesbezüglich auf die Beschwerde des Beschwerdeführers 2 nicht eingetreten werden kann, wurde bereits unter E. 1 (vorstehend) dargelegt. Wie die Vorinstanz zutreffend ausführt, bezieht sich die vom Beschwerdeführer 1 angerufene Bestimmung von Art. 138 StPO auf die unentgeltliche Rechtspflege für die Privatklägerschaft. Ansprüche der Privatklägerschaft stehen im vorliegenden Verfahren nicht zur Diskussion, sodass die vom Beschwerdeführer 1 als verletzt erachtete Bestimmung auch nicht zur Anwendung gelangen kann. Der Beschwerdeführer 1 war im Untersuchungsverfahren durch Rechtsanwalt B._ amtlich verteidigt und hat den Beschwerdeführer 2 erst im Rahmen des Entschädigungsverfahrens privat mandatiert. Er macht weder geltend, der Anspruch auf amtliche Verteidigung erstrecke sich auch auf das nachträgliche Entschädigungsverfahren, noch legt er dar, dass er in den vorinstanzlichen Verfahren bei der für den Entscheid zuständigen Verfahrensleitung (vgl. Art. 134 Abs. 2 StPO) einen Antrag auf Wechsel des amtlichen Verteidigers gestellt hat. Vielmehr beruft er sich zur Begründung seines Anspruchs auf Ersatz der Aufwendungen für seine Rechtsvertretung auf die einschlägigen Bestimmungen des Verwaltungsverfahrensgesetzes des Kantons Basel-Landschaft (Beschwerde, S. 9). Ein kantonales Verwaltungsverfahrensgesetz ist im Strafverfahren nicht anwendbar, sodass der Beschwerdeführer 1 für das vorliegende Verfahren daraus auch keine Ansprüche ableiten kann. Auf seine Rüge ist deshalb nicht einzutreten. 7. Auf die Beschwerde des Beschwerdeführers 2 ist nicht einzutreten. Die Beschwerde des Beschwerdeführers 1 ist abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. Bei diesem Verfahrensausgang tragen die Beschwerdeführer die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens (Art. 66 Abs. 1 BGG) unter solidarischer Haftung (Art. 66 Abs. 5 BGG). Das Gesuch des Beschwerdeführers 1 um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege ist abzuweisen, da die Beschwerde von vornherein als aussichtslos erschien (Art. 64 Abs. 1 BGG; vgl. dazu BGE 138 III 217 E. 2.2.4). Seiner finanziellen Lage ist mit einer herabgesetzten Gerichtsgebühr Rechnung zu tragen (Art. 65 Abs. 2 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde des Beschwerdeführers 1 wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Auf die Beschwerde des Beschwerdeführers 2 wird nicht eingetreten. 3. Das Gesuch des Beschwerdeführers 1 um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 4. Die Gerichtskosten von Fr. 2'800.-- werden dem Beschwerdeführer 1 zu Fr. 800.-- und dem Beschwerdeführer 2 zu Fr. 2'000.--, je unter solidarischer Haftung, auferlegt. 5. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Strafrecht, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 16. Dezember 2014 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Mathys Die Gerichtsschreiberin: Siegenthaler
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«AZA» U 36/99 Ca III. Kammer Bundesrichter Schön, Spira und Bundesrichterin Widmer; Gerichtsschreiberin Glanzmann Urteil vom 21. Januar 2000 in Sachen Schweizerische Unfallversicherungsanstalt, Luzern, Beschwerdeführerin, gegen L._, 1937, Beschwerdegegner, vertreten durch Advokat Dr. R._, und Versicherungsgericht des Kantons Basel-Landschaft, Liestal A.- Der 1937 geborene L._ war seit Mai 1991 als Lastwagenchauffeur bei der Firma G._ AG tätig und über diese bei der Schweizerischen Unfallversicherungsanstalt (SUVA) gegen Berufs- und Nichtberufsunfälle versichert. Am 3. September 1991 erlitt er bei einem Sturz eine Unterschenkeltorsionsfraktur links, welche operativ angegangen werden musste. Mit Verfügung vom 6. Juni 1994 sprach die SUVA dem Versicherten für die verbliebene Beeinträchtigung aus dem Unfallereignis vom 3. September 1991 eine Invalidenrente auf Grund einer Erwerbsunfähigkeit von 25 % ab 1. Mai 1994 und eine Integritätsentschädigung von 15 % zu. Daran hielt sie mit Einspracheentscheid vom 24. Juli 1996 fest. B.- In teilweiser Gutheissung der dagegen eingereichten Beschwerde hob das Versicherungsgericht des Kantons Basel-Landschaft den Einspracheentscheid vom 24. Juli 1996 betreffend die Invalidenrente auf und erkannte L._ eine solche auf der Basis eines Invaliditätsgrades von 35 % zu; im Übrigen wies es die Beschwerde ab (Entscheid vom 26. August 1998). C.- Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde beantragt die SUVA, der kantonale Entscheid sei im Rentenpunkt aufzuheben. Der Versicherte lässt auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde schliessen. Das Bundesamt für Sozialversicherung lässt sich nicht vernehmen. Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1.- Zu prüfen ist die Höhe der Invalidenrente gemäss dem von der Vorinstanz zutreffend dargelegten Art. 18 Abs. 2 UVG. 2.- In medizinischer Hinsicht steht fest und ist unbestritten, dass der Beschwerdegegner seine bisherige Tätigkeit als Lastwagenchauffeur nicht mehr ausüben kann. In einer vorwiegend sitzenden Tätigkeit ist er aber nach wie vor vollständig arbeitsfähig. 3.- a) Was die erwerbliche Seite betrifft, so haben Vorinstanz und SUVA das ohne Invalidität vom Versicherten erzielbare Einkommen (Valideneinkommen) in Bezug auf den Rentenbeginn im Mai 1994 bzw. den Verfügungszeitpunkt (6. Juni 1994) auf Fr. 53'950.- festgesetzt. Insoweit sich der Beschwerdegegner auf das von der IV-Stelle Basel-Landschaft ermittelte Valideneinkommen von Fr. 59'259.- beruft, lässt er ausser Acht, dass sie diesen Betrag aus der Sicht von "heute", d.h. bei Erlass der (drei) IV-Verfügungen vom 7. April 1998 angenommen hat; anlässlich der mit diesen Verfügungen wiedererwägungsweise aufgehobenen früheren IVVerfügung vom 20. Juni 1997 waren es - ebenfalls "heute" - noch Fr. 55'407.-. Das von der Vorinstanz in Übereinstimmung mit der SUVA für das Jahr 1994 auf Fr. 53'950.- festgelegte Valideneinkommen ist daher nicht zu beanstanden. b) Für die Bestimmung des trotz Gesundheitsschädigung zumutbarerweise noch realisierbaren Einkommens (Invalideneinkommen) können nach der Rechtsprechung Tabellenlöhne beigezogen werden. Dies gilt insbesondere dann, wenn der Versicherte keine ihm an sich zumutbare neue Erwerbstätigkeit aufgenommen hat (BGE 124 V 322 Erw. 3b/aa mit Hinweisen). Im vorliegenden Fall kann entweder von der Lohn- und Gehaltserhebung vom Oktober 1993 des Bundesamtes für Industrie, Gewerbe und Arbeit (heute Staatssekretariat für Wirtschaft) ausgegangen werden, welche Werte sodann auf das Jahr 1994 umzurechnen sind, oder es kann auf die Schweizerische Lohnstrukturerhebung (LSE) 1994 des Bundesamtes für Statistik abgestellt werden. aa) Aus der Oktoberlohnerhebung 1993 erhellt, dass an- und ungelernte Arbeiter im Kanton Basel-Landschaft im Jahre 1993 über alle Wirtschaftszweige gesehen durchschnittlich Fr. 26.84 in der Stunde verdienten. Dass der Beschwerdegegner vor Eintritt der Invalidität im Sektor Industrie und Gewerbe gearbeitet hat, bedeutet - entgegen der Ansicht der SUVA - nicht, dass auch bei der Ermittlung des Invalideneinkommens allein dieser Bereich in Frage kommt. Entscheidend ist, welcher Arbeitsmarkt dem Versicherte offen steht, wozu hier sämtliche Wirtschaftszweige gehören. Damit belief sich das hypothetische Invalideneinkommen im Jahre 1993 bei einer betriebsüblichen wöchentlichen Arbeitszeit von 41,9 Stunden (Die Volkswirtschaft, 1997 Heft 12, Anhang S. 27, Tabelle B 9.2) auf Fr. 58'479.- (Fr. 26,84 x 41,9 x 52), was angepasst an die Nominallohnentwicklung 1994 von 1,5 % (Die Volkswirtschaft, 1997 Heft 12, Anhang S. 28, Tabelle B 10.2) im Jahre 1994 Fr. 59'356.20 ergibt. Zu beachten gilt es jedoch, dass die für die Ermittlung des Invalideneinkommens von Versicherten, welche wegen ihrer gesundheitlichen Beeinträchtigung bloss noch leichte Hilfstätigkeiten ausüben können, herangezogenen Tabellenlöhne praxisgemäss bis zu 25 % gekürzt werden können; damit wird dem Umstand Rechnung getragen, dass diese Versicherten in der Regel das durchschnittliche Lohnniveau der entsprechenden gesunden Hilfsarbeiter nicht erreichen (nicht publizierte Erw. 4b des Urteils BGE 114 V 310). Dabei kommt der Abzug von 25 % nicht generell und in jedem Fall zur Anwendung. Vielmehr ist anhand der gesamten Umstände des konkreten Einzelfalles zu prüfen, ob und in welchem Ausmass das hypothetische Einkommen als Invalider zusätzlich reduziert werden muss (AHI 1999 S. 181, 1998 S. 177 Erw. 3a; RKUV 1999 Nr. U 343 S. 414 Erw. 4b/cc, 1998 Nr. U 304 S. 373). Vorliegend resultiert bei Annahme eines maximalen Abzuges von 25 % ein Invalideneinkommen von Fr. 44'517.15 (Fr. 59'356.20 x 0,75). Verglichen mit dem hypothetischen Valideneinkommen von Fr. 53'950.- (vgl. Erw. 3a) ergibt sich ein Invaliditätsgrad von rund 17,5 %. bb) Laut Tabelle A 1.1.1 der LSE 1994 belief sich der Zentralwert für die mit einfachen und repetitiven Aufgaben (Anforderungsniveau 4) beschäftigten Männer im privaten Sektor (bei einer wöchentlichen Arbeitszeit von 40 Stunden) im Jahre 1994 auf Fr. 4127.-, was bei Annahme einer betriebsüblichen durchschnittlichen Arbeitszeit im Jahre 1994 von 41,9 Stunden (Die Volkswirtschaft, 1997 Heft 12, Anhang S. 27, Tabelle B 9.2) ein Gehalt von monatlich Fr. 4323.- oder Fr. 51'876.- im Jahr ergibt. Unter Anrechnung eines leidensbedingten Abzuges von 25 % macht dies jährlich Fr. 38'907.- (Fr. 51'876.- x 0,75), was zu einem Invaliditätsgrad von rund 28 % führt. c) In Anbetracht der vorstehenden zwei Invaliditätsbemessungen sowie unter Berücksichtigung des Umstandes, dass statistische Zahlen immer nur Annäherungswerte sind, was auch für den leidensbedingten Abzug gilt, erscheint die ursprüngliche Festlegung des Invaliditätsgrades auf 25 % als zutreffend. Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: I. In Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wer- den Dispositiv-Ziffer 1 des Entscheides des Versiche- rungsgerichts des Kantons Basel-Landschaft vom 26. August 1998 im Rentenpunkt sowie Dispositiv-Zif- fer 3 aufgehoben. II. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. III. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsge- richt des Kantons Basel-Landschaft und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 21. Januar 2000 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der III. Kammer: i.V. Die Gerichtsschreiberin:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 2C_682/2018, 2C_684/2018, 2C_685/2018 Urteil vom 14. Mai 2019 II. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Seiler, Präsident, Bundesrichter Zünd, Haag, Gerichtsschreiber Zollinger. Verfahrensbeteiligte 2C_682/2018 A._ GmbH (vormals B._ GmbH), 2C_684/2018 C.E._, 2C_685/2018 D.E._, Beschwerdeführer, vertreten durch Adrian Schmid und/oder Ivo Würsch, Rechtsanwälte, gegen Steuerverwaltung des Kantons Bern. Gegenstand Grundstückgewinnsteuer 2011; Steuerbussen, Beschwerden gegen die Urteile des Verwaltungsgerichts des Kantons Bern, Verwaltungsrechtliche Abteilung, vom 14. Juni 2018 (100.2016.206U / 100.2016.207U / 100.2016.208U) Sachverhalt: A. Mit Vertrag vom 12. August 2010 und Grundbucheintrag vom 24. August 2010 erwarben die A._ GmbH (vormals B._ GmbH), deren einziger Gesellschafter C.E._ sowie dessen Ehefrau D.E._ die Grundstücke U._ Gbbl. Nr. xxx und Nr. yyy für Fr. 730'000.-- zu Gesamteigentum. Mit Vertrag vom 9. Dezember 2010 und Grundbucheintrag vom 31. März 2011 wurden diese Grundstücke für Fr. 1'600'000.-- verkauft. B. Mit Verfügungen vom 25. Juli 2012 veranlagte die Steuerverwaltung des Kantons Bern, Abteilung Grundstückgewinnsteuer, die veräussernden Gesamteigentümer je auf einen anteilsmässigen steuerbaren Grundstückgewinn von gerundet Fr. 266'900.--, was bei der A._ GmbH zu einer Steuerforderung von Fr. 160'776.05 und bei C.E._ sowie bei D.E._ je zu einer Steuerforderung von Fr. 155'865.95 führte. Gegen die Veranlagungsverfügungen vom 25. Juli 2012 erhoben sie Einsprache. Gestützt auf die im Einspracheverfahren erlangten Erkenntnisse leitete die Steuerverwaltung gegen die A._ GmbH, C.E._ und D.E._ ein Steuerstrafverfahren ein und auferlegte mit Verfügungen vom 19. September 2014 der A._ GmbH eine Steuerbusse von Fr. 85'155.-- und C.E._ sowie D.E._ je eine Steuerbusse von Fr. 82'570.-- wegen versuchter Steuerhinterziehung. Gegen die Steuerbussenverfügungen vom 19. September 2014 erhoben sie Einsprache. Mit Einspracheentscheide vom 22. Dezember 2014 wies die Steuerverwaltung sowohl die Einsprachen gegen die Grundstückgewinnsteuerveranlagungen als auch die Einsprachen gegen die Steuerbussenverfügungen ab. Die Steuerrekurskommission des Kantons Bern trennte im Rahmen der Steuerrekursverfahren die Verfahren betreffend die Grundstückgewinnsteuer von den Steuerstrafverfahren und sistierte Erstere. Letztere wies sie mit Entscheiden vom 7. Juni 2016 ab. Die gegen diese Entscheide erhobenen Beschwerden an das Verwaltungsgericht des Kantons Bern blieben ohne Erfolg (Urteile 100.2016.206U, 100.2016.207U und 100.2016.208U je vom 14. Juni 2018). C. Mit Beschwerden in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten vom 21. August 2018 gelangen die A._ GmbH, C.E._ und D.E._ an das Bundesgericht. Sie beantragen die Aufhebung der Urteile des Verwaltungsgerichts des Kantons Bern vom 14. Juni 2018. Von der Erhebung der Bussen sei abzusehen, und die Kosten der vorinstanzlichen Verfahren seien vollumfänglich der Steuerverwaltung des Kantons Bern aufzuerlegen. Eventualiter seien die Urteile vom 14. Juni 2018 aufzuheben und die Angelegenheit zur Erhebung weiterer Beweise und Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Subeventualiter seien einzig die Ziffern 2 der vorinstanzlichen Urteile vom 14. Juni 2018 aufzuheben und die Pauschalgebühr von Fr. 3'000.-- auf Fr. 1'000.-- zu reduzieren. In verfahrensrechtlicher Hinsicht verlangen sie die Vereinigung der Beschwerden gegen die Urteile vom 14. Juni 2018. Sowohl die Steuerverwaltung des Kantons Bern als auch die Vorinstanz beantragen im Rahmen der Vernehmlassung die Abweisung der Beschwerden. Erwägungen: 1. Die frist- (Art. 100 Abs. 1 BGG) und formgerecht (Art. 42 BGG) eingereichten Eingaben betreffen eine Angelegenheit des öffentlichen Rechts (Art. 82 lit. a BGG) und richten sich gegen die kantonal letztinstanzlichen (Art. 86 Abs. 1 lit. d BGG), verfahrensabschliessenden (Art. 90 BGG) Urteile eines oberen Gerichts (Art. 86 Abs. 2 BGG). Die Rechtsmittel sind als Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten zulässig, da kein Ausschlussgrund vorliegt (Art. 83 BGG). Die Beschwerdeführer sind bereits im kantonalen Verfahren als Partei beteiligt gewesen und dort mit ihren Anträgen nicht durchgedrungen, weswegen sie zur Erhebung der Rechtsmittel legitimiert sind (Art. 89 Abs. 1 BGG). Auf die Beschwerden in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2C_682/2018, 2C_684/2018 und 2C_685/2018 ist einzutreten. Die drei Verfahren 2C_682/2018, 2C_684/2018 und 2C_685/2018 betreffen denselben Sachverhalt und es stellen sich die gleichen Rechtsfragen. Ferner stellen die Beschwerdeführer in ihren Beschwerden die gleichen Rechtsbegehren und beantragen jeweils die Vereinigung der drei Verfahren. Die Vorinstanz und die Steuerverwaltung verzichten in ihren Vernehmlassungen auf einen diesbezüglichen Antrag. Es rechtfertigt sich daher die drei Verfahren zu vereinigen (vgl. Art. 71 BGG i.V.m. Art. 24 BZP [SR 273]; Urteile 2C_181/2019 vom 11. März 2019 E. 1.1; 2C_1021/2016 vom 18. Juli 2017 E. 4, nicht publ. in: BGE 143 II 553; 2C_850/2014 vom 10. Juni 2016 E. 1, nicht publ. in: BGE 142 II 388). 2. Mit der Beschwerde kann namentlich die Verletzung von Bundesrecht gerügt werden (Art. 95 lit. a BGG). Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG), wobei es - unter Berücksichtigung der allgemeinen Rüge- und Begründungspflicht (Art. 42 Abs. 2 BGG) - grundsätzlich nur die geltend gemachten Vorbringen prüft, sofern allfällige weitere rechtliche Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (vgl. BGE 142 I 135 E. 1.5 S. 144; 133 II 249 E. 1.4.1 S. 254). Der Verletzung von Grundrechten sowie kantonalem und interkantonalem Recht geht das Bundesgericht nur nach, falls eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und ausreichend begründet worden ist (Art. 106 Abs. 2 BGG; vgl. BGE 143 II 283 E. 1.2.2 S. 286; 139 I 229 E. 2.2 S. 232). Diese qualifizierte Rüge- und Begründungsobliegenheit nach Art. 106 Abs. 2 BGG verlangt, dass in der Beschwerde klar und detailliert anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids dargelegt wird, inwiefern verfassungsmässige Rechte verletzt worden sein sollen (vgl. BGE 143 I 1 E. 1.4 S. 5; 133 II 249 E. 1.4.2 S. 254). Die Anwendung kantonalen Rechts wird sodann vom Bundesgericht nur daraufhin geprüft, ob dadurch Bundesrecht - namentlich das Willkürverbot - verletzt wurde (vgl. BGE 142 II 369 E. 2.1 S. 372; 138 I 143 E. 2 S. 149 f.; Urteil 2C_747/2018 vom 11. März 2019 E. 1.2). Seinem Urteil legt das Bundesgericht den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Der von der Vorinstanz festgestellte Sachverhalt kann nur erfolgreich gerügt, berichtigt oder ergänzt werden, wenn er offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 BGG; Art. 105 Abs. 2 BGG; vgl. BGE 142 I 135 E. 1.6 S. 144 f.; 140 III 16 E. 1.3.1 S. 17 f.). Rügt die beschwerdeführende Partei eine offensichtlich unrichtige Sachverhaltsfeststellung, haben ihre Vorbringen den Anforderungen von Art. 106 Abs. 2 BGG zu genügen (vgl. BGE 139 I 72 E. 9.2.3.6 S. 96; 133 II 249 E. 1.4.3 S. 255; Urteil 2C_1106/2018 vom 4. Januar 2019 E. 2.2). 3. Die Beschwerdeführer beanstanden die vorinstanzlichen Urteile vom 14. Juni 2018, indem sie im Wesentlichen geltend machen, infolge einer willkürlichen Beweiswürdigung komme die Vorinstanz fälschlicherweise zum Schluss, der Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung sei erfüllt (zur vorinstanzlichen Beweiswürdigung vgl. nachfolgend E. 4.1). 3.1. Gemäss Art. 42 Abs. 1 des Bundesgesetzes über die Harmonisierung der direkten Steuern der Kantone und Gemeinden vom 14. Dezember 1990 (StHG; SR 642.14) und Art. 167 Abs. 1 des Steuergesetzes des Kantons Bern vom 21. Mai 2000 (StG BE; BSG 661.11) muss die steuerpflichtige Person alles tun, um eine vollständige und richtige Veranlagung zu ermöglichen. Im Rahmen dieser Mitwirkungspflicht der steuerpflichtigen Person stellt die Veranlagungsbehörde die für eine vollständige und richtige Besteuerung massgebenden tatsächlichen und rechtlichen Verhältnisse fest (vgl. Art. 166 Abs. 2 StG BE; vgl. auch Art. 42 Abs. 2 StHG). Hierzu hat die steuerpflichtige Person insbesondere die Steuererklärung wahrheitsgemäss und vollständig auszufüllen (vgl. Art. 170 Abs. 2 StG BE; Art. 177 Abs. 2 StG BE). Diese Verfahrensbestimmungen kommen unter anderem bei der vom Kanton Bern erhobenen Grundstückgewinnsteuer zur Anwendung (vgl. Art. 126 ff. StG BE i.V.m. Art. 149 ff. StG BE sowie Art. 177 ff. StG BE). 3.2. Wer als steuerpflichtige Person vorsätzlich oder fahrlässig bewirkt, dass eine Veranlagung zu Unrecht unterbleibt oder dass eine rechtskräftige Veranlagung unvollständig ist, wird mit Busse bestraft (vgl. Art. 56 Abs. 1 StHG; Art. 217 Abs. 1 lit. a StG BE). Wird die strafbare Hinterziehung von der Steuerbehörde vor der definitiven Veranlagung festgestellt, wird wegen versuchter Steuerhinterziehung mit Busse bestraft, wer eine Steuer zu hinterziehen versucht (vgl. Art. 56 Abs. 2 StHG; Art. 218 Abs. 1 StG BE). Die Busse beträgt zwei Drittel der Busse, die bei vorsätzlicher und vollendeter Steuerhinterziehung festzusetzen wäre (vgl. Art. 56 Abs. 2 StHG; Art. 218 Abs. 2 StG BE). Werden mit Wirkung für eine juristische Person Steuern zu hinterziehen versucht, wird die juristische Person gebüsst (vgl. Art. 222 Abs. 1 StG BE). Die versuchte Steuerhinterziehung ist nur bei vorsätzlicher Tatbegehung strafbar, was sich nicht direkt aus dem Gesetz, jedoch aus dem Begriff des Versuchs ergibt (vgl. Urteil 2C_480/2009 vom 16. März 2010 E. 5.1). Eventualvorsatz ist dem Vorsatz gleich gestellt. Nach konstanter Rechtsprechung gilt der Nachweis des Vorsatzes als erbracht, wenn mit hinreichender Sicherheit feststeht, dass die steuerpflichtige Person sich der Unrichtigkeit oder der Unvollständigkeit der gemachten Angaben bewusst war, sodass angenommen werden muss, sie habe eine Täuschung der Steuerbehörden beabsichtigt und eine zu niedrige Veranlagung bezweckt (direkter Vorsatz) oder zumindest in Kauf genommen (Eventualvorsatz). Eventualvorsatz ist zu bejahen, wenn sich der steuerpflichtigen Person der Erfolg ihres Verhaltens als derart wahrscheinlich aufgedrängt hat, dass ihr Verhalten vernünftigerweise nur als Inkaufnahme des Erfolgs ausgelegt werden kann. Das trifft namentlich dann zu, wenn sich die steuerpflichtige Person überhaupt nicht darum kümmert, ob die von ihr gemachten Angaben richtig sind (vgl. BGE 134 IV 26 E. 3.2.2 S. 28 f.; 130 IV 58 E. 8.2 S. 61; 114 Ib 27 E. 3a S. 29 f.; Urteile 2C_129/2018 vom 24. September 2018 E. 9.1; 2C_533/534/2012 vom 19. Februar 2013 E. 3.2; 6B_453/2011 vom 20. Dezember 2011 E. 5.2, nicht publ. in BGE 138 IV 47; vgl. auch Urteile 6B_34/2017 vom 3. November 2017 E. 1.1; 6B_724/2017 vom 21. Juli 2017 E. 1.2). Die Bestrafung einer juristischen Person wegen versuchter Steuerhinterziehung ist sodann nur möglich, wenn ein Organ vorsätzlich gehandelt hat (vgl. BGE 135 II 86 E. 4.2 S. 90 f.; Urteil 2C_11/2018 vom 10. Dezember 2018 E. 10.2). 3.3. Anders als beim Veranlagungs- und Nachsteuerverfahren handelt es sich beim Hinterziehungsverfahren um eine strafrechtliche Anklage im Sinne von Art. 6 Ziff. 1 EMRK. Für das Steuerhinterziehungsverfahren als Strafverfahren gilt damit namentlich die Unschuldsvermutung im Sinne von Art. 32 Abs. 1 BV und Art. 6 Ziff. 2 EMRK (vgl. BGE 140 I 68 E. 9.2 S. 74; 138 IV 47 E. 2.6.1 S. 51 f.; 121 II 273 E. 3a f. S. 281 ff.; vgl. auch BGE 144 I 340 E. 3.3.5 S. 348; 139 II 404 E. 6 S. 419 ff.; Urteil 2C_181/2019 vom 11. März 2019 E. 2.3.2). 3.3.1. Als Beweislastregel bedeutet die Unschuldsvermutung, dass es Sache der Anklagebehörde ist, die Schuld der angeklagten Person zu beweisen und nicht diese ihre Unschuld nachweisen muss. Im Zweifelsfall ist zugunsten der angeklagten Person zu entscheiden. Ob der Grundsatz "in dubio pro reo" als Beweislastregel verletzt ist, prüft das Bundesgericht mit freier Kognition (vgl. BGE 144 IV 345 E. 2.2.3.3 S. 351 f.; 127 I 38 E. 2a S. 40; 120 Ia 31 E. 2c S. 37; Urteile 6B_345/2019 vom 18. April 2019 E. 1.1; 2C_1157/1158/2016 vom 2. November 2017 E. 4.2.1). 3.3.2. Aus der Unschuldsvermutung und dem darin enthaltenen Grundsatz "in dubio pro reo" ergibt sich im Sinne einer Beweiswürdigungsregel, dass den Steuerstrafen keine Sachverhaltselemente zugrunde gelegt werden dürfen, über deren Verwirklichung bei objektiver Würdigung der gesamten Beweislage Zweifel bestehen oder die nur als wahrscheinlich gelten. Der Grundsatz ist verletzt, wenn das Gericht an der Schuld hätte zweifeln müssen. Dabei sind bloss abstrakte und theoretische Zweifel nicht massgebend, da solche immer möglich sind und eine absolute Gewissheit nicht verlangt werden kann (vgl. BGE 127 I 38 E. 2a S. 41; Urteile 6B_345/2019 vom 18. April 2019 E. 1.1; 6B_804/2017 vom 23. Mai 2018 E. 2.2.1; 2C_722/2012 vom 27. Mai 2013 E. 5.2.1). Folglich muss im Steuerstrafverfahren die Schuld der angeklagten Person mit an Sicherheit grenzender Wahrscheinlichkeit feststehen (vgl. Urteile 2C_1157/1158/2016 vom 2. November 2017 E. 4.2.2; 2C_16/2015 vom 6. August 2015 E. 2.5.3; vgl. auch BGE 144 IV 345 E. 2.2.3.3 S. 351; Urteil 6B_804/2017 vom 23. Mai 2018 E. 2.2.1). Ob der Grundsatz "in dubio pro reo" als Beweiswürdigungsregel verletzt ist, prüft das Bundesgericht nicht frei, sondern nur unter dem Gesichtspunkt der Willkür (vgl. BGE 144 IV 345 E. 2.2.3.3 i.f. S. 352; 127 I 38 E. 2a S. 41; 124 IV 86 E. 2a S. 88; Urteile 6B_345/2019 vom 18. April 2019 E. 1.1; 6B_932/2018 vom 24. Januar 2019 E. 1.1; zum Begriff der Willkür vgl. BGE 143 IV 241 E. 2.3.1 S. 244; 141 III 564 E. 4.1 S. 566). 4. Die Beschwerdeführer beanstanden die vorinstanzliche Sachverhaltsfeststellung als Folge einer willkürlichen Beweiswürdigung (vgl. E. 2 und E. 3.3.2 hiervor). 4.1. Wertvermehrende Aufwendungen, die während der Besitzesdauer am Grundstück vorgenommen werden, wirken sich bei der Grundstückgewinnsteuer steuermindernd aus (vgl. Art. 137 Abs. 1 StG BE i.V.m. Art. 142 Abs. 1 StG BE), während Ausgaben für den ordentlichen Unterhalt und die Verwaltung bei der Grundstückgewinnsteuer nicht anrechenbar sind (vgl. Art. 142 Abs. 2 StG BE). Die Steuerverwaltung liess die von den Beschwerdeführern deklarierten Aufwendungen nicht zum Abzug zu, da sie im Zuge der Veranlagung zunächst davon ausging, dass es sich um tatsächlich angefallene Unterhaltskosten handelte. Im Einspracheverfahren beauftragte sie die Abteilung Amtliche Bewertung mit der Überprüfung der fraglichen Aufwendungen. Bei der Besichtigung der Liegenschaften kamen die Experten zum Schluss, dass die behauptete Totalsanierung nicht durchgeführt worden war. Die Vorinstanz stellte aufgrund dessen fest, dass die für die Berechnung der Grundstückgewinnsteuer deklarierten wertvermehrenden Aufwendungen von insgesamt Fr. 595'000.-- auf fiktiven Rechnungen beruhten. 4.1.1. Aus dem Bericht der Abteilung Amtliche Bewertung vom 30. Januar 2014 geht hervor, dass die geltend gemachten und mit vier Rechnungen belegten umfangreichen Sanierungs- und Renovationsarbeiten nicht ausgeführt wurden. Einzig die Fassadenfarbe des Wohn- und Geschäftshauses sei während der massgeblichen Eigentumsdauer aufgefrischt worden, wobei es sich dabei um eine werterhaltende Massnahme handle, deren Wert auf höchstens Fr. 28'000.-- beziffert werden könne (vgl. E. 4.1 und E. 4.3 der angefochtenen Urteile). Aus den vorinstanzlichen Feststellungen ergibt sich, dass die in der Rechnung vom 17. Dezember 2010 angegebenen Arbeiten im Wert von Fr. 292'500.-- nie ausgeführt wurden. Insbesondere weise die Fassade des Wohn- und Geschäftshauses grössere Alterserscheinungen wie Risse, Feuchtigkeitsschäden und Schimmel auf. Sodann würden die Wohnungen im ersten und zweiten Obergeschoss den ursprünglichen Ausbaustandard aus dem Jahr 1970 aufweisen. Die tatsächlich im Jahr 2012 vorgenommenen Arbeiten seien erst nach der hier interessierenden Veräusserung vorgenommen worden. Ferner befinde sich der Altbau in einem desolaten Zustand, wobei insbesondere das angeblich totalsanierte Ziegeldach Verformungen und Knickstellen aufweise, mit Moos bewachsen und undicht sei. Von einer nach dieser Rechnung ausgeführten Renovation und Sanierung könne daher keine Rede sein. Weiter hält die Vorinstanz fest, dass die mit Rechnung vom 29. September 2010 in der Höhe von Fr. 138'000.-- geltend gemachten Sanierungs- und Instandstellungsmassnahmen überhaupt nicht auszumachen seien. Die Räumlichkeiten der Kegelbahn und die Lagerräume befänden sich in einem desolaten Zustand und seien nicht nutzbar. Ebenso nicht feststellbar seien die in der Rechnung vom 26. Dezember 2010 ausgewiesenen Arbeiten im Umfang von Fr. 160'000.--, wonach das Restaurant einschliesslich dessen Saal komplett renoviert und das Treppenhaus zu den Wohnungen erneuert worden sei. Letztlich erweise sich auch die eingereichte Quittung vom 11. Januar 2011 über einen Betrag von Fr. 4'500.-- für die angebliche Renovation der Wohnung im zweiten Obergeschoss links als fiktiv. Das dortige Badezimmer verfüge noch über die Einrichtung aus dem Jahr 1970 und entgegen der auf der Quittung aufgeführten Arbeiten sei eine Dusche in dieser Wohnung gar nicht vorhanden. 4.1.2. Die Vorinstanz führt im Weiteren aus, aus der entsprechenden Dokumentation der Abteilung Amtliche Bewertung sei ohne Weiteres ersichtlich, dass sich die Liegenschaften noch drei Jahre nach der hier relevanten Veräusserung in einem veralteten und sanierungsbedürftigen Zustand befunden hätten. Das durch die Fotodokumentation vermittelte Bild sei eindeutig und schliesse aus, dass die geltend gemachte Sanierung stattgefunden habe. Zudem hätten die Beschwerdeführer keine stichhaltigen Zahlungsnachweise für die angeblichen Auslagen beibringen können. Zwar seien für gewisse Zahlungen Quittungen vorhanden oder die Rechnungen würden eine Bestätigung enthalten, dass diese bar beglichen worden seien. Jedoch erscheine die Barbezahlung derart hoher Beträge als unüblich, und es gelinge den Beschwerdeführern nicht, die angeblichen Transaktionen beispielsweise mit Bankbelegen der Barbezüge zu substanziieren, um die behaupteten Zahlungen immerhin betrags- und datumsmässig miteinander in Verbindung zu bringen (vgl. E. 4.2 der angefochtenen Urteile). 4.1.3. Zusammenfassend ergebe sich, dass die Feststellungen der Abteilung Amtliche Bewertungen nicht ernsthaft in Zweifel gezogen werden könnten und dass die angebliche Totalsanierung nicht stattgefunden habe. Die wenigen tatsächlich ausgeführten Erneuerungsarbeiten könnten den eingereichten Rechnungen weder inhaltlich noch betragsmässig zugeordnet werden. Daher sei es angesichts der klaren Beweislage nicht notwendig, weitere Beweise abzunehmen. Das Verhalten der Beschwerdeführer erfülle demzufolge im gesamten Umfang der deklarierten vermeintlichen Aufwände den objektiven Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung (vgl. E. 4.5 der angefochtenen Urteile). 4.2. Die Beschwerdeführer machen geltend, die Steuerrekurskommission habe einen - wenn auch nur geringen - Teil der deklarierten Aufwendungen gerade nicht als fiktiv betrachtet, sondern diese Kosten stattdessen als gewöhnlichen Liegenschaftenunterhalt angesehen. Sowohl die Steuerrekurskommission als auch die Abteilung Amtliche Bewertung hätten nachweislich nicht die gesamten in Rechnung gestellten Arbeiten als fiktiv betrachtet. Die Vorinstanz stelle grundlegend in Abrede, dass die Beschwerdeführer überhaupt irgendwelche Arbeiten in Auftrag gegeben hätten und würde insbesondere die Rechnung vom 17. Dezember 2010 als integral unwahr betrachten. Sie weiche damit von der Sachverhaltsfeststellung ihrer Vorinstanz ab. 4.2.1. Das Verwaltungsgericht des Kantons Bern überprüft als verwaltungsunabhängige Justizbehörde Beschwerden nach Art. 74 ff. des Gesetzes über die Verwaltungsrechtspflege vom 23. Mai 1989 (VRPG BE; BSG 155.21) mit freier Kognition sowohl mit Blick auf die Rechtsanwendung als auch auf die Sachverhaltsfeststellung (vgl. Art. 80 VRPG BE; vgl. auch Art. 110 BGG). Der Vorinstanz steht es damit zu, den Sachverhalt abweichend von ihrer Vorinstanz zu würdigen und somit von der bisherigen Auffassung unabhängig festzustellen. Unbehelflich ist damit das Vorbringen der Beschwerdeführer, die Abteilung Amtliche Bewertung und die Steuerrekurskommission kämen zu einem anderen Schluss, womit die vorinstanzliche Auffassung diesen Auffassungen widerspreche. Die abweichende Sachverhaltsfeststellung stellt keine Rechtsverletzung dar. 4.2.2. Wie die Vorinstanz in ihrer Vernehmlassung vom 11. September 2018 zutreffend vorbringt, hat sie die entsprechenden Ausführungen der Experten der Steuerverwaltung nicht übersehen. Sie hat sich mit deren Befund auseinandergesetzt und ist zum Schluss gekommen, dass die festgestellten Arbeiten den eingereichten Rechnungen weder inhaltlich noch betragsmässig zugeordnet werden können, womit auch keine Auslagen belegt sind. Die Erkenntnis, dass gewisse Arbeiten vorgenommen worden sind, beinhaltet nicht den Nachweis dafür, dass Auslagen in entsprechendem Umfang angefallen sind. Es mangelt nicht nur an einer Handwerkerrechnung, die den Aufwand für die festgestellten Arbeiten beziffert, es fehlt auch ein Zahlungsnachweis als Beleg für die entsprechenden Aufwendungen (vgl. E. 4.2 der angefochtenen Urteile). Diese Auffassung der Vorinstanz ist nicht zu beanstanden. Von den Beschwerdeführern darf im Rahmen ihrer Mitwirkungspflicht verlangt werden, dass sie glaubhaft darlegen, welche Arbeiten in welchem Zeitpunkt durchgeführt wurden, mit welchen Rechnungen und Rechnungsposition sie korrespondieren sowie mit welchen Transaktionen oder Barbezügen diese Rechnungen beglichen wurden. Die Beschwerdeführer bringen auch im bundesgerichtlichen Verfahren nicht in überzeugender Weise vor, inwiefern die angeblichen Arbeiten mit den Rechnungen übereinstimmen und mit welchen Transaktionen diese Rechnungen beglichen wurden. Die vorinstanzliche Beweiswürdigung ist in dieser Hinsicht somit nicht willkürlich. 4.3. Die Beschwerdeführer bringen sodann vor, dass gewisse Arbeiten, die angeblich nachträglich durch die Käuferschaft durchgeführt worden seien, bloss auf den mündlichen Angaben von zwei beim Augenschein ebenfalls anwesenden Personen basiere. Die Experten der Abteilung Amtliche Bewertung würden die Richtigkeit der Aussagen nicht in Frage stellen und es nicht für notwendig erachten, diese Aussagen anhand von Belegen zu verifizieren. Eine Überprüfung hätte insbesondere deswegen durchgeführt werden müssen, da sich im Kaufvertrag vom 9. Dezember 2010 eine Vertragsklausel befinde, wonach noch Arbeiten auf Kosten der Verkäuferschaft durchgeführt würden. Obwohl damit erhebliche Zweifel an der Richtigkeit des Berichts vom 30. Januar 2014 vorliegen würden, stütze sich die Vorinstanz vorbehaltslos auf diesen. Ferner seien zwei schriftliche Bestätigungsschreiben vom 31. Oktober 2012 und 23. Juni 2015 sowie eine Liegenschaftsschätzung aus dem Jahr 2010 aktenkundig. Die Vorinstanz führe in ihren Erwägungen fälschlicherweise aus, dass diese Beweismittel kein wesentlich anderes Bild vermitteln würden. Dies stimme mit deren tatsächlichem Inhalt nicht überein, da sich aus den fachmännisch erstellten Beweismitteln schliessen liesse, dass die deklarierten Arbeiten ausgeführt worden seien. 4.3.1. Die Beschwerdeführer verkennen, dass die Vorinstanz durchaus anerkennt, dass den mündlichen Aussagen möglicherweise eine geringe Aussagekraft zukommt. Sie kommt in der Folge jedoch zum Schluss, dass der Beweiswert der Aussagen unerheblich sei (vgl. E. 4.4.1 der angefochtenen Urteile). Aus der Fotodokumentation ergebe sich, dass die auf den Rechnungen aufgeführten Sanierungsarbeiten nicht stattgefunden hätten. Die Vorinstanz folgert zutreffend, dass es ebenso wenig darauf ankomme, dass im Kaufvertrag vom 9. Dezember 2010 vereinbart worden war, es würden noch Arbeiten zulasten der Beschwerdeführer ausgeführt. Denn letztlich gelingt es den Beschwerdeführern nicht überzeugend darzulegen, dass sie die Kosten für die nach der Veräusserung erfolgten Arbeiten jemals beglichen hätten. Damit ist es unbehelflich, dass gewisse Rechnungspositionen mit den effektiv ausgeführten Arbeiten übereinstimmen. Die vorinstanzliche Beweiswürdigung ist auch in diesem Aspekt willkürfrei. 4.3.2. Die gleichen Erwägungen sind im Hinblick auf die beiden Bestätigungsschreiben und die Liegenschaftsschätzung anzustellen. Die Vorinstanz setzt sich mit diesen eingehend auseinander und berücksichtigt deren Inhalt in der Beweiswürdigung (vgl. E. 4.4.2 der angefochtenen Urteile). Wenn die Vorinstanz dabei zum Schluss gelangt, diese Beweismittel vermöchten kein anderes, dem Bericht vom 30. Januar 2014 entgegenstehendes Bild zu vermitteln, nimmt sie keine willkürliche Beweiswürdigung vor. Die privaten Bestätigungsschreiben und die Liegenschaftsschätzung sind keine stichhaltigen Indizien dafür, dass die Arbeiten in einer mit den eingereichten Rechnungen übereinstimmenden Weise ausgeführt wurden. Ausserdem zeigt die Fotodokumentation der Abteilung Amtliche Bewertung ein eindeutig gegenteiliges Bild. Letztlich bieten diese Beweismittel auch keinen Beweiswert im Hinblick auf die Frage, ob die eingereichten Rechnungen jemals beglichen wurden. 4.4. Den Beschwerdeführern gelingt es somit nicht, ansatzweise glaubhaft zu machen, dass ihnen die geltend gemachten Aufwendungen effektiv angefallen sind. Die vorinstanzliche Auffassung, die gesamten deklarierten Aufwendungen von Fr. 595'000.-- seien als fiktiv zu betrachten, ist unter dem Gesichtspunkt der Willkür demzufolge nicht zu beanstanden. Auch das Vorbringen der Beschwerdeführer, dass ohne irgendwelche Sanierungs- und Renovierungsarbeiten ein Verkaufspreis von Fr. 1'600'000.-- nicht zu realisieren gewesen wäre, vermag daran nichts zu ändern. Aufgrund einer willkürfreien Beweiswürdigung hat die Vorinstanz den Sachverhalt nicht offensichtlich unrichtig festgestellt. 5. Die Beschwerdeführer beanstanden, der objektive Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung könne nicht bereits dadurch erfüllt sein, dass eine steuerpflichtige Person oder deren Vertreter gewöhnliche Unterhaltskosten als wertvermehrende Aufwendungen geltend mache. Die Abgrenzung zwischen wertvermehrenden Aufwendungen und gewöhnlichen Unterhaltskosten stelle nämlich eine Rechtsfrage dar, welche von den Veranlagungsbehörden von Amtes wegen zu beantworten sei, wohingegen die steuerpflichtige Person lediglich zu einer korrekten Sachverhaltsdarstellung und Deklaration verpflichtet sei. 5.1. Zwar ist es zutreffend, dass die Beschwerdeführer den objektiven Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung nicht bereits deshalb erfüllen, wenn sie Rechnungen zur Geltendmachung von wertvermehrenden Aufwendungen einreichen, die tatsächlich nur Unterhaltskosten darstellen. Die Vorinstanz kommt indes zum Schluss, dass eine Steuerhinterziehung im gesamten Umfang der deklarierten vermeintlichen Aufwände vorliegt, da die angebliche Totalsanierung nicht stattgefunden hat und sämtliche Rechnungen fiktiv sind. Die wenigen tatsächlich ausgeführten Erneuerungsarbeiten können den eingereichten Rechnungen weder inhaltlich noch betragsmässig zugeordnet werden. Damit auferlegt die Vorinstanz den Beschwerdeführern nicht die Beantwortung einer Rechtsfrage. Vielmehr handelt es sich um eine Sachverhaltsfeststellung, wonach sämtliche auf den Rechnungen aufgeführten Arbeiten nicht ausgeführt wurden und die Rechnungen mithin fiktiv sind. 5.2. Aus der Sachverhaltsfeststellung ergibt sich, dass die Beschwerdeführer fiktive Rechnungen zwecks Geltendmachung von abzugsfähigen wertvermehrenden Aufwendungen im Umfang von Fr. 595'000.-- eingereicht haben. Im Lichte der dargelegten Rechtslage (vgl. E. 3 hiervor) erfüllt dieses Verhalten den objektiven Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung, da die Beschwerdeführer mit der Einreichung von fiktiven Rechnungen eine falsche und unvollständige Veranlagung der Grundstückgewinnsteuer zu bewirken versuchten. 6. Mit Blick auf den subjektiven Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung ist sodann Folgendes in Betracht zu ziehen. 6.1. Die Vorinstanz erwägt, dass die Beschwerdeführer sich nicht der Verantwortung für die Richtigkeit und Vollständigkeit der Angaben in der Steuererklärung dadurch entziehen könnten, dass sie ihre Steuerangelegenheiten durch eine vertragliche Vertretung besorgen liessen. Habe die Vertreterin in der Steuererklärung unrichtige Angaben gemacht und damit eine Steuerverkürzung bewirkt, hat sich die steuerpflichtige Person deren Verhalten anrechnen zu lassen. Die Beschwerdeführer hätten sich nicht darum gekümmert, ob die in der Steuererklärung enthaltenen Angaben richtig und vollständig sind. Damit hätten sie eine Steuerhinterziehung zumindest in Kauf genommen (vgl. E. 5.2 der angefochtenen Urteile). 6.2. Nach Auffassung der Beschwerdeführer kann der vorinstanzlichen Argumentation nicht gefolgt werden. Sie hätten die Auftragsvergabe, Überwachung und Abnahme der Renovations- und Sanierungsarbeiten nicht selbst übernommen, sondern einer Vertreterin dafür ein umfassendes Mandat erteilt. Demzufolge könne die Beschwerdeführerin gerade nicht wissen, ob die Arbeiten im Umfang der gestellten Rechnungen tatsächlich auch ausgeführt worden seien. Darauf vertrauend hätten sie denn auch gar nicht die Möglichkeit gehabt, die ebenfalls von der Vertreterin vorbereitete Grundstückgewinnsteuererklärung kritisch zu überprüfen. Das dafür vorausgesetzte Wissen sei nicht vorhanden gewesen. 6.3. Die Ausführungen der Beschwerdeführer vermögen nicht zu überzeugen. Die deklarierten Aufwendungen werden vermeintlich mit vier Rechnungen belegt, die aufgrund ihres tiefen Detaillierungsgrads, der Bezeichnung der jeweiligen Gebäude und Stockwerke sowie der leicht verständlichen Art selbst von einer nicht fachkundigen Person problemlos nachvollziehbar und überprüfbar gewesen wären. Unbestritten bleibt sodann die vorinstanzliche Auffassung, dass die Beschwerdeführer bei der Veräusserung von Grundstücken nicht als geschäftsunerfahren bezeichnet werden könnten. Weshalb die Beschwerdeführer keine Möglichkeit gehabt hätten, die von der Vertreterin vorbereitete Grundstückgewinnsteuererklärung kritisch zu überprüfen, ist daher nicht ersichtlich. Wie die Vorinstanz zutreffend erwägt, können sich die Beschwerdeführer zudem aufgrund einer vertraglichen Vertretung nicht ohne Weiteres ihrer Verfahrenspflichten entziehen (vgl. E. 3.1 hiervor). Indem sich die Beschwerdeführer auf den Standpunkt stellen, sie hätten die von der Vertreterin vorbereitete Steuererklärung infolge angeblicher Unmöglichkeit nicht kritisch überprüft, ist erstellt, dass sich die Beschwerdeführer überhaupt nicht darum gekümmert haben, ob die gemachten Angaben richtig sind. Damit hat sich der Erfolg ihres Verhaltens als derart wahrscheinlich aufgedrängt, dass dieses vernünftigerweise nur als Inkaufnahme des Erfolgs ausgelegt werden kann. Zudem ist der beschwerdeführende Ehemann zugleich einziger Gesellschafter und Geschäftsführer der beschwerdeführenden Gesellschaft mit beschränkter Haftung, weshalb ihr das vorsätzliche Handeln ihres Geschäftsführers anzurechnen ist (zum Prinzip der Selbstorganschaft vgl. Art. 809 Abs. 1 OR). Insoweit eine unterschiedliche Würdigung des individuellen Verhaltens der drei Beschwerdeführer (insbesondere der beschwerdeführenden Ehefrau) mit Blick auf den subjektiven Tatbestand denkbar wäre, liegen keine entsprechenden Vorbringen der Beschwerdeführer vor. Zudem sind die diesbezüglichen vorinstanzlichen Erwägungen, die auf die konkrete Beteiligung der Beschwerdeführer an den Geschäftsvorgängen Bezug nehmen, nicht offensichtlich mangelhaft (vgl. E. 2 hiervor). Folglich ist nicht zu beanstanden, wenn die Vorinstanz bei sämtlichen Beschwerdeführern den subjektiven Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung als erfüllt betrachtet. 7. Als Eventualantrag verlangen die Beschwerdeführer, die Ziffern 2 der vorinstanzlichen Urteile vom 14. Juni 2018 seien aufzuheben und die Pauschalgebühr jeweils von Fr. 3'000.-- auf Fr. 1'000.-- zu reduzieren. 7.1. Zur Begründung führen die Beschwerdeführer aus, die Gerichtsgebühren würden gegen das Kostendeckungs- und Äquivalenzprinzip verstossen, da sie in einem offensichtlichen Missverhältnis zum objektiven Wert der Leistung stünden, sich die Vorinstanz zur Höhe der Gerichtskosten nicht äussere und auf die entsprechende gesetzliche Grundlage über die Gebührenhöhe nicht hinweise. Da sie die Gerichtskosten nicht begründe, komme die Vorinstanz ihrer Begründungspflicht nicht nach und verletze ebenso den Anspruch auf rechtliches Gehör. 7.2. In ihrer Vernehmlassung legt die Vorinstanz dar, dass sich die auferlegten Verfahrenskosten in den drei Verfahren von je Fr. 3'000.-- im mittleren Bereich des Gebührenrahmens bewegen würden. Die gesetzliche Grundlage finde sich in Art. 51 Abs. 1 lit. a des Dekrets vom 24. März 2010 betreffend die Verfahrenskosten und die Verwaltungsgebühren der Gerichtsbehörden und der Staatsanwaltschaft (VKD BE; BSG 161.12) und sehe einen Gebührenrahmen von Fr. 300.-- bis Fr. 7'000.-- vor. Die auferlegten Verfahrenskosten würden sowohl dem hohen Streitwert als auch den Synergien, die sich durch die gleichzeitige Behandlung der parallel geführten Verfahren ergeben hätten, angemessen Rechnung tragen. 7.3. Die Anwendung von kantonalem Recht prüft das Bundesgericht unter dem Gesichtspunkt des Willkürverbots (vgl. E. 2 hiervor). Gleiches gilt für die Wahrung des Verhältnismässigkeitsprinzips bei der Anwendung von kantonalem Recht (vgl. BGE 141 I 1 E. 5.3.2 S. 7 f.; Urteil 2C_837/2018 vom 15. Februar 2019 E. 4). Eine willkürliche Festlegung der Gerichtsgebühr liegt indes nicht vor. Selbst wenn die Vorinstanz die drei Verfahren vereinigt hätte, wäre der Streitwert auf insgesamt Fr. 250'295.-- zu beziffern. Ausserdem besteht in Art. 6 Abs. 2 VKD BE eine gesetzliche Grundlage, nach der in Verfahren mit mehreren beteiligten Personen die Höchstsätze überschritten werden dürfen. Im Lichte dieser beiden Aspekte erscheint eine vorinstanzlich festgelegte Gerichtsgebühr von je Fr. 3'000.-- und insgesamt Fr. 9'000.-- gestützt auf Art. 51 Abs. 1 lit. a VDK BE willkürfrei mit dem Verhältnismässigkeitsprinzip (insbesondere Kostendeckungsprinzip und Äquivalenzprinzip) vereinbar. Inwiefern die Vorinstanz zudem den Anspruch auf rechtliches Gehör verletzt, legen die Beschwerdeführer nicht in einer den Anforderungen von Art. 106 Abs. 2 BGG genügenden Weise dar (vgl. E. 2 hiervor). 8. Zusammenfassend ergibt sich, dass die Vorinstanz den Sachverhalt gestützt auf eine willkürfreie Beweiswürdigung richtig festgestellt und die Erfüllung des objektiven und subjektiven Tatbestands der versuchten Steuerhinterziehung zu Recht bejaht hat. Ebenfalls hat sie die Kosten der Verfahren mit einer Pauschalgebühr von je Fr. 3'000.-- willkürfrei festgelegt. Nach dem Dargelegten sind die Beschwerden in allen Teilen abzuweisen. Diesem Verfahrensausgang entsprechend tragen die Beschwerdeführer die Gerichtskosten (Art. 66 Abs. 1 und Abs. 5 BGG). Parteientschädigungen sind nicht geschuldet (Art. 68 Abs. 1 und Abs. 3 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verfahren 2C_682/2018, 2C_684/2018 und 2C_685/2018 werden vereinigt. 2. Die Beschwerden werden abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 6'500.-- werden den Beschwerdeführern auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Verwaltungsrechtliche Abteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 14. Mai 2019 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Seiler Der Gerichtsschreiber: Zollinger
15,411
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2,011
de
Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 2C_191/2011 Urteil vom 3. März 2011 II. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Zünd, Präsident, Gerichtsschreiber Feller. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, vertreten durch Rechtsanwalt Roger Lippuner, gegen Kantonales Steueramt St. Gallen, Verwaltungsrekurskommission des Kantons St. Gallen. Gegenstand Staats- und Gemeindesteuern, direkte Bundessteuer 2007, Beschwerde gegen das Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons St. Gallen vom 26. Januar 2011. Erwägungen: 1. X._ ist Eigentümer einer Liegenschaft, die er selber bewohnt. In den Jahren 2007 und 2008 liess er umfangreiche Sanierungsarbeiten u.a. an der Heizungs- und Lüftungsanlage vornehmen. In der Steuerklärung für die Staats- und Gemeindesteuern sowie die direkte Bundessteuer 2007 deklarierte er ein steuerbares Einkommen von Fr. 15'528.--, wobei er Unterhalts- und Verwaltungskosten für die Liegenschaft zum Abzug brachte; diesbezüglich im Jahr 2007 geleistete Akontozahlungen (nach seiner Darstellung: Vorauszahlungen) von insgesamt Fr. 128'000.-- berücksichtigte er dabei nur teilweise. Die Veranlagungsbehörde ging ihrerseits davon aus, dass die gesamten 2007 tatsächlich bezahlten Akontozahlungen diesem Jahr zuzurechnen seien; so resultierte (nach Berechnung des Beschwerdeführers) ein Negativeinkommen von Fr. 33'177.--, was für die Staats- und Gemeindesteuern sowie die direkte Bundessteuer 2007 je zu einem steuerbaren Einkommen von Fr. 0.-- führte. Die dagegen erhobenen Einsprachen sowie der Rekurs und die Beschwerde an die Verwaltungsrekurskommission des Kantons St. Gallen blieben erfolglos. Mit Urteil vom 26. Januar 2011 wies das Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen die Beschwerden gegen die Entscheide der Verwaltungsrekurskommission ab. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten vom 28. Februar 2011 beantragt X._ dem Bundesgericht, das Urteil des Verwaltungsgerichts und die diesem vorausgehenden Entscheidungen seien aufzuheben, und sein steuerbares Reineinkommen 2007 sei auf Fr. 0.-- festzusetzen, wobei die Anteile der Vorauszahlungen von Fr. 128'000.-- für die Totalsanierung der Heizungs- und Lüftungsanlage den Jahren 2007 (Fr. 83'200.--) und 2008 (Fr. 44'800.--) zuzuteilen seien. Es ist weder ein Schriftenwechsel noch sind andere Instruktionsmassnahmen angeordnet worden. 2. 2.1 Das Bundesgericht prüft seine Zuständigkeit bzw. die Zulässigkeit eines Rechtsmittels an sich von Amtes wegen (Art. 29 Abs. 1; BGE 135 II 22 E. 1 S. 24; 135 III 1 E. 1.1 S. 3; je mit Hinweisen). Immerhin ist die Beschwerde gemäss Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG hinreichend zu begründen; der Beschwerdeführer hat auch die Beschwerdebefugnis darzutun, wenn die gesetzlichen Legitimationsvoraussetzungen nicht ohne weiteres gegeben sind (BGE 134 II 45 E. 2.2.3 S. 48; 133 II 249 E. 1.1 S. 251, 353 E. 1 S. 356, 400 E. 2 S. 404). 2.2 Zur Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten ist gemäss Art. 89 Abs. 1 BGG berechtigt, wer vor der Vorinstanz am Verfahren teilgenommen hat oder keine Möglichkeit zur Teilnahme hatte (lit. a), durch den angefochtenen Entscheid besonders berührt ist (lit. b) und ein schutzwürdiges Interesse an dessen Aufhebung oder Änderung hat (lit. c). Der Beschwerdeführer beantragt, sein steuerbares Reineinkommen 2007 sei auf Fr. 0.-- festzusetzen. Dies entspricht der vom Verwaltungsgericht geschützten Veranlagung, und der Antrag stösst ins Leere. Auch der Antrag, die im Jahr 2007 geleisteten Akonto- bzw. Vorauszahlungen auf die Jahre 2007 und 2008 aufzuteilen, führt zu keiner Änderung der allein Gegenstand des vorliegenden Verfahrens bildenden Veranlagungen für das Jahr 2007. Zwischen dem Beschwerdeführer und den kantonalen Behörden besteht allein Uneinigkeit über die zu einem steuerbaren Reineinkommen von Fr. 0.-- führende Begründung; zur Anfechtung einer Urteilsbegründung ist eine Partei nicht legitimiert (vgl. BGE 111 II 398 E. 2 S. 399 f.). Unter diesen Umständen hätte der rechtskundig vertretene Beschwerdeführer in Berücksichtigung von Art. 42 Abs. 2 BGG spezifisch aufzeigen müssen, inwiefern er ein schutzwürdiges Interesse an der Aufhebung oder Änderung des angefochtenen Entscheids hat; es fehlt an einer hinreichenden Begründung zur Legitimationsfrage (Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG). Implizit lässt sich den Ausführungen in Ziff. II.B.5 (S. 7) der Beschwerdeschrift entnehmen, dass der Beschwerdeführer eine Benachteiligung bei der Veranlagung 2008 befürchtet, weil für das Negativeinkommen von Fr. 33'177.-- kein Verlustvortrag möglich sei. Auch damit liesse sich die Berechtigung zur Anfechtung des Veranlagungsentscheids 2007 nicht herleiten: Es ist nicht ersichtlich, was den Beschwerdeführer daran hinderte, bei der Veranlagung 2008 diesen zusätzlichen Abzug geltend zu machen. Ob sich dabei die kantonalen Behörden an die Begründung des hier angefochtenen Urteils gebunden fühlen würden, steht nicht fest und ist unerheblich, könnte doch der Beschwerdeführer sein heutiges Anliegen dem Bundesgericht nötigenfalls dannzumal mit Beschwerde gegen den letztinstanzlichen Veranlagungsentscheid per 2008 unterbreiten. Es besteht jedenfalls kein ausreichender Grund, um die vom Beschwerdeführer aufgeworfenen Fragen im Rahmen eines Entscheids zur Veranlagung 2007, durch die er nicht beschwert ist, zu prüfen (vgl. dazu BGE 135 I 79 E. 1.1 S. 81; Urteil 2C_306/2009 vom 25. Januar 2010 betreffend eine mit dem vorliegenden Fall vergleichbaren Konstellation; s. ferner Urteil 2C_292/2009 vom 26. März 2010 betreffend die Legitimationsanforderungen im Falle der Feststellung von Verlusten). 2.3 Auf die Beschwerde ist nach dem Gesagten mit Entscheid des Einzelrichters im vereinfachten Verfahren gemäss Art. 108 BGG nicht einzutreten. Die Gerichtskosten (Art. 65 BGG) sind entsprechend dem Verfahrensausgang dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 erster Satz BGG). Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen und der Eidgenössischen Steuerverwaltung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 3. März 2011 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Zünd Feller
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 5A_1008/2020 Urteil vom 9. Dezember 2020 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Escher, präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiber Zingg. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, gegen B._ AG, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Markus Siegrist, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Definitive Rechtsöffnung, Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Aargau, Zivilgericht, 5. Kammer, vom 22. Oktober 2020 (ZSU.2020.148). Erwägungen: 1. Mit Entscheid vom 18. Juni 2020 erteilte das Bezirksgericht Aarau der Beschwerdegegnerin gegenüber dem Beschwerdeführer in der Betreibung Nr. xxx des Regionalen Betreibungsamtes Oberentfelden definitive Rechtsöffnung für Fr. 36'400.-- nebst Zins. Als Rechtsöffnungstitel diente ein vor dem Friedensrichteramt Kreis II am 17. August 2018 abgeschlossener Vergleich. Gegen den Rechtsöffnungsentscheid erhob der Beschwerdeführer am 30. Juni 2020 (Postaufgabe) Beschwerde. Mit Entscheid vom 22. Oktober 2020 wies das Obergericht des Kantons Aargau die Beschwerde ab, soweit es darauf eintrat. Dagegen hat der Beschwerdeführer am 3. Dezember 2020 Beschwerde an das Bundesgericht erhoben. 2. Nach Art. 42 Abs. 2 BGG ist in der Beschwerdebegründung in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt. Die beschwerdeführende Partei hat in gezielter Auseinandersetzung mit den für das Ergebnis des angefochtenen Entscheides massgeblichen Erwägungen aufzuzeigen, welche Rechte bzw. Rechtsnormen die Vorinstanz verletzt haben soll (BGE 140 III 86 E. 2 S. 88 f.; 140 III 115 E. 2 S. 116). 3. Vor Obergericht machte der Beschwerdeführer geltend, es sei ihm von Seiten der C._ verweigert worden, die Schuld mit Vermittlung eines Objektgeschäfts zu tilgen. Das Obergericht hat dazu erwogen, die Tilgung der Schuld sei durch Urkunden zu beweisen. Der Beschwerdeführer lege jedoch keinen Urkundenbeweis für eine gemäss Ziffer 5 des Vergleichs erfolgte selbständige Vermittlung eines zum Abschluss gelangten Objektgeschäfts und für die damit verbundene erfolgte Zahlung vor. Es könne offengelassen werden, ob die Beschwerdegegnerin die Geschäftsvermittlung verhindert habe und damit auch ohne Abschluss eines Geschäfts von einer Tilgung ausgegangen werden könnte. Zwar könne im Verfahren auf definitive Rechtsöffnung Rechtsmissbrauch eingewendet werden. Diese Prüfung könne den Rahmen des summarischen Rechtsöffnungsverfahrens aber sprengen, soweit der Betriebene auf den Urkundenbeweis beschränkt sei, was im Verfahren auf definitive Rechtsöffnung zutreffe (Art. 81 Abs. 1 SchKG). Einen Urkundenbeweis für ein wider Treu und Glauben erfolgtes Verhalten der Beschwerdegegnerin lege der Beschwerdeführer nicht vor. Insoweit sei die Beschwerde abzuweisen. Für die vom Beschwerdeführer verlangte Löschung der Zahlungsbefehle sei der Rechtsöffnungsrichter nicht zuständig. Insoweit sei auf die Beschwerde nicht einzutreten. 4. Auf diese Erwägungen geht der Beschwerdeführer überhaupt nicht ein. Stattdessen wiederholt er bloss seinen Standpunkt, er habe gestützt auf den Vergleich die Möglichkeit, die Schuld mit Vermittlung eines Objektgeschäfts zu tilgen, was ihm von Seiten C._ verwehrt worden sei. Die Beschwerde enthält damit offensichtlich keine hinreichende Begründung. Auf sie ist im vereinfachten Verfahren durch das präsidierende Mitglied der Abteilung nicht einzutreten (Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG). Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um Aufschub der Vollstreckbarkeit gegenstandslos. 5. Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt der Beschwerdeführer die Gerichtskosten (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau, Zivilgericht, 5. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 9. Dezember 2020 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Zingg
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 6B_1215/2019, 6B_1217/2019 Arrêt du 13 novembre 2019 Cour de droit pénal Composition MM. et Mme les Juges fédéraux Denys, Président, Oberholzer et Jametti. Greffier : M. Graa. Participants à la procédure 6B_1215/2019 A._, représenté par Me Florent Beuret, avocat, recourant 1, contre Parquet général du canton de Berne, intimé, et 6B_1217/2019 Parquet général du canton de Berne, recourant 2, contre A._, représenté par Me Florent Beuret, avocat, intimé. Objet 6B_1215/2019 Arbitraire, 6B_1217/2019 Droit d'être entendu; arbitraire; retrait de plainte, recours contre le jugement de la Cour suprême du canton de Berne, 2e Chambre pénale, du 11 septembre 2019 (SK 18 479+480+481). Faits : A. Par jugement du 20 septembre 2018, le Tribunal régional Jura bernois-Seeland a condamné A._ pour vol en bande, dommages à la propriété et violation de domicile, a révoqué les sursis à l'exécution des peines qui avaient été accordés au prénommé les 13 novembre 2014 et 12 avril 2017, et a condamné l'intéressé à une peine pécuniaire de 180 jours-amende à 30 fr. le jour. B. Par jugement du 11 septembre 2019, la 2e Chambre pénale de la Cour suprême du canton de Berne, statuant sur l'appel de A._ et sur l'appel joint formé par le ministère public contre ce jugement, a réformé celui-ci en ce sens que le prénommé est libéré d'une partie des faits qui lui étaient reprochés, qu'il est condamné, pour vols, dommages à la propriété et violation de domicile, à une peine privative de liberté d'ensemble de 19 mois, comprenant les sanctions pour lesquelles les sursis des 13 novembre 2014 et 12 avril 2017 ont été révoqués. La cour cantonale a retenu les faits suivants. Entre les 4 et 5 juillet 2017, A._ et B._ ont pénétré dans les locaux de C._ AG. Ils ont brisé la vitre de la cage d'escalier avec une pierre, fouillé les lieux et dérobé divers objets, pour un montant total d'environ 5'401 francs. Les deux prénommés se sont également introduits dans les locaux de D._ GmbH, ont fouillé les lieux et y ont dérobé divers effets, pour un montant total de 19'641 fr. 90. C. A._ forme un recours en matière pénale au Tribunal fédéral (6B_1215/2019) contre le jugement du 11 septembre 2019, en concluant, avec suite de frais et dépens, à sa réforme en ce sens qu'il est acquitté. Il sollicite par ailleurs le bénéfice de l'assistance judiciaire. Le Ministère public du canton de Berne, Parquet général, forme également un recours en matière pénale au Tribunal fédéral (6B_1217/2019) contre le jugement du 11 septembre 2019, en concluant, avec suite de frais, à sa réforme en ce sens que A._ est condamné en raison de l'infraction de violation de domicile pour laquelle un classement avait été prononcé par la cour cantonale et qu'une peine privative de liberté d'ensemble de 20 mois est prononcée. Il conclut "éventuellement" à son annulation et au renvoi de la cause à l'autorité précédente pour nouvelle décision. Considérant en droit : 1. Les deux recours en matière pénale au Tribunal fédéral sont dirigés contre la même décision. Ils concernent le même complexe de faits et portent sur des questions juridiques connexes. Il y a donc lieu de joindre les causes et de les traiter dans un seul arrêt (art. 24 al. 2 PCF et 71 LTF). I. Recours de A._ (recourant 1) 2. Le recourant 1 reproche à l'autorité précédente d'avoir apprécié les preuves et établi les faits de manière arbitraire. Il se plaint en outre, à cet égard, d'une violation du principe "in dubio pro reo". 2.1. Le Tribunal fédéral n'est pas une autorité d'appel, auprès de laquelle les faits pourraient être rediscutés librement. Il est lié par les constatations de fait de la décision entreprise (art. 105 al. 1 LTF), à moins qu'elles n'aient été établies en violation du droit ou de manière manifestement inexacte au sens des art. 97 al. 1 et 105 al. 2 LTF, soit pour l'essentiel de façon arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. Une décision n'est pas arbitraire du seul fait qu'elle apparaît discutable ou même critiquable; il faut qu'elle soit manifestement insoutenable et cela non seulement dans sa motivation mais aussi dans son résultat. Le Tribunal fédéral n'entre pas en matière sur les critiques de nature appellatoire. La présomption d'innocence, garantie par les art. 10 CPP, 32 al. 1 Cst., 14 par. 2 Pacte ONU II et 6 par. 2 CEDH, ainsi que son corollaire, le principe "in dubio pro reo", concernent tant le fardeau de la preuve que l'appréciation des preuves au sens large. En tant que règle sur le fardeau de la preuve, elle signifie, au stade du jugement, que le fardeau de la preuve incombe à l'accusation et que le doute doit profiter au prévenu. Comme règle d'appréciation des preuves, la présomption d'innocence signifie que le juge ne doit pas se déclarer convaincu de l'existence d'un fait défavorable à l'accusé si, d'un point de vue objectif, il existe des doutes quant à l'existence de ce fait. Il importe peu qu'il subsiste des doutes seulement abstraits et théoriques, qui sont toujours possibles, une certitude absolue ne pouvant être exigée. Il doit s'agir de doutes sérieux et irréductibles, c'est-à-dire de doutes qui s'imposent à l'esprit en fonction de la situation objective. Lorsque l'appréciation des preuves et la constatation des faits sont critiquées en référence au principe "in dubio pro reo", celui-ci n'a pas de portée plus large que l'interdiction de l'arbitraire (ATF 145 IV 154 consid. 1.1 p. 155 s. et les références citées). 2.2. La cour cantonale a exposé que, dès le mois de mai 2017, une série de cambriolages dans la région de E._ avait été observée. B._ avait été interpelé en flagrant délit de cambriolage le 14 août 2017 à F._. Interrogé par la suite à propos des vols commis les 4 et 5 juillet 2017, le prénommé avait reconnu en être l'auteur. Il avait tout d'abord prétendu avoir agi seul, avant de déclarer avoir été accompagné de "G._ et H._". A cet égard, B._ avait livré un récit empreint de contradictions, alors qu'il s'était au contraire montré sûr de lui et précis s'agissant des autres cambriolages dont il avait reconnu être l'auteur. Le prénommé avait en outre fourni des explications invraisemblables à propos de sa rencontre et de son prétendu compagnonnage avec "G._ et H._". Il avait ainsi menti sur ce point pour couvrir son ami, le recourant 1. Ce dernier avait pour sa part été interpellé à son domicile, après que la police eut frappé à la porte durant 30 minutes sans succès et fait appel aux services d'un serrurier, pour finalement découvrir le recourant 1. L'intéressé avait expliqué avoir craint d'ouvrir à la police, ce qui ne portait pas à croire qu'il n'avait alors rien à se reprocher. Interrogé sur les événements des 4 et 5 juillet 2017, le recourant 1 avait donné des explications fluctuantes. Il avait en particulier menti en prétendant qu'il aurait travaillé au moment des faits, ce qui était faux. Il avait par ailleurs tenté de justifier la présence de traces de son ADN sur les lieux des cambriolages en fournissant des explications fantaisistes - selon lesquelles B._ lui aurait emprunté des habits pour commettre son forfait - qui n'étaient pas compatibles avec le matériel génétique retrouvé ni avec le mode opératoire habituel du prénommé. 2.3. Le recourant 1 conteste toute implication dans les événements des 4 et 5 juillet 2017. Son argumentation se révèle toutefois totalement appellatoire et, partant, irrecevable, puisqu'elle consiste à rediscuter intégralement l'appréciation des preuves à laquelle s'est livrée la cour cantonale, sans démontrer en quoi celle-ci serait arbitraire. Il en va en particulier ainsi lorsque le recourant 1 livre sa propre appréciation des déclarations successives de B._ - sans exposer quelle constatation insoutenable aurait pu en être tirée par l'autorité précédente -, ou discute librement l'interprétation faite de son comportement et de ses déclarations durant l'instruction. Pour le reste, le recourant 1 affirme que rien ne permettrait "d'exclure que la trace ADN retrouvée sur les lieux soit arrivée là par le biais d'un transfert secondaire". Il ne démontre cependant nullement en quoi il aurait été arbitraire, pour la cour cantonale, d'exclure un tel transfert, en particulier en raison des circonstances invraisemblables qui auraient, cas échéant, dû permettre à B._ de déposer de l'ADN du recourant 1 durant les cambriolages. Le grief doit ainsi être rejeté dans la mesure où il est recevable. II. Recours du Ministère public bernois (recourant 2) 3. Le recourant 2 reproche à l'autorité précédente d'avoir libéré le recourant 1 d'une infraction poursuivie uniquement sur plainte - soit une violation de domicile -, "en interprétant - à tort - le formulaire rempli par la partie plaignante comme correspondant à sa volonté de vouloir retirer sa plainte pénale". Il précise que le ministère public "a l'habitude d'utiliser ce genre de formulaires dans le cadre de procédures dans lesquelles il y a plusieurs parties plaignantes" et que "cette situation aberrante risque de se répercuter dans d'autres dossiers, raison pour laquelle [le recourant 2] estime qu'il s'agit ici d'une question de principe". On comprend de ces explications que le recourant 2 souhaite voir le Tribunal fédéral se prononcer sur le sens du formulaire utilisé et ainsi valider ou non une pratique du ministère public. On peut douter que le recourant 2 se prévale, à cet égard, d'un intérêt juridique à l'annulation ou à la modification du jugement attaqué au sens de l'art. 81 al. 1 let. b LTF. La question peut cependant être laissée ouverte au vu du sort du recours. 4. Le recourant 2 reproche à l'autorité précédente d'avoir violé son droit d'être entendu en statuant sur la question du retrait de plainte de D._ GmbH contre le recourant 1 sans l'avoir préalablement interpellé sur ce point. 4.1. Le droit d'être entendu, tel qu'il est garanti par l'art. 29 al. 2 Cst., comprend notamment pour le justiciable le droit de s'exprimer sur les éléments pertinents avant qu'une décision ne soit prise touchant sa situation juridique, d'obtenir l'administration des preuves pertinentes et valablement offertes, de participer à l'administration des preuves essentielles et de se déterminer sur son résultat lorsque cela est de nature à influer sur la décision à rendre (ATF 145 I 73 consid. 7.2.2.1 p. 103). 4.2. En l'espèce, il apparaît que le jugement de première instance comportait une contradiction, puisque cette décision indiquait à la fois que D._ GmbH avait retiré sa plainte contre le recourant 1 et qu'une condamnation de l'intéressé pour violation de domicile au préjudice de cette société pouvait être prononcée sur la base de ladite plainte (cf. p. 2 et 11 du jugement du 20 septembre 2018). Il ressort par ailleurs du jugement attaqué que le recourant 2 a lui-même attiré l'attention de la cour cantonale sur cette problématique durant les débats d'appel, en indiquant que, à son avis, D._ GmbH avait retiré sa constitution de partie demanderesse au pénal et au civil mais non sa plainte (cf. p. 12 du jugement attaqué). On perçoit mal comment la cour cantonale aurait pu violer le droit d'être entendu du recourant 2 en statuant sur un point sur lequel ce dernier avait spontanément pris position en invitant l'autorité précédente à l'examiner à son tour. Le grief doit être rejeté. 5. Le recourant 2 fait grief à la cour cantonale d'avoir classé la procédure dirigée contre le recourant 1 s'agissant du chef de prévention de violation de domicile au préjudice de D._ GmbH. Il lui reproche d'avoir arbitrairement établi les faits sur ce point. 5.1. Déterminer ce qu'une personne a su, voulu, envisagé ou accepté relève du contenu de la pensée, à savoir de faits "internes" qui, en tant que tels, lient le Tribunal fédéral (cf. art. 105 al. 1 LTF), à moins qu'ils aient été retenus de manière arbitraire (cf. ATF 141 IV 369 consid. 6.3 p. 375). 5.2. L'autorité précédente a exposé qu'à réception du courrier du procureur demandant s'il souhaitait maintenir sa " Zivil- und Strafklage " à l'encontre de B._, le représentant de D._ GmbH avait tout d'abord renvoyé celui-ci sans cocher aucune des cases proposées. Sur appel du recourant 2, le représentant de la société avait indiqué vouloir "se retirer". Par la suite, lorsqu'un courrier identique lui avait été envoyé s'agissant du recourant 1, le représentant de D._ GmbH avait derechef déclaré retirer sa " Zivil- und Strafklage " à l'encontre de celui-ci, signifiant ainsi qu'il souhaitait abandonner sa constitution de partie demanderesse au civil et au pénal. On ignorait le contenu des explications qui avaient été données, sur ce point, par téléphone au représentant de D._ GmbH. En outre, le formulaire en question ne mentionnait pas toutes les possibilités s'offrant à la partie plaignante, en particulier celle de retirer la plainte, ni ne fournissait d'explications. Le fait que le représentant de D._ GmbH eût tout d'abord renvoyé le formulaire sans aucune case cochée démontrait son incompréhension. La volonté précise de D._ GmbH ne pouvait être établie de manière certaine. Il convenait en outre de prendre en considération la teneur de l'art. 120 al. 2 CPP. Dans ces conditions, les formulaires incomplets remis par le ministère public ne pouvaient être interprétés dans un sens portant préjudice au recourant 1. Il convenait de retenir que la plainte pénale de D._ GmbH avait été retirée, de sorte que la procédure relative au chef de prévention de violation de domicile à son préjudice devait être classée. 5.3. En l'occurrence, dans un courrier du 23 mars 2018, le ministère public a notamment demandé à D._ GmbH si elle souhaitait maintenir sa plainte pénale (" Strafklage ") et son action civile (" Zivilklage ") contre le recourant 1. Il lui était en outre précisé ce qui suit (cf. pièce 63 du dossier cantonal) : " Gerne weise ich Sie darauf hin, dass ein Rückzug Ihrer Privatklage keinen Einfluss auf die weitere Strafverfolgung des Beschuldigten haben wird. " Dans le formulaire envoyé au ministère public en réponse à cette interpellation, le représentant de la société a coché la case bordant la mention suivante : " Rückzug der Zivilklage im Strafverfahren gegen A._ und der damit verbundene Verzicht der Geltendmachung von Ansprüchen ", ainsi que la case bordant celle qui suit : " Rückzug der Strafklage im Strafverfahren gegen A._ " (cf. pièce 65 du dossier cantonal). Le problème décelé par la cour cantonale est évident. Le ministère public a invité D._ GmbH à lui indiquer si elle souhaitait maintenir son action civile et sa plainte pénale (" Strafklage ") contre le recourant 1. On peut tout d'abord relever qu'en langue française, une question formulée de cette manière prêterait fortement à confusion, puisque le CP parle de "plainte" (cf. art. 30 ss CP) tandis que le CPP utilise les termes "plainte pénale" (cf. art. 119 al. 2 let. a et 120 al. 2 CPP) pour désigner la demande de poursuite et de condamnation de la personne pénalement responsable de l'infraction, alors que, dans les textes allemands, les notions de " Strafantrag " (cf. art. 30 ss CP) et de " Strafklage " (cf. art. 119 al. 2 let. a et 120 al. 2 CPP) sont clairement distinguées. Dans les documents en allemand utilisés en l'espèce par le ministère public, seules les questions de la plainte pénale (" Strafklage ") et de l'action civile étaient évoquées, nullement la plainte (" Strafantrag "), en particulier la possibilité de retirer celle-ci conformément à l'art. 33 CP. En outre, il était précisé, dans la lettre du 23 mars 2018, qu'un éventuel retrait de l'action civile n'empêcherait pas la poursuite de la procédure pénale contre le recourant 1. Au vu de ce qui précède, il apparaît douteux qu'un laïc pût comprendre la différence entre un retrait de sa plainte (" Strafantrag ") et un retrait de sa plainte pénale (" Strafklage "), ces notions n'étant à aucun endroit expliquées dans les documents employés. En conséquence, il n'était pas arbitraire, pour la cour cantonale, de retenir qu'en déclarant non seulement vouloir retirer son action civile, mais encore sa plainte pénale (" Strafklage "), D._ GmbH avait entendu procéder à un retrait de plainte (" Strafantrag ") au sens de l'art. 33 CP. Une telle interprétation de la volonté de la société est renforcée par les explications fournies par le ministère public, puisque si D._ GmbH avait uniquement souhaité renoncer à son action civile tout en maintenant sa plainte pénale, elle n'aurait vraisemblablement pas coché, spécifiquement, la case portant sur le retrait de la plainte pénale (" Strafklage "), sans pouvoir saisir - faute de toute explication - que sa plainte (" Strafantrag ") serait en revanche maintenue. Une telle constatation n'était par ailleurs nullement contraire à la jurisprudence selon laquelle la volonté de retirer une plainte doit être exprimée de manière non équivoque, étant rappelé qu'une déclaration marquant le désintérêt pour la poursuite d'une infraction punie sur plainte équivaut à un retrait de plainte (cf. ATF 143 IV 104 consid. 5.1 p. 112). On peut ajouter que l'ambiguïté affectant le formulaire utilisé par le ministère public est malheureuse, car il n'est pas exclu qu'un lésé puisse croire à tort retirer la plainte (" Strafantrag ") déposée, alors qu'il retire en réalité uniquement sa plainte pénale (" Strafklage "), cela sans même en avoir conscience. Le grief doit donc être rejeté. III. Frais 6. Le recours du recourant 1 (6B_1215/2019) doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. Le recours du recourant 2 (6B_1217/2019) doit être rejeté. Comme le recours du recourant 1 était dépourvu de chances de succès, l'assistance judiciaire ne peut être accordée (art. 64 al. 1 LTF). Par conséquent, le recourant, qui succombe, supportera les frais judiciaires liés à son recours (art. 66 al. 1 LTF), dont le montant sera fixé en tenant compte de sa situation financière, laquelle n'apparaît pas favorable. Le recourant 2 ne supporte quant à lui pas de frais judiciaires (art. 66 al. 4 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Les causes 6B_1215/2019 et 6B_1217/2019 sont jointes. 2. Le recours du recourant 1 est rejeté dans la mesure où il est recevable. 3. Le recours du recourant 2 est rejeté. 4. La demande d'assistance judiciaire formée par le recourant 1 est rejetée. 5. Les frais judiciaires, arrêtés à 1'200 fr., sont mis à la charge du recourant 1. 6. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour suprême du canton de Berne, 2e Chambre pénale. Lausanne, le 13 novembre 2019 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président : Denys Le Greffier : Graa
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6A.94/2006 /rod Arrêt du 29 mars 2007 Cour de cassation pénale Composition MM. les Juges Schneider, Président, Wiprächtiger et Zünd. Greffier: M. Fink. Parties Service des automobiles et de la navigation, 1014 Lausanne, recourant, contre X._, intimée, représentée par Me Yves Burnand, avocat, Tribunal administratif du canton de Vaud, avenue Eugène-Rambert 15, 1014 Lausanne. Objet Retrait du permis de conduire, recours de droit administratif [OJ] contre l'arrêt du Tribunal administratif du canton de Vaud du 19 octobre 2006. Faits : Faits : A. Le 30 avril 2005, vers 11 heures 10, X._ circulait sur l'autoroute Lausanne-Sierre en direction du Valais. Afin de quitter l'autoroute à Montreux, elle s'est déplacée sur la bande d'arrêt d'urgence pour remonter, sur 200 m environ, les files très lentes en raison d'un encombrement dû aux travaux dans le tunnel de Glion. Par une décision du 16 septembre 2006, le Service vaudois des automobiles et de la navigation (abrégé SAN) a ordonné le retrait du permis de conduire de l'intéressée durant un mois. Par une décision du 16 septembre 2006, le Service vaudois des automobiles et de la navigation (abrégé SAN) a ordonné le retrait du permis de conduire de l'intéressée durant un mois. B. Par un arrêt du 19 octobre 2006, le Tribunal administratif du canton de Vaud a admis le recours de la contrevenante. Cette autorité a considéré que le cas était bénin et qu'au demeurant l'intéressée pouvait se prévaloir d'une erreur de droit, vu les informations des médias laissant croire à une tolérance. Il se justifiait ainsi d'abandonner toute mesure administrative. B. Par un arrêt du 19 octobre 2006, le Tribunal administratif du canton de Vaud a admis le recours de la contrevenante. Cette autorité a considéré que le cas était bénin et qu'au demeurant l'intéressée pouvait se prévaloir d'une erreur de droit, vu les informations des médias laissant croire à une tolérance. Il se justifiait ainsi d'abandonner toute mesure administrative. C. En temps utile, le SAN a saisi le Tribunal fédéral d'un recours de droit administratif tendant à l'annulation de l'arrêt du 19 octobre 2006 et à la confirmation du retrait du permis de conduire durant un mois. En résumé, le SAN soutient que l'infraction doit être qualifiée de moyennement grave au sens de l'art. 16b al. 1 let. a LCR avec retrait obligatoire du permis de conduire selon l'art. 16b al. 2 let. a LCR. L'erreur de droit ne serait pas admissible car l'intimée n'avait pas de raisons suffisantes pour se croire en droit d'agir. Le SAN a sollicité l'effet suspensif. Le SAN a sollicité l'effet suspensif. D. Le Tribunal administratif a conclu au rejet du recours, soulignant que l'intensité de la mise en danger était douteuse et que dans de nombreux cas analogues, en rapport avec les travaux dans les tunnels de Glion, le SAN n'avait pas recouru. D. Le Tribunal administratif a conclu au rejet du recours, soulignant que l'intensité de la mise en danger était douteuse et que dans de nombreux cas analogues, en rapport avec les travaux dans les tunnels de Glion, le SAN n'avait pas recouru. E. L'intimée a conclu au rejet du recours du SAN et à la confirmation de l'arrêt attaqué, sous suite de frais et dépens. En résumé, elle insiste sur la faible distance parcourue sur la bande d'arrêt d'urgence, ce qui annihilerait pratiquement tout danger potentiel, et sur l'erreur de droit qui fut admise, sur le plan pénal, dans un jugement rendu le 14 février 2006 par le Tribunal d'arrondissement de l'Est vaudois, pour un cas similaire. Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. L'arrêt attaqué est antérieur à l'entrée en vigueur, le 1er janvier 2007, de la Loi sur le Tribunal fédéral (LTF; RO 2006 1205). Conformément à l'art. 132 al. 1 LTF, c'est ici sur la base de l'ancien droit de procédure, soit les art. 97 ss OJ, que la présente cause doit être tranchée. 1. L'arrêt attaqué est antérieur à l'entrée en vigueur, le 1er janvier 2007, de la Loi sur le Tribunal fédéral (LTF; RO 2006 1205). Conformément à l'art. 132 al. 1 LTF, c'est ici sur la base de l'ancien droit de procédure, soit les art. 97 ss OJ, que la présente cause doit être tranchée. 2. En 2004 puis 2005, les deux tunnels parallèles de l'autoroute A9 situés à Glion ont été successivement fermés plusieurs mois, pour des travaux visant la mise aux normes de sécurité. Cela a causé d'innombrables bouchons ou ralentissements. De nombreux usagers de l'autoroute ont utilisé la bande d'arrêt d'urgence afin d'atteindre rapidement la sortie. La police les a dénoncés pour dépassement par la droite et usage illicite de la bande d'arrêt d'urgence (art. 35 al. 1 LCR; 8 al. 1 et 36 al. 3 OCR). Le SAN a prononcé des retraits du permis de conduire. Certains conducteurs ont recouru au Tribunal administratif vaudois qui leur a donné gain de cause considérant que la mise en danger et la faute étaient trop bénignes pour justifier une mesure administrative. Parfois, cette autorité a admis l'erreur de droit car les médias avaient laissé croire à une certaine tolérance dans ce domaine. Dans quelques cas, un simple avertissement a été prononcé. Le SAN a saisi le Tribunal fédéral d'une dizaine de recours. Le SAN a saisi le Tribunal fédéral d'une dizaine de recours. 3. Dans sa séance du 11 janvier 2007, la Cour de céans a admis le recours du SAN dans une cause analogue à la présente affaire (arrêt 6A.53/2006 du 11 janvier 2007 destiné à la publication). Ses considérants sont en résumé les suivants. 3.1 L'interdiction du dépassement par la droite découle de l'art. 35 al. 1 LCR. Il y a dépassement lorsqu'un véhicule plus rapide rattrape un véhicule circulant plus lentement dans la même direction, le devance et poursuit sa route devant lui. Dans la règle, le fait de déboîter et de se rabattre n'est pas indispensable pour qu'il y ait dépassement (ATF 126 IV 192 consid. 2a p. 194; 115 IV 244 consid. 2; 114 IV 55 consid. 1). L'autorisation de devancer par la droite dans la circulation en files parallèles, prévue aux art. 8 al. 3 et 36 al. 5 OCR, n'entre pas en considération car la bande d'arrêt d'urgence ne constitue pas une voie de circulation mais une partie d'une telle voie. Elle peut être utilisée uniquement dans les conditions prévues à l'art. 36 al. 3 OCR (ATF 114 IV 55 consid. 2c). 3.2 Quant à la qualification de l'infraction, on distingue notamment l'infraction légère et celle qui est moyennement grave. Commet une infraction légère la personne qui, en violant les règles de la circulation, met légèrement en danger la sécurité d'autrui et à laquelle seule une faute bénigne peut être reprochée (art. 16a al. 1 let. a LCR). Après une infraction légère, le permis est retiré pour un mois au moins au conducteur qui a fait l'objet d'un retrait de permis ou d'une autre mesure administrative au cours des deux années précédentes (al. 2). L'auteur d'une infraction légère fait l'objet d'un avertissement si, au cours des deux années précédentes, le permis ne lui a pas été retiré et qu'aucune autre mesure administrative n'a été prononcée (al. 3). En cas d'infraction particulièrement légère, il est renoncé à toute mesure administrative (al. 4). En revanche, selon l'art. 16b al. 1 let. a LCR, commet une infraction moyennement grave la personne qui, en violant les règles de la circulation, crée un danger pour la sécurité d'autrui ou en prend le risque. Après une infraction moyennement grave, le permis est retiré pour un mois au moins (art. 16b al. 2 let. a LCR). 3.3 La Cour de céans s'est référée à son arrêt 6A.22/2005 du 31 mai 2005 où a été jugée moyennement grave la faute d'un motocycliste qui avait, le soir, emprunté la bande d'arrêt d'urgence, sur une distance d'un kilomètre, pour remonter la colonne ralentie par les travaux de Glion, afin de sortir de l'autoroute. Même s'il roulait à 10 km/h, sa faute ne pouvait plus être qualifiée ni objectivement ni subjectivement de légère. La Cour a relevé que l'interdiction de dépasser par la droite constituait une règle élémentaire de la circulation qui doit être impérativement respectée car elle vise la sécurité du trafic routier et son bon déroulement. Le risque pour les autres usagers est réel puisqu'ils ne s'attendent pas, en principe, à être dépassés par la droite sur la bande d'arrêt d'urgence, ce qui peut entraîner des réactions inappropriées. En outre, on ne peut exclure qu'un véhicule en détresse se rabatte sur cette bande ou que les conducteurs le fassent en raison de l'intervention d'un véhicule prioritaire. 3.4 Enfin, la Cour de céans a souligné que le comportement en cause, s'il se généralise, peut entraîner un engorgement de la bande d'arrêt d'urgence elle-même. Cela pose des problèmes de priorité à la sortie entre les usagers qui ont patienté avant de pouvoir quitter l'autoroute et ceux qui arrivent sur leur droite en ayant illicitement utilisé la bande d'arrêt d'urgence. 3.4 Enfin, la Cour de céans a souligné que le comportement en cause, s'il se généralise, peut entraîner un engorgement de la bande d'arrêt d'urgence elle-même. Cela pose des problèmes de priorité à la sortie entre les usagers qui ont patienté avant de pouvoir quitter l'autoroute et ceux qui arrivent sur leur droite en ayant illicitement utilisé la bande d'arrêt d'urgence. 4. En l'espèce, la jurisprudence qui précède s'applique au cas de l'intimée. Elle ne conteste pas qu'elle a utilisé la bande d'arrêt d'urgence sur environ 200 m, pour atteindre la sortie de l'autoroute en dépassant par la droite des files très lentes. Sa faute est moyennement grave, le risque créé ne paraît pas non plus particulièrement léger. L'erreur de droit ne saurait être admise car l'intéressée n'avait pas de raison suffisante de se croire en droit d'agir comme elle l'a fait (ATF 129 IV 238 consid. 3.1; 104 IV 217 consid. 2). Même si les informations des médias ont pu créer un doute sur la situation juridique, cela ne suffit pas. S'il y a un doute, l'auteur ne peut pas se déclarer convaincu qu'il agit de façon licite. Au contraire, il lui appartient de s'abstenir d'agir ou de se renseigner auprès des autorités compétentes avant l'action. La simple référence à un jugement de première instance admettant l'erreur de droit dans un cas semblable, sans autre développement, n'est pas de nature à convaincre la Cour de céans. Ainsi, l'arrêt attaqué, qui n'ordonne aucune mesure administrative, viole l'art. 16b LCR. Il est annulé. En conséquence, la Cour de céans prononce le retrait d'admonestation du permis de conduire de l'intimée durant un mois pour toutes les catégories et sous-catégories, à l'exception des catégories spéciales F, G et M (art. 114 al. 2 OJ). Le SAN fixera la date à laquelle ce retrait prendra effet. Au surplus, la cause est renvoyée au Tribunal administratif vaudois pour le règlement des frais de la procédure cantonale (art. 157 et 159 al. 6 OJ). Au surplus, la cause est renvoyée au Tribunal administratif vaudois pour le règlement des frais de la procédure cantonale (art. 157 et 159 al. 6 OJ). 5. L'intimée, qui n'obtient pas gain de cause, supporte les frais de la procédure devant le Tribunal fédéral (art. 156 al. 1 OJ). Il n'y a pas lieu d'allouer des dépens au SAN (art. 159 al. 2 OJ). La requête d'effet suspensif est sans objet. Par ces motifs, vu l'art. 36a OJ, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, vu l'art. 36a OJ, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours de droit administratif est admis et l'arrêt attaqué est annulé. 1. Le recours de droit administratif est admis et l'arrêt attaqué est annulé. 2. Le permis de conduire de l'intimée est retiré pour une durée d'un mois. 2. Le permis de conduire de l'intimée est retiré pour une durée d'un mois. 3. Un émolument judiciaire de 2000 francs est mis à la charge de l'intimée. 3. Un émolument judiciaire de 2000 francs est mis à la charge de l'intimée. 4. La cause est renvoyée au Tribunal administratif vaudois afin qu'il statue à nouveau sur les frais de la procédure cantonale. 4. La cause est renvoyée au Tribunal administratif vaudois afin qu'il statue à nouveau sur les frais de la procédure cantonale. 5. Le présent arrêt est communiqué en copie au Service des automobiles et de la navigation du canton de Vaud, au mandataire de l'intimée, ainsi qu'au Tribunal administratif vaudois et à l'Office fédéral des routes Division circulation routière. Lausanne, le 29 mars 2007 Au nom de la Cour de cassation pénale du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_424/2016 Arrêt du 13 mai 2016 Cour de droit pénal Composition M. le Juge fédéral Denys, Président. Greffière : Mme Gehring. Participants à la procédure X._, recourant, contre Ministère public central du canton de Vaud, intimé. Objet Ordonnance de non-entrée en matière, plainte tardive, recours contre l'arrêt du Tribunal cantonal du canton de Vaud, Chambre des recours pénale, du 6 février 2016 (PE15.005266-JRC). Considérant en fait et en droit : 1. Par arrêt du 6 février 2016, la Chambre des recours pénale du Tribunal cantonal vaudois a rejeté le recours de X._ et confirmé l'ordonnance du 11 décembre 2015 refusant d'entrer en matière sur la plainte du prénommé contre A.C._ et B.C._ pour atteintes et mises en danger à son intégrité corporelle, non-respect de la signalisation routière, intrusion sur une propriété privée, injures et insultes. En bref, elle a considéré qu'une convention liant les parties ne pouvait pas interrompre le cours du délai de plainte de trois mois prévu à l'art. 31 CP. En outre, X._ avait eu connaissance des infractions dénoncées et de leurs auteurs dès le 9 décembre 2014, de sorte que la plainte pénale y relative qu'il avait déposée le 21 avril 2005 l'avait été tardivement. 2. Selon l'art. 81 al. 1 let. a et b ch. 5 LTF, la partie plaignante qui a participé à la procédure de dernière instance cantonale est habilitée à recourir au Tribunal fédéral, si la décision attaquée peut avoir des effets sur le jugement de ses prétentions civiles. Constituent de telles prétentions celles qui sont fondées sur le droit civil et doivent en conséquence être déduites ordinairement devant les tribunaux civils. Il s'agit principalement des prétentions en réparation du dommage et du tort moral au sens des art. 41 ss CO. En vertu de l'art. 42 al. 1 LTF, il incombe à la partie recourante d'alléguer les faits qu'elle considère comme propres à fonder sa qualité pour recourir. Lorsque le recours est dirigé contre une décision de non-entrée en matière ou de classement de l'action pénale, la partie plaignante n'a pas nécessairement déjà pris des conclusions civiles. Quand bien même la partie plaignante aurait déjà déclaré des conclusions civiles (cf. art. 119 al. 2 let. b CPP), il n'en reste pas moins que le procureur qui refuse d'entrer en matière ou prononce un classement n'a pas à statuer sur l'aspect civil (cf. art. 320 al. 3 CPP). Dans tous les cas, il incombe par conséquent à la partie plaignante d'expliquer dans son mémoire au Tribunal fédéral quelles prétentions civiles elle entend faire valoir contre l'intimé. Comme il n'appartient pas à la partie plaignante de se substituer au Ministère public ou d'assouvir une soif de vengeance, la jurisprudence entend se montrer restrictive et stricte, de sorte que le Tribunal fédéral n'entre en matière que s'il ressort de façon suffisamment précise de la motivation du recours que les conditions précitées sont réalisées, à moins que l'on puisse le déduire directement et sans ambiguïté compte tenu notamment de la nature de l'infraction alléguée (ATF 141 IV 1 consid. 1.1 p. 4). Les mêmes exigences sont requises à l'égard de celui qui se plaint d'infractions attentatoires à l'honneur, la jurisprudence rendue avant l'entrée en vigueur de la LTF (ATF 121 IV 76) qui dispensait celui qui était lésé par une prétendue atteinte à l'honneur de faire valoir des prétentions civiles n'ayant plus cours (arrêt 6B_94/2013 du 3 octobre 2013 consid. 1.1). Le recourant ne se détermine nullement sur un éventuel tort moral ou dommage, ni sur leur principe ni sur leur quotité. L'absence d'explication sur la question des prétentions civiles exclut sa qualité pour recourir sur le fond de la cause. Les griefs soulevés en ce sens sont irrecevables. 3. S'agissant de son droit de porter plainte, le recourant déclare douter que la prescription d'un délit d'agression corporelle soit de trois mois. Il ajoute qu'il existait un accord réciproque entre les parties de ne pas porter plainte. Selon l'art. 42 al. 1 LTF, les mémoires de recours au Tribunal fédéral doivent être motivés. Conformément à l'art. 42 al. 2 LTF, les motifs doivent exposer succinctement en quoi l'acte attaqué viole le droit. Pour satisfaire à cette exigence, il appartient au recourant de discuter au moins brièvement les considérants de la décision litigieuse (ATF 134 II 244 consid. 2.1 p. 245). S'il entend se plaindre en outre de la violation de ses droits fondamentaux, le recourant doit respecter le principe d'allégation et indiquer précisément quelle disposition constitutionnelle a été violée en démontrant par une argumentation précise en quoi consiste la violation (art. 106 al. 2 LTF; ATF 138 I 274 consid. 1.6 p. 281). Sans autre développement, les griefs soulevés par le recourant ne satisfont pas aux exigences de motivation d'un recours en matière pénale susmentionnées. 4. Sur le vu de ce qui précède, le recours doit être déclaré irrecevable selon la procédure simplifiée prévue par l'art. 108 al. 1 let. a et b LTF. 5. Le recourant, qui succombe, supporte les frais judiciaires (art. 66 al. 1 LTF). Par ces motifs, le Président prononce : 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties et au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Chambre des recours pénale. Lausanne, le 13 mai 2016 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président : Denys La Greffière : Gehring
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 4D_14/2019 Urteil vom 25. Februar 2019 I. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Kiss, Präsidentin, Gerichtsschreiber Widmer. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführerin, gegen C._ AG, vertreten durch Fürsprecher Franz Müller, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Versicherungsvertrag, Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Bern, 2. Zivilkammer, vom 8. Januar 2019 (ZK 18 552). In Erwägung, dass A._ (vertreten durch ihren Ehemann, B._) die Beschwerdegegnerin beim Regionalgericht Bern-Mittelland auf Zahlung von Fr. 28'097.75 zuzüglich Akzessorien belangte; dass das Regionalgericht mit Verfügung vom 21. November 2018 den Vertreter aufforderte, eine Vollmacht nachzureichen, und von A._ einen Kostenvorschuss von Fr. 4'200.-- verlangte; dass das Obergericht des Kantons Bern eine von A._ gegen diese Verfügung erhobene Beschwerde mit Entscheid vom 8. Januar 2019 abwies; dass B._ gegen diesen Entscheid mit Eingabe vom 5. Februar 2019 im Namen von A._ (Beschwerdeführerin) beim Bundesgericht Beschwerde erhob; dass Parteien vor Bundesgericht in Zivil- und Strafsachen nur von Anwälten und Anwältinnen vertreten werden können, die nach dem Anwaltsgesetz vom 23. Juni 2000 oder nach einem Staatsvertrag berechtigt sind, Parteien vor schweizerischen Gerichtsbehörden zu vertreten (Art. 40 Abs. 1 BGG); dass der Beschwerdeschrift der Entscheid beizulegen ist, gegen den sich diese richtet (Art. 42 Abs. 3 Satz 2 BGG); dass die Beschwerdeführerin mit Schreiben vom 6. Februar 2019 in Anwendung von Art. 42 Abs. 5 BGG darauf aufmerksam gemacht wurde, dass B._ nach Art. 40 Abs. 1 BGG nicht befugt ist, in Zivilsachen Parteien vor Bundesgericht zu vertreten, und sie gleichzeitig aufgefordert wurde, diesen Mangel spätestens bis am 18. Februar 2019 zu beheben, ansonsten die Rechtsschrift unbeachtet bleibe; sie wurde dabei darauf hingewiesen, dass die Beschwerdeschrift (act. 1), die dem Schreiben im Original beigelegt wurde, innerhalb dieser Frist von ihr persönlich unterschrieben oder von einem mandatierten Rechtsanwalt eingereicht werden müsse; gleichzeitig wurde die Beschwerdeführerin aufgefordert, innerhalb der gleichen Frist eine vollständige Kopie des angefochtenen Entscheids einzureichen (Art. 42 Abs. 3 Satz 2 BGG); dass dieses Schreiben eingeschrieben an die Beschwerdeführerin versandt, von der Post indessen wieder an das Bundesgericht retourniert wurde, nachdem die Beschwerdeführerin das Schreiben innerhalb der ihr mit Abholungseinladung angesetzten Frist nicht abgeholt hatte; dass das Schreiben vom 6. Februar 2019 in Kopie u.a. auch B._ zugestellt wurde, der die eingeschriebene Sendung gemäss Sendungsverfolgung der Post am 7. Februar 2019 in Empfang nahm; dass B._ innerhalb der angesetzten Frist nicht für die Behebung der mit dem Schreiben vom 6. Februar 2019 beanstandeten Mängel seiner Eingabe vom 5. Februar 2019 sorgte; dass daher auf die von ihm unter Ausserachtlassung der Vorschriften von Art. 40 Abs. 1 und Art. 42 Abs. 3 Satz 2 BGG eingereichte Beschwerdeeingabe vom 5. Februar 2019 androhungsgemäss nicht einzutreten ist (Art. 108 Abs. 1 lit. a BGG); dass unter den gegebenen Umständen ausnahmsweise auf die Erhebung von Gerichtskosten zu verzichten ist (Art. 66 Abs. 1 zweiter Satz BGG); dass die Beschwerdegegnerin keinen Anspruch auf eine Parteientschädigung hat, da ihr aus dem bundesgerichtlichen Verfahren kein Aufwand entstanden ist (Art. 68 Abs. 1 BGG); erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerdeeingabe vom 5. Februar 2019 wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben und es wird keine Parteientschädigung gesprochen. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Obergericht des Kantons Bern, 2. Zivilkammer, und B._, U._, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 25. Februar 2019 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Kiss Der Gerichtsschreiber: Widmer
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5C.212/2002 /bnm Sitzung vom 24. April 2003 II. Zivilabteilung Bundesrichter Raselli, Präsident, Bundesrichterinnen Nordmann, Escher, Hohl, Bundesrichter Marazzi, Gerichtsschreiber Möckli. A._, Beklagte und Berufungsklägerin, vertreten durch Rechtsanwalt Urs Späti, Postfach 1457, 8201 Schaffhausen, gegen 1. B._, 2. C._, Klägerinnen und Berufungsbeklagte, beide vertreten durch Rechtsanwalt Jörg Stehrenberger, Postfach 2161, 8280 Kreuzlingen. Herabsetzung und Erbteilung, Berufung gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Schaffhausen vom 30. August 2002. Sachverhalt: Sachverhalt: A. Der Erblasser, D._, verstarb kurz nach Auflösung seiner zweiten Ehe am 21. April 1997. Er hinterliess zwei volljährige Töchter aus erster Ehe und eine minderjährige Tochter aus zweiter Ehe. Weil D._ damals arbeitslos war, befand sich sein Pensionskassenguthaben auf einem Freizügigkeitskonto. Ansonsten besass er kein Vermögen, weshalb die Tochter aus zweiter Ehe die Erbschaft am 30. Mai 1997 ausschlug, während die beiden anderen Töchter sie annahmen. Am 31. Oktober 1997 teilte die Freizügigkeitsstiftung X._ den beiden Töchtern aus erster Ehe mit, gestützt auf ihr Reglement erfülle einzig die minderjährige Tochter die Anspruchsvoraussetzungen für die Freizügigkeitsleistung. In der Folge überwies sie dieser am 3. Dezember 1997 den Betrag von Fr. 157'650.50, wovon Fr. 82'858.90 aus obligatorischer und Fr. 74'791.60 aus überobligatorischer Vorsorge herrührend. Am 31. Oktober 1997 teilte die Freizügigkeitsstiftung X._ den beiden Töchtern aus erster Ehe mit, gestützt auf ihr Reglement erfülle einzig die minderjährige Tochter die Anspruchsvoraussetzungen für die Freizügigkeitsleistung. In der Folge überwies sie dieser am 3. Dezember 1997 den Betrag von Fr. 157'650.50, wovon Fr. 82'858.90 aus obligatorischer und Fr. 74'791.60 aus überobligatorischer Vorsorge herrührend. B. Die beiden Töchter aus erster Ehe stellten sich auf den Standpunkt, die Freizügigkeitsleistung, jedenfalls soweit sie aus der überobligatorischen Vorsorge stamme, gehöre in die Erbmasse, und sie verlangten mit Klage vom 12. November 1999 die Verurteilung der Beklagten zur Bezahlung von Fr. 74'791.60, unter Nachklagevorbehalt für Fr. 82'858.90. Das Kantonsgericht Schaffhausen erwog, Leistungen aus der obligatorischen beruflichen Vorsorge (Säule 2a) seien nicht zum Nachlass zu rechnen; ebenso wenig sei es auf Grund des Vorsorgezweckes das entsprechende Freizügigkeitskapital. Anders verhalte es sich mit der Austrittsleistung der überobligatorischen beruflichen Vorsorge (Säule 2b), weil die Vorsorgevereinbarung hier als privatrechtlicher Vertrag zu qualifizieren sei. Des Weiteren befand das Kantonsgericht, die Ausschlagung des Erbes durch die Beklagte sei irrtümlich erfolgt und deshalb unbeachtlich. Ausgehend von diesen Erwägungen verurteilte es die Beklagte zur Bezahlung von Fr. 46'895.80 (von den Klägerinnen bezahlte Nachlassschulden von Fr. 19'000.-- zuzüglich je ein Viertel des Nettonachlasses von Fr. 55'791.60 als Pflichtteil). Das Obergericht des Kantons Schaffhausen schloss sich dieser Auffassung an und verurteilte die Beklagte mit Urteil vom 30. August 2002 zur Bezahlung von Fr. 46'895.80 an die Klägerinnen. Es erwog dabei im Wesentlichen, die aus der überobligatorischen Vorsorge herrührenden Leistungen seien in (zumindest analoger) Anwendung von Art. 476 ZGB herabzusetzen, umso mehr als die vom Erbrecht abweichende Begünstigtenordnung gemäss Art. 15 der Verordnung vom 3. Oktober 1994 über die Freizügigkeit in der beruflichen Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge (Freizügigkeitsverordnung, FZV; SR 831.425) auf keiner genügenden gesetzlichen Grundlage basiere, nicht self- executing sei und auf einem elementaren Wertungsfehler beruhe. Das Obergericht des Kantons Schaffhausen schloss sich dieser Auffassung an und verurteilte die Beklagte mit Urteil vom 30. August 2002 zur Bezahlung von Fr. 46'895.80 an die Klägerinnen. Es erwog dabei im Wesentlichen, die aus der überobligatorischen Vorsorge herrührenden Leistungen seien in (zumindest analoger) Anwendung von Art. 476 ZGB herabzusetzen, umso mehr als die vom Erbrecht abweichende Begünstigtenordnung gemäss Art. 15 der Verordnung vom 3. Oktober 1994 über die Freizügigkeit in der beruflichen Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge (Freizügigkeitsverordnung, FZV; SR 831.425) auf keiner genügenden gesetzlichen Grundlage basiere, nicht self- executing sei und auf einem elementaren Wertungsfehler beruhe. C. Dagegen hat die Beklagte am 3. Oktober 2002 Berufung eingereicht mit den Begehren um Aufhebung des angefochtenen Urteils und um Abweisung der Herabsetzungs- und Erbteilungsklage. Mit Berufungsantwort vom 3. Januar 2003 haben die Klägerinnen auf Abweisung der Berufung geschlossen. Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Die Berufungsvoraussetzungen sind gegeben (Art. 43, 46 und 48 OG); auf die Berufung ist einzutreten. 1.2 Neu und damit unzulässig ist das Vorbringen in der Berufungsantwort, der Erblasser habe die Erwerbstätigkeit definitiv aufgegeben und ins Ausland zurückkehren wollen (Art. 55 Abs. 1 lit. c i.V.m. Art. 59 Abs. 3 sowie Art. 63 Abs. 2 OG); im Übrigen machen die Klägerinnen gar nicht geltend, der Erblasser habe bereits ein Gesuch um Barzahlung gestellt. Soweit die Klägerinnen in ihrer Begründung mehr verlangen, als sie vorinstanzlich zugesprochen erhielten, ist ebenfalls nicht einzutreten, haben sie doch weder selbständige Berufung noch Anschlussberufung erhoben, sondern lediglich eine Berufungsantwort mit einem Begehren auf Abweisung der Berufung eingereicht (Art. 63 Abs. 1 OG). 1.3 Berufungsthema ist demnach einzig die Frage, ob die Freizügigkeitsleistung zum Nachlass gehört oder wenigstens herabsetzungspflichtig ist, soweit sie aus überobligatorischer Vorsorge stammt (E. 3). Dazu ist vorgängig zu klären, ob die überobligatorische Vorsorge als solche in die Erbmasse fiele oder herabsetzungspflichtig wäre (E. 2), zumal ein grösserer Teil der Lehre davon ausgeht, Freizügigkeitsleistungen seien gleich zu behandeln wie die berufliche Vorsorge. 1.3 Berufungsthema ist demnach einzig die Frage, ob die Freizügigkeitsleistung zum Nachlass gehört oder wenigstens herabsetzungspflichtig ist, soweit sie aus überobligatorischer Vorsorge stammt (E. 3). Dazu ist vorgängig zu klären, ob die überobligatorische Vorsorge als solche in die Erbmasse fiele oder herabsetzungspflichtig wäre (E. 2), zumal ein grösserer Teil der Lehre davon ausgeht, Freizügigkeitsleistungen seien gleich zu behandeln wie die berufliche Vorsorge. 2. 2.1 Bei der obligatorischen beruflichen Vorsorge (Säule 2a) ist das Rechtsverhältnis zwischen Vorsorgenehmer und Vorsorgeeinrichtung öffentlich-rechtlicher Natur; es entsteht als zwingende Nebenfolge des Arbeitsverhältnisses (Art. 2 Abs. 1 und Art. 7 Abs. 1 des Bundesgesetzes vom 25. Juni 1982 über die berufliche Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge [BVG; SR 831.40]). Die Ansprüche der Hinterbliebenen gemäss Art. 18 ff. BVG stehen nach einhelliger Meinung vollständig ausserhalb des Erbrechts: Weder fallen sie in den Nachlass noch unterliegen sie der erbrechtlichen Herabsetzung. Dies wird damit begründet, dass das BVG gegenüber dem ZGB ein zeitlich jüngeres Spezialgesetz ist (lex specialis posterior derogat legi generali priori). 2.2 Im Bereich der freiwilligen, der vor- und der vorliegend interessierenden überobligatorischen beruflichen Vorsorge (Säule 2b) wird das Rechtsverhältnis zwischen der Vorsorgeeinrichtung und dem Vorsorgenehmer durch einen privatrechtlichen Vorsorgevertrag begründet, der rechtsdogmatisch den Innominatverträgen zuzuordnen ist (BGE 118 V 229 E. 4b S. 232; 122 V 142 E. 4b S. 145). Der Vorsorgevertrag ist funktional verwandt mit dem Lebensversicherungsvertrag im Sinne des VVG (SR 221.229.1). So wie die Begünstigten ihren Anspruch gegenüber einer Lebensversicherungsgesellschaft aus eigenem Recht (iure proprio) und nicht aus Erbrecht (iure hereditatis) erwerben (Art. 78 VVG; BGE 112 II 157 E. 1a S. 159 f.), haben die Anspruchsberechtigten auch bei der Säule 2b einen eigenen Anspruch gegen die Vorsorgeeinrichtung. Dieser basiert auf Art. 112 Abs. 2 OR, und entsprechend fallen die Leistungen der Vorsorgeeinrichtung nicht in die Erbmasse (BGE 112 II 38 E. 3 S. 39; 116 V 218 E. 2 S. 222). Indes ist in der Lehre umstritten, ob die Leistungen aus der überobligatorischen Vorsorge oder jedenfalls die theoretische Austrittsleistung per Todestag in sinngemässer Anwendung von Art. 476 und 529 ZGB für die Berechnung der verfügbaren Quote zum Nachlass hinzuzurechnen seien (dafür: Piotet, Prestations des institutions de prévoyance et droit successoral, in: ZBJV 117/1981 S. 292 ff., insb. S. 298 f.; ders., Stipulations pour autrui, prévoyance professionnelle et droit successoral, in: AJP 1997 S. 538; Riemer, Das Recht der beruflichen Vorsorge in der Schweiz, Bern 1985, S. 122; Reber/Meili, Todesfallleistungen aus über- und ausserobligatorischer beruflicher Vorsorge und Pflichtteilsschutz, in: SJZ 92/1996 S. 121 ff.; Nussbaum, Die Ansprüche der Hinterlassenen nach Erbrecht und aus beruflicher Vorsorge bzw. gebundener Selbstvorsorge, in: SZS 1988 S. 200; dagegen: Bundesamt für Justiz, in: ZBGR 70/1989 S. 283; Weimar, Berner Kommentar, N. 45 zu Art. 476 ZGB; Koller, Privatrecht und Steuerrecht, Bern 1993, S. 210; ders., Familien- und Erbrecht und Vorsorge, in: recht, Studienheft 4, S. 24; Geiser, Güter- und erbrechtliche Planung und Vorsorgeeinrichtungen, in: Güter- und erbrechtliche Planung, Bern 1999, S. 96 ff.; Aebi-Müller, Die optimale Begünstigung des überlebenden Ehegatten, Diss. Bern 2000, S. 40; dies., Gedanken zur Begünstigung des überlebenden Ehegatten, in: ZBJV 135/1999 S. 512; Moser, Die zweite Säule und ihre Tragfähigkeit, Diss. Basel 1993, S. 175 f.; Izzo, Lebensversicherungsansprüche und -anwartschaften bei der güter- und erbrechtlichen Auseinandersetzung, Diss. Freiburg 1999, S. 329 f.; vermittelnd: Staehelin, Basler Kommentar, N. 19 zu Art. 476 ZGB). 2.3 Die Vorsorgeeinrichtung hat für die (öffentlich-rechtliche) obligatorische und die (dem Zivilrecht unterstehende) überobligatorische Vorsorge getrennte Rechnung oder jedenfalls eine Schattenrechnung zu führen (Brühwiler, Die betriebliche Personalvorsorge in der Schweiz, Bern 1989, S. 255; Helbling, Personalvorsorge und BVG, Bern 2000, S. 436), wenn sie beide Bereiche abdeckt (sog. umhüllende Vorsorgeeinrichtung). Oft ist der Vorsorgenehmer auch bei zwei verschiedenen Vorsorgeeinrichtungen versichert, so zum Beispiel, wenn der obligatorische Teil an eine Drittgesellschaft übertragen ist und die Vorsorgeeinrichtung des Arbeitgebers nur den überobligatorischen Bereich abdeckt (Reber/Meili, a.a.O., S. 119; Brühwiler, a.a.O., S. 255 f.). In rechtlicher Hinsicht untersteht die überobligatorische Vorsorge im Unterschied zur obligatorischen (Art. 2 BVG) und der freiwilligen (Art. 4 BVG) nicht (bzw. nur punktuell, vgl. Art. 49 Abs. 2 BVG) dem BVG, sondern den Regeln des OR (Riemer, Vorsorge-, Fürsorge- und Sparverträge der beruflichen Vorsorge, in: Innominatverträge, Zürich 1998, S. 238 ff.). Namentlich die Begünstigtenordnung richtet sich nicht nach Art. 18 ff. BVG, sondern nach dem Reglement der Vorsorgeeinrichtung und dem privatautonom ausgestalteten Vorsorgevertrag, dessen Abschluss und dessen Inhalt wenigstens in der Theorie auf den freien Willen des Vorsorgenehmers zurückzuführen sind. Dies darf jedoch nicht darüber hinwegtäuschen, dass der Vorsorgevertrag in der Praxis allenfalls bei höheren Kadern und gegebenenfalls beim Unternehmer individuell ausgestaltet wird (dazu E. 2.7). Demgegenüber hat der ganz überwiegende Teil der Arbeitnehmer faktisch gar keine Wahl, ob und in welchem Umfang er im überobligatorischen Bereich eine Vorsorge treffen will (Aebi-Müller, a.a.O., ZBJV, S. 512; Reber/Meili, a.a.O., S. 119; Moser, a.a.O., S. 176; Izzo, a.a.O., S. 329). Der Arbeitnehmer unterzeichnet in der Regel auch nur einen einzigen Vorsorgevertrag, der vielfach direkt im Arbeitsvertrag integriert ist (oft durch blossen Verweis auf das Reglement der Vorsorgeeinrichtung) und der kaum je auf eine obligatorische und eine überobligatorische Vorsorgekomponente hinweist. Die Leistungsmodalitäten und namentlich auch der Kreis der anspruchsberechtigten Hinterlassenen werden im Reglement der Vorsorgeeinrichtung generell-abstrakt umschrieben. Lässt es der Arbeitsvertrag nicht bei einem Verweis auf dieses Reglement bewenden, sondern enthält er Bestimmungen über die Vorsorge oder wird ein separater Vorsorgevertrag abgeschlossen, handelt es sich in der Regel um eine unveränderte Übernahme des im Reglement vorgesehenen Standards (zu den Ausnahmen siehe E. 2.7). In diesem Sinn ist die Vertragsautonomie eine einseitige und der Vorsorgenehmer verfügt richtig besehen weder über Abschluss- oder Partnerwahl- noch über Inhalts- oder gar Begünstigungsfreiheit (Reber/Meili, a.a.O., S. 119; Moser, a.a.O., S. 176). Hierin besteht ein wesentlicher Unterschied nicht nur zur gebundenen Selbstvorsorge (Säule 3a), bei der völlige Partnerwahl- und Abschlussfreiheit besteht, bei der die jährlichen Einzahlungen je nach Ausgestaltung des Vertrages beliebig ausgesetzt und bei der für den Todesfall die Begünstigten frei bestimmt werden können, sondern insbesondere auch zum Lebensversicherungsvertrag, der frei nach den Wünschen des Versicherten ausgestaltet und bei dem die Begünstigten nach dessen freier Willkür bezeichnet werden können. 2.4 Hinsichtlich der praktischen Durchführung gilt es zu bedenken, dass die Berechnung der zukünftigen Rentenleistung namentlich beim überlebenden Ehegatten, aber auch bei Kindern, deren Ausbildungsdauer noch ungewiss ist, mit grossen Schwierigkeiten verbunden wäre. Mit einem Teil der Lehre statt die Rentenleistungen die rechnerische Austrittsleistung per Todestag der Herabsetzung zu unterstellen (so namentlich Reber/Meili, a.a.O., S. 121 f.), wäre kein gangbarer Ausweg: Die Austrittsleistung richtet sich nach dem angesparten Vorsorgekapital (Beitragsprimat) und gegebenenfalls nach der Beitragsdauer (Leistungsprimat), während sich die Höhe der insgesamt ausbezahlten Rentensumme massgeblich aus der Dauer der Bezüge ergibt. Dieser Mechanismus würde beispielsweise dann zu unhaltbaren Ergebnissen führen, wenn ein kurz vor der Volljährigkeit stehendes Kind für eine hohe Austrittsleistung einstehen müsste - es wäre diesfalls gegenüber seinen Geschwistern geradezu für das infolge des Kollektivitätsprinzips bei der Vorsorgeeinrichtung verbleibende Kapital herabsetzungspflichtig. 2.5 Nebst den bereits erwähnten Elementen ist entscheidend, dass zwischen den Säulen 2a und 2b versicherungstechnisch kein Unterschied besteht. Beide sind an die Grundsätze der Verhältnismässigkeit und der Rechtsgleichheit sowie an das Willkürverbot gebunden (BGE 115 V 103 E. 4b S. 109; 119 V 283 E. 2a) und beide folgen den Prinzipien der Planmässigkeit und Angemessenheit sowie der Solidarität und Kollektivität (BGE 120 Ib 199 E. 3c und d S. 202). Die beiden letztgenannten Prinzipien bedeuten, dass das verbleibende Kapital der Vorsorgeeinrichtung verfällt und für die Leistungserbringung an die übrigen Vorsorgenehmer verwendet wird, wenn der Vorsorgenehmer stirbt, ohne nach Reglement anspruchsberechtigte Personen zu hinterlassen; dies im Unterschied zur gebundenen Selbstvorsorge, bei der die Versicherungsleistung oder das angesparte Kapital in jedem Fall an jemanden ausbezahlt wird (vgl. Art. 2 Abs. 1 lit. b BVV 3 [SR 831.461.3]). Ebenso wenig besteht zwischen den Säulen 2a und 2b ein funktionaler Unterschied: Während die AHV/IV-Leistungen (Säule 1a) sowie die Ergänzungsleistungen (Säule 1b) der Existenzsicherung im Alter dienen, will die berufliche Vorsorge in ihrer Gesamtheit die Fortführung der bisherigen Lebenshaltung nach Aufgabe der Erwerbstätigkeit garantieren. So ist denn die Bevorzugung der Witwe (und je nach Reglement des Witwers) sowie der unterhaltsberechtigten Waisen gegenüber den anderen Pflichtteilsberechtigten auch im überobligatorischen Bereich ein wesentliches Merkmal des Vorsorgevertrages (Weimar, a.a.O., N. 45 zu Art. 476 ZGB). Eben dieser Vorsorgezweck könnte ernsthaft in Frage gestellt sein, wenn die vom Vorsorgenehmer unterstützten Personen nach dessen Tod gegenüber den anderen gesetzlichen und den testamentarischen Erben herabsetzungspflichtig wären (vgl. etwa Koller, recht, a.a.O., S. 24). 2.6 Die bisherigen Erwägungen stehen denn auch in Einklang mit den Grundgedanken des erbrechtlichen Pflichtteilsschutzes: Die "Überschreitung der Verfügungsbefugnis durch den Erblasser" bzw. eine "unentgeltliche Zuwendung" setzt einerseits Verfügungsfreiheit des Erblassers, andererseits willentliche Bevorzugung gewisser Personen und einen animus donandi voraus. Dies ist bei der Säule 2b ebenso wenig der Fall wie bei der Säule 2a: Wie vorstehend ausgeführt, ist der Vorsorgenehmer faktisch zum Abschluss der überobligatorischen Vorsorge gezwungen und der Kreis der Begünstigten für den Fall seines Todes wird nicht von ihm, sondern durch das Reglement der Vorsorgeeinrichtung bezeichnet. Vor diesem Hintergrund ist nicht ersichtlich, inwiefern der Vorsorgenehmer erbrechtliche Pflichtteile verletzen könnte, und in diesem Sinn trifft auch das von den Befürwortern der erbrechtlichen Herabsetzung vorgebrachte Argument der "kalten Enterbung" nicht zu, umso weniger als das Vorsorgekapital lebzeitig gebunden und nicht frei übertragbar ist (Aebi-Müller, Begünstigung, a.a.O., S. 40; dies., ZBJV, a.a.O., S. 512). 2.7 Das Gesagte lässt es als angezeigt erscheinen, die Säule 2b in erbrechtlicher Hinsicht gleich zu behandeln wie die Säule 2a und die entsprechenden Leistungen nicht der Herabsetzung zu unterstellen. Dies gilt jedenfalls für den Normalfall, dass der Arbeitnehmer hinsichtlich Abschluss und Ausgestaltung der Vorsorge faktisch unfrei ist und ein Reglement in generell-abstrakter Weise die Leistungsmodalitäten sowie die Destinatäre bezeichnet. Wie es sich mit individuell ausgestalteten (Riemer, a.a.O., S. 237) oder mit den wesentlich über die normale Vorsorge hinausgehenden (Izzo, a.a.O., S. 330 f.) Vorsorgeverträgen für höhere Kader und vor allem für Unternehmer verhält, kann vorliegend offen bleiben. Immerhin sind die Stiftungsorgane auch bei den individuellen Verträgen an den Vorsorgezweck gebunden (Izzo, a.a.O., S. 329; Moser, a.a.O., S. 171 und 175) und müssen prüfen, ob die Prinzipien der Rechtsgleichheit, der Verhältnismässigkeit und des Willkürverbots eingehalten sind (Koller, recht, a.a.O., S. 24). 2.7 Das Gesagte lässt es als angezeigt erscheinen, die Säule 2b in erbrechtlicher Hinsicht gleich zu behandeln wie die Säule 2a und die entsprechenden Leistungen nicht der Herabsetzung zu unterstellen. Dies gilt jedenfalls für den Normalfall, dass der Arbeitnehmer hinsichtlich Abschluss und Ausgestaltung der Vorsorge faktisch unfrei ist und ein Reglement in generell-abstrakter Weise die Leistungsmodalitäten sowie die Destinatäre bezeichnet. Wie es sich mit individuell ausgestalteten (Riemer, a.a.O., S. 237) oder mit den wesentlich über die normale Vorsorge hinausgehenden (Izzo, a.a.O., S. 330 f.) Vorsorgeverträgen für höhere Kader und vor allem für Unternehmer verhält, kann vorliegend offen bleiben. Immerhin sind die Stiftungsorgane auch bei den individuellen Verträgen an den Vorsorgezweck gebunden (Izzo, a.a.O., S. 329; Moser, a.a.O., S. 171 und 175) und müssen prüfen, ob die Prinzipien der Rechtsgleichheit, der Verhältnismässigkeit und des Willkürverbots eingehalten sind (Koller, recht, a.a.O., S. 24). 3. 3.1 Versicherte, welche die Vorsorgeeinrichtung verlassen, bevor ein Vorsorgefall eingetreten ist (Freizügigkeitsfall), haben Anspruch auf eine Austrittsleistung (Art. 2 Abs. 1 des Bundesgesetzes vom 17. Dezember 1993 über die Freizügigkeit in der beruflichen Alters-, Hinterlassenen und Invalidenvorsorge [Freizügigkeitsgesetz, FZG; SR 831.42]). Kann diese nicht an eine neue Vorsorgeeinrichtung überwiesen werden und ist auch kein Barzahlungstatbestand gemäss Art. 5 FZG gegeben, muss der Vorsorgeschutz in anderer Form erhalten werden (Art. 4 Abs. 1 FZG), sei es mit einer Freizügigkeitspolice, sei es mit einem Freizügigkeitskonto (Art. 10 Abs. 1 FZV). Tritt der Versicherte wieder in ein Vorsorgeverhältnis ein, hat die Freizügigkeitseinrichtung das Vorsorgekapital an die neue Vorsorgeeinrichtung zu überweisen (Art. 4 Abs. 2bis FZG), soweit es für die Finanzierung der Eintrittsleistung benötigt wird (Art. 13 Abs. 1 FZG). 3.2 Im Unterschied zu den Vorsorgeeinrichtungen unterliegen die Freizügigkeitseinrichtungen weder den Grundsätzen der Planmässigkeit und Angemessenheit noch dem Kollektivitätsprinzip; insofern besteht eine gewisse Nähe zur gebundenen Selbstvorsorge (BGE 122 V 320 E. 3b S. 326; Koller, recht, a.a.O., S. 25; Reber/Meili, a.a.O., S. 122; Izzo, a.a.O., S. 329): Stirbt der Versicherte, bleibt das Kapital nicht bei der Freizügigkeitseinrichtung, sondern es wird an die in Art. 15 FZV kaskadenartig aufgelisteten Destinatäre ausbezahlt, zu denen in letzter Linie - vom Vorsorgegedanken her atypisch (Koller, recht, a.a.O., S. 25) - sämtliche gesetzlichen Erben gehören. 3.3 Freizügigkeitsguthaben beruhen jedoch, dies im Unterschied zur gebundenen Selbstvorsorge, nicht auf Freiwilligkeit; vielmehr ist die Erhaltung des Vorsorgeschutzes und die damit einhergehende Gebundenheit des Guthabens gesetzlich vorgesehen. Die Freizügigkeitseinrichtungen gehören denn auch zur beruflichen Vorsorge im weiteren Sinn, und Freizügigkeitspolicen bzw. -konti haben in der Regel eine blosse Überbrückungsfunktion (Koller, recht, a.a.O., S. 25), indem sie primär für die Finanzierung der Eintrittsleistung in die neue Vorsorgeeinrichtung bestimmt sind. Hinterlässt der Versicherte einen Ehegatten oder unmündige Kinder, aber auch andere Personen, für die er aufgekommen ist, löst sein Ableben in der Regel eine klassische Vorsorgesituation aus. Es erscheint unbillig, den bedürftig gewordenen Hinterbliebenen die Vorsorge zu entziehen, die ihnen zu Teil geworden wäre, wenn das Vorsorgekapital nicht infolge Arbeitslosigkeit des Vorsorgenehmers oder aus anderen Gründen an eine Freizügigkeitseinrichtung überwiesen worden wäre. Es drängt sich deshalb auf, dieses für die Zeit, während der der Versicherte keiner Vorsorgeeinrichtung angehört, nicht anders zu behandeln, als wenn ein Vorsorgeverhältnis bestünde (Geiser, a.a.O., S. 102; Aebi-Müller, Begünstigung, a.a.O., S. 41; dies., ZBJV, a.a.O., S. 513; Izzo, a.a.O., S. 333; a.M.: Koller, recht, a.a.O., S. 25). Es ist nicht zu übersehen, dass sich dabei Konstellationen ergeben können, die auf den ersten Blick stossend wirken. So könnte - wie im vorliegenden Fall - ein kurz vor der Volljährigkeit stehendes Kind bei einem Freizügigkeitskonto die ganze Leistung für sich beanspruchen, während seine volljährigen Geschwister leer ausgingen. Umgekehrt würde jedoch ein Kind, das noch über Jahre vorsorgebedürftig ist und durch den verstorbenen Versicherten versorgt worden wäre, bei einem Freizügigkeitskonto ebenfalls (nur) die gleiche Summe erhalten. Das allenfalls stossende Moment liegt demnach nicht darin begründet, dass die Freizügigkeitsleistung am Erbrecht vorbeigeht, denn die volljährigen Geschwister könnten ja ebenso wenig Ansprüche geltend machen, wenn das Vorsorgeverhältnis des Verstorbenen noch bestünde (dazu E. 2); vielmehr ist es auf den Umstand zurückzuführen, dass sich das ausbezahlte Kapital bei den Freizügigkeitskonti und den Kapitalpolicen - im Unterschied zu den Renten bei der beruflichen Vorsorge - nicht nach der effektiven Versorgungsbedürftigkeit der Anspruchsberechtigten richtet. 3.4 Massgebend für die erbrechtliche Behandlung von Freizügigkeitsleistungen ist schliesslich, dass Art. 15 FZV die Begünstigungsfrage abschliessend regelt. Entgegen gewissen Lehrmeinungen (etwa Koller, Die neue Begünstigtenordnung bei Freizügigkeitspolicen und Freizügigkeitskonti, in: AJP 1995 S. 742; Reber/Meili, a.a.O., S. 122), denen sich die Vorinstanz angeschlossen hat, beruht die entsprechende Norm auf einer genügenden gesetzlichen Grundlage, und es lässt sich auch nicht von einer füllungsbedürftigen Lücke sprechen: Art. 29 Abs. 3 BVG bestimmte in der ursprünglichen Fassung vom 25. Juni 1982, dass der Vorsorgeschutz durch eine Freizügigkeitspolice oder in anderer gleichwertiger Form zu erhalten sei, wenn die Austrittsleistung weder einer neuen Vorsorgeeinrichtung überwiesen noch bei der alten belassen werden könne (AS 1983 S. 803). Der damalige Art. 29 Abs. 4 BVG ermächtigte den Bundesrat, die Errichtung, den Inhalt und die Rechtswirkungen der Freizügigkeitspolicen und der anderen Erhaltungsformen zu regeln. Gestützt auf diese Ermächtigungsnorm hat der Bundesrat am 12. November 1986 die Verordnung über die Erhaltung des Vorsorgeschutzes und die Freizügigkeit erlassen (AS 1986 S. 2008). Art. 6 Abs. 1 lit. b dieser Verordnung erklärte als Begünstigte für den Todesfall die Hinterlassenen nach Art. 18-22 BVG (Ziff. 1), die übrigen Kinder, den Witwer und die Personen, die vom Vorsorgenehmer in erheblichem Masse unterstützt worden sind (Ziff. 2) sowie die übrigen Erben (Ziff. 3). Mit dem Freizügigkeitsgesetz ist der seinerzeitige Art. 29 BVG ersatzlos aufgehoben worden (Anhang zum FZG, Ziff. 3). Dafür bestimmt nunmehr Art. 26 Abs. 1 FZG, dass der Bundesrat die Ausführungsvorschriften erlasse und die zulässigen Formen der Erhaltung des Vorsorgeschutzes regle. Gestützt hierauf ist am 1. Januar 1995 gleichzeitig mit dem FZG die FZV in Kraft gesetzt worden, deren Art. 15 die Begünstigtenregelung von Art. 6 der früheren Verordnung - mit einer vorliegend irrelevanten Einschränkung in Ziff. 3 - übernommen hat. In der Botschaft zum FZG ist auf die alte Verordnung hingewiesen worden; diese müsse den neuen Verhältnissen angepasst werden, wobei insbesondere die Führung der Freizügigkeitskonti durch die Auffangeinrichtung neu zu regeln sei (BBl 1992 III 602). Wenn auch die Delegationsnorm von Art. 26 Abs. 1 FZG allgemein gehalten ist, muss sie vor dem Hintergrund der Entstehungsgeschichte des Freizügigkeitsrechts gelesen werden. Diese lässt keinen anderen Schluss zu, als dass der Gesetzgeber des FZG, der die Begünstigtenregelung der früheren Verordnung kannte, davon ausgehen durfte und musste, diese würde durch Überführung in die neue Verordnung gleich oder jedenfalls nicht wesentlich anders ausfallen. Indem der Gesetzgeber auf eine eigene Regelung im FZG verzichtet hat, billigte er konkludent die seit 1987 auf Verordnungsstufe bestehende. Als dergestalt vom Gesetzgeber sanktionierte Spezialregelung geht sie den älteren und allgemeinen Bestimmungen des Erbrechts vor. Ausser Zweifel steht schliesslich, dass die Vorschriften des FZG auf alle beruflichen Vorsorgeverhältnisse anwendbar sind und insbesondere auch den überobligatorischen Bereich umfassen (BBl 1992 III 570). Nichts anderes gilt für die vom Bundesrat erlassene FZV (Bericht der Arbeitsgruppe Freizügigkeit in der beruflichen Vorsorge, Bern 1990, S. 126 Fn. 17). 3.5 Zusammenfassend ist festzuhalten, dass Freizügigkeitsleistungen weder in den Nachlass fallen noch der erbrechtlichen Herabsetzung unterliegen. 3.5 Zusammenfassend ist festzuhalten, dass Freizügigkeitsleistungen weder in den Nachlass fallen noch der erbrechtlichen Herabsetzung unterliegen. 4. Bei diesem Ergebnis wird die Frage, ob die Beklagte mit Schreiben vom 12. September 2000 ihre Ausschlagungserklärung vom 30. Mai 1997 rechtsgültig habe widerrufen können, mit Bezug auf die Freizügigkeitsleistung gegenstandslos. Sie bleibt jedoch insoweit von Bedeutung, als es um die Tragung der Erbschaftsschulden geht. 4.1 Die Vorinstanz hat diesbezüglich ausgeführt, die blossen Meinungsäusserungen der Klägerinnen hätten die massgebliche Rechtslage nicht verbindlich zu klären vermocht und die Beklagte habe sich angesichts der kontroversen Lehre auf die von der Freizügigkeitsstiftung vertretene Auffassung verlassen dürfen, dass das Freizügigkeitskapital keine erbrechtliche Relevanz aufweise; erst an der Hauptverhandlung vom 29. Mai 2000 sei sie von der wahren Rechtslage in Kenntnis gesetzt worden. Gemeint ist damit offensichtlich der Vergleichsvorschlag des Kantonsgerichts Schaffhausen, der gleich lautete und gleich begründet worden ist wie schliesslich das Urteil (HV-Protokoll, p. 67 unten). Bei der Unterbreitung des Vergleichsvorschlages hat das Kantonsgericht im Übrigen ausgeführt, die Beklagte habe sich bei der Ausschlagung in einem Grundlagenirrtum befunden; die Frist für dessen Anfechtung beginne erst mit den jetzigen Erläuterungen durch das Gericht zu laufen und der Irrtum könne deshalb beim Vergleichsvorschlag berücksichtigt werden (HV-Protokoll, p. 67 oben). 4.2 Während sich die Beklagte in ihrer Berufung zur Frage der Rechtsverbindlichkeit des Widerrufs bzw. der Anfechtung nicht äussert - sie hat lediglich ein Begehren um vollständige Abweisung der Herabsetzungs- und Erbschaftsklage gestellt -, wird diese Möglichkeit von den Klägerinnen in der Berufungsantwort vehement bestritten: Zum einen handle es sich bei der Ausschlagungserklärung um ein widerrufsfeindliches Gestaltungsrecht, zum anderen sei Art. 24 Abs. 1 Ziff. 4 OR nur auf Verträge anwendbar. 4.3 Die Ausschlagungserklärung wird in der Lehre fast einhellig als prinzipiell unwiderruflich bezeichnet (Eugen Huber, Erläuterungen zum Vorentwurf des ZGB, Bd. I, Bern 1914, S. 441; Tuor/Picenoni, Berner Kommentar, N. 6 zu Art. 570 ZGB; Escher, Zürcher Kommentar, N. 7 zu Art. 570 ZGB; Schwander, Basler Kommentar, N. 4 zu Art. 566 ZGB; Rusch, Die erbrechtlichen Gestaltungsrechte nach Eröffnung des Erbganges, Diss. Zürich 1983, S. 57). Aus rechtsdogmatischer Sicht ist dies zwingend, weil ein Gestaltungsrecht mit seiner Ausübung untergeht. Hingegen befürworten die Kommentatoren, die Ausschlagungserklärung in sinngemässer Anwendung von Art. 23 ff. OR der Anfechtung zu unterstellen (Tuor/Picenoni, a.a.O., N. 6 zu Art. 570 ZGB; Escher, a.a.O., N. 8 zu Art. 570 ZGB; Schwander, a.a.O., N. 4 zu Art. 566 ZGB). Wie es sich damit im Einzelnen verhält, kann vorliegend offen gelassen werden: Angesichts der Kontroverse über die Frage, wie die überobligatorische Vorsorge und die Freizügigkeitsleistung erbrechtlich zu behandeln seien, musste die Beklagte über die Vor- und Nachteile der Ausschlagung abwägen. Indem sie sich für die Ausschlagung entschied, nahm sie das Risiko in Kauf, die Freizügigkeitsleistung oder jedenfalls den aus der überobligatorischen Vorsorge stammenden Teil im Klagefall herausgeben zu müssen. Wäre sie bei ihrem Entscheid einem (Rechts-)irrtum erlegen, hätte es sich somit nicht um einen Grundlagen-, sondern um einen unbeachtlichen Motivirrtum gemäss Art. 24 Abs. 2 OR gehandelt. Abgesehen davon geht der Meinungsäusserung eines erstinstanzlichen Gerichts zu einer hochkontroversen Frage anlässlich der Präsentation eines unverbindlichen Vergleichsvorschlages von vornherein jede Eignung ab, einen Rechtsirrtum "aufzudecken". 4.4 Zusammenfassend ergibt sich, dass die Ausschlagungserklärung der Beklagten vom 30. Mai 1997 weder widerruflich noch anfechtbar (gewesen) ist. 4.4 Zusammenfassend ergibt sich, dass die Ausschlagungserklärung der Beklagten vom 30. Mai 1997 weder widerruflich noch anfechtbar (gewesen) ist. 5. In Gutheissung der Berufung ist das Urteil des Obergerichts des Kantons Schaffhausen vom 30. August 2002 aufzuheben und die Klage abzuweisen. Bei diesem Verfahrensausgang werden die Klägerinnen für das bundesgerichtliche Verfahren unter solidarischer Haftbarkeit kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 156 Abs. 1 und 7 sowie Art. 159 Abs. 2 und 5 OG). Die Liquidation der Kosten des kantonalen Verfahrens erfolgt durch das Obergericht des Kantons Schaffhausen (Art. 157 und Art. 159 Abs. 6 OG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. In Gutheissung der Berufung wird das Urteil des Obergerichts des Kantons Schaffhausen vom 30. August 2002 aufgehoben und die Klage wird abgewiesen. 1. In Gutheissung der Berufung wird das Urteil des Obergerichts des Kantons Schaffhausen vom 30. August 2002 aufgehoben und die Klage wird abgewiesen. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 4'000.-- wird den Klägerinnen auferlegt, unter solidarischer Haftbarkeit. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 4'000.-- wird den Klägerinnen auferlegt, unter solidarischer Haftbarkeit. 3. Die Klägerinnen haben die Beklagte für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 5'000.-- zu entschädigen, unter solidarischer Haftbarkeit. 3. Die Klägerinnen haben die Beklagte für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 5'000.-- zu entschädigen, unter solidarischer Haftbarkeit. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Schaffhausen schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. April 2003 Im Namen der II. Zivilabteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 1B_336/2014 Urteil vom 14. Oktober 2014 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Merkli, präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiber Pfäffli. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführerin, gegen B._, Beschwerdegegnerin, vertreten durch Rechtsanwalt Pascal Baumgardt, C._, D._, vertreten durch Rechtsanwalt Stephan K. Nyffenegger, E._, F._, Unbekannt (Callcentermitarbeiter/innen der G._ AG), weitere Beteiligte, Staatsanwaltschaft Limmattal/Albis, Bahnhofplatz 10, Postfach, 8953 Dietikon. Gegenstand Strafverfahren; Berichtigung / Erläuterung, Beschwerde gegen den Beschluss vom 25. August 2014 des Obergerichts des Kantons Zürich, III. Strafkammer. Erwägungen: 1. B._ erstattete am 7. August 2009 Strafanzeige gegen C._, die Organe der G._ AG und deren Mitarbeiter sowie gegen weitere Personen wegen Betrugs und unlauteren Wettbewerbs. Die Staatsanwaltschaft Limmattal/Albis nahm mit Verfügung vom 20. September 2011 eine Untersuchung nicht anhand. Dagegen erhob B._ Beschwerde. Die III. Strafkammer des Obergerichts des Kantons Zürich hiess mit Beschluss vom 20. Februar 2013 die Beschwerde gut, hob die Nichtanhandnahmeverfügung der Staatsanwaltschaft Limmattal/Albis vom 20. September 2011 auf und wies die Sache an die Staatsanwaltschaft zurück. Die III. Strafkammer verpflichtete dabei C._ und die Organe der G._ AG ("ehemals vertreten durch D._, derzeit vertreten durch A._") B._ eine Prozessentschädigung von je Fr. 4'096.75 (unter solidarischer Haftung für den gesamten Betrag von Fr. 8'193.50) zu bezahlen. Gegen den Beschluss der III. Strafkammer vom 20. Februar 2013 erhoben C._ und die damaligen Organe der G._ AG Beschwerde, auf welche das Bundesgericht mit Urteil vom 16. April 2013 (1B_132/2013) nicht eintrat. 2. Am 12. Juni 2014 stellte B._ ein Gesuch um Berichtigung und/oder Erläuterung des Beschlusses der III. Strafkammer des Obergerichts des Kantons Zürich vom 20. Februar 2013. Mit Beschluss vom 25. August 2014 ersetzte die III. Strafkammer des Obergerichts des Kantons Zürich die Parteibezeichnung der Beschwerdegegner 6 im Rubrum des Beschlusses vom 20. Februar 2013 durch folgende Fassung: " 6. Organe der G._ AG, namentlich A._, Mitglied des Verwaltungsrats, ...". Dispositiv Ziffer 3 des Beschlusses vom 20. Februar 2013 ersetzte die III. Strafkammer durch folgende Fassung: "3. C._ und A._ (letztere als Organ der G._ AG) werden verpflichtet, B._ eine Prozessentschädigung von je Fr. 4'096.75 (unter solidarischer Haftung für den gesamten Betrag von Fr. 8'193.50) zu bezahlen." 3. Mit Eingabe vom 3. Oktober 2014 führt A._ Beschwerde in Strafsachen gegen den Beschluss der III. Strafkammer des Obergerichts des Kantons Zürich vom 25. August 2014. Das Bundesgericht verzichtet auf die Einholung von Vernehmlassungen. 4. Mit dem angefochtenen Beschluss wird das Strafverfahren noch nicht abgeschlossen. Es handelt sich somit um einen selbstständig eröffneten Zwischenentscheid. Unter dem Vorbehalt der hier nicht gegebenen Fälle von Art. 92 BGG ist die Beschwerde gegen einen selbstständig eröffneten Zwischenentscheid nur zulässig, wenn dieser einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil bewirken kann (Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG) oder die Gutheissung der Beschwerde sofort einen Endentscheid herbeiführen und damit einen bedeutenden Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beschwerdeverfahren ersparen würde (Art. 93 Abs. 1 lit. b BGG). Die Eintretensvoraussetzungen von Art. 93 Abs. 1 BGG sollen das Bundesgericht entlasten; dieses soll sich möglichst nur einmal mit einer Sache befassen müssen (BGE 135 II 30 E. 1.3.2 S. 34). Gegen einstweilen nicht anfechtbare Zwischenentscheide steht die Beschwerde an das Bundesgericht daher erst im Anschluss an den Endentscheid offen. 4.1. Nach der Rechtsprechung muss es sich im Bereich des Strafrechts beim nicht wieder gutzumachenden Nachteil gemäss Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG um einen solchen rechtlicher Natur handeln. Ein solcher liegt vor, wenn er auch mit einem späteren günstigen Endentscheid nicht mehr gänzlich behoben werden könnte. Ein lediglich tatsächlicher Nachteil wie die Verlängerung oder Verteuerung des Verfahrens genügt nicht (BGE 137 IV 237 E. 1.1 S. 239 f., 172 E. 2.1 S. 173 f.; 135 I 261 E. 1.2 S. 263, je mit Hinweisen). 4.2. Nach konstanter Rechtsprechung hat der Beschwerdeführer im Einzelnen darzulegen, inwiefern die Beschwerdevoraussetzungen nach Art. 93 Abs. 1 BGG erfüllt sind, ansonsten auf die Beschwerde mangels hinreichender Begründung nicht einzutreten ist (BGE 137 III 324 E. 1.1; 136 IV 92 E. 4 je mit Hinweisen). 4.3. Die Beschwerdeführerin macht keine Ausführungen zu den Beschwerdevoraussetzungen nach Art. 93 Abs. 1 BGG. Sie legt nicht dar, inwiefern ihr ein Nachteil im Sinne von Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG entstehen könnte. Auch macht sie nicht geltend, dass eine Gutheissung ihrer Beschwerde sofort einen Endentscheid herbeiführen und damit einen bedeutenden Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren ersparen würde. Da sich die Beschwerdeführerin zu den Beschwerdevoraussetzungen nach Art. 93 Abs. 1 BGG nicht äussert, ist mangels einer hinreichenden Begründung im vereinfachten Verfahren nach Art. 108 Abs. 1 BGG auf die Beschwerde nicht einzutreten. 5. Auf eine Kostenauflage kann verzichtet werden (Art. 66 Abs. 1 BGG). Das Gesuch um aufschiebende Wirkung wird mit dem vorliegenden Entscheid in der Sache selbst gegenstandslos. Demnach erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, der Staatsanwaltschaft Limmattal/Albis, dem Obergericht des Kantons Zürich, III. Strafkammer, und den weiteren Beteiligten schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 14. Oktober 2014 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Merkli Der Gerichtsschreiber: Pfäffli
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 8C_599/2017 Urteil vom 14. März 2018 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Maillard, Präsident, Bundesrichter Frésard, Bundesrichterin Viscione. Gerichtsschreiberin Polla. Verfahrensbeteiligte A._, vertreten durch Rechtsanwältin Barbara Laur, Beschwerdeführerin, gegen IV-Stelle des Kantons Zürich, Röntgenstrasse 17, 8005 Zürich, Beschwerdegegnerin, BVK Personalvorsorge des Kantons Zürich, Obstgartenstrasse 21, 8006 Zürich. Gegenstand Invalidenversicherung (Invalidenrente), Beschwerde gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 13. Juni 2017 (IV.2015.01211). Sachverhalt: A. Die 1960 geborene A._ war seit 1. Oktober 1999 im Umfang von 60 % als Sachbearbeiterin tätig. Am 20. Dezember 2011 meldete sie sich unter Hinweis auf ein Burnout durch Mobbing bei der Invalidenversicherung zum Leistungsbezug an. Die IV-Stelle des Kantons Zürich nahm erwerbliche und medizinische Abklärungen vor. Unter anderem gestützt auf ein durch die BVK Personalvorsorge Kanton Zürich (BVK) in Auftrag gegebenes Gutachten der Frau Dr. med. B._, FMH Psychiatrie und Psychotherapie, vom 3. September 2012, verneinte sie mit Verfügung vom 22. August 2013 einen Leistungsanspruch. Die BVK sprach der Versicherten zuvor mit Verfügung vom 14. Januar 2013 eine ganze Invalidenrente nach BVG mit Wirkung ab 1. Januar 2013 zu. Die von der BVK und A._ gegen die Verfügung vom 22. August 2013 erhobene Beschwerde wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 23. Januar 2015 ab. Die von A._ dagegen erhobene Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten hiess das Bundesgericht teilweise gut und hob den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 23. Januar 2015 auf. Die Sache wurde zu ergänzender Abklärung und neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückgewiesen. Im Übrigen wies es die Beschwerde ab (Urteil 8C_150/2015 vom 6. November 2015). B. Das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich holte in der Folge bei Dr. med. C._, Leitender Arzt, Psychiatrie D._, ein Gerichtsgutachten (vom 22. Juli 2016) mit ergänzenden Ausführungen vom 14. Februar 2017 ein. Mit Entscheid vom 13. Juni 2017 wies das Gericht die Beschwerde abermals ab. C. A._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen und beantragen, in Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheids und der Verfügung vom 22. August 2013 seien ihr die gesetzlichen Leistungen auszurichten; insbesondere sei ihr ab 1. Juni 2012 eine ganz Invalidenrente zuzusprechen. Die IV-Stelle schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Die Versicherte bekräftigt mit Eingabe vom 29. Januar 2018 ihren Antrag auf Zusprechung einer ganzen Invalidenrente im Rahmen des gewährten rechtlichen Gehörs zu den zwischenzeitlich ergangenen Urteilen 8C_841/2016 und 8C_130/2017 vom 30. November 2017, je zur Publikation bestimmt. Das Bundesamt für Sozialversicherungen verzichtet auf eine Vernehmlassung. Erwägungen: 1. Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann eine Rechtsverletzung nach Art. 95 f. BGG gerügt werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). Dennoch prüft es - offensichtliche Fehler vorbehalten - nur die in seinem Verfahren gerügten Rechtsmängel (Art. 42 Abs. 1 f. BGG; BGE 135 II 384 E. 2.2.1 S. 389). Es legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Es kann ihre Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Verfahrensausgang entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1, Art. 105 Abs. 2 BGG). Rechtsfragen sind die vollständige Feststellung erheblicher Tatsachen und die Beachtung des Untersuchungsgrundsatzes bzw. der Beweiswürdigungsregeln nach Art. 61 lit. c ATSG. Bei der konkreten Beweiswürdigung geht es um Sachverhaltsfragen (Urteil 8C_590/2015 vom 24. November 2015 E. 1, nicht publ. in BGE 141 V 585). 2. 2.1. Das kantonale Gericht hat sich zunächst unter Würdigung der Expertise des Dr. med. C._ vom 22. Juli 2016 (einschliesslich der Ausführungen vom 14. Februar 2017) mit der gesundheitlichen Situation der Versicherten auseinandergesetzt. Dr. med. C._ habe eine nicht näher bezeichnete Angststörung (ICD-10 F41.9) mit phobischen Anteilen und Panikattacken und eine mittelgradige depressive Episode (ICD-10 F32.1) diagnostiziert. Zur Arbeitsfähigkeit habe er ausgeführt, die Versicherte sei aufgrund der Angststörung, die "nur schon beim Gedanken an jegliche Tätigkeit auf dem ersten Arbeitsmarkt aktiviert" werde, vollständig arbeitsunfähig. Nachdem med. pract. E._, Facharzt für Psychiatrie und Psychotherapie, Regionaler Ärztlicher Dienst (RAD) der IV-Stelle, am 26. August 2016 zur Expertise Stellung genommen hatte, ersuchte das kantonale Gericht Dr. med. C._ um ergänzende Ausführungen, die abermals seitens des RAD durch Frau Dr. med. F._, Fachärztin für Psychiatrie und Psychotherapie, am 7. April 2017 gewürdigt wurden. Der RAD sei - so das kantonale Gericht - zum Schluss gekommen, die Diagnosen seien nicht nachvollziehbar. Auch das Gericht folgte dem Gutachten nicht. Es führte dazu aus, auch wenn an der Verwertbarkeit des Gerichtsgutachtens gewisse Zweifel bestünden, bedeute dies nicht ohne Weiteres, dass ein neues Gutachten einzuholen sei, denn der Untersuchungsgrundsatz gelte nicht schrankenlos. Es sei daher zu prüfen, wie es sich im Verfügungszeitpunkt (August 2013) mit dem geklagten Gesundheitsschaden im Lichte der verfügbaren Beurteilungselemente verhalte. Die Versicherte habe sich bis zum Arbeitskonflikt im Jahr 2011 gemäss dem Gutachter auf sehr hohem kognitiven Niveau ohne jedwelche Auffälligkeiten bewegt. Ihr Funktionsniveau und ihre Ressourcen seien bis zu diesem Konflikt sehr hoch gewesen. Danach habe sie mit einem klassischen Vermeidungsverhalten und zunehmenden funktionellen Einschränkungen reagiert. Dr. med. C._ habe festgehalten, der dysfunktionale Bewältigungsversuch bestehe darin, "möglichst nur schon den Gedanken an Arbeit zu vermeiden"; es handle sich um eine schwerstgradige, pathologische, extreme existenzielle Angst, die sich initial auf alles, "was mit Arbeit zu tun hat" bezogen und sich nun auf viele Bereiche des Lebens ausgeweitet habe. Die Angststörung werde "nur schon beim Gedanken an jegliche Tätigkeit auf dem ersten Arbeitsmarkt aktiviert". Das kantonale Gericht führte weiter aus, der im Jahr 2012 behandelnde Psychiater Dr. med. G._, Facharzt für Psychiatrie und Psychotherapie, habe die Beeinträchtigungen als behandelbar eingestuft (Bericht vom 6. März 2012) und auch der Gutachter Dr. med. C._ habe die Notwendigkeit einer Behandlung unterstrichen. Die Behandlungsoptionen seien indessen nicht ausgeschöpft, indem die Versicherte die psychiatrische Behandlung im Jahr 2013 unter dem Eindruck, diese belaste sie mehr als ihr gut tue, aufgegeben habe. Die Vorinstanz gelangte gestützt hierauf zum Schluss, dass die dysfunktionale Bewältigung eines Arbeitskonflikts, die sich im Verfügungszeitpunkt (August 2013) als eine Aversion ausschliesslich gegen Erwerbsarbeit bei in den anderen Lebensbereichen intaktem Funktionsniveau manifestiere, könne, nachdem diese als behandlungswürdig und behandelbar eingestuft, jedoch nicht adäquat bzw. genügend therapiert worden sei, keine versicherungsrelevante Beeinträchtigung der Arbeitsfähigkeit begründen. Die IV-Stelle habe daher zu Recht einen Anspruch auf Invalidenrente verneint. 2.2. Die Beschwerdeführerin rügt, die Vorinstanz habe Bundesrecht verletzt, indem sie die Therapierbarkeit des Leidens als Ausschlussgrund für den Anspruch auf IV-Leistungen angeführt habe, zumal auch kein Mahn- und Bedenkzeitverfahren nach Art. 21 Abs. 4 ATSG durchgeführt worden sei. Die Versicherte habe die psychiatrische Therapie ferner nicht wegen des fehlenden Leidensdrucks oder mangels eines Willens abgebrochen, sondern aus Angst, noch ernsthafter zu erkranken, da ihrer Überzeugung nach die Therapie ihr mehr geschadet als genutzt habe. Überdies seien die Auswirkungen einer depressiven Störung im gesundheitlichen Gesamtkontext zu beurteilen. Die Vorinstanz habe in willkürlicher Weise nicht auf das Gerichtsgutachten abgestellt. Dr. med. C._ habe eine schwerstgradige Angststörung und eine depressive Störung diagnostiziert, wobei er übereinstimmend mit den medizinischen Vorakten (Bericht des Dr. med. G._ und lic. phil. H._, Psychologe FSP, vom 6. März 2012 und Gutachten der Frau Dr. med. B._ vom 3. September 2012) festgestellt habe, dass die Versicherte bei der Vorstellung, sich den Anforderungen einer Arbeitssituation zu stellen und dabei nicht zu genügen, psychisch und kognitiv derart - mit Verlust der Affektkontrolle - dekompensiere und blockiere, dass sie nicht mehr handlungsfähig sei. Bei Zweifel an der Schlüssigkeit der gutachterlichen Darlegungen sei ferner nicht auf Beweislosigkeit zu schliessen, sondern ein weiteres Gutachten einzuholen oder bei der Gutachtensperson ergänzend nachzufragen. Die Vorinstanz habe weiter den Aktenberichten des RAD gleiche Beweiskraft beigemessen wie dem Gerichtsgutachten, was die bundesrechtlichen Regeln über die Beweiswürdigung verletze und zu eine offensichtlich falschen Beweiswürdigung geführt habe, vielmehr hätte sie auf das voll beweiskräftige Gerichtsgutachten abstellen müssen. 3. 3.1. Im Raum steht die Frage, ob das vorinstanzlich eingeholte Gerichtsgutachten des Dr. med. C._ den Anforderungen an ein beweiskräftiges Gutachten genügt, was die Beschwerdeführerin bejaht und die IV-Stelle verneint hat. Die Vorinstanz stellte ebenfalls nicht darauf ab und wich sowohl in der medizinischen Beurteilung der Leiden wie auch hinsichtlich der daraus abgeleiteten Arbeitsunfähigkeit vom Gutachten ab. 3.2. Das Gericht weicht bei Gerichtsgutachten nicht ohne zwingende Gründe von der Einschätzung der medizinischen Experten ab, deren Aufgabe es ist, ihre Fachkenntnisse der Gerichtsbarkeit zur Verfügung zu stellen, um einen bestimmten Sachverhalt medizinisch zu erfassen. Ein Grund zum Abweichen kann vorliegen, wenn die Gerichtsexpertise widersprüchlich ist oder wenn ein vom Gericht eingeholtes Obergutachten in überzeugender Weise zu anderen Schlussfolgerungen gelangt. Eine divergierende Beurteilung kann ferner gerechtfertigt sein, wenn gegensätzliche Meinungsäusserungen anderer Fachexperten dem Gericht als triftig genug erscheinen, die Schlüssigkeit des Gerichtsgutachtens in Frage zu stellen, sei es, dass es die Überprüfung durch einen Oberexperten für angezeigt hält, sei es, dass es ohne Oberexpertise vom Ergebnis des Gerichtsgutachtens abweichende Schlussfolgerungen zieht (BGE 125 V 351 E. 3b/aa S. 352 f. mit Hinweis; SVR 2015 UV Nr. 4 S. 13, 8C_159/2014 E. 3.2; Urteil 9C_278/2016 vom 22. Juli 2016 E. 3.2.3). 3.3. In den Berichten des RAD werden triftige Gründe genannt, die die Schlüssigkeit und Beweiskraft des Gerichtsgutachtens des Dr. med. C._ in Frage zu stellen vermögen, indem der Psychiater med. pract. E._ im Bericht vom 26. August 2016 zusammenfassend ausführte, dass sich das Gutachten in der versicherungspsychatrischen Gesamtschau in der Bewertung der biografischen Fakten unausgewogen, in der Darstellung des positiven Funktionsbildes als unvollständig und bei den psychosozialen Belastungen als undifferenziert erweise. Die daraufhin gerichtlich gestellten Ergänzungsfragen beantwortete der Experte am 14. Februar 2017, ohne dass er die bestehenden Unklarheiten ausräumen konnte, wie sich aus den Feststellungen der Vorinstanz ergibt. Sie erwog, der Gutachter habe offensichtlich die Lebensgeschichte und Fakten selektiv, mit Blick auf deren Eignung, die gestellte Diagnose zu belegen, angeführt. Die vom RAD-Arzt vorgenommene entgegengesetzte Würdigung sei von mindestens ebenbürtiger Plausibilität. Gleiches gelte für die Frage, ob die nach dem Arbeitskonflikt unternommenen Reisen als Fluchtreaktion und pathologisches Vermeidungsverhalten die Beurteilung des Gutachters bestätigten, oder ob sie nicht eher auf ein ausserhalb des Erwerbsbereichs unter Beweis gestelltes beachtliches positives Funktionsniveau schliessen liessen. Auch sei die ärztliche Kritik des RAD zutreffend, es würden im Gutachten detaillierte Angaben zum Tagesverlauf fehlen, wobei bemerkenswert sei, dass die Versicherte selbst nicht auf das später die Diagnose beherrschende Thema Angst zu sprechen gekommen sei, die auch vorgängig in den medizinischen Berichten und Gutachten nicht erwähnt worden sei. Angaben bezüglich Familienanamnese, Beziehungsfrage, Freizeit/Hobbies sowie medizinische Massnahmen fänden sich verstreut und unter anderen Titeln oder als beiläufige Bemerkung und seien in diesem Sinne nur indirekt abgehandelt worden. Mit der RAD-Ärztin Dr. med. F._ fehlten Aussagen über Wohn- und finanzielle Verhältnisse, Beziehungsnetz/-gestaltung, Ressourcen/Stärken, krankheitsspezifische Faktoren (Aggravation, Selbstlimitierung) und über das Belastungsprofil. Des Weiteren ergibt sich aus den vorinstanzlichen Erwägungen, dass auch die diagnostischen Überlegungen des Dr. med. C._ zumindest insoweit nicht nachvollziehbar sind, als er zum Schluss gelangte, dass aufgrund des hohen Funktionsniveaus vor der Dekompensation keine Persönlichkeitsstörung vorgelegen haben könne, es sich aber de facto um eine Störung aus dem Persönlichkeitsbereich handle, was aber gemäss ICD-10-Klassifikationssystem "nicht direkt" kodiert werden könne, weshalb "gleichsam eine Übersetzung" der Diagnose notwendig sei. Dass dieser Argumentation nicht gefolgt werden kann, legte Frau Dr. med. F._ schlüssig dar, da das ICD-10-Klassifikationssystem entweder eine Persönlichkeitsstörung oder aber akzentuierte Persönlichkeitszüge kenne. Diese in wesentlichen Teilen nicht nachvollziehbaren Feststellungen im Gerichtsgutachten sind bedeutsam für die rechtliche Würdigung der fachärztlichen Einschätzung einer psychisch bedingten Arbeitsunfähigkeit von 100 % nach Massgabe von BGE 141 V 281. Auf ein nicht schlüssiges Gerichtsgutachten darf das Gericht in seiner Beweiswürdigung nicht abstellen. Hier liegen gewichtige, zuverlässig begründete Tatsachen oder Indizien vor, die die Überzeugungskraft des Gutachtens ernstlich erschüttern. Es ist willkürlich, wenn das Gericht der Expertise weder in Bezug auf den medizinischen Sachverhalt noch hinsichtlich der daraus abgeleiteten Arbeitsunfähigkeit folgt, aber einzelne Feststellungen im Gutachten heranzieht, um hieraus eigene Schlussfolgerungen zu ziehen und sich somit dennoch in rechtserheblicher Weise auf die Darlegungen im Gutachten abstützt, um einen invalidisierenden Gesundheitsschaden zu verneinen (vgl. BGE 129 I 49 E. 4 S. 57 f.). Die Expertise erlaubt es aufgrund der aufgezeigten Mängel nicht, das tatsächlich erreichbare Leistungsvermögen der Versicherten aus rechtlicher Sicht einzuschätzen. Bei dieser Sach- und Rechtslage wäre das kantonale Gericht vielmehr gehalten gewesen, in Nachachtung des Untersuchungsgrundsatzes, ein neues psychiatrisches Gerichtsgutachten einzuholen, das sich zu den psychischen Leiden der Versicherten und deren funktionellen Auswirkungen nach den Vorgaben von BGE 141 V 281 äussert (vgl. dazu die erwähnten Urteile 8C_130/2017 und 8C_841/2016 vom 30. November 2017). Beweislosigkeit liegt namentlich erst dann vor, wenn es sich als unmöglich erweist, im Rahmen des Untersuchungsgrundsatzes anhand einer Beweiswürdigung einen Sachverhalt zu ermitteln, der zumindest die Wahrscheinlichkeit für sich hat, der Wirklichkeit zu entsprechen (BGE 138 V 218 E. 6 S. 221; 117 V 261 E. 3b S. 264 mit Hinweis). Bei der gegebenen Aktenlage kann nicht gesagt werden, es seien bereits alle Möglichkeiten fachgerechter Exploration ausgeschöpft worden (vgl. BGE 140 V 290 E. 4.1 S. 296). Die Sache ist demnach zur Ergänzung des Sachverhalts im Sinne des soeben Dargelegten und zu neuem Entscheid über die Beschwerde an die Vorinstanz zurückzuweisen. 4. Die Rückweisung der Sache an die Verwaltung oder an die Vorinstanz zu erneuter Abklärung (mit noch offenem Ausgang) gilt für die Frage der Auferlegung der Gerichtskosten als vollständiges Obsiegen im Sinne von Art. 66 Abs. 1 Satz 1 BGG, unabhängig davon, ob sie beantragt oder ob das entsprechende Begehren im Haupt- oder im Eventualantrag gestellt wird (BGE 132 V 215 E. 6.1 S. 235; Urteil 9C_405/2015 vom 18. Januar 2016 E. 6.1 mit Hinweisen, nicht publ. in: BGE 142 V 58, aber in: SVR 2016 IV Nr. 9 S. 26). Damit wird die Beschwerdegegnerin im vorliegenden Verfahren kostenpflichtig. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird teilweise gutgeheissen. Der Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 13. Juni 2017 wird aufgehoben. Die Sache wird zu neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückgewiesen. Im Übrigen wird die Beschwerde abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden der Beschwerdegegnerin auferlegt. 3. Die Beschwerdegegnerin hat die Beschwerdeführerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'800.- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, der BVK Personalvorsorge des Kantons Zürich, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 14. März 2018 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Maillard Die Gerichtsschreiberin: Polla
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5A_743/2010 Arrêt du 10 février 2011 IIe Cour de droit civil Composition Mmes et M. les Juges Hohl, Présidente, Escher et Herrmann. Greffier: M. Richard. Participants à la procédure A._, (époux), représenté par Me Stéphane Rey, avocat, recourant, contre dame A._, (épouse), représentée par Me Hervé Crausaz, avocat, intimée. Objet mesures protectrices de l'union conjugale, recours contre l'arrêt de la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève du 17 septembre 2010. Faits: A. A.a A._, né en 1975, et dame A._, de nationalité thaïlandaise, née en 1983, se sont mariés le 26 octobre 2007. Ils ont adopté le régime de la séparation de biens. Aucun enfant n'est issu de leur mariage, mais l'épouse a un enfant de huit ans issu d'une précédente union. Les époux se sont séparés en septembre 2009. A.b A._ a une formation d'enseignant et a travaillé dans une école de commerce de juillet à octobre 2009 pour un salaire net de 4'134 fr., 4'877 fr. 65. 4'458 fr. 45 et 4'458 fr. 45. À la suite d'une dépression, il a été licencié, hospitalisé et en incapacité de travail de septembre 2009 au 17 mai 2010, date à laquelle il a retrouvé sa pleine capacité de travail. L'épouse, dont la formation n'est pas connue, n'exerce aucune activité lucrative, et ne sait ni lire, ni écrire le français. Son mari le conteste; il allègue qu'elle travaille dans un restaurant et qu'elle parle l'anglais et le thaï. Elle loge provisoirement chez une amie, car son mari lui aurait interdit l'accès au domicile conjugal. B. Par décision de mesures protectrices de l'union conjugale du 26 avril 2010, le Tribunal de première instance a notamment condamné le mari à verser un montant de 1'100 fr. à titre de contribution à l'entretien de son épouse, montant qui ne couvre pas le minimum vital de celle-ci. Statuant sur appel du mari par arrêt du 17 septembre 2010, la Cour de justice du canton de Genève a réformé partiellement cette décision sur un point non litigieux devant le Tribunal fédéral et confirmé celle-ci en ce qui concerne la contribution à l'entretien de l'épouse. C. Le 22 octobre 2010, le mari interjette un recours en matière civile au Tribunal fédéral, concluant à l'annulation de l'arrêt cantonal et, principalement, à ce qu'il soit dit qu'il ne doit aucune contribution à l'entretien de son épouse et, subsidiairement, à ce que la cause soit renvoyée à l'autorité cantonale pour nouvelle instruction et décision. Il se plaint d'application arbitraire (art. 9 Cst.) des art. 125, 163 et 176 al. 1 ch. 1 CC, ainsi que d'abus de droit (art. 2 al. 2 CC). Il n'a pas été requis d'observations. Considérant en droit: 1. La décision de mesures protectrices de l'union conjugale (art. 172 ss CC) est une décision en matière civile au sens de l'art. 72 al. 1 LTF (ATF 133 III 393 consid. 2). Elle est finale selon l'art. 90 LTF, car elle tranche définitivement, dans une procédure séparée, des questions qui ne pourront plus être revues avec l'éventuelle décision sur le divorce et les effets accessoires (ATF 133 III 393 consid. 4). La décision attaquée a été rendue par une autorité cantonale de dernière instance (art. 75 al. 1 LTF). Comme le litige porte uniquement sur la contribution d'entretien allouée à la recourante, la décision attaquée a été prise dans une affaire pécuniaire (ATF 133 III 393 consid. 2) dont la valeur litigieuse, calculée sur la base de l'art. 51 al. 1 let. a et al. 4, première phrase, LTF) dépasse le minimum de 30'000 fr. fixé par la loi pour la recevabilité du recours en matière civile (art. 74 al. 1 let. b LTF). Le recourant a qualité pour recourir (art. 76 al. 1 LTF; cf. ATF 133 III 421 consid. 1.1), car il a pris part à la procédure devant l'autorité précédente et a un intérêt juridique à la modification de la décision attaquée. Enfin, le recours a été déposé dans le délai (art. 100 al. 1 LTF) et la forme (art. 42 LTF) prévus par la loi. Il y a donc lieu d'entrer en matière. 2. Les mesures protectrices de l'union conjugale sont considérées comme des mesures provisionnelles au sens de l'art. 98 LTF (ATF 133 III 393 consid. 5, 585 consid. 3.3 et les références citées), de sorte que seule peut être dénoncée la violation de droits constitutionnels. Le Tribunal fédéral ne connaît de la violation de ces droits que si un tel moyen est invoqué et motivé par le recourant (principe d'allégation de l'art. 106 al. 2 LTF), c'est-à-dire s'il a été expressément soulevé et exposé de manière claire et détaillée (ATF 134 I 83 consid. 3.2 et les références citées). Le Tribunal fédéral ne traite donc pas les questions que le recourant ne remet pas expressément en cause, conformément au principe d'allégation (ATF 133 IV 286 consid. 1.4; 133 III 393 consid. 6, 638 consid. 2). Lorsque le recourant invoque l'interdiction de l'arbitraire prévue par l'art. 9 Cst., le Tribunal fédéral examine si la décision querellée applique le droit civil matériel de manière insoutenable ou repose sur des constatations de fait établies de façon manifestement inexacte (FF 2001 p. 4134 s.). En vertu du principe d'allégation, le recourant qui se plaint d'arbitraire ne peut se borner à critiquer la décision attaquée comme il le ferait en instance d'appel, où l'autorité de recours jouit d'une libre cognition; il ne peut, en particulier, se contenter d'opposer sa thèse à celle de la juridiction cantonale, mais doit démontrer, par une argumentation précise, que cette décision repose sur une application de la loi ou une appréciation des preuves manifestement insoutenables. Les critiques de nature appellatoire sont irrecevables (cf. ATF 133 III 585 consid. 4.1; 130 I 258 consid. 1.3 et les références citées). Il ne suffit pas qu'une solution différente apparaisse concevable, voire préférable; la décision attaquée n'est, de surcroît, annulée que si elle se révèle arbitraire, non seulement dans ses motifs, mais aussi dans son résultat (ATF 133 I 149 consid. 3.1; 132 III 209 consid. 2.1 et les références citées). Quant à l'appréciation des preuves et la constatation des faits, le Tribunal fédéral se montre réservé, vu le large pouvoir qu'il reconnaît en la matière aux autorités cantonales (ATF 120 Ia 31 consid. 4b; 104 Ia 381 consid. 9 et les références citées). Sa retenue est d'autant plus grande lorsque le juge n'examine la cause que d'une manière sommaire et provisoire (ATF 130 III 321 consid. 3.3 et les références citées). Ainsi en va-t-il dans le domaine des mesures protectrices de l'union conjugale, qui sont ordonnées à la suite d'une procédure sommaire, avec administration restreinte des moyens de preuve et limitation du degré de la preuve à la simple vraisemblance (ATF 127 III 474 consid. 2b/bb et les références citées). Aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté, à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (art. 99 al. 1 LTF; ATF 133 III 393 consid. 3). 3. La cour cantonale a exposé que lorsque la séparation apparaît définitive, les critères de l'art. 125 CC sont applicables, mais elle a toutefois considéré qu'une application directe et systématique de cette disposition n'a pas lieu d'être, celle-ci devant s'effacer devant le principe de la solidarité qui découle de l'art. 163 CC. En l'espèce, elle a admis qu'il est vraisemblable que la séparation aboutira à la dissolution du lien conjugal, mais que le principe de solidarité est toutefois applicable pour les motifs suivants: l'épouse a quitté son pays d'origine pour épouser son mari, ne parle ni ne lit le français et se trouve donc dans une situation financière précaire. Au vu des pièces produites et de ses déclarations, elle n'exerce aucune activité lucrative, l'affirmation contraire du mari n'étant pas établie; il lui sera difficile de trouver une activité lucrative. Ses charges incompressibles sont de 2'506 fr. 50 (entretien de base: 1'200 fr.; assurance-maladie de base: 236 fr. 50; frais de transport: 70 fr.; loyer hypothétique: 1'000 fr.). La cour a tenu compte d'un loyer hypothétique car l'épouse a dû quitter le domicile conjugal et que son hébergement par une amie apparaît provisoire. En ce qui concerne la situation du mari, la cour a retenu qu'il n'a pas rendu vraisemblable la diminution de son revenu à la suite de son licenciement, se contentant de produire son inscription à l'office cantonal de l'emploi; aucun document atteste des indemnités de chômage perçues. La cour lui a donc imputé une capacité de gain de 4'800 fr. net, correspondant au salaire moyen perçu antérieurement. Ses charges sont de 3'457 fr. 10 (entretien de base: 1'200 fr.; assurance-maladie: 586 fr. 60; impôts: 1'201 fr. 10; loyer: 392 fr.; assurance-ménage: 7 fr. 40; frais de transport: 70 fr.). La cour a refusé de tenir compte d'un loyer de 1'000 fr. puisqu'il loge chez sa soeur pour 392 fr., voire chez sa mère à bien plaire. Le disponible du mari étant de 1'342 fr. 90, la cour a fixé la contribution d'entretien due à l'épouse à 1'000 fr., montant qui ne couvre pas ses charges incompressibles. 4. Sous le titre "Application arbitraire des art. 163 et 176 CC", le recourant invoque pêle-mêle l'application arbitraire du droit et la constatation arbitraire de faits. 4.1 Le recourant reproche tout d'abord à l'autorité cantonale de n'avoir pas appliqué par anticipation les principes de l'art. 125 CC, alors qu'on ne peut plus sérieusement compter sur une reprise de la vie commune. Il fait également valoir une application arbitraire de l'art. 125 CC; selon lui, le principe du "clean break" devait l'emporter sur celui de la solidarité. 4.1.1 Le principe et le montant de la contribution d'entretien due selon l'art. 176 al. 1 ch. 1 CC, applicable par analogie aux mesures provisoires (art. 137 al. 2 CC), se déterminent en fonction des facultés économiques et des besoins respectifs des époux (ATF 121 I 97 consid. 3b; 118 II 376 consid. 20b et les références citées). Toutefois, quand on ne peut plus sérieusement compter sur une reprise de la vie commune, les critères applicables à l'entretien après le divorce de l'art. 125 CC gagnent en importance et doivent être pris en considération pour évaluer l'entretien. Cela signifie que le droit à l'entretien doit être apprécié au regard des critères de l'art. 125 al. 1 CC, que le montant de la contribution doit être fixé en tenant compte des éléments indiqués de façon non exhaustive par l'art. 125 al. 2 CC et qu'il y a lieu d'apprécier la prise ou l'augmentation de l'activité lucrative d'un époux à la lumière du principe de l'indépendance économique des époux (ATF 130 III 537 consid. 3.2; 128 III 65 consid. 4a). Il n'en demeure pas moins que, tant que dure le mariage, l'art. 163 al. 1 CC constitue la cause de l'obligation d'entretien. 4.1.2 Ainsi, l'absence de perspectives de réconciliation ne justifie pas à elle seule la suppression de toute contribution d'entretien. L'art. 125 al. 1 CC concrétise en effet deux principes: d'une part, celui de l'indépendance économique des époux après le divorce, qui postule que, dans toute la mesure du possible, chaque conjoint doit désormais subvenir à ses propres besoins; d'autre part, celui de la solidarité, qui implique que les époux doivent supporter en commun non seulement les conséquences de la répartition des tâches convenue durant le mariage (art. 163 al. 2 CC), mais également les désavantages qui ont été occasionnés à l'un d'eux par l'union et qui l'empêchent de pourvoir à son entretien (ATF 132 III 598 consid. 9.1 et les références citées). Selon la jurisprudence, une contribution est due si le mariage a concrètement influencé la situation financière de l'époux créancier ("lebensprägend"). En particulier, un mariage dont la durée a été inférieure à cinq ans est présumé ne pas avoir eu d'influence concrète sur les conjoints (ATF 135 III 59 consid. 4.1); toutefois, indépendamment de sa durée, un tel mariage a eu une telle influence lorsque le couple a eu des enfants communs (ATF 135 III 59 consid. 4.1) ou encore s'il y a eu déracinement culturel du conjoint (arrêts 5A_275/2009 du 25 novembre 2009 consid. 2.1 publié in SJ 2010 p. 521; 5A_384/2008 du 21 octobre 2008 consid. 3.1 publié in FamPra.ch 2009 p. 190; 5C.49/2005 du 23 juin 2005 consid. 2.1 publié in FamPra.ch 2005 p. 919). Dans ces cas, on admet que la confiance dans la continuation du mariage et dans le maintien de la répartition des rôles convenue librement par les parties mérite objectivement d'être protégée (arrêts 5A_384/2008 du 21 octobre 2008 consid. 3.1 publié in FamPra.ch 2009 p. 190; 5C.169/2006 du 13 septembre 2006, consid. 2.4 publié in FamPra.ch 2007 p. 147). 4.1.3 L'entretien convenable au sens de l'art. 125 al. 1 CC correspond au niveau de vie que les époux ont eu pendant le mariage. Lorsque l'union conjugale a concrètement influencé la situation financière de l'époux bénéficiaire ("lebensprägend"), le principe est que le standard de vie choisi d'un commun accord doit être maintenu pour les deux parties dans la mesure où leur situation financière le permet (ATF 132 III 593 consid. 3.2). Il s'agit de la limite supérieure de l'entretien convenable. Quand il n'est pas possible, en raison de l'augmentation des frais qu'entraîne l'existence de deux ménages distincts, de conserver le niveau de vie antérieur, le créancier d'entretien peut prétendre au même train de vie que le débiteur d'entretien (ATF 129 III 7 consid. 3.1.1). 4.1.4 Conformément au principe de l'indépendance économique des époux, qui se déduit également de l'art. 125 al. 1 CC, l'époux demandeur ne peut prétendre à une pension que s'il n'est pas en mesure de pourvoir lui-même à son entretien convenable tel qu'établi conformément aux principes sus-mentionnés (ATF 134 III 145 consid. 4). Selon les circonstances, il pourra être ainsi contraint d'exercer une activité lucrative ou d'augmenter son taux de travail (ATF 130 III 537 consid. 3.2; 128 III 65 consid. 4a). Le juge doit donc examiner dans quelle mesure l'époux concerné peut exercer une activité lucrative, compte tenu de son âge, de son état de santé et de sa formation. S'il entend exiger de lui qu'il reprenne une activité lucrative, il doit lui accorder un délai d'adaptation approprié: l'époux doit en effet avoir suffisamment de temps pour s'adapter à sa nouvelle situation, notamment lorsqu'il doit trouver un emploi. Ce délai doit par ailleurs être fixé en fonction des circonstances concrètes du cas particulier (cf. ATF 129 III 417 consid. 2.2; 114 II 13 consid. 5). 4.1.5 Même si, dans sa partie juridique (cf. consid. 3 ci-dessus), l'arrêt attaqué semble vouloir faire prévaloir le principe de la solidarité sur celui de l'art. 125 CC, la cour cantonale applique néanmoins en l'espèce les critères de l'art. 125 al. 1 CC. En effet, d'une part, l'épouse a droit à une contribution en vertu du principe de la solidarité car sa situation financière précaire est en lien direct avec le mariage: elle a quitté son travail en Thaïlande pour épouser son mari et ne parle, ni ne lit le français. D'autre part, elle n'est pas en mesure de subvenir à son entretien par elle-même, puisqu'elle n'exerce aucune activité lucrative et qu'il lui sera difficile d'en trouver une. Le grief du recourant est donc sans incidence sur le résultat en tant qu'il reproche à la cour cantonale de n'avoir pas appliqué par anticipation l'art. 125 CC. Le recourant méconnaît les principes découlant de l'art. 125 al. 1 CC lorsqu'il soutient que le principe du "clean break" devrait s'appliquer lorsqu'il n'y a pas de perspectives de réconciliation. 4.2 Le recourant soutient ensuite que la cour cantonale est tombée dans l'arbitraire en retenant que la situation précaire de son épouse est en relation directe avec le mariage, qu'elle a quitté son travail pour l'épouser. Lorsqu'il invoque que son épouse a travaillé dans son pays comme réceptionniste, qu'elle subvient à son propre entretien depuis la séparation, qu'elle est logée chez un tiers et est autonome financièrement puisqu'il ne lui a rien payé, qu'elle voulait quitter son pays pour s'installer à Genève et avoir un meilleur niveau de vie, que c'est cette volonté qui est à l'origine de sa venue en Suisse et non son mariage, qu'elle s'est servie de lui pour obtenir un permis B, le recourant ne fait que présenter sa propre thèse, en se basant pour partie sur des faits non constatés. Celle-ci ne suffit pas à démontrer l'arbitraire de l'appréciation de la cour cantonale, qui a retenu que l'épouse a été déracinée du fait qu'elle a quitté son emploi en Thaïlande pour l'épouser. 4.3 Le recourant soutient ensuite qu'il est arbitraire de retenir que son épouse n'exerce aucune activité lucrative et qu'il lui sera difficile de trouver une telle activité. Selon lui, elle a travaillé comme réceptionniste dans une compagnie d'aviation en Thaïlande, parle couramment le thaïlandais et l'anglais, travaille dans un restaurant de la place de Genève et pourrait trouver facilement un emploi à l'aéroport ou dans une organisation internationale. Par cette critique, le recourant s'en prend d'une part à la question de l'exercice effectif d'une activité lucrative et d'autre part à la possibilité pour l'épouse de trouver un emploi, deux points qui relèvent de l'appréciation des preuves et dont le recourant doit démontrer l'arbitraire (art. 9 Cst.) conformément à l'art. 106 al. 2 LTF. La cour cantonale a constaté que l'épouse ne parle, ni ne lit le français, qu'en dépit des affirmations du mari et au vu des pièces produites et de ses déclarations, elle n'exerce aucune activité lucrative; elle en a conclu que, dans ce contexte, il lui sera difficile de trouver une activité lucrative. Par sa critique appellatoire, le recourant ne démontre pas en quoi l'appréciation de l'autorité cantonale serait arbitraire. La cour cantonale ne s'est pas prononcée sur la durée pendant laquelle l'épouse aurait des difficultés à trouver un emploi - si la prise d'une telle activité peut raisonnablement être exigée d'elle -, en d'autres termes sur le délai d'adaptation qui lui serait nécessaire pour s'insérer professionnellement. Toutefois, comme la décision a été prise dans le cadre de mesures protectrices de l'union conjugale, dont la durée est limitée, et que le recourant ne soulève pas cette question, elle n'a pas à être examinée par la cour de céans. 5. Le recourant conteste la prise en compte de 2'506 fr. 50 au titre de charges de l'épouse. Puisque son épouse vit chez une amie, il estime que son minimum de base LP n'est que de 850 fr. et qu'il n'y a pas de loyer à prendre en considération; si on n'admet pas son point de vue, on devrait aussi admettre un poste de loyer de 1'000 fr. pour lui-même, et son indemnité de chômage réelle. En appréciant les charges et revenus des époux de manière différente, la cour serait tombée dans l'arbitraire. La cour cantonale a constaté que l'épouse a dû quitter le domicile conjugal et que son hébergement par une amie apparaît provisoire. Le recourant ne s'en prend pas à cette motivation; sa critique est donc irrecevable. Comme sa propre situation est différente, il n'est pas arbitraire de refuser de prendre en compte un poste de loyer de 1'000 fr. pour lui. 6. Le recourant estime arbitraire de retenir que son revenu net est de 4'800 fr. Puisqu'il est au chômage, il ne peut percevoir plus de 70% de son dernier salaire. On ne saurait lui reprocher de n'avoir pas produit le décompte de ses indemnités, puisque son recours cantonal, qui date du 27 mai 2010, est antérieur au premier décompte de chômage, établi au 30 mai 2010. Selon lui, il est donc arbitraire de retenir qu'il n'a pas rendu vraisemblable la diminution de son revenu à la suite de son licenciement, puisqu'il est admis qu'il est inscrit au chômage. La cour a retenu que le recourant a une capacité de gain de 4'800 fr. net, comme par le passé, ne tenant pas compte de son inscription au chômage. La motivation de la cour cantonale est très succincte: implicitement, la cour considère par là que la production de son inscription à l'office cantonal de l'emploi ne suffit pas à démontrer qu'il ne peut trouver un emploi correspondant à sa formation; elle s'est donc fondée sur un revenu hypothétique, comme enseignant, ne tenant pas compte d'une éventuelle période de chômage, non prouvée, et qui, conformément à la jurisprudence, ne serait pas durable (arrêt 5A_352/2010 du 29 octobre 2010 consid. 4.3). Le recourant n'a pas vraiment compris la motivation de l'arrêt attaqué, de sorte que sa critique ne s'en prend pas à cette motivation; partant, elle est irrecevable. 7. En ce qui concerne ses charges, le recourant estime arbitraire de retenir qu'il loge chez sa soeur, puisque celle-ci veut reprendre son appartement, et parallèlement d'admettre pour son épouse, qui loge aussi chez un tiers, un loyer de 1'000 fr. La cour cantonale a retenu qu'il ne ressort pas des pièces à quelle date la soeur va revenir à Genève. Le recourant ne s'en prend pas à cette constatation, se limitant à se référer aux pièces 14 et 15, par lesquelles sa soeur pour la première et lui-même pour la deuxième, intiment à l'épouse l'ordre de quitter l'appartement en question. Il ne s'en prend pas non plus à la seconde motivation de la cour, selon laquelle il habite sinon chez sa mère. Il s'ensuit qu'en se basant sur la situation actuelle effective du recourant, la cour n'est pas tombée dans l'arbitraire. La situation de l'épouse étant différente, il n'est pas arbitraire de traiter différemment les deux époux. En ce qui concerne le montant de 1'400 fr., on peine à comprendre l'argumentation du recourant: si ce montant est payable 10 fois l'an, il ne saurait s'agir d'un montant mensuel. 8. Le recourant soutient enfin que l'épouse commet un abus de droit (art. 2 al. 2 CC) en formulant des prétentions pécuniaires. Outre le fait que, dans un recours en matière civile au sens de l'art. 98 LTF, le Tribunal fédéral ne corrige l'application des dispositions du droit matériel que si celle-ci est arbitraire, le recourant ne démontre pas en quoi l'art. 2 al. 2 CC aurait une portée dans le cadre de l'application de l'art. 125 CC. Faute de motivation, son grief est irrecevable. 9. Il s'ensuit que le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable, aux frais de son auteur (art. 66 al. 1 LTF). Il n'y a pas lieu d'allouer de dépens à l'intimée qui n'a pas été invitée à répondre (art. 68 al. 1 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'500 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève. Lausanne, le 10 février 2011 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Le Greffier: Hohl Richard
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 1C_105/2009 Urteil vom 13. Oktober 2009 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Féraud, Präsident, Bundesrichter Aemisegger, Fonjallaz, Gerichtsschreiber Haag. Parteien X._, Beschwerdeführer, vertreten durch Rechtsanwältin Jolanda Fleischli, gegen Gemeinde Lachen, Alter Schulhausplatz 1, Postfach 263, 8853 Lachen, vertreten durch Rechtsanwalt Hans Rudolf Ziegler, Regierungsrat des Kantons Schwyz, vertreten durch das Sicherheitsdepartement, Bahnhofstrasse 9, Postfach 1200, 6431 Schwyz. Gegenstand Planungs- und Baurecht (Baubewilligung - Immissionen), Beschwerde gegen die Entscheide vom 29. August 2007 und 15. Januar 2009 des Verwaltungsgerichts des Kantons Schwyz, Kammer III. Sachverhalt: A. Die Gemeinde Lachen beabsichtigt, für den in der Zone für öffentliche Bauten und Anlagen gelegenen Sportplatz Seefeld (KTN 170 und 1208) eine Beleuchtungsanlage mit sechs 18 m hohen Masten zu errichten. Gegen das amtlich publizierte Vorhaben erhob unter anderem X._, Anwohner in der benachbarten Wohnzone W2, Einsprache. Der Gemeinderat erteilte die Baubewilligung am 7. Juni 2004 und wies gleichzeitig die Einsprachen ab. Dagegen führte X._ Beschwerde beim Regierungsrat des Kantons Schwyz. Mit Beschluss vom 7. Dezember 2004 kam der Regierungsrat zum Schluss, die Gemeinde Lachen habe den Sachverhalt ungenügend erhoben. Er verpflichtete die Gemeinde, die lichtmässige Zusatzbelastung der Liegenschaft von X._ durch die geplante Beleuchtung abzuklären und zu prüfen, ob die zu erwartenden Lärmemissionen eine zeitliche Einschränkung der Benützungsmöglichkeiten erfordern. Gestützt darauf sei eine Neubeurteilung entsprechend den gewonnenen Erkenntnissen vorzunehmen. B. Aufgrund eines in der Folge eingeholten Gutachtens zu den zu erwartenden Lichtimmissionen sowie einer Lärmprognose wies der Gemeinderat Lachen die Einsprache von X._ mit Beschluss vom 16. August 2006 wiederum ab und erteilte die Baubewilligung für die Beleuchtungsanlage unter folgenden Vorbehalten und Auflagen: 3.1-3.5 (...) 3.6 Die Beleuchtungsanlage muss mit Flächenstrahlern Nr. 17063 der Tu- lux AG, 8856 Tuggen, mit eingebauter Lamelle und der Einstellung "051-A-Blende" gemäss Empfehlung im Bericht "Rosenberger" vom 13. Oktober 2005 versehen werden. 3.7 Für die Benützung der Sportanlage Seefeld ist das jeweils geltende Benützungsreglement der Genossenschaft Sport und Freizeit Lachen für die Sportanlagen massgebend. 3.8 Die Beleuchtungsanlage darf nur von 06.00 Uhr bis 22.00 Uhr und nur für die zweckbestimmte Benützung der Sportanlage Seefeld in Betrieb genommen werden. C. Gegen diesen Beschluss der Gemeinde gelangte X._ mit Beschwerde an den Regierungsrat. Er beantragte die Aufhebung des Entscheids der Gemeinde vom 16. August 2006 und die Verweigerung der Baubewilligung für die umstrittene Beleuchtungsanlage. Eventuell sei die Baubewilligung unter verschiedenen Auflagen zur Beschränkung des Betriebs im Interesse der Vermeidung von Lärm- und Lichtimmissionen zu erteilen. Der Regierungsrat wies die Beschwerde von X._ am 21. Februar 2007 ab. Hierauf verlangte X._ vor dem Verwaltungsgericht des Kantons Schwyz wiederum die Verweigerung der Baubewilligung für das Vorhaben und eventualiter deren Erteilung unter zahlreichen Bedingungen und Auflagen zum Betrieb der Anlage. Das Verwaltungsgericht hiess die Beschwerde mit Entscheid vom 29. August 2007 teilweise gut und wies die Sache zur Neubeurteilung an den Regierungsrat zurück. Das Verwaltungsgericht forderte den Regierungsrat auf abzuklären, ob verschiedene Betriebsbeschränkungen, welche in Art. 7 eines Entwurfs zu einem Reglement über die Organisation und Benützung der Sportanlagen Seefeld und Peterswinkel enthalten seien, als verbindliche Auflagen in die Baubewilligung aufzunehmen seien oder ob allenfalls andere Einschränkungen der Lärmimmissionen erforderlich seien. D. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten vom 3. Oktober 2007 beantragte X._ hierauf dem Bundesgericht, der Entscheid des Verwaltungsgerichts vom 29. August 2007 sei aufzuheben und die Baubewilligung für die Beleuchtungsanlage nicht zu erteilen. In einem Eventualantrag verlangte der Beschwerdeführer zahlreiche zusätzliche Auflagen, falls die Baubewilligung nicht verweigert werde. Das Bundesgericht trat mit Urteil 1C_327/2007 vom 6. Juni 2008 nicht auf die Beschwerde ein, weil es sich beim angefochtenen Entscheid des Verwaltungsgerichts um einen Zwischenentscheid im Sinne von Art. 93 BGG handelte und weder die Voraussetzungen von Art. 93 lit. a BGG noch diejenigen von lit. b der zitierten Norm erfüllt waren. E. Der Regierungsrat des Kantons Schwyz hiess in der Folge am 23. September 2008 die Beschwerde insofern gut, als er den angefochtenen Beschluss des Gemeinderats in Ziff. 3.7 um die nachfolgenden Beschränkungen ergänzte und den Gemeinderat zur Ergänzung von Art. 7 Abs. 1 des Reglements über die Organisation und Benützung der Sportanlagen Seefeld und Peterswinkel vom 26. Februar 2003 im nachfolgenden Sinne einlud: 1. (?) e) Der Einsatz der Stadionlautsprecheranlage ist bei Normalbetrieb jeweils bis 22 Uhr gestattet. Der Einsatz der Stadionlautsprecheranlage und mobiler Lautsprecheranlagen ist nur an sportlichen Grossanlässen und nur bis 20 Uhr gestattet. f) Pro Kalenderjahr sind für die Sportanlage Seefeld maximal sechs sportliche Grossanlässe vorgesehen. Ein solcher Grossanlass liegt vor, wenn die Be- leuchtung auch nach 22.00 Uhr und/oder wenn die Lautsprecheranlagen auch nach 20.00 Uhr noch in Betrieb sind. g) Die Rahmenbedingungen für alle sportlichen Grossanlässe sind generell durch den Gemeinderat festzusetzen und zu bewilligen. h) Unter Berücksichtigung der zentralen Lage ist auf die umliegenden Anwoh- ner bezüglich Einhaltung der Nachtruhe Rücksicht zu nehmen. i) Das bestehende Parkverbot entlang der Seestrasse ist einzuhalten. Ausnah- men sind nur für Grossanlässe (Chilbi, Seenachtsfest, Viehmarkt usw.) ge- stattet. Im Übrigen regelte der Regierungsrat die Kosten- und Entschädigungsfolgen neu. F. Gegen diesen Beschluss gelangte X._ an das kantonale Verwaltungsgericht und beantragte die Aufhebung des regierungsrätlichen Entscheids. Eventualiter forderte er die Rückweisung der Sache zur Neubeurteilung an den Regierungs- oder den Gemeinderat. Er wandte sich generell gegen eine Bewilligungserteilung für die geplante Anlage, verlangte aber eventualiter eine Reihe von weiter gehenden Auflagen im Falle einer Bewilligung; zu einem grossen Teil stimmten diese mit den vom Regierungsrat formulierten Vorgaben überein. G. Das Verwaltungsgericht hiess die Beschwerde am 15. Januar 2009 teilweise gut und änderte die Dispositiv-Ziff. e) und f) des Regierungsratsbeschlusses ab. Da die Sportanlage über keine stationäre Lautsprecheranlage verfügt, verzichtete das Verwaltungsgericht auf den ersten Satz der Ziff. 1e des Entscheids des Regierungsrats vom 23. September 2008. Der Einsatz mobiler Lautsprecheranlagen soll - wie bereits vom Regierungsrat angeordnet - nur an sportlichen Grossanlässen und nur bis 20.00 Uhr erlaubt sein. Der Einsatz mobiler Lautsprecheranlagen nach 20.00 Uhr (bis maximal 22.00 Uhr) darf nach dem Entscheid des Verwaltungsgerichts (Ziff. 1f) an maximal sechs sportlichen Grossanlässen pro Jahr bewilligt werden. Im Übrigen wies das Verwaltungsgericht die Beschwerde ab, soweit es darauf eintrat. H. X._ beantragt dem Bundesgericht mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten vom 4. März 2009 die Aufhebung der beiden Verwaltungsgerichtsurteile vom 29. August 2007 und vom 15. Januar 2009. Die Baubewilligung für die Erstellung der Beleuchtungsanlage auf dem Sportplatz Seefeld in Lachen sei nicht zu erteilen. Im Eventualantrag ersucht der Beschwerdeführer ebenfalls um Aufhebung der genannten Urteile, nennt aber eine umfangreiche Zahl von Auflagen, welche im Falle einer Baubewilligung mit letzterer zu verknüpfen wären. Subeventualiter beantragt er die Rückweisung der Sache zu neuem Entscheid an die Vorinstanz, eventuell an die Erstinstanz. Die Gemeinde Lachen, deren Gemeinderat sowie der Regierungsrat des Kantons Schwyz schliessen alle auf Abweisung der Beschwerde, soweit darauf eingetreten werden könne. Das Verwaltungsgericht verzichtet auf eine formelle Vernehmlassung, verweist aber auf die Erwägungen in den angefochtenen Entscheiden und die Stellungnahme des Bundesamts für Umwelt (BAFU) im ersten Verfahren vor Bundesgericht (1C_327/2007) vom 25. Januar 2008. Das BAFU hat sich auch im vorliegenden Verfahren zur Beschwerde geäussert und erachtet insgesamt die Beurteilung des Verwaltungsgerichts als rechtmässig. Der Beschwerdeführer hält in seiner Replik sinngemäss an seiner Argumentation und den Beschwerdeanträgen fest. Erwägungen: 1. 1.1 Angefochten ist ein kantonal letztinstanzlicher Endentscheid (Art. 90 BGG), der sich auf Bundesverwaltungsrecht, namentlich auf das Bundesgesetz vom 7. Oktober 1983 über den Umweltschutz (USG; SR 814.01), stützt. Demnach steht die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten grundsätzlich offen (Art. 82 lit. a BGG). Zudem richtet sich die Beschwerde gegen den Zwischenentscheid des Verwaltungsgerichts vom 29. August 2007, der in Anwendung von Art. 93 Abs. 3 BGG angefochten werden kann. 1.2 Der Beschwerdeführer ist als Nachbar des umstrittenen Projekts ohne Weiteres zur Beschwerde legitimiert (zur Legitimation gemäss Art. 89 Abs. 1 BGG siehe BGE 133 II 249 E. 1.3.3 S. 253 f.). Die übrigen Sachurteilsvoraussetzungen geben zu keinen Bemerkungen Anlass, weshalb auf die Beschwerde unter Vorbehalt der genügenden Begründung (dazu E. 1.3 und 1.4 hiernach) einzutreten ist. 1.3 Nach Art. 42 Abs. 2 BGG ist in der Begründung in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt. Dies setzt voraus, dass sich der Beschwerdeführer wenigstens kurz mit den Erwägungen des angefochtenen Entscheids auseinandersetzt. Genügt die Beschwerdeschrift diesen Begründungsanforderungen nicht, so ist darauf nicht einzutreten. Zwar wendet das Bundesgericht das Recht grundsätzlich von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG); dies setzt aber voraus, dass auf die Beschwerde überhaupt eingetreten werden kann, diese also wenigstens die minimalen Begründungsanforderungen von Art. 42 Abs. 2 BGG erfüllt. Strengere Anforderungen gelten, wenn die Verletzung von Grundrechten (einschliesslich der willkürlichen Anwendung von kantonalem Recht und Willkür bei der Sachverhaltsfeststellung - BGE 133 II 249 E. 1.4.3 S. 255) geltend gemacht wird. Dies prüft das Bundesgericht nicht von Amtes wegen, sondern nur insoweit, als eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (Art. 106 Abs. 2 BGG). Für derartige Rügen gelten die gleichen Begründungsanforderungen, wie sie gestützt auf Art. 90 Abs. 1 lit. b OG für die staatsrechtliche Beschwerde gegolten haben (BGE 133 II 249 E. 1.4.2 S. 254 mit Hinweisen). Die Beschwerdeschrift muss die wesentlichen Tatsachen und eine kurz gefasste Darlegung darüber enthalten, welche verfassungsmässigen Rechte bzw. welche Rechtssätze inwiefern durch den angefochtenen Erlass oder Entscheid verletzt worden sind. Das Bundesgericht prüft nur klar und detailliert erhobene und, soweit möglich, belegte Rügen; auf rein appellatorische Kritik am angefochtenen Entscheid tritt es nicht ein. Wird eine Verletzung des Willkürverbots geltend gemacht, muss anhand der angefochtenen Subsumtion im Einzelnen dargelegt werden, inwiefern der Entscheid an einem qualifizierten und offensichtlichen Mangel leidet (BGE 130 I 258 E. 1.3 S. 261 mit Hinweisen). 1.4 Das Bundesgericht legt seinem Urteil den von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalt zugrunde (Art. 105 Abs. 1 BGG). Soweit der Beschwerdeführer die vorinstanzlichen Sachverhaltsfeststellungen beanstandet und eine mangelhafte Sachverhaltsfeststellung für den Ausgang des Verfahrens entscheidend ist, kann er nur geltend machen, die Feststellungen seien offensichtlich unrichtig oder beruhten auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG (Art. 97 Abs. 1 und Art. 105 Abs. 2 BGG). Eine entsprechende Rüge ist substanziert vorzubringen (E. 1.3 hiervor). Vorbehalten bleibt die Sachverhaltsberichtigung von Amtes wegen nach Art. 105 Abs. 2 BGG (vgl. BGE 133 II 249 E. 1.4.3 S. 254 f.). 2. Umstritten ist die Bewilligung für Bau und Betrieb einer neuen Beleuchtungsanlage für die Sportanlage Seefeld in Lachen. Geplant sind sechs Beleuchtungsmasten (je drei Masten pro Längsseite) mit einer Höhe vom 18 m, welche grundsätzlich eine intensivere Nutzung der Sportanlage ermöglichen. Der Beschwerdeführer wehrt sich gegen die zusätzlichen Lärm- und Lichtimmissionen, die mit dem Betrieb der Anlage verbunden seien. 2.1 Der Beschwerdeführer macht zunächst in verschiedener Hinsicht eine falsche Feststellung des Sachverhalts geltend. Dabei verkennt er, dass der Umstand, dass das Verwaltungsgericht die rechtlich relevante Ausgangslage anders gewürdigt hat als er, nicht zwingend auf eine falsche Sachverhaltsfeststellung schliessen lässt. So hat sich das Verwaltungsgericht etwa einlässlich mit der Strassenbeleuchtung auseinandergesetzt und ist zur Auffassung gelangt, selbst zusammen mit dieser führe die neue Lichtanlage nicht zu einer wesentlichen zusätzlichen Beeinträchtigung. Ob die rechtliche Würdigung vor Bundesrecht stand hält, wird zu prüfen sein. Bereits hier sei festgestellt, dass das BAFU diese Einschätzung für plausibel hält. Eine offensichtlich falsche Feststellung des Sachverhalts lässt sich jedenfalls mit der blossen Behauptung durch den Beschwerdeführer nicht belegen. 2.2 Gleiches gilt, soweit der Beschwerdeführer eine Verletzung des rechtlichen Gehörs rügt: Das rechtliche Gehör gemäss Art. 29 Abs. 2 BV dient einerseits der Sachaufklärung, andererseits stellt es ein persönlichkeitsbezogenes Mitwirkungsrecht beim Erlass eines Entscheids dar, welcher in die Rechtsstellung des Einzelnen eingreift. Dazu gehört insbesondere das Recht des Betroffenen, sich vor Erlass eines solchen Entscheids zur Sache zu äussern, erhebliche Beweise beizubringen, Einsicht in die Akten zu nehmen, mit erheblichen Beweisanträgen gehört zu werden und an der Erhebung wesentlicher Beweise entweder mitzuwirken oder sich zumindest zum Beweisergebnis zu äussern, wenn dieses geeignet ist, den Entscheid zu beeinflussen. Der Anspruch auf rechtliches Gehör umfasst als Mitwirkungsrecht somit alle Befugnisse, die einer Partei einzuräumen sind, damit sie in einem Verfahren ihren Standpunkt wirksam zur Geltung bringen kann (BGE 132 II 485 E. 3.2 S. 494; 127 I 54 E. 2b S. 56; 117 Ia 262 E. 4b S. 268; mit Hinweisen). Dass sich aus dem kantonalen Recht ein weitergehender Gehörsanspruch ergeben würde, wird nicht behauptet und ist auch nicht ersichtlich. Nach der Rechtsprechung kann das Gericht das Beweisverfahren schliessen, wenn die Beweisanträge eine nicht erhebliche Tatsache betreffen oder offensichtlich untauglich sind oder wenn es aufgrund bereits abgenommener Beweise seine Überzeugung gebildet hat und ohne Willkür in vorweggenommener Beweiswürdigung annehmen kann, dass seine Überzeugung durch weitere Beweiserhebungen nicht geändert würde. Das Bundesgericht greift nur ein, wenn die Beweiswürdigung offensichtlich unhaltbar ist, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, auf einem offensichtlichen Versehen beruht oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft (BGE 131 I 153 E. 3 S. 157; 130 II 425 E. 2.1 S. 428; 124 I 208 E. 4a S. 211). 2.3 Diesen Anforderungen genügen die beiden Verwaltungsgerichtsurteile. Selbst wenn der Beschwerdeführer mit der rechtlichen Beurteilung der Vorinstanzen nicht einig geht, haben diese doch die zitierten Grundsätze beachtet. Das Verwaltungsgericht war insbesondere nicht gehalten, einen Augenschein durchzuführen oder ein weiteres Gutachten einzuholen (s. E. 3.5 hiernach). Der rechtsrelevante Sachverhalt konnte jedenfalls aufgrund der Aktenlage erhoben werden. Eine Verletzung des rechtlichen Gehörs ist dem Verwaltungsgericht nicht vorzuwerfen. 3. Der Beschwerdeführer bemängelt die mit der Beleuchtung verbundenen Immissionen. Er macht geltend, das Verwaltungsgericht habe bei seiner Beurteilung keine gesamthafte Betrachtung vorgenommen und insbesondere die Immissionen der Strassenbeleuchtung nicht berücksichtigt. Die Beleuchtungsanlage dürfe wegen übermässiger Einwirkungen nicht bewilligt werden. 3.1 Das USG sieht in seinem Zweckartikel u.a. den Schutz von Menschen, Tieren und Pflanzen, ihrer Lebensgemeinschaften und Lebensräume vor schädlichen und lästigen Einwirkungen vor (Art. 1 Abs. 1 USG). Einwirkungen, die schädlich oder lästig werden können, sind im Sinne der Vorsorge frühzeitig zu begrenzen (Art. 1 Abs. 2 USG). Als Einwirkungen gelten nach Art. 7 USG "Strahlen", worunter das künstlich erzeugte Licht zu subsumieren ist. Nach Art. 11 USG werden Emissionen mit Massnahmen an der Quelle begrenzt. Dabei sind Emissionen, unabhängig von der bestehenden Umweltbelastung, im Rahmen der Vorsorge so weit zu begrenzen, als dies technisch und betrieblich möglich und wirtschaftlich tragbar ist (Art. 11 Abs. 2 USG). Schliesslich sieht Abs. 3 der zitierten Norm vor, dass die Emissionsbegrenzungen verschärft werden, wenn feststeht oder zu erwarten ist, dass die Einwirkungen unter Berücksichtigung der bestehenden Umweltbelastung schädlich oder lästig werden. Für die Beurteilung der schädlichen oder lästigen Einwirkungen legt der Bundesrat Immissionsgrenzwerte fest (Art. 13 USG). Diese sind bei Luftverunreinigungen laut Art. 14 USG so festzulegen, dass nach dem Stand der Wissenschaft oder der Erfahrung Immissionen unterhalb dieser Werte Menschen, Tiere und Pflanzen, ihre Lebensgemeinschaften und Lebensräume nicht gefährden (lit. a), die Bevölkerung in ihrem Wohlbefinden nicht erheblich stören (lit. b), Bauwerke nicht beschädigen (lit. c) und die Fruchtbarkeit des Bodens, die Vegetation und die Gewässer nicht beeinträchtigen (lit. d). Zum Schutz vor nichtionisierender Strahlung wurde auf Bundesebene die entsprechende Verordnung vom 23. Dezember 1999 (NISV; SR 814.710) erlassen. Diese betrifft jedoch nur Emissionen von elektrischen oder magnetischen Feldern im Frequenzbereich von 0 bis 300 Gigahertz. Für den Schutz vor sichtbarem Licht bestehen bis anhin keine bundesrechtlich verbindlichen Regelungen, weshalb die rechtsanwendenden Behörden in Beachtung von Art. 12 Abs. 2 USG unmittelbar Art. 11 bis 14 USG sowie Art. 16 bis 18 USG anzuwenden haben. 3.2 Das damalige Bundesamt für Umwelt, Wald und Landschaft (BUWAL; heute BAFU) hat 2005 Empfehlungen zur Vermeidung von Lichtemissionen herausgegeben. Gestützt auf Art. 25a des Bundesgesetzes über den Natur- und Heimatschutz vom 1. Juli 1966 (NHG; SR 451) und Art. 6 USG sollte damit aufgezeigt werden, wie sich unnötige Lichtemissionen durch eine nachhaltige Lichtnutzung in Aussenräumen vermeiden lassen. Die Empfehlungen verstehen sich als "Leitlinie", enthalten aber keine konkret anwendbaren Normen (Empfehlungen BUWAL S. 6). 3.2 Das damalige Bundesamt für Umwelt, Wald und Landschaft (BUWAL; heute BAFU) hat 2005 Empfehlungen zur Vermeidung von Lichtemissionen herausgegeben. Gestützt auf Art. 25a des Bundesgesetzes über den Natur- und Heimatschutz vom 1. Juli 1966 (NHG; SR 451) und Art. 6 USG sollte damit aufgezeigt werden, wie sich unnötige Lichtemissionen durch eine nachhaltige Lichtnutzung in Aussenräumen vermeiden lassen. Die Empfehlungen verstehen sich als "Leitlinie", enthalten aber keine konkret anwendbaren Normen (Empfehlungen BUWAL S. 6). 3.3 Aus den kantonalen Akten ergibt sich, dass die Lichtbelastung durch technische Massnahmen (Leuchtentyp mit eingebauter Lamelle und optimierter Einstellung der Blende) gegenüber dem ursprünglichen Projekt erheblich reduziert werden konnte. Die Vorinstanz hält zutreffend fest, dass die Anlage die Empfehlungen des BUWAL einhält. Mit der zeitlichen Beschränkung der Benützung der Spielfeldbeleuchtung zwischen 06.00 und 22.00 Uhr wurde eine betriebliche Massnahme angeordnet, welche die Interessen der Nachbarn beachtet. Die zuständigen Behörden haben damit im Rahmen der Vorsorge (Art. 11 Abs. 2 USG) geeignete Emissionsbegrenzungen im Sinne von Art. 12 USG vorgeschrieben und die Anforderungen von Art. 11 Abs. 2 USG erfüllt. 3.4 Der Beschwerdeführer macht geltend, die Lichtimmissionen seien schädlich und lästig, weshalb die vorsorglichen Emissionsbegrenzungen in Anwendung von Art. 11 Abs. 3 USG zu verschärfen seien. Da generell-abstrakte Grenzwerte für die Beurteilung der Schädlichkeit und Lästigkeit fehlen, ist auch die Anordnung verschärfter Emissionsbegrenzungen nach Massgabe der Art. 13 und 14 USG zu beurteilen. Wie bei der Beurteilung von Sportlärm, für den in der Schweiz auch keine verbindlichen Belastungsgrenzwerte festgelegt wurden (vgl. BGE 133 II 292 E. 3.3 S. 296 f. mit zahlreichen Hinweisen), muss sich auch die Beurteilung von Lichtimmissionen auf Angaben von Experten und Fachstellen abstützen, welche Grenz- und Richtwerte privater oder ausländischer Regelwerke berücksichtigen können. Der angefochtene Entscheid beruht auf gutachterlicher Prüfung, in welche die Empfehlungen des deutschen Länderausschusses für Immissionsschutz (LAI 2000) sowie die Richtlinie der Commission Internationale CIE-150 einbezogen wurden. Nach Auskunft des BAFU wurden die Richtwerte der CIE-150 für die maximal zulässige Störwirkung durch Aussenbeleuchtungsanlagen im Dezember 2007 in die europäische Norm EN 12193:2007 "Sportstättenbeleuchtung" aufgenommen. Diese Norm sei in der Schweiz zur nationalen Norm SN EN 12193:2008 erklärt worden. Nach dieser Richtlinie gälten die vorliegend zu beurteilenden Lichtimmissionen als zulässig. Auch die vom Beschwerdeführer angerufene Richtlinie "Beleuchtung von Sportanlagen, Teil 1: Grundlagen, allgemein" der Schweizer Licht Gesellschaft (SLG-Richtlinie 301:2007) führe zu keinem anderen Ergebnis. 3.5 Das Bundesgericht hat unter Berücksichtigung der Beanstandungen des Beschwerdeführers keinen Anlass, von den Ausführungen des BAFU und der Vorinstanzen zu den Lichtimmissionen abzuweichen. Aus den Verfahrensakten und dem Gutachten Rosenberger mit Zusatzberichten ergibt sich, dass die Strassenbeleuchtung zusammen mit den Lichtimmissionen der Sportplatzbeleuchtung und deren Blendwirkung beurteilt wurde, was Art. 8 USG entspricht. Dass das Gebiet neben dem zentral gelegenen Sportplatz in Lachen nicht als ländliches Wohngebiet gewürdigt wurde, ist ebenfalls nicht zu beanstanden. Insgesamt haben die Vorinstanzen die umstrittenen Lichtimmissionen nach Massgabe und in Übereinstimmung mit den einschlägigen bundesrechtlichen Vorschriften beurteilt und sind zu Recht zum Schluss gelangt, es seien keine übermässigen Immissionen zu erwarten. Damit sind auch die vom Beschwerdeführer eventualiter beantragten zusätzlichen Betriebsbeschränkungen nicht erforderlich. Weitere vom Beschwerdeführer beantragte Beweismassnahmen (Augenschein, Gutachten) erübrigen sich. 4. In lärmschutzrechtlicher Hinsicht beanstandet der Beschwerdeführer, der rechtserhebliche Sachverhalt sei unrichtig festgestellt worden, was zu einer Verletzung von Art. 36 der Lärmschutz-Verordnung vom 15. Dezember 1986 (LSV; SR 814.41) geführt habe. Weiter rügt er die Verletzung der Art. 7, 8, 11, 13 und 15 USG. 4.1 Bei der umstrittenen Sportanlage handelt es sich um eine ortsfeste Anlage im Sinne von Art. 7 Abs. 7 USG und Art. 2 Abs. 1 LSV, welche Einwirkungen in Form von Lärm erzeugt. Die Immissionen sind gesamthaft zu beurteilen, d.h. es sind alle Immissionen zu berücksichtigen, die durch die bestimmungsgemässe Nutzung der Anlage verursacht werden. Über den technischen Eigenlärm hinaus ist einer Sportanlage also derjenige Lärm zuzurechnen, der von ihren Benützern bei bestimmungsgemässer Nutzung innerhalb und ausserhalb der Anlage erzeugt wird. Dazu gehört der bei der Sportausübung selber erzeugte Lärm. Auch der Schall von Lautsprecheranlagen und ähnlichen Einrichtungen ist zum Betriebslärm zu rechnen, genauso wie der von Trainern, Sportlern und Zuschauern durch Rufe, Schreie und Pfiffe etc. verursachte Lärm (BGE 133 II 292 E. 3.1 S. 296 mit Hinweisen). Für die aus Sportanlagen direkt resultierenden Lärmimmissionen sind keine Belastungsgrenzwerte festgelegt worden. Im Einzelfall ist aufgrund der Erfahrung zu beurteilen, ob eine Störung vorliegt, die dem massgeblichen Niveau (Planungs- bzw. Immissionsgrenzwerte) entspricht. Die Immissionsgrenzwerte für Lärm und Erschütterungen sind nach Art. 15 USG so festzulegen, dass nach dem Stand der Wissenschaft oder der Erfahrung Immissionen unterhalb dieser Werte die Bevölkerung in ihrem Wohlbefinden nicht erheblich stören. Für die Beurteilung von Sportlärm bietet sich insbesondere die deutsche Sportanlagenlärmschutzverordnung (Achtzehnte Verordnung zur Durchführung des Bundes-Immissionsschutzgesetzes vom 18. Juli 1991 [18. BImSchV]) an, deren Regelungen diejenigen des deutschen Bundes-Immissionsschutzgesetzes ergänzen und den besonderen Charakteristiken von Sportgeräuschen speziell Rechnung tragen (BGE 133 II 292 E. 3.3 S. 296 f. mit Hinweisen). Grenzwerte bestehen hingegen für den Verkehrslärm, der aufgrund des Sportbetriebs in der Umgebung der Anlage entsteht und dieser zuzurechnen ist (vgl. BGE 125 II 129 E. 4 S. 132; 124 II 272 E. 2a S. 275 mit Hinweisen). 4.2 Wird eine Anlage wesentlich geändert, so müssen die Lärmimmissionen der gesamten Anlage mindestens so weit begrenzt werden, dass die Immissionsgrenzwerte nicht überschritten werden (Art. 8 Abs. 2 LSV). Nach Art. 8 Abs. 3 LSV gelten Umbauten, Erweiterungen und vom Inhaber der Anlage verursachte Änderungen des Betriebs als wesentliche Änderungen ortsfester Anlagen, wenn zu erwarten ist, dass die Anlage selbst oder die Mehrbeanspruchung bestehender Verkehrsanlagen wahrnehmbar stärkere Lärmimmissionen erzeugen. Nach Art. 9 LSV, darf der Betrieb neuer oder wesentlich geänderter ortsfester Anlagen nicht dazu führen, dass durch die Mehrbeanspruchung einer Verkehrsanlage die Immissionsgrenzwerte überschritten werden oder durch die Mehrbeanspruchung einer sanierungsbedürftigen Verkehrsanlage wahrnehmbar stärkere Lärmimmissionen erzeugt werden. Durch die Errichtung der Beleuchtungsmasten kann die bestehende Sportanlage zu Zeiten betrieben werden, zu denen ohne Lichtanlage kein Betrieb möglich wäre. Dies führt zu einer wahrnehmbaren Ausweitung des Sportbetriebs und der damit verbundenen Lärmimmissionen. Es liegt somit gemäss Art. 8 Abs. 2 und 3 LSV eine wesentliche Änderung der bestehenden ortsfesten Anlage vor. 4.3 Nach Art. 36 LSV sind die Aussenlärmimmissionen ortsfester Anlagen zu ermitteln, wenn Grund zur Annahme besteht, dass die massgebenden Belastungsgrenzwerte überschritten sind oder ihre Überschreitung zu erwarten ist. Aufgrund der Akten und der zutreffenden Ausführungen der Vorinstanz in E. 3.8 ihres Entscheids vom 29. August 2007 ergibt sich, dass wegen der nur beschränkten Nutzung der Anlage keine Überschreitung der massgebenden Belastungsgrenzwerte zu erwarten war. Die zugrunde liegenden tatsächlichen Feststellungen sind im Lichte von Art. 97 Abs. 1 BGG und Art. 105 Abs. 2 BGG nicht zu beanstanden. Es liegt somit keine Verletzung der Ermittlungspflicht im Sinne von Art. 36 LSV vor. 4.4 Die Lärmprognose vom 3. April 2005, die sich ausschliesslich mit dem Strassenlärm befasst, beruht auf den Verkehrszahlen von 2001. Der gesamte Verkehr auf der Seestrasse wird der umstrittenen Anlage zugerechnet und projektbedingt um 50 % erhöht, was als eher hoch erscheint. Bei dieser Betrachtungsweise werden die massgebenden Immissionsgrenzwerte für die Empfindlichkeitsstufe II von tags 60 dB(A) und nachts 50 dB(A) gemäss Lärmprognose tags und nachts um rund 10 dB(A) unterschritten. Mit dem BAFU ist trotz des Umstands, dass die Verkehrszahlen von 2001 stammen, davon auszugehen, dass ein auf aktuellen Zahlen beruhendes Gutachten in Bezug auf den Verkehrslärm im Ergebnis zu keiner anderen Schlussfolgerung führen würde. Auf eine Prognose zum Sportlärm (Fussball und Leichtathletik) verzichteten die Vorinstanzen. Sie gingen davon aus, dass sich die Lärmimmissionen des Sportbetriebs selbst im Wesentlichen nicht veränderten. Damit liegt keine Lärmprognose für den Sportlärm vor, was mit dem Bundesrecht im Hinblick auf die Pflicht zur Einhaltung der massgebenden Belastungsgrenzwerte grundsätzlich nicht vereinbar ist. Das BAFU führt dazu aus, ein neues Gutachten, das den Sportlärm unter Beizug der 18. BImSchV beurteile, würde zu keinen neuen Erkenntnissen führen. Dieser Auffassung kann grundsätzlich zugestimmt werden. Insbesondere aus der Berechnung der Belastung mit Verkehrslärm ergibt sich auch bei einer grossen Verkehrszunahme eine insgesamt tiefe Lärmbelastung des betroffenen Gebiets. Es ist nicht zu erwarten, dass mit der Ausdehnung des Sportbetriebs während der zulässigen Beleuchtungszeit eine relevante Mehrbelastung durch Sportlärm einhergeht. Als Zwischenergebnis kann somit festgehalten werden, dass unter Berücksichtigung des Verkehrslärms und des Sportlärms insgesamt keine übermässigen Lärmimmissionen aus den Betrieb der Sportanlage zu erwarten sind. Die angefochtenen Entscheide sind in dieser Hinsicht nicht zu beanstanden. 4.5 Zu prüfen bleibt, ob im Rahmen der Vorsorge (Art. 11 Abs. 2 USG, Art. 8 Abs. 1 LSV) hinreichende Massnahmen angeordnet wurden. Der Betrieb der Sportanlage wird durch ein Benützungsreglement sowie zahlreiche Nebenbestimmungen in der Baubewilligung geregelt. Die Baubewilligung wurde durch die vorinstanzlichen Beschwerdeentscheide noch ergänzt. In Bezug auf den Lärmschutz fällt insbesondere die Einschränkung der Betriebsdauer auf die Zeit zwischen 06.00 und 22.00 Uhr, beschränkt auf die zweckbestimmte Nutzung, ins Gewicht. Mobile Lautsprecheranlagen dürfen grundsätzlich nur an sportlichen Grossanlässen bis 20.00 Uhr benutzt werden, wobei deren Gebrauch ausnahmsweise an höchstens sechs sportlichen Grossanlässen pro Jahr bis 22.00 Uhr bewilligt werden darf. Mit diesen Betriebsvorschriften, die auf die Nutzung der Beleuchtung abgestimmt sind, haben die Vorinstanzen diejenigen Beschränkungen angeordnet, die im Rahmen der Vorsorge erforderlich sind. Sie entsprechen denn auch im Wesentlichen den Beschränkungen, die der Beschwerdeführer in seinem Eventualantrag der vorliegenden Beschwerde verlangt. Weitergehende Einschränkungen des Sportplatzbetriebs können gestützt auf das USG nicht verlangt werden. Daran ändert auch die weitere Argumentation des Beschwerdeführers nichts. 5. Zusammenfassend ergibt sich, dass die Beschwerde abzuweisen ist, soweit darauf eingetreten werden kann. Dem Ausgang des bundesgerichtlichen Verfahrens entsprechend sind die Gerichtskosten dem unterliegenden Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 BGG). Es sind keine Parteientschädigungen zuzusprechen (Art. 68 Abs. 3 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf eingetreten werden kann. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, der Gemeinde Lachen, dem Regierungsrat und dem Verwaltungsgericht des Kantons Schwyz, Kammer III, sowie dem Bundesamt für Umwelt schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 13. Oktober 2009 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Féraud Haag
6,658
4,963
CH_BGer_001
CH_BGer
CH
Federation
CH_BGer_001_1C-105-2009_2009-10-13
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[AZA 7] K 31/01 Gr I. Kammer Präsident Lustenberger, Bundesrichter Schön, Borella, Bundesrichterin Leuzinger und Bundesrichter Kernen; Gerichtsschreiber Flückiger Urteil vom 21. Dezember 2001 in Sachen Mineral- und Heilbad X._ AG, Beschwerdeführer, vertreten durch Rechtsanwalt Heinrich Eggenberger, Niedern 117, 9043 Trogen, gegen Eidgenössisches Departement des Innern, Generalsekretariat, 3003 Bern, Beschwerdegegner A.- Am 8. Dezember 1995 erliess das Eidgenössische Departement des Innern (EDI) die Verfügung über die Zulassung von Heilbädern als Leistungserbringer der Krankenversicherung, welche am 1. Januar 1996 in Kraft trat und die Liste der anerkannten Heilbäder enthält. Die im Anschluss daran von der Mineral- und Heilbad X._ AG, in Z., Betreiberin des in der Liste nicht aufgeführten Heilbades X._, in Y._, erhobene Verwaltungsgerichtsbeschwerde hiess das Eidgenössische Versicherungsgericht mit Urteil vom 22. Dezember 1997 in dem Sinne gut, dass es die Sache an das EDI zurückwies, damit es im Sinne der Erwägungen verfahre und über das Anerkennungsbegehren der Beschwerdeführerin verfüge. Das EDI fällte in der Folge keinen das Heilbad X._ betreffenden individuellen Entscheid im Rahmen eines Rückweisungsverfahrens, sondern entschied über dessen Anerkennungsbegehren im Rahmen der am 17. Januar 2001 erlassenen neuen Verfügung über die Zulassung von Heilbädern als Leistungserbringer der sozialen Krankenversicherung, welche in Art. 1 die als Heilbäder nach Art. 40 KVG anerkannten Einrichtungen aufzählt und mit der Veröffentlichung im Bundesblatt am 30. Januar 2001 (BBl 2001 192) in Kraft trat (Art. 3). Das Heilbad X._ ist in der neuen Liste (Art. 1 der Verfügung) wiederum nicht aufgeführt. Der Entscheid wurde der Betreiberin des Bades durch das Bundesamt für Sozialversicherung (BSV) mit einem Begleitschreiben vom 23. Januar 2001 eröffnet. B.- Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde lässt die Mineral- und Heilbad X._ AG das Rechtsbegehren stellen, die Verfügung des EDI vom 17. Januar 2001 sei zu ergänzen, indem das Heilbad X._ ebenfalls als Heilbad nach Art. 40 KVG anerkannt werde; eventuell sei das EDI anzuweisen, über das Anerkennungsgesuch neu zu entscheiden. Das EDI schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1.- a) Nach Art. 40 Abs. 1 KVG sind Heilbäder zugelassen, wenn sie vom Departement anerkannt sind. Abs. 2 der Bestimmung erteilt dem Bundesrat den Auftrag, die Anforderungen festzulegen, welche die Heilbäder hinsichtlich ärztlicher Leitung, erforderlichem Fachpersonal, Heilanwendungen und Heilquellen erfüllen müssen. Der Bundesrat ist diesem Auftrag mit dem Erlass von Art. 57 und 58 KVV nachgekommen. b) Gemäss Art. 57 KVV werden Heilbäder zugelassen, wenn sie unter ärztlicher Aufsicht stehen, zu Heilzwecken vor Ort bestehende Heilquellen nutzen, über das erforderliche Fachpersonal sowie die zweckentsprechenden diagnostischen und therapeutischen Einrichtungen verfügen und nach kantonalem Recht zugelassen sind (Abs. 1). Das Departement kann vom Erfordernis der vor Ort bestehenden Heilquelle Ausnahmen bewilligen. Es berücksichtigt dabei die bisherige Praxis der Krankenversicherer (Abs. 2). Art. 58 KVV bestimmt, dass als Heilquellen Quellen gelten, deren Wasser auf Grund besonderer chemischer oder physikalischer Eigenschaften und ohne jede Veränderung ihrer natürlichen Zusammensetzung eine wissenschaftlich anerkannte Heilwirkung ausüben oder erwarten lassen (Abs. 1). Die chemischen oder physikalischen Eigenschaften sind durch Heilwasseranalysen gutachtlich nachzuweisen und alle drei Jahre durch eine Kontrollanalyse durch die zuständige kantonale Instanz zu überprüfen (Abs. 2). 2.- a) Die erwähnten Bestimmungen nennen die Kriterien, welche für den Entscheid über die Zulassung als Heilbad massgebend sind. Sie enthalten jedoch keine genaue Umschreibung der Anforderungen, welche bezüglich der Kriterien im Einzelnen erfüllt sein müssen. Die Frage der Voraussetzungen einer Anerkennung als Heilbad wird somit durch ziemlich unbestimmt gehaltene Normen geregelt. b) aa) Um Grundlage einer Verfügung bilden zu können, muss ein Rechtssatz dem Erfordernis der ausreichenden Bestimmtheit genügen. Grundanliegen des Bestimmtheitsgebotes ist die Gewährleistung von Rechtssicherheit und Rechtsgleichheit (Häfelin/Müller, Grundriss des Allgemeinen Verwaltungsrechts, 3. Auflage, Zürich 1998, N 313 f.). Das Gebot nach Bestimmtheit rechtlicher Normen darf jedoch nicht in absoluter Weise verstanden werden. So kann der Gesetz- und Verordnungsgeber nicht völlig darauf verzichten, allgemeine Begriffe zu verwenden, die formal nicht eindeutig generell umschrieben werden können und die an die Auslegung durch die Behörde besondere Anforderungen stellen. Darüber hinaus sprechen die Komplexität der im Einzelfall erforderlichen Entscheidung, die Notwendigkeit einer erst bei der Konkretisierung möglichen Wahl sowie die nicht abstrakt erfassbare Vielfalt der zu ordnenden Sachverhalte im Einzelfall für eine gewisse Unbestimmtheit der Normen (BGE 109 Ia 284 Erw. 4d mit Hinweisen). Verlangt ist eine den jeweiligen Verhältnissen angemessene optimale Bestimmtheit bzw. eine unter Berücksichtigung aller massgebenden Gesichtspunkte, namentlich auch der Voraussehbarkeit der Verhältnisse, optimale Determinierung (Martin Wirthlin, Das Legalitätsprinzip im Bereich des Planungs- und Baurechts, in: AJP 2001 S. 516 mit Hinweisen). bb) Die Lehre weist darauf hin, dass Komplexität und Veränderlichkeit der zu regelnden Sachverhalte in jüngerer Zeit zugenommen haben. Im Zusammenhang mit dieser Entwicklung und den entsprechend gewandelten Anforderungen an die öffentliche Verwaltung, von welcher flexibles und zeitgerechtes Reagieren auf sich wandelnde Sachverhalte und Erkenntnisse verlangt wird, sind ein Abbau der Regelungsdichte und eine Tendenz zum vermehrten Erlass unbestimmter, offener Normen zu beobachten (vgl. Pierre Moor, Principes de l'activité étatique et responsabilité de l'Etat, in: Thürer/Aubert/Müller, Verfassungsrecht der Schweiz, Zürich 2001, S. 265 ff., 270 f.). Anzahl und Bedeutung von Rechtsnormen nehmen zu, welche durch Offenheit oder Unbestimmtheit charakterisiert sind und mit Generalklauseln, unbestimmten Rechtsbegriffen und Ermessensbefugnissen arbeiten, deren "Freiräume" durch die Verwaltung aufzufüllen sind (Michele Albertini, Der verfassungsmässige Anspruch auf rechtliches Gehör im Verwaltungsverfahren des modernen Staates, Diss. Bern 1999, S. 11 mit Hinweisen). cc) Als Folge der dargestellten Entwicklung verlieren die Garantien des - nunmehr in Art. 5 Abs. 1 der Bundesverfassung vom 18. April 1999 festgehaltenen - Gesetzmässigkeitsprinzips an Wirksamkeit (Moor, a.a.O., S. 270 f.; Thomas Cottier, Die Verfassung und das Erfordernis der gesetzlichen Grundlage, Diss. Bern, 2. Auflage 1991, S. 206). Insbesondere weist eine im Ermessen der Behörde zu treffende Verfügung bei relativer Offenheit der materiellen Rechtsnormen für die Partei einen verminderten Grad an Voraussehbarkeit bezüglich Inhalt und Begründung auf (Albertini, a.a.O., S. 306). Unbestimmte Normen sind deshalb geeignet, zu einem Verlust an Rechtssicherheit zu führen. Ihnen müssen materiellrechtliche und verfahrensrechtliche Sicherungen sowie mitunter besondere Anforderungen an die Begründungspflicht entgegengestellt werden (Cottier, a.a.O., S. 206). Die Unbestimmtheit der anzuwendenden Norm ist durch verfahrensrechtliche Garantien gewissermassen zu kompensieren (BGE 109 Ia 284 Erw. 4d mit Hinweisen; Cottier, a.a.O., S. 213; Albertini, a.a.O., S. 74 f. mit Hinweisen; Moor, a.a.O., S. 271; Wirthlin, a.a.O., S. 516 mit Hinweis). Je offener und unbestimmter die gesetzliche Grundlage ist, desto stärker sind die verfahrensrechtlichen Garantien als Schutz vor unrichtiger Anwendung des unbestimmten Rechtssatzes auszubauen (Albertini, a.a.O., S. 75 f.). In diesem Zusammenhang kommt der Konkretisierung der Anforderungen, welche unter dem Gesichtspunkt des rechtlichen Gehörs an die Ausgestaltung des Verwaltungsverfahrens zu stellen sind, besondere Bedeutung zu. Nach der für die Auslegung von Art. 29 Abs. 2 der am 1. Januar 2000 in Kraft getretenen neuen Bundesverfassung vom 18. April 1999 weiterhin massgebenden (BGE 126 V 130 Erw. 2a) Rechtsprechung zu Art. 4 Abs. 1 der Bundesverfassung vom 29. Mai 1874 ist der verfassungsrechtlich garantierte Anspruch auf rechtliches Gehör verletzt, wenn die Betroffenen nur in abstrakter, allgemeiner Weise Stellung nehmen können zu einer Massnahme, deren konkrete Begründung ihnen nicht bekannt ist (BGE 114 Ia 14). Die verfassungskonforme Gewährung des rechtlichen Gehörs erfordert unter Umständen, dass die Behörde, bevor sie in Anwendung einer unbestimmt gehaltenen Norm oder in Ausübung eines besonders grossen Ermessensspielraums einen Entscheid fällt, der von grosser Tragweite für die Betroffenen ist, diese über ihre Rechtsauffassung orientiert und ihnen Gelegenheit bietet, dazu Stellung zu nehmen (vgl. Albertini, a.a.O., S. 221, 297 f., 303 ff.). c) Nach dem Gesagten ist nicht zu beanstanden, dass die Art. 57 f. KVV die Voraussetzungen einer Anerkennung als Heilbad gemäss Art. 40 KVG in vergleichsweise unbestimmter Weise umschreiben, da die Erkenntnisse hinsichtlich Wirksamkeit, Zweckmässigkeit und Wirtschaftlichkeit (Art. 32 KVG) ändern können. Die Unbestimmtheit der anzuwendenden Rechtssätze ist jedoch durch eine Stärkung der Verfahrensrechte der Betroffenen gleichsam zu kompensieren. 3.- a) Beim Entscheid über die Zulassung oder Nichtzulassung hatte das Departement nach erfolgtem Abklärungsverfahren den durch Art. 29 Abs. 2 BV garantierten und in Art. 29 VwVG statuierten Anspruch auf rechtliches Gehör und die damit verbundenen Verfahrensgarantien, insbesondere die Mitwirkungsrechte der Betroffenen, zu beachten. Dazu gehört namentlich das Recht auf Akteneinsicht (Art. 26 VwVG), das Recht, sich vor Erlass einer Verfügung zur Sache zu äussern (Art. 30 VwVG) und zu Vorbringen der Gegenpartei angehört zu werden (Art. 31 VwVG), sowie das Recht, mit erheblichen Beweisanträgen gehört zu werden (Art. 33 VwVG) (SVR 1998 KV Nr. 14 S. 51 Erw. 4b mit Hinweisen). Angesichts der Unbestimmtheit der anwendbaren materiellen Rechtsnormen ist das Anhörungsverfahren in der Weise auszugestalten, dass der Gesuchstellerin oder dem Gesuchsteller Gelegenheit geboten wird, sich zu den Ergebnissen des vorangegangenen Abklärungsverfahrens und zur in Aussicht genommenen Auslegung der massgebenden Bestimmungen zu äussern. b) Dem Entscheid über die Anerkennung der Beschwerdeführerin als Heilbad gemäss Art. 40 KVG gingen die folgenden aktenkundigen Verfahrensschritte voraus: aa) Das EDI liess zunächst durch eine Arbeitsgruppe, zusammengesetzt aus Vertretern des Verbandes Schweizer Badekurorte (VSB), des Konkordats der Schweizerischen Krankenversicherer (KSK), der Schweizerischen Gesellschaft für Balneologie und Bioklimatologie (SGBB) und des BSV, einen Fragebogen erarbeiten. Mit Schreiben vom 27. November 1998 wurde dieser Fragebogen an alle Einrichtungen, die möglicherweise die Bedingungen einer Zulassung als anerkanntes Heilbad erfüllen würden, sowie an alle Kantone versandt. Die Beschwerdeführerin retournierte den ihr zugestellten Fragebogen mit einem Begleitschreiben vom 20. Januar 1999. bb) Anlässlich ihrer Sitzung vom 28. August 1999 beschloss die Arbeitsgruppe, die Einholung eines Gutachtens über die Heilwirkung des Wassers des Heilbades X._ zu empfehlen. Sie begründete dies damit, dass das Wasser keine gelösten Stoffe enthalte, die auffallen würden, und alkalisches Wasser höchstens für eine Trinkkur geeignet sei, wobei eine solche nicht als Badekur gelte. cc) Mit Schreiben vom 13. Oktober 1999 forderte das BSV die Beschwerdeführerin auf, weitere Unterlagen zur Beurteilung der Heilwirkung des vom Heilbad verwendeten Quellwassers zum Zwecke einer Badekur sowie ein allenfalls vorhandenes Gutachten eines spezialisierten Institutes einzureichen. Die Beschwerdeführerin gab daraufhin bei Dr. med. K._, Chefarzt Rheumatologie, Klinik A._, ein medizinisch-balneologisches Gutachten in Auftrag, welches am 4. Januar 2000 erstattet und dem BSV mit einem Begleitschreiben vom 13. Januar 2000 eingereicht wurde. dd) Mit Schreiben vom 23. Januar 2001 eröffnete das BSV der Beschwerdeführerin den Entscheid des EDI vom 17. Januar 2001. Zwischenzeitlich war die Beschwerdeführerin nicht mehr formell kontaktiert worden. c) Das beschriebene Vorgehen der Verwaltung wird den obgenannten Anforderungen an das Anhörungsverfahren gemäss Art. 29 und Art. 30 Abs. 1 VwVG nicht gerecht. Insbesondere bilden die Zustellung des Fragebogens und die Aufforderung zur Einreichung weiterer Unterlagen betreffend die Heilwirkung des Quellwassers ohne Bekanntgabe des vorgesehenen Beurteilungsmassstabes keine ausreichende Gewährung des rechtlichen Gehörs. Vielmehr hätte der Beschwerdeführerin nach dem Abschluss der sachverhaltlichen Abklärungen, aber vor dem Erlass des Entscheides des EDI Gelegenheit geboten werden müssen, sich zum Ergebnis der Abklärungen sowie zur Frage nach der Heilwirkung des Quellwassers, zu den für deren Beantwortung massgebenden Kriterien und zum anzuwendenden Massstab nochmals vernehmen zu lassen. Dass der Verband der Badekurorte die Interessen der Heilbäder in die Arbeitsgruppe, die den Fragebogen erarbeitete, einbringen konnte, vermag die Gehörsgewährung an die Beschwerdeführerin nicht zu ersetzen. Eine solche konnte auch nicht deshalb unterbleiben, weil die Beschwerdeführerin den Fragebogen ohne inhaltliche Kritik eingereicht hatte, denn darin kann kein Verzicht auf eine spätere Anhörung erblickt werden. d) aa) Das Recht, angehört zu werden, ist formeller Natur. Die Verletzung des rechtlichen Gehörs führt ungeachtet der Erfolgsaussichten der Beschwerde in der Sache selbst zur Aufhebung der angefochtenen Verfügung. Es kommt mit anderen Worten nicht darauf an, ob die Anhörung im konkreten Fall für den Ausgang der materiellen Streitentscheidung von Bedeutung ist, d.h. die Behörde zu einer Änderung ihres Entscheides veranlasst wird oder nicht (BGE 126 V 132 Erw. 2b mit Hinweisen). Nach der Rechtsprechung kann eine - nicht besonders schwer wiegende - Verletzung des rechtlichen Gehörs als geheilt gelten, wenn die betroffene Person die Möglichkeit erhält, sich vor einer Beschwerdeinstanz zu äussern, die sowohl den Sachverhalt wie die Rechtslage frei überprüfen kann. Die Heilung eines - allfälligen - Mangels soll aber die Ausnahme bleiben (BGE 126 V 132 Erw. 2b mit Hinweisen). bb) Die im Rahmen der Gewährung des rechtlichen Gehörs zu erwartenden Ausführungen der Beschwerdeführerin werden voraussichtlich eine balneologische Beurteilung erfordern. Diese ist nicht durch das Eidgenössische Versicherungsgericht, sondern in erster Linie durch die zuständigen Verwaltungsbehörden vorzunehmen. Eine Heilung der Gehörsverletzung im Verwaltungsgerichtsbeschwerdeverfahren kommt daher nicht in Frage. Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: I. In teilweiser Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird der am 23. Januar 2001 vom Bundesamt für Sozialversicherung eröffnete Entscheid des Eidgenössischen Departementes des Innern aufgehoben, und es wird die Sache an das Eidgenössische Departement des Innern zurückgewiesen, damit es im Sinne der Erwägungen verfahre und über die Zulassung der Beschwerdeführerin neu entscheide. II. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. III. Der geleistete Kostenvorschuss von Fr. 3000.- wird der Beschwerdeführerin zurückerstattet. IV. Das Eidgenössische Departement des Innern hat der Beschwerdeführerin eine Parteientschädigung von Fr. 2500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. V. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 21. Dezember 2001 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der I. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_664/2012 Arrêt du 12 décembre 2012 Cour de droit pénal Composition M. le Juge fédéral Schneider, Juge unique. Greffière: Mme Gehring. Participants à la procédure A.X._, recourant, contre 1. Ministère public du canton de Neuchâtel, rue du Pommier 3, 2000 Neuchâtel, 2. B.X._, représentée par Me François Berger, avocat, intimés. Objet Conditions formelles de recevabilité du recours en matière pénale, recours contre le jugement de la Cour pénale du Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel du 29 octobre 2012. Considérant en fait et en droit: 1. 1.1 Par jugement du 11 novembre 2010 confirmé le 10 mars 2011 par le Tribunal cantonal neuchâtelois, la Cour d'assises du canton de Neuchâtel a condamné A.X._ à une peine privative de liberté de douze ans pour tentative de meurtre sur la personne de sa femme et tentative d'assassinat sur celle de sa fille. Aux termes d'un arrêt 6B_275/2011 rendu le 7 juin 2011, le Tribunal fédéral a partiellement admis le recours du condamné, annulé l'arrêt cantonal en ce qui concerne la condamnation pour tentative de meurtre par dol éventuel et renvoyé la cause à la cour cantonale pour qu'elle statue à nouveau. Donnant suite au prononcé fédéral le 19 juillet 2011, la Cour de cassation pénale neuchâteloise a admis partiellement le recours de A.X._ et renvoyé la cause en première instance pour complément d'instruction et nouveau jugement au sens des considérants. 1.2 Par jugement du 23 février 2012 confirmé le 29 octobre 2012 par la Cour pénale neuchâteloise, le Tribunal criminel du Littoral et du Val-de-Travers a reconnu A.X._, assisté de Me Y._, coupable de lésions corporelles simples et l'a condamné à une peine privative de liberté de 10 ans en regard de cette infraction en sus de la tentative d'assassinat. 1.3 A.X._ interjette un recours en matière pénale contre l'arrêt cantonal du 29 octobre 2012. Pour l'essentiel, il conteste avoir défenestré sa fille et se plaint d'inégalité de traitement, arbitraire, déni de justice, violation de son droit d'être entendu, abus et excès du pouvoir d'appréciation des juges, ainsi que des manquements de son avocat. Il requiert en outre l'octroi de l'effet suspensif au recours et le bénéfice de l'assistance judiciaire. 1.3.1 Le Tribunal fédéral statue sur la base des faits établis par l'autorité précédente (art. 105 al. 1 LTF), sous réserve des cas prévus à l'art. 105 al. 2 LTF. La partie recourante ne peut ainsi critiquer ces faits que s'ils ont été établis en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF ou de manière manifestement inexacte, c'est-à-dire arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. (sur cette notion, cf. ATF 137 I 1 consid. 2.4 p. 5; 58 consid. 4.1.2 p. 62), et si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (art. 97 al. 1 LTF). Le Tribunal fédéral n'examine, en général, que les questions juridiques que la partie recourante soulève conformément aux exigences légales relatives à la motivation du recours (art. 42 al. 2 LTF; ATF 135 I 91 consid. 2.1 p. 93). De plus, il n'entre en matière sur les moyens fondés sur la violation de droits fondamentaux que s'ils ont été invoqués et motivés de manière précise (art. 106 al. 2 LTF). L'acte de recours doit, à peine d'irrecevabilité, contenir un exposé succinct des droits violés et préciser en quoi consiste la violation (ATF 136 I 65 consid. 1.3.1 p. 68 et arrêts cités). Le Tribunal fédéral n'entre pas en matière sur les critiques de nature appellatoire (ATF 137 IV 1 consid. 4.2.3 p. 5). 1.3.2 Dans la mesure où le recourant discute sa culpabilité pour tentative d'assassinat, son recours est irrecevable, cette condamnation ayant été tranchée définitivement par le Tribunal fédéral aux termes de l'arrêt 6B_275/2011 précité. Au demeurant, il se borne à invoquer divers droits fondamentaux sans en démontrer la violation moyennant une argumentation claire et détaillée. Il n'expose pas non plus en quoi sa condamnation pour lésions corporelles simples serait contraire au droit ou les agissements de son avocat préjudiciables à ses droits de défense. Cela étant, le recours doit être écarté en application de l'art. 108 al. 1 let. b LTF. 1.3.3 Pour le surplus, A.X._ invoque la révision des arrêts 1B_620/2012, 1B_621/2012 et 6B_275/2011 du Tribunal fédéral sans exposer en quoi l'un des motifs de révision prévus par la loi serait réalisé (art. 121 ss LTF), de sorte que le Tribunal fédéral renonce à ouvrir un dossier correspondant à ces requêtes manifestement irrecevables. 2. Comme les conclusions du recours étaient manifestement dénuées de chance de succès, le recourant doit être débouté de sa demande d'assistance judiciaire (art. 64 al. 1 LTF a contrario), étant précisé que le bénéfice de l'assistance judiciaire ne saurait précéder le dépôt du recours devant le Tribunal fédéral (BERNARD CORBOZ, Commentaire de la LTF, 2009, ch. 38 ad art. 64 LTF). Le recourant supporte par conséquent les frais de justice (art. 66 al. 1 LTF), réduits afin de tenir compte de sa situation financière. 3. Le prononcé sur le recours rend la requête d'effet suspensif sans objet. Par ces motifs, le Juge unique prononce: 1. Le recours est déclaré irrecevable. 2. La requête d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 francs, sont mis à la charge du recourant. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour pénale du Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel. Lausanne, le 12 décembre 2012 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Juge unique: Schneider La Greffière: Gehring
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 4D_45/2015 Arrêt du 5 août 2015 Présidente de la Ire Cour de droit civil Composition Mme la Juge Kiss, présidente. Greffier: M. Carruzzo. Participants à la procédure A._, recourant, contre B._, intimé. Objet assistance judiciaire; indemnité du conseil d'office, recours contre l'arrêt rendu le 27 mai 2015 par la Chambre des recours civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud. La présidente, Vu l'arrêt du 27 mai 2015 par lequel la Chambre des recours civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud a déclaré irrecevable le recours interjeté par A._ contre la décision du 30 mars 2015 du président du Tribunal de prud'hommes de l'arrondissement de La Broye et du Nord vaudois de fixer à 3'768 fr. 40 l'indemnité de conseil d'office de l'avocat B._, qui avait assisté le prénommé, au titre de l'assistance judiciaire, dans un litige en matière de droit du travail divisant ce dernier d'avec la société C._ SA; Vu la lettre du 25 juin 2015, parvenue au greffe du Tribunal fédéral le 28 du même mois, par laquelle l'épouse de A._ déclare former recours au nom de ce dernier, qui ne serait médicalement pas en mesure de le faire lui-même, en demandant au Tribunal fédéral "de bien vouloir intervenir pour trouver un terrain d'entente afin de réduire les honoraires de Maître B._"; Vu l'ordonnance présidentielle du 3 juillet 2015 constatant le défaut de production de la décision attaquée et invitant le recourant à remédier à cette irrégularité jusqu'au 20 juillet 2015, en l'avisant qu'à ce défaut le mémoire de recours ne serait pas pris en considération; Vu la lettre datée du 10 juillet 2015, arrivée à la frontière suisse le 22 juillet 2015, par laquelle l'épouse du recourant a donné suite à cette injonction et formulé des remarques complémentaires sur la question de la rémunération de l'avocat d'office de son mari; Attendu que l'intimé B._ et la cour cantonale, qui a produit le dossier de la cause, n'ont pas été invités à déposer une réponse; Considérant qu'il n'est pas nécessaire d'examiner plus avant la question de savoir si l'épouse de A._, qui a déposé le recours au nom de son mari en invoquant des raisons médicales empêchant ce dernier de l'interjeter lui-même, l'a fait valablement (cf. art. 40 LTF), dès lors que le présent recours est de toute façon irrecevable pour plusieurs motifs indépendants les uns des autres; Considérant, tout d'abord, que le recourant n'a pas donné suite en temps utile à l'injonction qui lui avait été faite, dans l'ordonnance présidentielle précitée du 3 juillet 2015, de déposer jusqu'au 20 juillet 2015 une pièce prescrite faisant défaut, à savoir la décision attaquée (art. 42 al. 3 in fine LTF), qu'en effet, au regard de la jurisprudence relative à l'art. 48 al. 1 LTF, pour que le pli contenant la pièce manquante, qui a été remis à un bureau de poste étranger, en l'occurrence français, puisse être considéré comme ayant été déposé en temps utile, il eût fallu que la Poste suisse en prît possession avant l'expiration du délai imparti (arrêt 4A_258/2008 du 7 octobre 2008 consid. 2), que tel n'ayant pas été le cas en l'espèce, le pli en question n'étant arrivé à la frontière suisse que le 22 juillet 2015 selon les indications fournies par la Poste suisse, le recours se révèle déjà irrecevable de ce seul fait (art. 42 al. 5 LTF); Considérant, par ailleurs, qu'en vertu de l'art. 42 al. 1 et 2 LTF, le mémoire de recours doit indiquer, notamment, les conclusions et les motifs, celles-là devant porter sur le fond du litige (ATF 134 III 379 consid. 1.3 p. 383), ceux-ci devant exposer succinctement en quoi la décision attaquée viole le droit, faute de quoi le Tribunal fédéral n'entre pas en matière, que le présent recours ne satisfait pas non plus à ces exigences, ce qui entraîne son irrecevabilité, qu'en effet, le recourant se borne à solliciter l'intervention du Tribunal fédéral afin qu'un terrain d'entente puisse être trouvé au sujet de la réduction des honoraires de l'avocat d'office intimé, ce qui ne constitue pas une conclusion valable au sens de la jurisprudence précitée, qu'en outre, s'agissant d'un recours non intitulé qui doit être traité comme un recours constitutionnel subsidiaire (art. 113 ss LTF), eu égard à la valeur litigieuse de la présente affaire (art. 74 al. 1 LTF a contrario), le recourant aurait dû invoquer un droit constitutionnel (art. 116 LTF) et démontrer en quoi la décision attaquée violerait ce droit (art. 106 al. 2 LTF conjointement avec l'art. 117 LTF), ce qu'il s'est abstenu de faire, qu'il y a lieu, partant, de faire application de la procédure simplifiée, conformément à l'art. 108 al. 1 LTF en liaison avec l'art. 117 LTF; Considérant qu'il peut être renoncé exceptionnellement à la perception de frais, étant donné les circonstances (art. 66 al. 1 LTF), que l'intimé, qui n'a pas été invité à déposer une réponse, n'a pas droit à l'allocation de dépens, Par ces motifs, la Présidente de la Ire Cour de droit civil: 1. N'entre pas en matière sur le recours. 2. Dit qu'il n'est pas perçu de frais ni alloué de dépens. 3. Communique le présent arrêt aux parties et à la Chambre des recours civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 5 août 2015 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Kiss Le Greffier: Carruzzo
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4D_45/2015
Civil
nan
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 2C_226/2019 Urteil vom 4. März 2019 II. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Zünd, präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiber Feller. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, vertreten durch BUCOFRAS, Juristische Beratung für Ausländer, Alfred Ngoyi Wa Mwanza, gegen Migrationsamt des Kantons Zürich, Sicherheitsdirektion des Kantons Zürich. Gegenstand Aufenthaltsbewilligung, Wiedererwägung, Beschwerde gegen die Verfügung des Verwaltungsgerichts des Kantons Zürich, 4. Abteilung, (VB.2019.00024). Erwägungen: 1. A._, 1965 geborener Staatsangehöriger der Republik Kongo, reiste im Mai 1996 in die Schweiz ein; sein Asylgesuch blieb erfolglos (zweitinstanzlich am 21. März 1997). Gestützt auf die 2000 geschlossene Ehe mit einer Schweizerin erhielt er eine Aufenthaltsbewilligung, die auch nach Aufgabe der Ehegemeinschaft im April 2004 und der Scheidung am 22. Dezember 2006 mehrmals verlängert wurde. Der Betroffene bezog seit 2004 kontinuierlich (bei bloss kürzeren Unterbrüchen) Sozialhilfe und wurde deswegen 2010, 2012 und 2015 verwarnt. Da die Verwarnungen fruchtlos blieben (die Höhe des Sozialhilfebezugs war bis im August 2017 auf Fr. 243'944.-- gestiegen), lehnte das Migrationsamt des Kantons Zürich am 7. Ok-tober 2016 eine weitere Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung ab und verfügte die Wegweisung; den dagegen erhobenen Rekurs wies die Sicherheitsdirektion des Kantons Zürich am 27. Oktober 2017 ab. Das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich wies die gegen den Rekursentscheid erhobene Beschwerde mit Urteil vom 2. März 2018 ab; auf die gegen dieses Urteil erhobene Beschwerde trat das Bundesgericht mit Urteil 2C_340/2018 vom 23. Mai 2018 nicht ein. Am 13. September 2018 stellte A._ beim Migrationsamt des Kantons Zürich ein Gesuch um Erteilung einer Aufenthaltsbewilligung bzw. um Wiedererwägung. Das Migrationsamt trat auf das Gesuch mit Verfügung vom 17. September 2018 nicht ein bzw. wies es ab. Den dagegen erhobenen Rekurs wies die Sicherheitsdirektion des Kantons Zürich am 5. Dezember 2018 ab. Dagegen gelangte A._ am 10. Januar 2019 mit Beschwerde an das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich. Der Präsident von dessen zuständiger Abteilung 4 wies mit verfahrensleitender Verfügung vom 18. Januar 2019 das Gesuch um Befreiung von der Kostenvorschusspflicht ab und setzte dem Betroffenen eine Frist von 20 Tagen, um die ihn allenfalls treffenden Kosten des Verfahrens durch einen Vorschuss von Fr. 2'560.-- sicherzustellen, verbunden mit dem Hinweis, dass ansonsten auf die Beschwerde nicht eingetreten werde; zudem entzog er der Beschwerde die aufschiebende Wirkung im Sinne der Erwägungen. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten und subsidiärer Verfassungsbeschwerde beantragt A._ dem Bundesgericht, die Verfügung des Verwaltungsgerichts sei aufzuheben und es sei das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und/oder Befreiung von der Kostenvorschusspflicht zu gewähren oder die Sache mit entsprechender Anweisung an das Verwaltungsgericht zurückzuweisen; seiner Beschwerde sei die aufschiebende Wirkung zu erteilen. Im Rahmen der subsidiären Verfassungsbeschwerde wird nebst der Aufhebung der angefochtenen Verfügung die Feststellung der Verletzung verfassungsmässiger Rechte und Rückweisung der Sache zwecks neuer Entscheidung im Sinne der Erwägungen an das Verwaltungsgericht beantragt. Es ist weder ein Schriftenwechsel noch sind andere Instruktionsmassnahmen angeordnet worden. Mit dem vorliegenden instanzabschliessenden Urteil wird das auch für das bundesgerichtliche Verfahren gestellte Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. 2. 2.1. Angefochten ist ein Zwischenentscheid. Die Anfechtungsvoraussetzungen gemäss Art. 93 BGG dürften erfüllt sein. Weiter muss die Rechtsschrift gemäss Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG die Begehren und deren Begründung enthalten. Die Beschwerde führende Partei muss in gezielter Auseinandersetzung mit den für das Ergebnis des angefochtenen Entscheids massgeblichen Erwägungen in gedrängter Form darlegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletze (BGE 140 III 86 E. 2 S. 88 f. mit Hinweisen). Besonderer Geltendmachung und Begründung bedarf die Rüge der Verletzung verfassungsmässiger Rechte (Art. 106 Abs. 2 BGG). 2.2. Mit Beschwerde gegen Entscheide über vorsorgliche Massnahmen kann nur die Verletzung verfassungsmässiger Rechte gerügt werden (Art. 98 BGG). Der Beschwerdeführer beschwert sich über den Entzug der aufschiebenden Wirkung. Es handelt sich dabei um einen Entscheid über vorsorgliche Massnahmen, der sich auf kantonales Verfahrensrecht stützt, bei dessen Auslegung die Regelung von Art. 17 Abs. 2 AIG (dazu BGE 139 I 37 E. 2.2 S. 40. f.) zu berücksichtigen ist (Urteil 2D_28/2018 vom 3. Mai 2018). Der Beschwerdeführer erwähnt § 25 des Zürcher Verwaltungsrechtspflegegesetzes vom 24. Mai 1959 (VRG), welcher die aufschiebende Wirkung bzw. deren Entzug regelt. Mit der diesbezüglichen Bedeutung von Art. 17 Abs. 2 AIG befasst er sich nicht. Namentlich macht er nicht geltend, dass das Verwaltungsgericht in dieser Hinsicht bei der Rechtsanwendung verfassungsmässige Rechte verletzt habe. Auf die Beschwerde ist, soweit der Entzug der aufschiebenden Wirkung angefochten wird, mangels zulässiger Rüge schon gestützt auf Art. 98 BGG nicht einzutreten. 2.3. Der Beschwerdeführer ficht sodann die Verweigerung der Kostenvorschussbefreiung bzw. der unentgeltlichen Rechtspflege an. Er rügt die Verletzung von Art. 29 Abs. 3 BV. Er erwähnt dazu § 16 Abs. 1 VRG, welcher keine über Art. 29 Abs. 3 BV hinausgehenden Ansprüche einräumt. Die Verweigerung der unentgeltlichen Rechtspflege beruht darauf, dass das Verwaltungsgericht die bei ihm eingereichte Beschwerde als aussichtslos einschätzt, weil der Beschwerdeführer nicht ernsthaft mit einer Bewilligungserteilung rechnen könne. Es hält dafür, dass - nach dem kürzlich ergangenen rechtskräftigen Entscheid über die Nichtverlängerung der Aufenthaltsbewilligung wegen jahrelangen kontinuierlichen Sozialhilfebezugs und Fehlens eines regelmässigen existenzsichernden Einkommens - das Vorlegen eines Arbeitsvertrags, gemäss welchem der Beschwerdeführer mit Vertragsbeginn am 1. Oktober 2018 "bzw. bei Eröffnung eines Restaurants" mit einem Bruttolohn von Fr. 3'700.-- eingestellt werden solle, das heisst die "Aussicht auf eine Hilfsarbeitertätigkeit im Gastrogewerbe", keine massgebliche Veränderung des Sachverhalts zu bewirken vermöge. Wie der Beschwerdeführer unter diesen Umständen behaupten kann, das Verwaltungsgericht habe die Nichtmassgeblichkeit seines neuen Arbeitsvertrags nicht begründet, bleibt unerfindlich. Vielmehr unterlässt er es, sich mit der entsprechenden Erwägung des Verwaltungsgerichts auseinanderzusetzen. Er begnügt sich mit der Darstellung, dass ein Arbeitsvertrag vorliege und er, nach Bewilligungserteilung, eine Stelle antreten könnte. Damit lässt sich nicht dartun, dass das Verwaltungsgericht die Prozessaussichten unzutreffend eingeschätzt habe; eine Verletzung von Art. 29 Abs. 3 BV ist nicht in einer den Anforderungen von Art. 106 Abs. 2 BGG genügenden Weise dargetan. 2.4. Mangels zulässiger Rügen bzw. hinreichender Begründung ist auf die Beschwerde mit Entscheid des Einzelrichters im vereinfachten Verfahren nach Art. 108 BGG nicht einzutreten. 2.5. Dem auch für das bundesgerichtliche Verfahren gestellten Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege kann schon darum nicht entsprochen werden, weil das Rechtsmittel in jeder Hinsicht aussichtslos erschien (Art. 64 BGG). Damit sind die Gerichtskosten (Art. 65 BGG) dem Beschwerdeführer als unterliegende Partei aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 erster Satz BGG). Demnach erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 600.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Verwaltungsgericht des Kantons Zürich, 4. Abteilung, und dem Staatssekretariat für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 4. März 2019 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Zünd Der Gerichtsschreiber: Feller
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2C_226/2019
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6F_10/2016 Arrêt du 29 juin 2016 Cour de droit pénal Composition M. et Mmes les Juges fédéraux Denys, Président, Jacquemoud-Rossari, Jametti. Greffière : Mme Gehring. Participants à la procédure X._, requérant, contre Ministère public de la République et canton de Genève, route de Chancy 6B, 1213 Petit-Lancy, intimé. Objet Demande de révision de l'arrêt 6B_15/2016 rendu le 8 février 2016 par le Tribunal fédéral suisse. Considérant en fait et en droit : 1. Par arrêt ACPR/668/2015 rendu le 9 décembre 2015 dans la procédure P/2509/2015, la Chambre pénale de recours de la Cour de justice genevoise a déclaré irrecevable le recours de X._ contre l'ordonnance de non-entrée en matière sur la plainte pénale qu'il a formée à la suite du décès de son fils Y._. Aux termes d'un arrêt 6B_15/2016 rendu le 8 février 2016, le Tribunal fédéral a déclaré irrecevable, à défaut de motivation topique, le recours de X._ contre le prononcé cantonal. Par mémoire daté du 8 mars 2016, X._ dépose une écriture intitulée " recours en réforme " contre l'arrêt précité du Tribunal fédéral. 2. Conformément à l'art. 61 LTF, les arrêts du Tribunal fédéral acquièrent force de chose jugée le jour où ils sont prononcés. Ils ne peuvent être mis en cause que par le biais d'une procédure de révision dont les conditions sont définies par les art. 121 à 123 LTF. L'écriture du recourant est ainsi traitée comme demande de révision. En l'occurrence, le requérant fait valoir qu'en tant que père, il ne pouvait pas se voir dénier la qualité pour recourir au Tribunal fédéral dans la procédure pénale instruite à la suite du décès de son fils. Pour autant, il ne soulève aucun motif de révision conforme aux art. 121 à 123 LTF, de sorte que la présente demande est irrecevable. 3. Comme les conclusions de celle-ci étaient dépourvues de chance de succès, l'assistance judiciaire ne peut être accordée (art. 64 al. 1 LTF). Le requérant supporte les frais judiciaires (art. 66 al. 1 LTF), réduits afin de tenir compte de sa situation financière qui n'apparaît pas favorable. 4. Compte tenu des propos inconvenants qu'il tient dans son écriture du 8 mars 2016, le requérant est formellement averti qu'en cas de récidive, il s'expose à une réprimande ou à une amende d'ordre de 1000 francs au plus (cf. art. 33 al. 1 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. La demande de révision est irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 francs, sont mis à la charge du requérant. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre pénale de recours. Lausanne, le 29 juin 2016 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président : Denys La Greffière : Gehring
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Eidgenössisches Versicherungsgericht Tribunale federale delle assicurazioni Tribunal federal d'assicuranzas Sozialversicherungsabteilung des Bundesgerichts Prozess {T 7} I 659/02 Urteil vom 28. November 2002 IV. Kammer Besetzung Präsidentin Leuzinger, Bundesrichter Rüedi und Ferrari; Gerichtsschreiberin Keel Baumann Parteien S._, Gesuchstellerin, gegen IV-Stelle Bern, Chutzenstrasse 10, 3007 Bern, Gesuchsgegnerin Sachverhalt: Sachverhalt: A. Die 1963 geborene S._ stellte bei der Invalidenversicherung ein Gesuch um Übernahme einer Sprachheilbehandlung für die Dauer von zwei Jahren, welches die IV-Stelle Bern mit Verfügung vom 8. Dezember 2000 ablehnte. In teilweiser Gutheissung der von der Versicherten hiegegen erhobenen Beschwerde hob das Verwaltungsgericht des Kantons Bern die Verfügung auf und verpflichtete die IV-Stelle, die Kosten für die Sprachheilbehandlung im Ergotherapiezentrum Y._ während der Dauer eines Jahres zu übernehmen (Entscheid vom 27. März 2002). In Gutheissung der von der IV-Stelle hiegegen eingereichten Verwaltungsgerichtsbeschwerde hob das Eidgenössische Versicherungsgericht diesen Entscheid mit Urteil vom 8. August 2002 auf. A. Die 1963 geborene S._ stellte bei der Invalidenversicherung ein Gesuch um Übernahme einer Sprachheilbehandlung für die Dauer von zwei Jahren, welches die IV-Stelle Bern mit Verfügung vom 8. Dezember 2000 ablehnte. In teilweiser Gutheissung der von der Versicherten hiegegen erhobenen Beschwerde hob das Verwaltungsgericht des Kantons Bern die Verfügung auf und verpflichtete die IV-Stelle, die Kosten für die Sprachheilbehandlung im Ergotherapiezentrum Y._ während der Dauer eines Jahres zu übernehmen (Entscheid vom 27. März 2002). In Gutheissung der von der IV-Stelle hiegegen eingereichten Verwaltungsgerichtsbeschwerde hob das Eidgenössische Versicherungsgericht diesen Entscheid mit Urteil vom 8. August 2002 auf. B. Mit Eingabe vom 5. September 2002 ersucht S._ unter Beilage eines Berichts des Spitals X._ vom 20. August 2002 um Revision des Urteils vom 8. August 2002. Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. Nach Art. 137 lit. b in Verbindung mit Art. 135 OG ist die Revision eines Urteils des Eidgenössischen Versicherungsgerichts u.a. zulässig, wenn der Gesuchsteller nachträglich neue erhebliche Tatsachen erfährt oder entscheidende Beweismittel auffindet, die er im früheren Verfahren nicht beibringen konnte. Als "neu" gelten Tatsachen, welche sich bis zum Zeitpunkt, da im Hauptverfahren noch tatsächliche Vorbringen prozessual zulässig waren, verwirklicht haben, jedoch der um Revision ersuchenden Person trotz hinreichender Sorgfalt nicht bekannt waren. Die neuen Tatsachen müssen ferner erheblich sein, d.h. sie müssen geeignet sein, die tatbeständliche Grundlage des angefochtenen Urteils zu verändern und bei zutreffender rechtlicher Würdigung zu einer andern Entscheidung zu führen. Beweismittel haben entweder dem Beweis der die Revision begründenden neuen erheblichen Tatsachen oder dem Beweis von Tatsachen zu dienen, die zwar im früheren Verfahren bekannt gewesen, aber zum Nachteil der gesuchstellenden Person unbewiesen geblieben sind. Sollen bereits vorgebrachte Tatsachen mit den neuen Mitteln bewiesen werden, so hat die Person auch darzutun, dass sie die Beweismittel im früheren Verfahren nicht beibringen konnte. Entscheidend ist ein Beweismittel, wenn angenommen werden muss, es hätte zu einem andern Urteil geführt, falls das Gericht im Hauptverfahren hievon Kenntnis gehabt hätte. Ausschlaggebend ist, dass das Beweismittel nicht bloss der Sachverhaltswürdigung, sondern der Sachverhaltsermittlung dient. Es genügt daher beispielsweise nicht, dass ein neues Gutachten den Sachverhalt anders bewertet; vielmehr bedarf es neuer Elemente tatsächlicher Natur, welche die Entscheidungsgrundlagen als objektiv mangelhaft erscheinen lassen. Für die Revision eines Entscheides genügt es nicht, dass die Gutachterin oder der Gutachter aus den im Zeitpunkt des Haupturteils bekannten Tatsachen nachträglich andere Schlussfolgerungen zieht als das Gericht. Auch ist ein Revisionsgrund nicht schon gegeben, wenn das Gericht bereits im Hauptverfahren bekannte Tatsachen möglicherweise unrichtig gewürdigt hat. Notwendig ist vielmehr, dass die unrichtige Würdigung erfolgte, weil für den Entscheid wesentliche Tatsachen nicht bekannt waren oder unbewiesen blieben (BGE 127 V 358 Erw. 5b, 110 V 141 Erw. 2, 293 Erw. 2a, 108 V 171 Erw. 1; vgl. auch BGE 118 II 205). Als "neu" gelten Tatsachen, welche sich bis zum Zeitpunkt, da im Hauptverfahren noch tatsächliche Vorbringen prozessual zulässig waren, verwirklicht haben, jedoch der um Revision ersuchenden Person trotz hinreichender Sorgfalt nicht bekannt waren. Die neuen Tatsachen müssen ferner erheblich sein, d.h. sie müssen geeignet sein, die tatbeständliche Grundlage des angefochtenen Urteils zu verändern und bei zutreffender rechtlicher Würdigung zu einer andern Entscheidung zu führen. Beweismittel haben entweder dem Beweis der die Revision begründenden neuen erheblichen Tatsachen oder dem Beweis von Tatsachen zu dienen, die zwar im früheren Verfahren bekannt gewesen, aber zum Nachteil der gesuchstellenden Person unbewiesen geblieben sind. Sollen bereits vorgebrachte Tatsachen mit den neuen Mitteln bewiesen werden, so hat die Person auch darzutun, dass sie die Beweismittel im früheren Verfahren nicht beibringen konnte. Entscheidend ist ein Beweismittel, wenn angenommen werden muss, es hätte zu einem andern Urteil geführt, falls das Gericht im Hauptverfahren hievon Kenntnis gehabt hätte. Ausschlaggebend ist, dass das Beweismittel nicht bloss der Sachverhaltswürdigung, sondern der Sachverhaltsermittlung dient. Es genügt daher beispielsweise nicht, dass ein neues Gutachten den Sachverhalt anders bewertet; vielmehr bedarf es neuer Elemente tatsächlicher Natur, welche die Entscheidungsgrundlagen als objektiv mangelhaft erscheinen lassen. Für die Revision eines Entscheides genügt es nicht, dass die Gutachterin oder der Gutachter aus den im Zeitpunkt des Haupturteils bekannten Tatsachen nachträglich andere Schlussfolgerungen zieht als das Gericht. Auch ist ein Revisionsgrund nicht schon gegeben, wenn das Gericht bereits im Hauptverfahren bekannte Tatsachen möglicherweise unrichtig gewürdigt hat. Notwendig ist vielmehr, dass die unrichtige Würdigung erfolgte, weil für den Entscheid wesentliche Tatsachen nicht bekannt waren oder unbewiesen blieben (BGE 127 V 358 Erw. 5b, 110 V 141 Erw. 2, 293 Erw. 2a, 108 V 171 Erw. 1; vgl. auch BGE 118 II 205). 2. Im Urteil vom 8. August 2002 hat das Eidgenössische Versicherungsgericht einen Anspruch auf Übernahme der Kosten der Sprachheilbehandlung durch die Invalidenversicherung verneint. Zur Begründung führte es aus, dass die Vorkehr, welche sinnvoll und zweckmässig sei, der Behandlung labilen pathologischen Geschehens diene und damit eine Massnahme zur Behandlung des Leidens an sich darstelle, welche nicht in den Bereich der Invalidenversicherung, sondern in jenen der Krankenversicherung falle. Mit Blick darauf handelt es sich beim von der Beschwerdeführerin eingereichten Bericht des Spitals X._ vom 20. August 2002, in welchem die Ärzte einzig auf die (unbestrittene) Notwendigkeit der Sprachheilbehandlung hinwiesen, sich aber nicht zur für den Ausgang des Verfahrens massgebenden Frage der Art des Gesundheitsschadens äusserten (stabil bzw. relativ stabilisiert oder labil), nicht um ein entscheidendes Beweismittel, welches eine Revision des Urteils begründen könnte, weshalb das Gesuch abzuweisen ist. 2. Im Urteil vom 8. August 2002 hat das Eidgenössische Versicherungsgericht einen Anspruch auf Übernahme der Kosten der Sprachheilbehandlung durch die Invalidenversicherung verneint. Zur Begründung führte es aus, dass die Vorkehr, welche sinnvoll und zweckmässig sei, der Behandlung labilen pathologischen Geschehens diene und damit eine Massnahme zur Behandlung des Leidens an sich darstelle, welche nicht in den Bereich der Invalidenversicherung, sondern in jenen der Krankenversicherung falle. Mit Blick darauf handelt es sich beim von der Beschwerdeführerin eingereichten Bericht des Spitals X._ vom 20. August 2002, in welchem die Ärzte einzig auf die (unbestrittene) Notwendigkeit der Sprachheilbehandlung hinwiesen, sich aber nicht zur für den Ausgang des Verfahrens massgebenden Frage der Art des Gesundheitsschadens äusserten (stabil bzw. relativ stabilisiert oder labil), nicht um ein entscheidendes Beweismittel, welches eine Revision des Urteils begründen könnte, weshalb das Gesuch abzuweisen ist. 3. Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 134 OG e contrario). Gemäss dem Ausgang des Revisionsverfahrens sind die Gerichtskosten der Gesuchstellerin aufzuerlegen. 3. Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 134 OG e contrario). Gemäss dem Ausgang des Revisionsverfahrens sind die Gerichtskosten der Gesuchstellerin aufzuerlegen. 4. Da das Revisionsgesuch offensichtlich unbegründet ist, entscheidet das Gericht im Verfahren gemäss Art. 143 Abs. 1 OG. Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. Das Revisionsgesuch wird abgewiesen. 1. Das Revisionsgesuch wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Gesuchstellerin auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Gesuchstellerin auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 28. November 2002 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Die Präsidentin der IV. Kammer: Die Gerichtsschreiberin:
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«AZA 7» U 443/99 Vr/Gb IV. Kammer Bundesrichter Borella, Rüedi und Bundesrichterin Leuzinger; Gerichtsschreiber Grünvogel Urteil vom 6. Oktober 2000 in Sachen K._, Beschwerdeführer, vertreten durch Rechtsanwältin Pia Trutmann Rüesch, Marktgasse 14, St. Gallen, gegen Schweizerische Unfallversicherungsanstalt, Luzern, Beschwerdegegnerin, und Verwaltungsgericht von Appenzell A.Rh., Trogen A.- Der 1968 geborene K._ war bei der Arbeitslosenkasse Appenzell A.Rh. als arbeitslos registriert und damit bei der Schweizerischen Unfallversicherungsanstalt (SUVA) gegen Nichtberufsunfälle versichert. Im Anschluss an ein Zugunglück vom 13. November 1997 erlitt er Kontusionen im Bereich der Hals- und Brustwirbelsäule (HWS u. BWS). Die SUVA anerkannte ihre Leistungspflicht und kam für die Heilbehandlungskosten auf. Sodann richtete sie Taggelder aus. Nachdem die Anstalt mehrere Arztberichte eingeholt hatte, stellte sie ihre Leistungen auf Mitte Mai 1998 ein, was sie auf Begehren des Versicherten hin in der Verfügung vom 13. Juli 1998 bestätigte. Auf Einsprache hin hielt sie in Kenntnis der neuropsychologischen Untersuchung an der Klinik für Neurologie am Kantonsspital X._ vom 17. August 1998 an ihrem Standpunkt fest (Entscheid vom 17. November 1998). B.- Die hiegegen erhobene Beschwerde wies das Verwaltungsgericht von Appenzell A.Rh. mit Entscheid vom 20. Oktober 1999 ab. C.- Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde lässt K._ beantragen, in Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheides und des Einspracheentscheides vom 17. November 1998 sei die SUVA zu verpflichten, über den 15. Mai 1998 hinaus die gesetzlichen Leistungen zu erbringen. Gleichzeitig beantragt er die unentgeltliche Rechtspflege. Die SUVA schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherung hat sich nicht vernehmen lassen. Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1.- Die Leistungspflicht eines Unfallversicherers gemäss UVG setzt zunächst voraus, dass zwischen dem Unfallereignis und dem eingetretenen Schaden (Krankheit, Invalidität, Tod) ein natürlicher Kausalzusammenhang besteht. Ursachen im Sinne des natürlichen Kausalzusammenhangs sind alle Umstände, ohne deren Vorhandensein der eingetretene Erfolg nicht als eingetreten oder nicht als in der gleichen Weise bzw. nicht zur gleichen Zeit eingetreten gedacht werden kann. Entsprechend dieser Umschreibung ist für die Bejahung des natürlichen Kausalzusammenhangs nicht erforderlich, dass ein Unfall die alleinige oder unmittelbare Ursache gesundheitlicher Störungen ist; es genügt, dass das schädigende Ereignis zusammen mit anderen Bedingungen die körperliche oder geistige Integrität der versicherten Person beeinträchtigt hat, der Unfall mit andern Worten nicht weggedacht werden kann, ohne dass auch die eingetretene gesundheitliche Störung entfiele (BGE 119 V 337 Erw. 1, 118 V 289 Erw. 1b, je mit Hinweisen). Ob zwischen einem schädigenden Ereignis und einer gesundheitlichen Störung ein natürlicher Kausalzusammenhang besteht, ist eine Tatfrage, worüber die Verwaltung bzw. im Beschwerdefall das Gericht im Rahmen der ihm obliegenden Beweiswürdigung nach dem im Sozialversicherungsrecht üblichen Beweisgrad der überwiegenden Wahrscheinlichkeit zu befinden hat. Die blosse Möglichkeit eines Zusammenhangs genügt für die Begründung eines Leistungsanspruches nicht (BGE 119 V 338 Erw. 1, 118 V 289 Erw. 1b, je mit Hinweisen). 2.- a) Mit Bezug auf die Behauptung, der Beschwerdeführer habe ein Schleudertrauma der HWS erlitten und leide deswegen heute noch an Rückenschmerzen und Kopfweh, kann auf die zutreffenden Erwägungen im angefochtenen Entscheid verwiesen werden. Das kantonale Gericht hat in Würdigung der medizinischen Unterlagen, des Unfallhergangs und des Beschwerdebildes zu Recht festgestellt, dass das Vorliegen eines Beschleunigungstraumas der HWS wie die geltend gemachten Folgen nicht im Sinne der Rechtsprechung (BGE 119 V 340 Erw. 2b/aa) durch zuverlässige ärztliche Angaben gesichert sind. Blosses Klagen über diffuse Beschwerden genügt keineswegs für den Beweis der Unfallkausalität (BGE 119 V 341 Erw. 2b/bb). Die in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde dagegen erhobenen Einwendungen erschöpfen sich im Wesentlichen in einer unbegründeten Kritik an den Untersuchungs- und Behandlungsmethoden der beteiligten Ärzte. Ebenso wenig finden sich hinreichend Anhaltspunkte, die für eine dem Schleudertrauma äquivalente Verletzung (SVR 1995 UV Nr. 23 S. 67 Erw. 2) oder ein Schädel-Hirntrauma sprechen. Von weiteren Beweiserhebungen ist abzusehen, da von ihnen keine neuen, entscheidwesentlichen Erkenntnisse zu erwarten sind (vgl. BGE 124 V 94 Erw. 4b, 122 V 162 Erw. 1d mit Hinweis). b) Im Übrigen steht auf Grund der medizinischen Unterlagen fest, dass auch keine anderen somatischen Beschwerden bestehen, die auf den Unfall zurückgeführt werden können. c) Die Frage, ob die nach dem Unfall einsetzende psychische Fehlentwicklung eine natürliche Folge des Unfallereignisses ist, kann gestützt auf die zur Verfügung stehenden medizinischen Unterlagen nicht mit dem erforderlichen Beweisgrad (Erw. 1 in fine) beantwortet werden. Eine Rückweisung der Sache zwecks Einholung eines weiteren Gutachtens erübrigt sich aber, weil es an der für die Leistungspflicht des Unfallversicherers weiter vorausgesetzten Adäquanz des Kausalzusammenhangs fehlt, wie die nachstehende Erwägung zeigt. 3.- a) Liegt weder eine Schleuderverletzung der HWS, noch eine dem Schleudertrauma äquivalente Verletzung noch ein Schädel-Hirntrauma vor (Erw. 2a hievor), beurteilt sich die Frage nach der Adäquanz nach Massgabe der in BGE 115 V 133 ff. entwickelten Kriterien (BGE 123 V 99 Erw. 2a). Diese sind in Erw. 3a des Einspracheentscheides vom 17. November 1998 wie auch in der Beschwerdeschrift vom 17. Februar 1999 zutreffend wiedergegeben, weshalb auf eine Wiederholung verzichtet wird. b) Das kantonale Gericht hat in Anwendung dieser Grundsätze mit zutreffender Begründung, welcher sich das Eidgenössische Versicherungsgericht vollumfänglich anschliesst, den adäquaten Kausalzusammenhang zwischen dem Unfall und der psychogenen Störung verneint. An dieser Feststellung vermögen die Einwendungen des Beschwerdeführers nichts zu ändern. Im Besonderen liegt die vorinstanzliche Einstufung des Ereignisses als nicht schwerer Fall im mittleren Bereich auf der Linie der Rechtsprechung des Eidgenössischen Versicherungsgerichtes (dargestellt in RKUV 1999 Nr. U 330 S. 122 und 1995 Nr. U 215 S. 91) und ist daher nicht zu beanstanden. Sodann übersieht der Beschwerdeführer, dass in die Adäquanzbeurteilung - wie bereits von der Vorinstanz dargetan - weder die Dauer oder das Ausmass der psychisch bedingten Arbeitsunfähigkeit, noch die Behandlungsdauer des psychogenen Leidens einbezogen werden dürfen (RKUV 1993 Nr. U 166 S. 94 Erw. 2c mit Hinweisen). Ebenso steht fest, dass die vom Beschwerdeführer geltend gemachten Dauerschmerzen eine psychogene Ursache haben, weshalb auch diese ausser Acht zu lassen sind. Allein das sich dem Versicherten nach dem Unfall bietende Bild der Unglücksstelle kann schliesslich in Übereinstimmung mit der Vorinstanz objektiv nicht als derart schrecklich bezeichnet werden, dass deswegen die aufgetretene psychogene Fehlentwicklung als adäquat bezeichnet werden könnte. 4.- Da es im vorliegenden Verfahren um Versicherungsleistungen geht, sind gemäss Art. 134 OG keine Gerichtskosten zu erheben. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege im Sinne der Befreiung von den Gerichtskosten erweist sich daher als gegenstandslos. Die unentgeltliche Verbeiständung kann hingegen gewährt werden (Art. 152 in Verbindung mit Art. 135 OG), da die Bedürftigkeit aktenkundig ist, die Beschwerde nicht als aussichtslos zu bezeichnen und die Vertretung geboten war (BGE 125 V 202 Erw. 4a mit Hinweisen). Es wird indessen ausdrücklich auf Art. 152 Abs. 3 OG aufmerksam gemacht, wonach die begünstigte Partei der Gerichtskasse Ersatz zu leisten haben wird, wenn sie später dazu im Stande ist. Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: I. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. II. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. III. Zufolge Gewährung der unentgeltlichen Verbeiständung wird Rechtsanwältin Pia Trutmann Rüesch, St. Gallen, für das Verfahren vor dem Eidgenössischen Versiche- rungsgericht aus der Gerichtskasse eine Entschädigung (einschliesslich Mehrwertsteuer) von Fr. 1000.- ausge- richtet. IV. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsge- richt von Appenzell A.Rh. und dem Bundesamt für So- zialversicherung zugestellt. Luzern, 6. Oktober 2000 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der IV. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 2C_656/2021 Sentenza del 9 dicembre 2021 II Corte di diritto pubblico Composizione Giudici federali Seiler, Presidente, Hänni, Beusch, Cancelliere Savoldelli. Partecipanti al procedimento A._, patrocinato dagli avv. Yasar Ravi ricorrente, contro Sezione della popolazione, Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 6500 Bellinzona, Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona. Oggetto Ricongiungimento familiare, domanda di riesame, ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 30 giugno 2021 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2020.455). Fatti: A. A._, cittadino kosovaro, è entrato in Svizzera il 9 aprile 2011 per sposarsi con la connazionale B._, titolare di un permesso di domicilio. Il matrimonio ha avuto luogo nel giugno successivo ed a seguito dello stesso lo sposo è stato posto a beneficio di un permesso di dimora annuale, rinnovato un'ultima volta fino al 21 giugno 2016. Dall'unione e nato un figlio (2014). Il 15 novembre 2015 A._ ha lasciato il tetto coniugale. II 1° dicembre 2015 la moglie ha informato l'allora ufficio regionale degli stranieri di X._ che questi l'aveva sposata solo per ricevere un permesso di soggiorno. L'8 giugno 2016 la Pretura di X._ ha stralciato dai ruoli la procedura di adozione di misure a tutela dell'unione coniugale promossa dalla moglie, siccome i coniugi avevano trovato un accordo per regolare la vita separata. Il figlio è stato affidato alla madre, riservato un diritto di visita al padre con l'obbligo di versare un contributo alimentare al minore. Interrogata il 25 agosto 2016 in merito alla sua situazione coniugale, B._ ha confermato quanto indicato il 1° dicembre precedente all'ufficio regionale degli stranieri. Il 27 agosto 2016 A._ ha invece dichiarato che il suo matrimonio era esistito de iure et de facto fino al 12 novembre 2015, quando si è separato dalla moglie, con la quale non andava più d'accordo, e di lavorare nella Svizzera tedesca. B. II 5 ottobre 2016 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha deciso di non rinnovare il permesso di dimora a A._, siccome viveva separato dalla coniuge, intenzionata a divorziare. Nel contempo, ha constatato che dal 1° aprile 2016 l'interessato svolgeva un'attività lucrativa nel Canton Zurigo e rientrava al domicilio ticinese unicamente tre volte al mese. Dopo avere ricorso, ma senza successo, contro detta decisione (pronuncia del Consiglio di Stato ticinese del 14 dicembre 2016, con la quale il gravame è stato dichiarato irricevibile, non essendo stato versato l'anticipo spese richiesto), il 31 dicembre 2016 A._ si è di nuovo trasferito presso l'abitazione coniugale a Y._ (TI). II 21 aprile 2017 ha poi notificato la propria partenza dalla Svizzera con destinazione il suo Paese di origine. C. II 1° giugno 2017 A._ ha presentato una domanda per potere beneficiare di un visto d'ingresso in Svizzera per soggiorno di lunga durata, nell'ambito del ricongiungimento familiare. Con decisione del 29 settembre 2017, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino l'ha tuttavia respinta considerando che, dati gli indizi relativi ad un matrimonio fittizio, le condizioni per il rilascio di un permesso di dimora non fossero adempiute. Nel seguito, A._ si è invano rivolto sia al Governo cantonale (rigetto del ricorso con decisione del 22 gennaio 2019), sia al Tribunale cantonale amministrativo, che ha dichiarato il gravame irricevibile a causa del mancato pagamento dell'anticipo spese (sentenza del 18 marzo 2019, non ulteriormente impugnata). D. Poco dopo, ovvero il 21 maggio 2019, A._ ha chiesto una seconda volta alla Sezione della popolazione, per il tramite dell'ambasciata svizzera a Pristina, il rilascio a suo favore di un visto d'ingresso in Svizzera per soggiorno di lunga durata, a titolo di ricongiungimento familiare, con conseguente concessione di un permesso di dimora. Sentita la moglie, che ha affermato di essersi riappacificata con il marito, l'autorità ha però respinto anche questa seconda richiesta, osservando che i motivi relativi al primo diniego erano ancora validi e non era nel frattempo intervenuto nessun cambiamento di rilevo. Su ricorso, detto provvedimento è stato confermato sia dal Governo cantonale, che ha trattato la domanda di rilascio di un visto d'ingresso in Svizzera per soggiorno di lunga durata e di un permesso di dimora quale istanza di riesame (decisione del 26 agosto 2020), che dal Tribunale cantonale amministrativo, espressosi in merito con sentenza del 30 giugno 2021. Dopo avere a sua volta rilevato che la presente procedura verte su una domanda di riesame, anche la Corte cantonale ha infatti concluso che, in assenza di modifiche di rilievo rispetto alla situazione verificata in precedenza, la decisione del Governo ticinese di non ammettere le condizioni per un riesame andasse condivisa. E. Con ricorso in materia di diritto pubblico del 31 agosto 2021, A._ si è quindi rivolto al Tribunale federale, chiedendo di annullare tutte le decisioni cantonali. Chiamate ad esprimersi, l'istanza inferiore e la Sezione della popolazione hanno domandato la conferma del giudizio impugnato. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio di questa Corte. Con replica dell'11 ottobre 2021 l'insorgente ha ribadito la sua posizione. Diritto: 1. 1.1. Giusta l'art. 83 lett. c LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile sia contro le decisioni concernenti l'entrata in Svizzera (n. 1) che contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto (n. 2). Le restrizioni previste dall'art. 83 lett. c n. 1 e n. 2 LTF valgono anche nei confronti di pronunce relative al diniego delle condizioni per procedere al riesame di decisioni che sono state prese in precedenza (sentenza 2C_954/2016 del 14 ottobre 2016 consid. 2.1). 1.2. Alla luce dell'art. 83 lett. c n. 1 LTF, un'impugnazione contro il diniego del rilascio di un visto d'entrata nel nostro Paese è quindi a priori esclusa (sentenze 2C_400/2011 del 2 dicembre 2011 consid. 1.2 e 2C_643/2012 del 18 settembre 2012 consid. 1.1). Nel contempo, riguardo a tale aspetto non vengono formulate nemmeno critiche conformi all'art. 106 cpv. 2 LTF (successivo consid. 2.1), che potrebbero essere oggetto di un ricorso sussidiario in materia costituzionale. Già perché il ricorrente può di principio richiamarsi all'art. 43 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20), in virtù del matrimonio con una persona che, secondo quanto indicato nel giudizio impugnato, ha un permesso di domicilio, l'art. 83 lett. c n. 2 LTF non osta invece all'entrata in materia sul ricorso (sentenza 2C_1015/2019 del 26 maggio 2020 consid. 2.1). 1.3. Presentata nei termini (art. 44 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) da una persona legittimata ad agire (art. 89 cpv. 1 LTF), e diretta contro una decisione finale di un'autorità cantonale di ultima istanza con carattere di tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 e art. 90 LTF), l'impugnativa relativa al mancato riesame della fattispecie nell'ottica del rilascio di un permesso di dimora va quindi trattata quale ricorso ordinario in materia di diritto pubblico. Dato che, in caso di accoglimento del ricorso, l'incarto andrebbe comunque rinviato all'istanza precedente, ad un'entrata nel merito non si oppone in effetti nemmeno la formulazione di conclusioni meramente cassatorie (art. 107 cpv. 2 LTF; DTF 134 III 379 consid. 1.3). 1.4. Quando, come nella fattispecie, l'istanza precedente conferma il rifiuto di entrare in materia su una domanda di riesame, la procedura davanti al Tribunale federale è tuttavia limitata alla verifica di questo aspetto (sentenza 2C_689/2016 del 30 novembre 2016 consid. 1.4). Critiche relative al rilascio del permesso di dimora in quanto tale non possono essere quindi approfondite. Inoltre, in ragione del carattere devolutivo dei ricorsi, l'insorgente è soltanto legittimato a formulare conclusioni riguardanti l'annullamento o la riforma della sentenza del Tribunale cantonale amministrativo. Per quanto direttamente volte alla modifica delle decisioni emesse dalla Sezione della popolazione e dal Consiglio di Stato ticinese, le sue conclusioni sono pertanto inammissibili (DTF 134 II 142 consid. 1.4; sentenza 2C_336/2020 del 22 febbraio 2021 consid. 2.2). Con le riserve esposte, occorre entrare in materia sul ricorso. 2. 2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF); ciò nonostante, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dalla legge (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), si confronta di regola solo con le censure sollevate. Esigenze più severe valgono poi in relazione alla violazione di diritti fondamentali. In effetti, esso tratta simili censure solo se sono motivate con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Per quanto concerne i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento che è stato svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene quando è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove (DTF 136 III 552 consid. 4.2). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata (art. 99 cpv. 1 LTF), non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, che non possono in ogni caso essere posteriori al querelato giudizio (cosiddetti "nova in senso proprio"; DTF 133 IV 343 consid. 2.1). 2.2. Il gravame rispetta i requisiti in materia di motivazione menzionati solo in parte. Nella misura in cui li disattende, sfugge di conseguenza a un esame del Tribunale federale. In parallelo, date rispettivamente dimostrate non sono nemmeno le condizioni previste dall'art. 99 cpv. 1 LTF, di modo che i documenti allegati al ricorso e prodotti per la prima volta in questa sede non vanno considerati. Alla produzione di prove che portano una data successiva rispettivamente che si riferiscono a fatti successivi al giudizio impugnato si oppone del resto anche il divieto di riferirsi a nova in senso proprio (DTF 139 III 120 consid. 3.1.2 e 133 IV 343 consid. 2.1). 3. 3.1. Le autorità amministrative sono tenute a riesaminare le loro decisioni nella misura in cui una disposizione legale lo prevede o se una pratica amministrativa costante lo impone. Un riesame può inoltre venir preteso direttamente sulla base dell'art. 29 cpv. 1 e 2 Cost., se le circostanze si sono modificate in modo rilevante dopo la prima decisione, oppure se il richiedente invoca fatti o mezzi di prova importanti che non conosceva o dei quali non poteva o non aveva ragione di prevalersi durante la procedura precedente (DTF 124 II 1 consid. 3a; sentenze 2C_885/2020 del 1° dicembre 2020 consid. 4.2 e 2C_603/2017 del 6 marzo 2018 consid. 2.1). Il riesame di decisioni cresciute in giudicato non può però servire a rimettere di continuo in discussione decisioni divenute esecutive o a derogare ai termini d'impugnazione previsti per le vie di ricorso (DTF 136 II 177 consid. 2.1; sentenza 2C_603/2017 del 6 marzo 2018 consid. 2.1). 3.2. Quando una persona chiede il rilascio di un nuovo permesso, dopo avere perso un diritto di soggiorno di cui disponeva in precedenza, non è data una situazione di riesame in senso proprio. Ciò nondimeno, anche queste nuove richieste non devono permettere di rimettere in discussione senza limiti una decisione precedente e, al pari di una domanda di riesame, devono essere quindi prese in considerazione soltanto se le circostanze si sono modificate in modo rilevante, oppure se il richiedente invoca fatti o mezzi di prova importanti, che non conosceva o dei quali non poteva o aveva ragione di prevalersi in precedenza (DTF 136 II 177 consid. 2; sentenze 2C_644/2021 del 3 novembre 2021 consid. 2 e 2C_603/2017 del 6 marzo 2018 consid. 2.2). In simile contesto, la questione a sapere se vi siano le condizioni per procedere a un riesame del caso riguarda l'entrata in materia; la questione a sapere se vi siano gli estremi per la concessione di un nuovo permesso è invece relativa al merito (sentenza 2C_574/2012 del 19 febbraio 2013 consid. 2.2). 3.3. Dopo essersi richiamato ai principi indicati, il Tribunale amministrativo ticinese ha concluso che le condizioni per un riesame non fossero date nemmeno nella fattispecie. Da un lato, ha infatti sottolineato come la domanda depositata il 21 maggio 2019 presso l'ambasciata svizzera a Pristina fosse identica a quella presentata il 1° giugno 2017, respinta dalla Sezione della popolazione il 29 settembre 2017 (precedente consid. C). D'altro lato, ha osservato: (a) che il ricorrente non faceva valere nessun mutamento di rilievo delle circostanze dopo l'emanazione dei precedenti provvedimenti dipartimentali, né invocava fatti o mezzi di prova che non conosceva o di cui non poteva o non aveva ragione di prevalersi in precedenza; (b) in particolare, che l'argomento secondo cui il legame familiare esistente con la moglie sarebbe autentico non era nuovo, visto che egli aveva affermato che l'asserita riconciliazione sarebbe avvenuta a partire dal 31 dicembre 2016, antecedentemente alla sua partenza per il Kosovo, ed era già stato fatto valere nella prima richiesta di ricongiungimento familiare. 4. 4.1. Con una censura formale, da esaminare in via prioritaria (DTF 141 V 557 consid. 3), l'insorgente denuncia in primo luogo una violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.). Lamenta infatti di non essere stato udito di persona e che sentita - nell'ambito di un'audizione ad hoc - non sia stata nemmeno sua moglie. Sempre in questo contesto, aggiunge quindi che "nel caso in esame l'approfondimento dei fatti era indispensabile per potersi pronunciare a scapito dell'esistenza di elementi nuovi atti a giustificare l'entrata nel merito del presente gravame, tanto più che gli elementi determinanti sono conosciuti unicamente dagli interessati e che l'istruttoria di causa non ha proceduto (...) ad un'adeguata amministrazione delle prove". 4.2. A torto, tuttavia. In effetti, l'insorgente non considera che, quale garanzia minima, l'art. 29 cpv. 2 Cost. non riconosce il diritto di esprimersi oralmente davanti alle autorità o di far loro sentire di persona dei testi (DTF 134 I 140 consid. 5.3; sentenze 2C_568/2017 del 26 gennaio 2018 consid. 6.3 e 2C_694/2015 del 15 febbraio 2016 consid. 3); inoltre, egli nemmeno sostiene che il diritto cantonale conferisca dei diritti più ampi rispetto all'art. 29 cpv. 2 Cost., perché non si richiama a nessuna norma del diritto ticinese (sentenze 2C_384/2010 del 6 dicembre 2010 consid. 3.1 e 2C_694/2015 del 15 febbraio 2016 consid. 3; quest'ultima, per altro, con riferimento esplicito anche all'art. 28 cpv. 2 della legge ticinese sulla procedura amministrativa del 24 settembre 2013 [LPamm; RL/TI 3.3.1.1], che riserva l'audizione di testi a casi che non possono essere chiariti diversamente). Per il resto, la censura si confonde con quelle concernenti l'accertamento dei fatti e/o l'apprezzamento delle prove, che vanno esaminate nel seguito, insieme a quella relativa alla motivazione addotta per negare le condizioni per il riesame (sentenza 2C_781/2019 del 23 gennaio 2020 consid. 4). 5. 5.1. In secondo luogo, l'insorgente denuncia una lesione del divieto d'arbitrio nell'accertamento dei fatti e/o nell'apprezzamento delle prove (art. 9 Cost.), quindi la conclusione secondo cui egli non avrebbe fatto valere né una modifica rilevante delle circostanze, né avrebbe invocato fatti o mezzi di prova importanti, che non conosceva o dei quali non era a conoscenza in precedenza (art. 29 cpv. 1 e 2 Cost.). Nello stesso contesto, postula che venga applicata in via analogica la giurisprudenza relativa agli stranieri che hanno commesso dei reati e sono stati rinviati nel Paese di origine, i quali possono di principio chiedere un riesame del loro caso dopo un lasso di tempo di cinque anni dalla crescita in giudicato della decisione di revoca o di non rinnovo dell'autorizzazione di soggiorno (in proposito, cfr. ad esempio la sentenza 2C_956/2014 del 21 agosto 2015 consid. 3). 5.2. Ora, nella misura in cui si fondano su prove addotte per la prima volta in questa sede, senza che siano date rispettivamente dimostrate le condizioni previste dall'art. 99 cpv. 1 LTF, le critiche relative all'accertamento e/o all'apprezzamento dei fatti sono destinate di nuovo all'insuccesso, perché gli elementi su cui si basano non possono essere considerati (doc. C e D; precedente consid. 2.2). Per i motivi che seguono, le censure relative all'argomentazione addotta dalla Corte cantonale per confermare l'assenza delle condizioni per entrare in materia sulla domanda di riesame vanno invece condivise e portano all'accoglimento del ricorso per violazione dei principi dedotti dall'art. 29 cpv. 1 e 2 Cost. 5.3. Come visto (precedente consid. 3.3), in tale contesto i Giudici ticinesi hanno rilevato: (a) che il ricorrente non faceva valere nessun mutamento di rilievo delle circostanze dopo l'emanazione dei precedenti provvedimenti dipartimentali, né invocava fatti o mezzi di prova che non conosceva o di cui non poteva o non aveva ragione di prevalersi in precedenza; (b) in particolare, che l'argomento secondo cui il legame familiare esistente con la moglie sarebbe autentico non era nuovo, siccome egli affermava che l'asserita riconciliazione era avvenuta a partire dal 31 dicembre 2016, ovvero antecedentemente alla sua partenza per il Kosovo, e aveva già fatto valere questo cambiamento con la prima richiesta di ricongiungimento familiare. Così argomentando, non considerano tuttavia che determinante non è il motivo della riappacificazione in quanto tale, bensì la questione a sapere se tra il 18 marzo 2019, quando il Tribunale amministrativo ticinese ha posto fine alla procedura sulla prima domanda di ricongiungimento (precedente consid. C), e il 30 giugno 2021, quando il Tribunale amministrativo ticinese si è espresso con piena cognizione sulla domanda di riesame (precedente consid. D; sentenza 2C_871/2020 del 2 dicembre 2020 consid. 5.4.1, con riferimento all'art. 110 LTF), la situazione coniugale abbia o meno subito modifiche di rilevo. 5.4. In casi come il presente, che sono caratterizzati da più domande di ricongiungimento, decisivi sono infatti proprio i cambiamenti che sono eventualmente intervenuti tra la pronuncia in via definitiva sulla domanda precedente e quella sulla nuova domanda da parte dell'unica istanza giudiziaria cantonale (sentenze 2C_731/2015 del 19 febbraio 2016 consid. 2.2 e 2C_574/2012 del 19 febbraio 2013 consid. 2.3). D'altro canto, davanti a fattispecie caratterizzate ad un cosiddetto amor superveniens, tra le quali può essere di principio annoverata anche la presente, la questione non è quella a sapere da quando sia sostenuta una riconciliazione tra i coniugi, bensì quella a sapere se - nel periodo di riferimento, che in casu si è protratto per oltre due anni di procedura - il rapporto di coppia abbia (di nuovo) raggiunto una qualità tale da potere ammettere l'esistenza di un'effettiva comunità coniugale: ciò che va verificato procedendo a un apprezzamento delle prove offerte (sentenze 2C_644/2021 del 3 novembre 2021 consid. 2.3; 2C_900/2016 del 7 dicembre 2016 consid. 2.1 e 2C_883/2015 del 5 febbraio 2016 consid. 3.4). 5.5. Ritenuto che con l'argomentazione addotta nel suo giudizio la Corte cantonale non svolge una verifica delle prove offerte dal ricorrente in sede cantonale (ricorso e replica), poiché nega a priori la possibilità di richiamarsi nuovamente a una riconciliazione, la denuncia di violazione dei principi vigenti in materia di riesame (precedente consid. 3 con riferimento all'art. 29 cpv. 1 e 2 Cost.) va pertanto ammessa, così come denunciato dal ricorrente, paventando il "perpetuo rifiuto" della sua richiesta. Di conseguenza, il giudizio impugnato dev'essere annullato e l'incarto rinviato alla Corte cantonale, affinché verifichi - in conformità all'art. 110 LTF, apprezzando le prove che il ricorrente ha fatto finora valere ed eventualmente ancora farà valere in sede cantonale - se esse dimostrino o meno l'esistenza delle condizioni per procedere all'esame della domanda di ricongiungimento (sentenze 2C_644/2021 del 3 novembre 2021 consid. 2.3; 2C_900/2016 del 7 dicembre 2016 consid. 2.1; 2C_1008/2015 del 20 giugno 2016 consid. 4.5 e 2C_883/2015 del 5 febbraio 2016 consid. 3.4; precedenti consid. 3.2 e 5.4). Nel caso riterrà che la dimostrino, entrerà quindi nel merito della richiesta di riesame; se invece giungerà alla conclusione contraria, confermerà la decisione di non entrata in materia sulla stessa (sentenza 2C_574/2012 del 19 febbraio 2013 consid. 2.2). 6. 6.1. Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto, la sentenza del 30 giugno 2021 del Tribunale cantonale amministrativo è annullata e l'incarto è rinviato alla Corte cantonale per nuovo giudizio, nel senso dei considerandi. 6.2. Per giurisprudenza, il rinvio dell'incarto all'istanza inferiore per un nuovo esame della fattispecie, con esito aperto, comporta che chi ricorre sia considerato vincente (sentenze 2C_209/2020 del 20 agosto 2020 consid. 5.2 e 2C_900/2019 del 20 febbraio 2020 consid. 4.2). 6.3. Soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF); esso deve però corrispondere all'insorgente, patrocinato da un avvocato, un'indennità per ripetibili per la sede federale (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto, la sentenza del 30 giugno 2021 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino è annullata e la causa è rinviata a quest'ultimo per nuovo giudizio, nel senso dei considerandi. 2. Non vengono prelevate spese. 3. Lo Stato del Cantone Ticino verserà al ricorrente un'indennità di fr. 2'500.-- per ripetibili della sede federale. 4. Comunicazione ai patrocinatori del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione. Losanna, 9 dicembre 2021 In nome della II Corte di diritto pubblico del Tribunale federale svizzero Il Presidente: Seiler Il Cancelliere: Savoldelli
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 8C_213/2014 Urteil vom 25. März 2014 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Ursprung, als Einzelrichter, Gerichtsschreiber Batz. Verfahrensbeteiligte HOTELA Versicherungen AG, Rue de la Gare 18, 1820 Montreux, vertreten durch Rechtsanwalt Lorenz Fivian, Beschwerdeführerin, gegen S._, vertreten durch Advokat Martin Lutz, Beschwerdegegner. Gegenstand Unfallversicherung (Prozessvoraussetzung), Beschwerde gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Basel-Stadt vom 17. Dezember 2013. Sachverhalt: Mit Entscheid vom 17. Dezember 2013 hat das Sozialversicherungsgericht des Kantons Basel-Stadt in Gutheissung einer Beschwerde des S._ den Einspracheentscheid der HOTELA Versicherungen AG vom 26. April 2013 aufgehoben und die Sache zur weiteren Abklärung im Sinne der Erwägungen und zum Erlass eines neuen Entscheides an die HOTELA Versicherungen AG zurückgewiesen. Dagegen reicht die HOTELA Versicherungen AG am 12. März 2014 (Poststempel) Beschwerde ein mit dem Antrag, in Aufhebung des vorerwähnten kantonalen Entscheides sei der Einspracheentscheid vom 26. April 2013 zu bestätigen. Die Verfahrensakten wurden beigezogen. Es wurde keine Vernehmlassung eingeholt. Erwägungen: 1. Das Bundesgericht prüft seine Zuständigkeit und die Eintretensvoraussetzungen von Amtes wegen und mit freier Kognition (Art. 29 Abs. 1 BGG; vgl. BGE 135 III 1 E. 1.1 S. 3 mit Hinweisen). 2. 2.1. Die Beschwerde ist zulässig gegen Entscheide, die das Verfahren abschliessen (Art. 90 BGG). Nach Art. 93 Abs. 1 BGG ist die Beschwerde gegen selbstständig eröffnete Vor- und Zwischenentscheide (zu den letzten gehören namentlich Rückweisungsentscheide; BGE 133 V 477 E. 4.3 S. 482) zulässig, wenn sie einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil bewirken können (lit. a) oder wenn die Gutheissung der Beschwerde sofort einen Endentscheid herbeiführen und damit einen bedeutenden Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren ersparen würde (lit. b). Sind diese Voraussetzungen nicht erfüllt oder wurde keine Beschwerde erhoben, sind die betreffenden Vor- und Zwischenentscheide durch Beschwerde gegen den Endentscheid anfechtbar, soweit sie sich auf dessen Inhalt auswirken (Art. 93 Abs. 3 BGG). 2.2. Praxisgemäss bewirkt ein Entscheid, mit dem eine Sache - wie vorliegend bezüglich des Einspracheentscheides vom 26. April 2013 - zur neuen Abklärung und Entscheidung an die Vorinstanz zurückgewiesen wird, in der Regel keinen nicht wieder gutzumachenden Nachteil im Sinne von Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG (vgl. statt vieler z.B. Urteile 8C_509/2012 vom 25. Juli 2012 und 8C_502/2012 vom 10. August 2012 mit Hinweisen); er führt in der Regel lediglich zu einer (dieses Kriterium nicht erfüllenden) Verlängerung des Verfahrens. Anderes gilt nur, wenn durch materiellrechtliche Anordnungen im Rückweisungsentscheid der Beurteilungsspielraum der unteren Instanz wesentlich eingeschränkt und sie gezwungen wird, eine ihres Erachtens rechtswidrige neue Verfügung zu erlassen (BGE 133 V 477 E. 5.2.4 S. 484). So verhält es sich hier nicht, denn die Beschwerdeführerin hat vorliegend nach getätigter Abklärung der Unfallkausalität (nochmalige Erhebung durch eine neutrale Fachperson) über den Leistungsanspruch des Versicherten zu befinden und hernach erneut zu verfügen, ohne dass der angefochtene Entscheid - wie die Beschwerdeführerin zu Unrecht annimmt - präjudizierende Wirkung entfaltet (BGE 133 V 477 E. 5.2.4 S. 484). Die Eintretensvoraussetzung des Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG ist damit nicht erfüllt. Dies gilt nach ständiger Rechtsprechung - im Gegensatz zu dem, was die Beschwerdeführerin anzunehmen scheint -, selbst wenn die vorinstanzliche Feststellung, der rechtserhebliche Sachverhalt sei ungenügend abgeklärt, offensichtlich unrichtig wäre oder auf einer qualifiziert unrichtigen oder sogar willkürlichen Beweiswürdigung beruhte. Auch eine solche Rechtsverletzung (Art. 95 lit. a und Art. 97 Abs. 1 BGG) vermöchte dem Nachteil an sich unnötiger Abklärungen nicht rechtlichen Charakter zu geben (statt vieler: Urteile 8C_963/2012 vom 20. Dezember 2012 E. 2.2 und 9C_301/2007 vom 28. September 2007, E. 2.2). 2.3. Sodann ist vorliegend auch die Eintretensvoraussetzung des Art. 93 Abs. 1 lit. b BGG nicht erfüllt, weil mit der Gutheissung der Beschwerde kein nach der Rechtsprechung bedeutender Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren im Sinne der genannten Bestimmung erspart würde, zumal auch insoweit die selbstständige Anfechtbarkeit von Zwischenentscheiden aus prozessökonomischen Gründen eine Ausnahme darstellt, die restriktiv zu handhaben ist und die Parteien keiner Rechte verlustig gehen, da sie die mit dem Zwischenentscheid zusammenhängenden Fragen mit dem Endentscheid anfechten können (dazu statt vieler Urteile 8C_302/2009 vom 24. April 2009 und 8C_1038/2008 vom 20. April 2009 E. 2.2 mit Hinweisen). 2.3. Sodann ist vorliegend auch die Eintretensvoraussetzung des Art. 93 Abs. 1 lit. b BGG nicht erfüllt, weil mit der Gutheissung der Beschwerde kein nach der Rechtsprechung bedeutender Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren im Sinne der genannten Bestimmung erspart würde, zumal auch insoweit die selbstständige Anfechtbarkeit von Zwischenentscheiden aus prozessökonomischen Gründen eine Ausnahme darstellt, die restriktiv zu handhaben ist und die Parteien keiner Rechte verlustig gehen, da sie die mit dem Zwischenentscheid zusammenhängenden Fragen mit dem Endentscheid anfechten können (dazu statt vieler Urteile 8C_302/2009 vom 24. April 2009 und 8C_1038/2008 vom 20. April 2009 E. 2.2 mit Hinweisen). 3. Da nach dem Gesagten die alternativen Sachurteilsvoraussetzungen des Art. 93 Abs. 1 BGG hier klarerweise nicht gegeben sind, ist auf die - offensichtlich unzulässige - Beschwerde im vereinfachten Verfahren (Art. 108 Abs. 1 lit. a und Abs. 2 BGG) ohne Schriftenwechsel (Art. 102 Abs. 1 BGG) nicht einzutreten. Die Gerichtskosten gehen ausgangsgemäss zu Lasten der Beschwerdeführerin (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt der Einzelrichter: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 300.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Basel-Stadt und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 25. März 2014 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Einzelrichter: Ursprung Der Gerichtsschreiber: Batz
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«AZA 7» B 43/98 Ws Ia Camera composta dei giudici federali Lustenberger, Presidente, Borella, Meyer, Ferrari, Gianella, supplente; Schäuble, cancelliere Sentenza del 29 gennaio 2001 nella causa Fondazione collettiva LPP ELVIA, Ginevra, ricorrente, rappresentata dall'ELVIA Vita, Assicurazioni collettive, Hohlstrasse 556, Zurigo, contro B._, opponente, rappresentato dall'avv. M._, e Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano F a t t i : A.- B._, Impresa costruzioni, P._, quale datore di lavoro, ha sottoscritto il 9 marzo 1987 l'accordo di annessione alla Fondazione collettiva LPP dell'Helvetia Vita, ora Fondazione collettiva LPP dell'Elvia Vita, Società Svizzera di Assicurazioni sulla Vita (detta in seguito Fondazione), per la previdenza professionale obbligatoria. Il contratto è entrato in vigore con effetto retroattivo dal 1° gennaio 1985. Il 7 gennaio 1994 la Fondazione ha trasmesso a B._ il conteggio dei contributi arretrati al 31 dicembre 1993 che indicava uno scoperto di fr. 103'671.45. A seguito del mancato pagamento di questi contributi, il 31 ottobre 1994 essa ha fatto emettere un precetto esecutivo per il predetto importo oltre a interessi del 5,75 % dal 1° gennaio 1994, dedotto l'acconto di fr. 9'593.- versato il 2 settembre 1994. Il 25 aprile 1995 il datore di lavoro ha versato ulteriori fr. 30'000.- e il 19 agosto 1996 gli è stato intimato un nuovo precetto esecutivo per fr. 74'549.65 più interessi al 5 % dal 1° gennaio 1996 quale saldo al 31 dicembre 1995. Con atto 4 ottobre 1996 l'interessato ha proposto il versamento di altri fr. 30'000.- a saldo di ogni pretesa della Fondazione, la quale ha rifiutato l'offerta, ritenuto che i contributi assicurativi erano dovuti sulla base della normativa cogente dedotta dalla LPP. B.- Con petizione 13 dicembre 1996 la Fondazione ha chiesto al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino di condannare B._ al pagamento dei contributi LPP rimasti scoperti. Per giudizio 10 giugno 1998, l'istanza giudiziaria cantonale ha parzialmente accolto la petizione, condannando l'opponente al versamento di fr. 9'191.05 con interessi al 5 % dal 1° febbraio 1992 per contributi previdenziali riferiti al 1992 e di fr. 1'334.05 a titolo di interessi di mora per il 1990, 1991 e 1993. C.- La Fondazione insorge dinanzi al Tribunale federale delle assicurazioni con un ricorso di diritto amministrativo. Chiede l'annullamento del giudizio querelato e il riconoscimento dell'importo di fr. 74'649.65 con interessi al 5,25 % dal 1° gennaio 1996, rispettivamente al 5 % dal 1° febbraio 1996, più fr. 5'000.- a titolo di indennizzo, protestando spese e ripetibili. Dei motivi invocati nell'impugnativa si dirà, per quanto occorra, nei considerandi di diritto. Nella risposta al gravame, B._ ne propone la reiezione. L'Ufficio federale delle assicurazioni sociali rinuncia a determinarsi, ritenuto che la disputa concerne il regolamento della cassa pensione e non una questione di applicazione della LPP. D i r i t t o : 1.- Conformemente all'art. 37 cpv. 3 prima frase OG, la sentenza è redatta in una lingua ufficiale, di regola in quella della decisione impugnata. Se le parti parlano un'altra lingua ufficiale, la sentenza può essere redatta in questa lingua (art. 37 cpv. 3 seconda frase OG). Ora, in concreto il giudizio impugnato è stato redatto in italiano. La ricorrente ha presentato il gravame in tedesco, ma dagli atti di causa risulta che, dinanzi alle autorità precedenti, la procedura si è svolta unicamente in italiano, ciò che dimostra che gli interessati padroneggiano detta lingua. In queste circostanze, non vi è motivo di scostarsi dalla regola generale di cui all'art. 37 cpv. 3 prima frase OG, né la ricorrente chiede di derogarvi (cfr. Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, n. 4.2. all'art. 37). 2.- a) Il Tribunale federale delle assicurazioni giudica in ultima istanza i ricorsi di diritto amministrativo contro le decisioni nel senso degli art. 97, 98 lett. b a h e 98a OG, in materia di assicurazioni sociali (art. 128 OG). E la legge federale sulla procedura amministrativa considera decisioni in tale senso soltanto provvedimenti delle autorità nel singolo caso, fondati sul diritto pubblico federale (art. 5). Qualora la lite non verta sull'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, il Tribunale federale delle assicurazioni deve limitarsi ad esaminare se il giudizio di primo grado abbia violato il diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, oppure se l'accertamento dei fatti sia manifestamente inesatto, incompleto od avvenuto violando norme essenziali di procedura (art. 132 OG in relazione con gli art. 104 lett. a e b e 105 cpv. 2 OG). b) Per l'art. 66 cpv. 1 LPP l'istituto di previdenza stabilisce nelle disposizioni regolamentari l'importo dei contributi del datore di lavoro e dei lavoratori. Il contributo del datore di lavoro deve essere almeno uguale a quello complessivo dei suoi lavoratori. Una quota maggiore a carico del datore di lavoro può essere stabilita solo con il suo consenso. Il datore di lavoro deve all'istituto di previdenza gli interi contributi. Sui contributi non pagati alla scadenza, l'istituto di previdenza può pretendere interessi di mora (cpv. 2). Inoltre, il datore di lavoro deduce dal salario la quota del lavoratore stabilita nelle disposizioni regolamentari dell'istituto di previdenza (cpv. 3). 3.- Nel caso di specie è decisivo stabilire quale fosse il sistema di pagamento previsto per la disciplina dei flussi finanziari tra la Fondazione ricorrente e il datore di lavoro B._. Mentre la Fondazione sostiene che l'importo di fr. 74'649.65 con interessi al 5,25 % dal 1° gennaio 1996 e al 5 % dal 1° febbraio 1996 sia integralmente dovuto in funzione dell'asserito rapporto di conto corrente, l'opponente è invece d'avviso contrario. I primi giudici, per parte loro, hanno del tutto negletto questo aspetto della vicenda. a) Il 29 febbraio 1988 B._ ha sottoscritto, quale datore di lavoro, il contratto d'assicurazione collettiva LPP concernente il personale della sua ditta. Secondo l'art. 3 cpv. 1 cifra V del contratto, le disposizioni relative al conto premi sono parti costitutive del rapporto contrattuale, ritenuto che giusta il cpv. 2 del disposto in questione, i rapporti fra datore di lavoro, fondazione e assicurati vengono definiti in un regolamento speciale. Le predette disposizioni prevedono in particolare che il conto premi viene addebitato del premio di rischio (cifra 2a), degli accrediti di vecchiaia (cifra 2b), dei contributi per le misure speciali e il fondo di garanzia (cifra 2c), ritenuto un termine di pagamento di 30 giorni per le tre posizioni, come pure degli interessi (cifra 2d) e degli eventuali altri costi (cifra 2e). Sempre secondo le citate disposizioni, il conto premi viene accreditato dei pagamenti della ditta (cifra 2f), dei pagamenti di altra provenienza (cifra 2g), del rimborso del premio di rischio o degli accrediti di vecchiaia (cifra 2h), come pure degli interessi (cifra 2i). Il conto premi viene gestito come un conto corrente ad interessi (cifra 4). La Fondazione comunica periodicamente alla ditta, con un estratto conto, lo stato dello stesso (cifra 5). Se l'estratto conto non viene contestato entro il termine di un mese, viene considerato come accettato dalla ditta. La tacita approvazione comprende l'accettazione del contenuto dell'estratto (cifra 7). b) Dagli elementi sopra esposti risulta in modo chiaro che tra la Fondazione e il datore di lavoro è sorto - per la disciplina delle modalità di addebito e di accredito di quanto partitamente indicato nelle disposizioni inerenti al conto premi - un rapporto di conto corrente, fondato sul contratto firmato dal datore il 29 febbraio 1988, segnatamente sull'art. 3 cpv. 1 cifra V dell'accordo medesimo che ha elevato le citate disposizioni a lex contractus, per le quali tornano applicabili i disposti della parte generale del Codice delle obbligazioni (sulla liceità di siffatto procedere cfr. DTF 122 V 145 consid. 4b; Brühwiler/Walser, Oblig. und weitergehende berufliche Vorsorge, in Schweizerisches Bundesverwaltungsrecht, pag. 67, cifra marg. 189; Riemer, Vorsorge-, Fürsorge- und Sparverträge der beruflichen Vorsorge, in Festgabe zum 60. Geburtstag von Walter R. Schluep, pag. 236). c) Secondo il Tribunale federale, il contratto di conto corrente consiste nell'accordo fra due persone che si trovano in un rapporto reciproco di compensazione, in virtù del quale s'impegnano a lasciare in sospeso tutti i crediti, a non cederli e a non farli valere separatamente, ma a considerarli come articoli di un conto per la determinazione del saldo. Detto contratto comporta un accordo di compensazione secondo il quale tutte le prestazioni sorte - da una parte e dall'altra, comprese nel rapporto di conto corrente - saranno compensate automaticamente, senza dichiarazione di compensazione, sia quando il conto è aperto sia alla fine di un periodo contabile (DTF 100 III 83 e riferimenti). Il rapporto di conto corrente implica che, prima della chiusura, i crediti non possono essere esercitati né in via esecutiva facendo capo alla LEF, né in via d'azione di diritto civile o amministrativo. Le pretese ad essi sottese non si prescrivono (Engel, Traité des obligations en droit suisse, 2a ed., Berna 1997, pag. 774 lett. C). Inoltre i vari versamenti non sono imputati, ai sensi degli art. 86 e 87 CO, su una specifica posizione di conto corrente, ma sono registrati sull'avere in conto e concorrono a determinare il saldo di chiusura (Engel, op. cit., pag. 774-775 lett. D). d) In concreto non risulta che B._ abbia mai contestato - prima del precetto esecutivo notificatogli il 2 novembre 1994 - gli estratti conto che ogni anno la Fondazione gli inviava e che ne attestano la situazione debitoria nei termini seguenti: 31 dicembre 1986 fr. 41'557.70 31 dicembre 1987 fr. 47'670.20 31 dicembre 1988 fr. 65'721.35 31 dicembre 1989 fr. 84'762.35 31 dicembre 1990 fr. 87'898.70 31 dicembre 1991 fr. 88'606.05 31 dicembre 1992 fr. 97'064.30 31 dicembre 1993 fr. 103'671.45. Nemmeno dopo la ricapitolazione 7 gennaio 1994 vi è stata qualsivoglia reazione dell'opponente, che ne ha così tacitamente confortato le concludenze. Anzi, non solo non vi è stato dissenso, ma l'interessato ha dimostrato buona volontà nel ridurre l'esposizione debitoria, sivvero che ha operato il 2 settembre 1994 un versamento di fr. 9'593.-. È solo a seguito dell'intimazione del primo precetto esecutivo del 31 ottobre 1994 per complessivi fr. 94'078.45 (fr. 103'671.45 - fr. 9'593.-), ossia quasi dieci mesi dopo aver ricevuto la nota ricapitolazione, che l'opponente ha espresso il suo dissenso formulando il 2 novembre 1994 opposizione al precetto. Il 25 aprile 1995 B._ ha comunque ulteriormente versato alla Fondazione fr. 30'000.- e il 19 agosto 1996 quest'ultima ha fatto spiccare un nuovo precetto esecutivo per fr. 74'549.65 oltre a spese e interessi al 5 % dal 1° gennaio 1996. Con atto 4 ottobre 1996 il datore di lavoro ha poi contestato integralmente il credito dedotto in esecuzione, asserendone altresì la perenzione, pur formulando in via transattiva la proposta a versare ancora fr. 30'000.- purché fossero riconosciuti a saldo. e) Per quanto riguarda l'eccezione della prescrizione, occorre ribadire, come rilevato al consid. 3c, che le pretese sottese ai crediti di conto corrente non si prescrivono. 4.- Restano ora da accertare i soli aspetti numerici riferiti agli interessi, ritenuto che non è contestato il versamento del 2 settembre 1994 di fr. 9'593.- e quello del 25 aprile 1995 di fr. 30'000.-, che ha ridotto a fr. 64'078.45 il residuo dovuto in capitale. a) La ricorrente chiede fr. 74'649.65 con interessi al 5,25 % dal 1° gennaio 1996 e al 5 % dal 1° febbraio 1996. L'opponente è per contro dell'avviso che non si possono pretendere interessi per ritardo nel pagamento degli interessi moratori, ostandovi l'art. 105 cpv. 3 CO. b) Come si è visto sub consid. 3d, B._ non ha mai contestato, prima del precetto esecutivo notificatogli il 2 novembre 1994, la conformità alle pattuizioni contrattuali - segnatamente alla cifra 7 delle disposizioni inerenti al conto premi (cfr. consid. 3a in fine) - degli estratti conto che alla fine di ogni anno la Fondazione gli inviava, l'ultima volta per il periodo chiuso al 31 dicembre 1993 attestante una situazione debitoria di fr. 103'671.45. Accertato che l'importo dovuto da B._ alla Fondazione è di fr. 64'078.45 (cfr. consid. 4), va ora determinato da quando iniziano a decorrere gli interessi di mora. L'art. 105 cpv. 1 CO non impedisce che gli interessi moratori su importi arretrati, comprensivi di capitale e interessi contrattuali, siano dovuti dal giorno in cui si procedette contro il debitore, per quanto è qui di rilievo, in via esecutiva (Engel, Le point sur la partie générale du droit des obligations, in SJZ 1998, pag. 190 lett. F, con riferimento all'estratto di una sentenza 24 giugno 1996 del Tribunale federale in SJ 1997, pag. 147 seg.). Occorre infatti tenere presente che se è vero che l'art. 105 cpv. 3 CO, come pure l'art. 314 cpv. 3 CO, prevede il divieto dell'anatocismo, siffatta limitazione è solo di portata ridotta: l'art. 105 cpv. 3 CO è in effetti disciplina di diritto dispositivo che non impedisce alle parti di capitalizzare in un rapporto giusprivatistico di conto corrente - così come attuato dalle parti nel caso di specie con la pattuizione di cui alla cifra 7 delle disposizioni inerenti al conto premi - gli interessi nel frattempo maturati, in modo tale che nell'esito si ricavino interessi dagli interessi, ciò che è peraltro d'uso corrente in ambito bancario e assicurativo (Schwenzer, Schweizerisches Obligationenrecht, Allgemeiner Teil, 2a ed., Berna 2000, n. 10.15; Gauch/ Schluep/Schmid/Rey, Schweizerisches Obligationenrecht, Allgemeiner Teil, vol. II, 7a ed., Zurigo 1998, n. 2418 e 2975; von Tuhr/Peter, Allgemeiner Teil des Schweizerischen Obligationenrechts, vol. I, Zurigo 1974, § 10, V/4 e n. 42, pag. 76 seg.). Dal profilo numerico la ricorrente pretende interessi al 5,25 %, rispettivamente al 5 %. In mancanza della prova del tasso pattuito, nel silenzio dell'ordinamento contrattuale che disciplina i rapporti inter partes, tornano applicabili gli interessi di mora al 5 % così come previsto dall'art. 104 cpv. 1 CO (cfr. DTF 119 V 133 consid. 4a; Hans-Ulrich Zürcher, Verzugszinsen im Bundesverwaltungsrecht, tesi Berna 1998, pag. 125 seg., n. 1.1.1.1). Per il dies a quo, in mancanza di altra specifica messa in mora, vale quale interpellazione ex art. 102 cpv. 1 CO la notifica - nel senso della ricezione, trattandosi di atto recettizio che produce i suoi effetti giuridici quando giunge nella sfera di influenza del destinatario (Weber, Berner Kommentar, vol. VI/1/5, n. 68 all'art. 102 CO, pag. 392 seg.) - del primo precetto esecutivo, che in concreto ha avuto luogo il 2 novembre 1994. Ne consegue che B._ deve alla Fondazione fr. 64'078.45 con interessi al 5 % su fr. 94'078.45 (fr. 103'671.45 - fr. 9'593.-) dal 3 novembre 1994 al 25 aprile 1995 e su fr. 64'078.45 (fr. 94'078.45 - fr. 30'000.-) dal 26 aprile 1995. 5.- a) La Fondazione chiede che le venga riconosciuto un indennizzo di fr. 5'000.-, senza specificare cosa si debba intendere con ciò. La questione non va comunque vagliata oltre, la ricorrente avendo omesso di sostanziare le ragioni poste a fondamento di siffatta pretesa. b) Non trattandosi in concreto di una lite in materia di assegnazione o di rifiuto di prestazioni assicurative, la procedura non è gratuita (art. 134 OG e contrario). Le spese processuali seguono la soccombenza e devono quindi essere poste a carico di B._ (art. 135 in relazione con l'art. 156 cpv. 1 OG). c) Giusta l'art. 159 cpv. 2 OG nessuna indennità di regola è assegnata in sede federale alle autorità vincenti o agli organismi con compito di diritto pubblico. Questo principio vale pure per gli istituti previdenziali in materia di LPP (DTF 118 V 169 consid. 7, 117 V 349 consid. 8, 112 V 361 consid. 6), per cui la richiesta di ripetibili presentata dalla fondazione previdenziale ricorrente per la procedura innanzi a questa Corte deve essere disattesa. Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni p r o n u n c i a : I. Il ricorso di diritto amministrativo è accolto parzialmente, il giudizio cantonale del 10 giugno 1998 essendo riformato nel senso che l'opponente è condan- nato a versare alla ricorrente l'importo di fr. 64'078.45 oltre interessi al 5 % su fr. 94'078.45 dal 3 novembre 1994 al 25 aprile 1995 e su fr. 64'078.45 dal 26 aprile 1995. II. Le spese giudiziarie, ammontanti a fr. 4'000.-, sono poste a carico dell'opponente. III. L'anticipo spese di fr. 4'000.- prestato dalla ricor- rente viene retrocesso. IV. Per la procedura federale, non si assegnano indennità di parte. V. La presente sentenza sarà intimata alle parti, al Tri- bunale cantonale delle assicurazioni, Lugano, e al- l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Lucerna, 29 gennaio 2001 In nome del Tribunale federale delle assicurazioni Il Presidente della Ia Camera : Il Cancelliere :
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Eidgenössisches Versicherungsgericht Tribunale federale delle assicurazioni Tribunal federal d'assicuranzas Cour des assurances sociales du Tribunal fédéral Cause {T 7} I 819/02 Arrêt du 23 avril 2003 IIIe Chambre Composition MM. les Juges Borella, Président, Meyer et Kernen. Greffier : M. Wagner Parties Parties 1. C._ 1. C._ 2. Y._, recourants, tous les 2 représentés par Me Eric C. Stampfli, avocat, route de Florissant 112, 1206 Genève, contre Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI, rue Ferdinand-Hodler 23, 1207 Genève, intimée, Faits : Faits : A. C._ a travaillé dès le 1er mars 1996 en qualité d'aide-vétérinaire au service de la Clinique vétérinaire X._. Le 2 novembre 1999, elle a présenté une demande de prestations de l'assurance-invalidité. Dans un projet d'acceptation de rente du 2 avril 2001, l'Office cantonal de l'assurance-invalidité du canton de Genève a conclu à une invalidité de 50 % depuis le 19 novembre 1999, limitée dans le temps puisque C._ était apte à reprendre une activité professionnelle à 100 % à partir du 13 février 2001 selon les pièces médicales. L'assurée a contesté ce fait en produisant un document du 12 avril 2001 de la doctoresse A._, spécialiste FMH en médecine générale, selon lequel il était vraisemblable que la patiente présente à l'avenir une capacité de travail réduite. Par décision du 15 juin 2001, l'office AI a alloué à C._ dès le 1er novembre 1999 jusqu'au 31 mai 2001 une demi-rente d'invalidité, assortie d'une demi-rente complémentaire pour son conjoint. Par décision du 15 juin 2001, l'office AI a alloué à C._ dès le 1er novembre 1999 jusqu'au 31 mai 2001 une demi-rente d'invalidité, assortie d'une demi-rente complémentaire pour son conjoint. B. Dans un mémoire du 13 août 2001, C._ et Y._ ont recouru contre cette décision devant la Commission cantonale genevoise de recours en matière d'AVS/AI, en concluant, sous suite de dépens, à la réforme de celle-ci en ce sens que C._ avait droit à une rente d'invalidité d'une durée illimitée, assortie d'une rente complémentaire pour son conjoint. Le docteur B._, spécialiste FMH en médecine générale et médecin de l'office AI, étant de l'avis qu'une expertise multidisciplinaire du COMAI était nécessaire (prise de position du 13 novembre 2001), l'Office cantonal de l'assurance-invalidité du canton de Genève, dans un préavis du 15 novembre 2001, a proposé que la procédure soit suspendue jusqu'à réception du rapport d'expertise médicale du COMAI. Dans leurs déterminations du 20 décembre 2001, C._ et Y._, tout en s'opposant à la suspension de la procédure, se sont ralliés à la proposition d'une expertise médicale à confier au COMAI de Berne. Relevant que l'office AI ne décrivait pas les modalités de l'expertise, il leur était impossible de se déterminer sur ce point. C._ et Y._ ont produit des certificats médicaux de la doctoresse A._ des 31 janvier, 26 mars et 23 avril 2002, attestant une incapacité de travail de 70 %. Le 6 mai 2002, ils ont interpellé la juridiction cantonale sur le déroulement de la procédure, qui selon eux n'avait aucunement progressé depuis leurs déterminations du 20 décembre 2001. Par lettre du 8 mai 2002, la juridiction de première instance a avisé C._ et Y._ que le recours était toujours en instruction. Les 14 juin, 24 et 29 juillet 2002, C._ et Y._ ont interpellé à nouveau la juridiction cantonale, pour savoir quelles mesures d'instruction avaient été prises et quelles étaient celles qui étaient envisagées. Par lettre du 3 septembre 2002, l'avocat de C._ et Y._ a informé la commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI qu'il avait mandat d'agir auprès de toutes autorités compétentes pour faire valoir leurs droits légitimes si une mesure d'instruction n'était pas prise à bref délai. Le 30 septembre 2002, l'office AI a avisé la juridiction précitée qu'il maintenait ses conclusions, telles qu'exposées dans son préavis du 15 novembre 2001. Le 30 septembre 2002, l'office AI a avisé la juridiction précitée qu'il maintenait ses conclusions, telles qu'exposées dans son préavis du 15 novembre 2001. C. Dans un mémoire du 27 novembre 2002, C._ et Y._ exercent un recours de droit administratif au Tribunal fédéral des assurances. Ils demandent d'ordonner à la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI de la République et canton de Genève de statuer à bref délai sur le recours formé contre la décision du 15 juin 2001, de condamner conjointement et solidairement ladite commission de recours et l'office cantonal de l'assurance-invaladité en tous les dépens et de les débouter de toutes autres ou contraires conclusions. La Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI de la République et canton de Genève s'en rapporte à justice, de même que l'Office cantonal de l'assurance-invalidité. Considérant en droit : Considérant en droit : 1. Invoquant un retard injustifié, les recourants reprochent à la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI de n'avoir pris aucune mesure d'instruction pour statuer sur le recours et d'avoir ainsi retardé illégitimement une prise de décision. 1. Invoquant un retard injustifié, les recourants reprochent à la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI de n'avoir pris aucune mesure d'instruction pour statuer sur le recours et d'avoir ainsi retardé illégitimement une prise de décision. 2. 2.1 L'art. 29 al. 1 Cst., qui a succédé à l'art. 4 al. 1 aCst. depuis le 1er janvier 2000, dispose que toute personne a droit, dans une procédure judiciaire ou administrative, à ce que sa cause soit traitée équitablement et jugée dans un délai raisonnable. Le refus d'une autorité administrative ou judiciaire de se saisir d'une demande qui relève de sa compétence constitue une violation de cette disposition constitutionnelle, que la jurisprudence qualifie de déni de justice formel. L'art. 29 al. 1 Cst. est également violé lorsque l'autorité compétente, bien que se déclarant disposée à rendre une décision, ne se prononce pas dans un délai convenable eu égard à la nature de l'affaire et à l'ensemble des circonstances. On parle dans ce cas de retard injustifié. Selon la jurisprudence rendue sous l'ancien droit et toujours valable (SVR 2001 IV n° 24 p. 73 sv. consid. 3a et b), pour les justiciables, peu importe le motif qui est à l'origine du refus de statuer ou du retard injustifié; ce qui est déterminant, c'est le fait que l'autorité n'a pas agi ou qu'elle a agi avec retard (ATF 124 V 133, 117 Ia 117 consid. 3a, 197 consid. 1c, 108 V 20 consid. 4c, 107 Ib 164 consid. 3b, 103 V 195 consid. 3c). 2.2 La loi sur l'assurance-invalidité ne fixe pas le délai dans lequel l'autorité doit rendre sa décision. En pareil cas, le caractère raisonnable de la durée de la procédure s'apprécie en fonction des circonstances particulières de la cause, lesquelles commandent généralement une évaluation globale. Le laps de temps admissible pour qu'une autorité décide dépend notamment du degré de complexité de l'affaire, de l'enjeu que revêt le litige pour l'intéressé ainsi que du comportement de ce dernier et des autorités compétentes (ATF 124 I 142 consid. 2c, 119 Ib 325 consid. 5b et les références), mais aussi de la difficulté à élucider les questions de fait (expertises, par exemple; Pierre Moor, Droit administratif, vol. II « Les actes administratifs et leur contrôle », 2ème édition, Berne 2002, p. 292 et la note n° 699). ll appartient au justiciable d'entreprendre ce qui est en son pouvoir pour que l'autorité fasse diligence, que ce soit en l'invitant à accélérer la procédure (ATF 125 V 375 consid. 2b/aa) ou en recourant, le cas échéant, pour retard injustifié (ATF 107 Ib 158 s. consid. 2b/bb et 2c). Cette obligation s'apprécie toutefois avec moins de rigueur en procédure pénale et administrative (Haefliger/Schürmann, Die Europäische Menschenrechtskonvention und die Schweiz, Berne 1999, p. 203-204; Auer/Malinverni/Hottelier, Droit constitutionnel suisse, vol. II « Les droits fondamentaux », ch. m. 1243 p. 594). On ne saurait par ailleurs reprocher à une autorité quelques temps morts; ceux-ci sont inévitables dans une procédure (ATF 124 I 142 consid. 2c déjà cité). Une organisation déficiente ou une surcharge structurelle ne peuvent cependant justifier la lenteur excessive d'une procédure (ATF 122 IV 111 consid. I/4 et 107 Ib 165 consid. 3c). Il appartient en effet à l'État d'organiser ses juridictions de manière à garantir aux citoyens une administration de la justice conforme aux règles (Pierre Moor, op. cit., p. 293 et la note n° 700; Auer/Malinverni/Hottelier, op. cit., ch. m. 1245 p. 595; Jörg Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, Berne 1999, p. 506 s.; Haefliger/Schürmann, op. cit., p. 204 s.). Dans le cadre de cette appréciation d'ensemble, il faut également tenir compte du fait qu'en droit des assurances sociales, la procédure de première instance est gouvernée par le principe de célérité. Cela vaut notamment pour les recours en matière d'AVS/AI, où l'art. 85 al. 2 let. a LAVS (en vigueur jusqu'au 31 décembre 2002), en corrélation avec l'art. 69 LAI (dans sa teneur en vigueur jusqu'au 31 décembre 2002), exigeait des cantons que la procédure soit simple et rapide, ce qui est l'expression d'un principe général du droit des assurances sociales (ATF 126 V 249 consid. 4a et les références). 2.3 En l'occurrence, il s'est écoulé environ quinze mois entre le moment où les recourants ont déposé leur mémoire du 13 août 2001 devant la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI et celui où ils ont exercé un recours de droit administratif au Tribunal fédéral des assurances, invoquant dans leur mémoire du 27 novembre 2002 un retard injustifié. Pendant ce laps de temps, l'intimé, dans son préavis du 15 novembre 2001, a proposé qu'une expertise multidisciplinaire soit confiée au COMAI. Cette proposition a été admise par les recourants, sous la réserve qu'ils demandaient à pouvoir se déterminer sur les modalités de celle-ci. Lorsque les recourants ont saisi la Cour de céans, la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI ne s'était pas prononcée sur la question de l'expertise. Or, la cause revêt une certaine complexité en raison de la pathologie présentée par l'assurée (arrêt P. du 10 mars 2003 [I 721/02]). En outre, la question d'une expertise psychiatrique se pose, dès lors que le docteur B._, dans sa prise de position du 13 novembre 2001, a évoqué un syndrome somatoforme douloureux. Pour admettre l'existence d'une incapacité de travail résultant de troubles somatoformes douloureux, il faut que les critères déterminants consacrés par la jurisprudence en cette matière (VSI 2000 p. 154) se manifestent chez la personne assurée avec un minimum de constance et d'intensité (arrêt D. du 20 septembre 2002 [I 759/01]). Compte tenu de l'ensemble de ces circonstances, et bien que l'on puisse considérer que la limite du tolérable pour un litige de cette nature est proche, le laps de temps de quinze mois qui s'était écoulé jusqu'au dépôt du recours de droit administratif devant le Tribunal fédéral des assurances, n'apparaît pas excessif au point de constituer un retard injustifié prohibé par les art. 29 al. 1 Cst. et 6 § 1 CEDH (arrêt S. du 30 avril 2001 [C 53/01]). Cela, en dépit de l'exigence de célérité, qui ne peut l'emporter sur la nécessité d'une instruction complète (ATF 119 Ib 325 consid. 5b déjà cité), et de l'enjeu de la cause pour l'assurée. L'attention de la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI et de l'Office AI est attirée sur le fait qu'il n'est pas possible lorsqu'un recours a été formé de suspendre la procédure pour permettre à l'autorité intimée de faire procéder à une expertise. Soit l'instance judiciaire met en oeuvre l'expertise, soit elle annule la décision administrative litigieuse et renvoie le dossier à l'administration pour qu'elle complète l'instruction et rende une nouvelle décision (ATF 127 V 228). L'attention de la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI et de l'Office AI est attirée sur le fait qu'il n'est pas possible lorsqu'un recours a été formé de suspendre la procédure pour permettre à l'autorité intimée de faire procéder à une expertise. Soit l'instance judiciaire met en oeuvre l'expertise, soit elle annule la décision administrative litigieuse et renvoie le dossier à l'administration pour qu'elle complète l'instruction et rende une nouvelle décision (ATF 127 V 228). 3. Il y lieu également d'attirer l'attention de la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI, devant laquelle la cause est pendante, sur l'art. 61 let. a de la loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales (LPGA) du 6 octobre 2000, entrée en vigueur le 1er janvier 2003. 4. Les recourants, qui succombent, ne sauraient prétendre une indemnité de dépens pour l'instance fédérale (art. 159 al. 1 en corrélation avec l'art. 135 OJ). Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce : Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce : 1. Le recours est rejeté. 1. Le recours est rejeté. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 3. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, à la Commission cantonale de recours en matière d'AVS/AI et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 23 avril 2003 Au nom du Tribunal fédéral des assurances Le Président de la IIIe Chambre: Le Greffier:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_698/2011 Urteil vom 2. November 2011 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Schneider, Einzelrichter, Gerichtsschreiberin Arquint Hill. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführerin, gegen Y._, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Jürg Koller, Beschwerdegegner. Gegenstand Ehrverletzung; Kosten; Willkür, Beschwerde gegen den Beschluss des Obergerichts des Kantons Zürich, I. Strafkammer, vom 29. August 2011. Der Einzelrichter zieht in Erwägung: 1. Das Obergericht des Kantons Zürich schrieb am 29. August 2011 das Verfahren in Sachen der Beschwerdeführerin als durch Rückzug erledigt ab. Zur Begründung führte es aus, die Beschwerdeführerin habe am 16. März 2011 zwar fristgerecht Berufung gegen das erstinstanzliche Urteil vom 4. März 2011 eingelegt, es jedoch trotz Hinweises auf die entsprechenden Säumnisfolgen unterlassen, schriftliche Berufungsanträge im Sinne von Art. 406 Abs. 1 lit. d und Abs. 3 StPO/ZH innert der ihr erstreckten Frist zu stellen und zu begründen. Die Berufung der Beschwerdeführerin gelte daher androhungsgemäss als zurückgezogen. Demzufolge sei das erstinstanzliche Urteil rechtskräftig. Die Kosten des Berufungsverfahrens seien der Beschwerdeführerin aufzuerlegen. Die Beschwerdeführerin wendet sich an das Bundesgericht. Sie setzt sich mit den Erwägungen des angefochtenen Beschlusses nicht auseinander und legt nicht dar, inwiefern das Obergericht schweizerisches Recht im Sinne von Art. 95 BGG verletzt bzw. das kantonale Strafprozessrecht willkürlich angewendet haben könnte. Die Beschwerde genügt daher den gesetzlichen Formerfordernissen (Art. 42 Abs. 2 und Art. 106 Abs. 2 BGG) nicht. Soweit sich die Beschwerdeführerin unter Hinweis auf die Beilagen auf neue Tatsachen beruft, handelt es sich um unzulässige Noven im Sinne von Art. 99 Abs. 1 BGG. Auf die Beschwerde ist im Verfahren nach Art. 108 BGG nicht einzutreten. 2. Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. Die Gerichtskosten sind der Beschwerdeführerin aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt der Einzelrichter: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, I. Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 2. November 2011 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Einzelrichter: Schneider Die Gerichtsschreiberin: Arquint Hill
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_319/2009 Arrêt du 29 octobre 2009 Cour de droit pénal Composition MM. les Juges Favre, Président, Schneider, Wiprächtiger, Ferrari et Mathys. Greffière: Mme Kistler Vianin. Parties X._, recourante, représentée par Me Basile Schwab, avocat, contre Y._, représenté par Me Claire-Lise Oswald, avocate, Ministère public du canton de Neuchâtel, case postale 2672, 2001 Neuchâtel 1, intimés. Objet Escroqueries (art. 146 CP); expertise psychiatrique; fixation de la peine; confiscation, recours contre l'arrêt du 18 mars 2009 de la Cour de cassation pénale du Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel. Faits: A. Par jugement du 7 janvier 2009, le Tribunal correctionnel du district de Neuchâtel a reconnu X._ coupable d'escroqueries par métier (art. 146 al. 2 CP), de tentatives d'escroquerie (art. 22 et 146 CP), d'induction de la justice en erreur (art. 304 CP), de faux dans les certificats (art. 252 CP), de détournement de valeurs patrimoniales mises sous main de justice (art. 169 CP), de faux dans les titres (art. 251 CP) et d'infraction à la loi fédérale sur l'assurance-chômage et l'insolvabilité (art. 105 LACI). Il a condamné l'intéressée à une peine privative de liberté de trois ans, peine d'ensemble incluant la peine à exécuter à la suite de la révocation d'un précédent sursis et peine complémentaire à d'autres. Enfin, il a ordonné la confiscation de la Mercedes, placée sous séquestre, et a attribué le produit de la vente à Y._. B. Par arrêt du 18 mars 2009, la Cour de cassation pénale du Tribunal cantonal neuchâtelois a rejeté le pourvoi formé par X._. Cet arrêt - qui se limite à l'examen des trois escroqueries contestées par X._ - retient, pour l'essentiel, les faits suivants: B.a Z._ était une ancienne connaissance de X._. En 2003, elle s'est séparée de son mari et est allée vivre dans l'immeuble où habitait déjà X._. Celle-ci s'est montrée extrêmement gentille avec sa nouvelle voisine et lui a proposé de l'engager au cas où elle rouvrirait son home. Un jour du mois de septembre 2003, X._ s'est présentée au domicile de Z._ en lui disant qu'elle avait besoin d'une somme de 10'000 fr., dans les deux heures, car elle s'était "portée garante d'un couple pour l'achat d'une voiture". Le prétexte invoqué était faux, et X._ savait qu'elle ne pourrait pas rembourser le prêt vu sa situation financière catastrophique. Elle savait aussi que sa voisine venait de recevoir de la part de son mari des arriérés de pensions d'un montant assez important. Elle avait au demeurant remarqué que celle-ci n'allait pas bien du tout en raison de sa séparation d'avec son mari. Z._ a remis 10'000 fr. en liquide à X._ qui a payé avec cet argent diverses de ses dettes et n'a remboursé que 1000 fr. à Z._, en dix fois. B.b D._ habitait à proximité du magasin d'alimentation ouvert par X._, à P._. Il était sans travail depuis 1999 et vivait de ses rentes. Il était "gentil et très faible" et, selon les dires de X._, "n'aurait pas même été capable de tenir la caisse du magasin". Un jour, il a demandé à X._ s'il pouvait l'aider dans son activité professionnelle. Elle lui a alors proposé de devenir son "associé", lui expliquant qu'elle désirait créer une société anonyme et ouvrir plusieurs autres magasins. Elle lui a promis qu'il pourrait devenir le gérant de l'un d'eux. Elle avait cependant besoin d'argent pour la création de cette société anonyme, l'achat de matériel pour le magasin de P._ et l'ouverture d'un second commerce. A cet effet, elle lui a fait signer divers documents (contrat de vente, convention de participation aux bénéfices, reconnaissance de dettes, etc.). D._ a vidé ses comptes bancaires et remis à X._ la presque totalité de son avoir de prévoyance. X._ n'a cependant entrepris aucune démarche pour créer une société anonyme. Elle n'a versé à D._ aucune participation aux bénéfices et a utilisé tout l'argent à des fins personnelles. L'infraction a porté sur un total de 138'000 francs. B.c Entre 2004 et 2006, Y._ a rencontré X._ par l'intermédiaire d'un tiers, et ils ont sympathisé. Il est tout de suite apparu à X._ que Y._ "était quelqu'un de gentil et d'honnête mais surtout de très sensible et faible". Elle lui a déclaré qu'elle avait besoin d'argent "pour ses affaires" et lui a demandé de lui en prêter, taisant qu'elle n'avait ni les moyens, ni l'intention de rembourser les prêts. Elle l'a ainsi déterminé à contracter un petit crédit de 50'000 francs. Pour ce faire, elle l'a accompagné à B._ pour rencontrer un courtier avec lequel elle a parlé en serbo croate. Elle a déclaré à Y._ qu'elle paierait les mensualités du crédit et qu'elle lui donnerait 1'000 ou 2'000 francs. X._ a dilapidé le crédit de 50'000 francs, sans s'acquitter des mensualités. Après ce premier épisode, entre l'été 2007 et le 7 avril 2008, Y._ s'est laissé persuader de résilier son contrat de travail aux CFF, pour retirer le montant de sa caisse de pension de plus de 111'000 francs. Il a donné une procuration et une carte bancomat sur son compte à X._ qui a ainsi prélevé la quasi totalité de son avoir du deuxième pilier. C. Contre cet arrêt cantonal, X._ dépose un recours en matière pénale devant le Tribunal fédéral. Elle s'en prend à l'expertise concluant à sa pleine responsabilité, conteste la qualification juridique d'escroquerie, se plaint de la sévérité de la peine qui lui a été infligée et s'oppose à la confiscation de la Mercedes. Elle conclut, principalement, à la réforme de l'arrêt attaqué en ce sens qu'elle ne soit pas condamnée à une peine privative de liberté excédant douze mois et, à titre subsidiaire, au renvoi de la cause à la cour cantonale pour nouveau jugement. En outre, elle sollicite l'assistance judiciaire. D. Par ordonnance du 30 avril 2009, le Président de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral a déclaré sans objet la requête d'effet suspensif de la recourante et déclaré irrecevable sa requête de mise en liberté provisoire. E. Le Ministère public neuchâtelois et la partie intimée Y._ ont conclu au rejet du recours, tout comme le Tribunal cantonal. Considérant en droit: 1. La recourante s'en prend, en premier lieu, à l'expertise psychiatrique, qu'elle qualifie de contradictoire. En effet, le rapport d'expertise conclurait à une responsabilité pénale pleine et entière, tout en constatant qu'elle présentait un "trouble mixte de la personnalité, à savoir une personnalité à traits prédominants narcissiques, histrioniques et à un degré moindre paranoïaques". Selon la recourante, la cour cantonale n'aurait pas dû, en raison de cette contradiction, retenir les conclusions du rapport d'expertise, mais en ordonner un complément. 1.1 Par cette argumentation, la recourante s'en prend à l'appréciation des preuves et à l'établissement des faits (ATF 106 IV 97 consid. 2b p. 99 s.), questions que le Tribunal fédéral ne revoit que sous l'angle de l'arbitraire (ATF 134 IV 36 consid. 1.4.1). En matière d'expertise, le Tribunal fédéral admet le grief d'appréciation arbitraire des preuves seulement lorsque l'autorité cantonale juge l'expertise concluante et en fait sien le résultat, alors que l'expert n'a pas répondu aux questions posées, que ses conclusions sont contradictoires ou lorsque, d'une quelconque autre façon, l'expertise est entachée de défauts à ce point évidents et reconnaissables, même sans connaissances spécifiques, que le juge ne pouvait tout simplement pas les ignorer (ATF 107 IV 7 consid. 5). 1.2 En l'espèce, l'expert a d'abord rappelé qu'un trouble de la personnalité n'impliquait pas forcément une diminution de la responsabilité pénale. Il a ensuite soigneusement analysé la question de savoir si, dans le cas de la recourante, le trouble mixte de la personnalité qu'elle présentait affectait ou non sa responsabilité pénale, en comparant les éléments en faveur d'une atténuation de cette responsabilité et ceux en défaveur de celle-ci. Cet examen l'a amené à la conclusion que le trouble de la personnalité dont souffrait la recourante n'était pas de nature à diminuer sa capacité d'apprécier le caractère illicite des actes ni sa faculté de se déterminer d'après cette appréciation. Dans ces circonstances, le rapport d'expertise ne peut être considéré comme contradictoire, et la cour cantonale était dès lors fondée à se rallier aux conclusions de celui-ci pour retenir une responsabilité pleine et entière. Mal fondé, le grief soulevé doit être rejeté. 2. La recourante conteste la qualification d'escroquerie. 2.1 Aux termes de l'art. 146 CP, se rend coupable d'escroquerie celui qui, dans le dessein de se procurer ou de procurer à un tiers un enrichissement illégitime, aura astucieusement induit en erreur une personne par des affirmations fallacieuses ou par la dissimulation de faits vrais, ou l'aura astucieusement confortée dans son erreur et aura de la sorte déterminé la victime à des actes préjudiciables à ses intérêts pécuniaires ou à ceux d'un tiers. 2.2 L'escroquerie consiste à tromper la dupe par des affirmations fallacieuses, par la dissimulation de faits vrais ou par un comportement qui la conforte dans son erreur. Pour qu'il y ait escroquerie, une simple tromperie ne suffit cependant pas; il faut qu'elle soit astucieuse. Le juge pénal n'a pas à accorder sa protection à celui qui est tombé dans un piège qu'un peu d'attention et de réflexion lui aurait permis d'éviter. Selon la jurisprudence, la tromperie est astucieuse lorsque l'auteur recourt à un édifice de mensonges, à des manoeuvres frauduleuses ou à une mise en scène, mais aussi lorsqu'il donne simplement de fausses informations, si leur vérification est impossible, ne l'est que difficilement ou ne peut raisonnablement être exigée, de même que si l'auteur dissuade la dupe de vérifier ou prévoit, en fonction des circonstances, qu'elle renoncera à le faire en raison d'un rapport de confiance particulier (ATF 128 IV 18 consid. 3a p. 20). Celui qui promet une prestation sans avoir l'intention de l'exécuter agit astucieusement parce qu'en promettant, il donne le change sur ses véritables intentions, ce que la dupe est dans l'impossibilité de vérifier (ATF 118 IV 359 consid. 2 p. 361). Il convient, dans certains cas, de prendre en considération une coresponsabilité de la dupe. Ainsi, l'astuce n'est parfois pas retenue au motif que la dupe (par exemple une banque) n'aurait pas été trompée si elle n'avait pas négligé les précautions les plus élémentaires (ATF 119 IV 28 consid. 3f p. 37 s.). Mais une personne privée de discernement peut aussi être escroquée; dans ce cas, une éventuelle faute concurrente ne sera pas prise en considération (ATF 119 IV 210 consid. 3c p. 213 s.). Pour apprécier si l'auteur a usé d'astuce, il ne suffit donc pas de se demander comment une personne raisonnable et expérimentée aurait réagi à la tromperie. Il faut, au contraire, prendre en considération la situation particulière de la dupe, telle que l'auteur la connaît et l'exploite, par exemple une faiblesse d'esprit, l'inexpérience ou la sénilité, mais aussi un état de dépendance, d'infériorité ou de détresse faisant que la dupe n'est guère en mesure de se méfier de l'auteur. L'exploitation de semblables situations constitue précisément l'une des caractéristiques de l'astuce (ATF 128 IV 18 consid. 3a p. 21). Le principe de la coresponsabilité, invoqué à tort et à travers par les accusés, ne saurait être utilisé pour nier trop aisément le caractère astucieux de la tromperie, en particulier lorsque l'auteur recherche systématiquement des victimes quelque peu naïves (ATF 128 IV 18 consid. 3a p. 21). La tromperie astucieuse doit amener la dupe, dans l'erreur, à accomplir un acte préjudiciable à ses intérêts pécuniaires ou à ceux d'un tiers. La dupe doit conserver une certaine liberté de choix (CORBOZ, Les infractions en droit suisse, vol I, n° 28 ad art. 146 CP). L'erreur créée ou confortée par la tromperie doit motiver l'acte (ATF 119 IV 210 consid. 3d p. 214). L'escroquerie ne sera consommée que s'il y a un dommage (CORBOZ, op. cit., n° 32 ad art. 146 CP). Sur le plan subjectif, l'escroquerie est une infraction intentionnelle, l'intention devant porter sur tous les éléments constitutifs de l'infraction. L'auteur doit en outre agir dans le dessein de se procurer ou de procurer à un tiers un enrichissement illégitime (ATF 134 IV 210 consid. 5.3 p. 213 s.). Sur le plan subjectif, l'escroquerie est une infraction intentionnelle, l'intention devant porter sur tous les éléments constitutifs de l'infraction. L'auteur doit en outre agir dans le dessein de se procurer ou de procurer à un tiers un enrichissement illégitime (ATF 134 IV 210 consid. 5.3 p. 213 s.). 2.3 2.3.1 Dans le premier cas (consid. B.a), la recourante a invoqué un faux prétexte pour amener Z._ à lui remettre un montant de 10'000 francs. Elle savait que sa voisine était fragilisée par une séparation douloureuse. Dès son arrivée dans l'immeuble, elle s'était montrée très gentille avec elle et lui avait même proposé de l'engager au cas où elle rouvrirait son home, de sorte que la dupe s'était prise d'amitié pour la recourante. En exploitant cette situation de faiblesse, mais aussi les sentiments d'amitiés de sa voisine, la recourante a fait preuve d'astuce. En outre, elle a mis celle-ci sous pression, en lui donnant un délai de deux heures pour réunir la somme, ce qui rendait toute vérification difficile. Dans l'erreur, Z._ a remis à la recourante un montant de 10'000 francs, accomplissant ainsi un acte préjudiciable à ses intérêts. La recourante a dilapidé cet argent et n'a remboursé à la dupe que 1000 francs. Comme elle a sans conteste agi intentionnellement, les éléments constitutifs de l'escroquerie sont réalisés. 2.3.2 Dans le second cas (consid. B.b), la recourante a sympathisé avec D._ qui était sans travail. Alors qu'il proposait de l'aider dans son activité professionnelle, elle lui a déclaré qu'elle avait besoin d'argent pour constituer une société anonyme en vue d'exploiter plusieurs magasins et qu'il serait le gérant de l'un de ceux-ci. Elle lui a fait signer à cette fin plusieurs documents. Elle savait cependant dès le départ que les sommes versées par la dupe lui serviraient à éponger ses dettes et elle n'a du reste entrepris aucune démarche pour créer cette nouvelle société. D._ a certes fait preuve d'une grande naïveté dans cette affaire. Il était toutefois quelqu'un de "très gentil et de très faible" et "qui n'aurait pas même été capable de tenir la caisse du magasin", et l'astuce a consisté justement à abuser de cette faiblesse, dont la recourante avait parfaitement conscience. Dans l'erreur, D._ a remis à la recourante un montant total de 138'000 francs, que celle-ci a utilisé à des fins personnelles. Les éléments constitutifs de l'escroquerie sont donc ainsi également réalisés. 2.3.3 En ce qui concerne Y._ (consid. B.c), il convient de distinguer deux périodes: De 2004 à 2006, la recourante a obtenu de la part de Y._ un prêt au motif qu'elle avait besoin d'argent "pour ses affaires". Elle a déterminé Y._ à contracter un petit crédit de 50'000 francs, s'engageant elle-même à rembourser régulièrement les mensualités, alors qu'elle savait très bien qu'elle n'allait pas pouvoir le faire au vu de sa situation financière. En affichant une telle volonté, tout en sachant que la dupe, qui nourrissait envers elles des sentiments d'amitiés, voire amoureux, ne ferait aucune vérification et qui n'était au demeurant pas en état d'en faire compte tenu de son manque total d'expérience, la recourante a sans aucun doute agi de manière astucieuse. Induite en erreur, la dupe s'est dépouillée d'une somme importante au profit de la recourante, somme que celle-ci a dilapidée. Les conditions de l'escroquerie sont dès lors réalisées. Un ou deux ans plus tard, la recourante a persuadé Y._ de résilier son contrat de travail aux CFF et de retirer le montant de sa caisse de pension de plus de 111'000 francs. Elle s'est ensuite fait remettre par Y._ une procuration sur son compte ouvert auprès de la Banque cantonale vaudoise ainsi qu'une carte bancomat. Elle a ainsi prélevé la quasi totalité de son avoir du deuxième pilier, utilisant cette somme à son profit. Comme, dans le premier cas, la recourante a profité du manque d'expérience de la dupe et de l'amitié que celle-ci lui témoignait pour la dilapider. La tromperie doit donc être qualifiée d'astucieuse et c'est dès lors à juste titre que la cour cantonale a retenu l'escroquerie. 3. La recourante critique la peine qui lui a été infligée. Elle fait notamment valoir que le ministère public aurait requis une peine inférieure. 3.1 Selon l'art. 47 CP, le juge fixe la peine d'après la culpabilité de l'auteur. Il prend en considération les antécédents et la situation personnelle de ce dernier ainsi que l'effet de la peine sur son avenir (al. 1). La culpabilité est déterminée par la gravité de la lésion ou de la mise en danger du bien juridique concerné, par le caractère répréhensible de l'acte, par les motivations et les buts de l'auteur et par la mesure dans laquelle celui-ci aurait pu éviter la mise en danger ou la lésion, compte tenu de sa situation personnelle et des circonstances extérieures (al. 2). Les critères, énumérés de manière non exhaustive par cette disposition, correspondent à ceux fixés par l'art. 63 aCP et la jurisprudence élaborée en application de cette disposition (ATF 134 IV 17 consid. 2.1). Cette jurisprudence conserve toute sa valeur, de sorte que l'on peut continuer à s'y référer (voir ATF 129 IV 6 consid. 6.1 p. 21; 127 IV 101 consid. 2a p. 103; 117 IV 112 consid. 1, 116 IV 288 consid. 2a et les références citées). L'art. 47 CP confère un large pouvoir d'appréciation au juge. Par conséquent, celui-ci ne viole le droit fédéral en fixant la peine que s'il sort du cadre légal, s'il se fonde sur des critères étrangers à l'art. 47 CP, s'il omet de prendre en considération des éléments d'appréciation prévus par cette disposition ou, enfin, si la peine qu'il prononce est exagérément sévère ou clémente au point de constituer un abus du pouvoir d'appréciation (ATF 134 IV 17 consid. 2.1; 129 IV 6 consid. 6.1 et les références citées). 3.2 En l'espèce, la faute de la recourante doit être qualifiée de grave. Elle a trompé trois personnes qui nourrissaient envers elle des sentiments d'amitiés. En particulier, elle a dépouillé D._ et Y._ de leur caisse de pension, ce dernier étant maintenant couvert de dettes. Au vu de ces circonstances, la peine privative de liberté de trois ans n'apparaît pas sévère à un point tel qu'il faille conclure à un abus du large pouvoir d'appréciation accordé à la cour cantonale. Cette dernière a motivé de manière détaillée et complète la peine, et la recourante n'invoque aucun élément, propre à modifier celle-ci, qu'elle aurait omis ou pris en considération à tort. Elle n'était pas liée par les réquisitions du ministère public, et il n'est donc pas pertinent que le ministère public ait requis une peine inférieure. Le grief de violation de l'art. 47 CP est dès lors infondé. 4. Enfin, la recourante s'en prend à la confiscation de la Mercedes au motif que celle-ci appartiendrait à son fils. Conformément à l'art. 81 al. 1 let. b LTF, le recourant doit avoir un intérêt juridique à l'annulation ou à la modification de la décision attaquée. Cette exigence est remplie lorsque le recourant soulève une critique susceptible de conduire, le cas échéant, à une nouvelle décision plus favorable pour lui. En l'espèce, la recourante fait valoir que la voiture appartenait à son fils qui l'aurait reçue de son oncle. Si ce grief se révélait fondé, la voiture devrait être restituée au fils et non à la recourante. Celle-ci n'a donc aucun intérêt juridique à soulever un tel grief qui doit être déclaré irrecevable. 5. Au vu de ce qui précède, le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. Comme ses conclusions étaient d'emblée vouées à l'échec, la recourante doit être déboutée de sa demande d'assistance judiciaire (art. 64 al. 1 et 2 LTF) et supporter les frais de justice réduits compte tenu de sa situation financière actuelle (art. 65 et 66 al. 1 LTF). La recourante qui succombe doit verser une indemnité de dépens à l'intimé, Y._, qui a obtenu gain de cause (art. 68 al. 2 LTF). Aucuns dépens ne sont alloués au Ministère public neuchâtelois (art. 68 al. 3 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. La demande d'assistance judiciaire de la recourante est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 fr., sont mis à la charge de la recourante. 4. La recourante versera à l'intimé la somme de 2000 fr. à titre de dépens. 5. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour de cassation pénale du Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel. Lausanne, le 29 octobre 2009 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Favre Kistler Vianin
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[AZA 0/2] 2P.144/2001/bmt II. OEFFENTLICHRECHTLICHE ABTEILUNG *********************************** 31. Juli 2001 Es wirken mit: Bundesrichter Hungerbühler, präsidierendes Mitglied der II. öffentlichrechtlichen Abteilung, Bundesrichter Müller, Ersatzrichter Cavelti und Gerichtsschreiber Fux. --------- In Sachen H._, Beschwerdeführerin, vertreten durch Fürsprecher Peter Wüthrich, Schlösslistrasse 9A, Postfach 8915, Bern, gegen Anwaltskammer des Kantons Bern, betreffend Art. 8, 9 BV (Verletzung des Anwaltsgeheimnisses), wird festgestellt und in Erwägung gezogen: 1.-Fürsprecherin H._ stellte am 29. März 2000 ein Betreibungsbegehren gegen einen ehemaligen Klienten, weil dieser die Honorarforderung nicht beglichen hatte. Als Forderungsgrund gab sie "Honorarnote vom 25.10.1999" an. Nachdem der Betriebene Rechtsvorschlag erhoben hatte, ersuchte H._ die Anwaltskammer des Kantons Bern um Befreiung von der beruflichen Schweigepflicht, soweit dies zur Geltendmachung der Honorarforderung notwendig sei. Mit Entscheid vom 24. April 2001 verurteilte die Anwaltskammer des Kantons Bern H._ wegen Widerhandlung gegen Art. 10 Abs. 1 des bernischen Gesetzes vom 6. Februar 1984 über die Fürsprecher (FG) zu einer Busse von Fr. 200.--. Die Anwaltskammer befand, H._ habe mit dem Hinweis "Honorarnote vom 25.10.1999" im Betreibungsbegehren das Berufsgeheimnis verletzt, weil sich daraus das Bestehen eines Mandatsverhältnisses ableiten lasse, ohne dass dafür die vorherige Einwilligung des Mandanten oder eine Befreiung von der Schweigepflicht gemäss Art. 41 FG erfolgt sei. Demgegenüber hätte keine Verletzung des Berufsgeheimnisses vorgelegen, wenn im Betreibungsbegehren als Forderungsgrund lediglich "Rechnung vom (...)" angegeben worden wäre. H._ beantragt mit staatsrechtlicher Beschwerde, Ziffern 1 (Busse) und 3 (Verfahrenskosten) des Entscheiddispositivs der Anwaltskammer wegen Willkür (Art. 9 BV) und Ungleichheit in der Rechtsanwendung (Art. 8 BV) aufzuheben. 2.-Willkür im Sinn von Art. 9 BV liegt bei der Auslegung und Anwendung von Gesetzesnormen nicht schon dann vor, wenn eine andere Auslegung ebenfalls vertretbar oder sogar zutreffender erscheint, sondern erst dann, wenn ein Entscheid offensichtlich unhaltbar ist. Dies ist insbesondere dann der Fall, wenn der Entscheid mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft (statt vieler: BGE 127 I 60 E. 5a S. 70, mit Hinweisen). 3.-Mit der Anwaltskammer ist davon auszugehen, dass die berufliche Schweigepflicht eine der wichtigsten Berufspflichten ist (vgl. auch Art. 321 StGB) und dass bereits die Tatsache des Bestehens eines Mandatsverhältnisses grundsätzlich unter den Geheimnisschutz fällt. Nicht gefolgt werden kann der Anwaltskammer indessen, wenn sie aus dem Hinweis "Honorarforderung vom ..." zwingend auf ein Mandatsverhältnis zwischen Anwalt und Klient schliesst, während der Hinweis "Rechnung vom ..." höchstens eine nicht belegbare Vermutung auf das Bestehen eines Mandatsverhältnisses begründe. "Honorare" werden, wie die Beschwerdeführerin zu Recht ausführt, nicht nur aufgrund von Geldforderungen aus anwaltlicher Tätigkeit begründet, sondern können auch Entschädigungen sein für die Tätigkeit als Verwaltungsrat einer Aktiengesellschaft oder für eine wissenschaftliche oder künstlerische Leistung. Die Bezeichnung "Honorarnote" lässt wohl auf eine Entschädigung aus einer freiberuflichen Tätigkeit schliessen, nicht aber auf ein bestehendes Mandatsverhältnis. Eine Honorarforderung setzt mit andern Worten nicht zwingend das Bestehen eines Mandatsverhältnisses voraus. Der Hinweis "Honorarnote vom ..." begründet deshalb ebenso wie der Hinweis "Rechnung vom ..." höchstens eine nicht belegbare Vermutung, dass es sich um eine Forderung aus einem Mandatsverhältnis handeln könnte. Die von der Anwaltskammer gemachte Unterscheidung lässt sich sachlich nicht vertreten und ist somit offensichtlich unhaltbar. 4.-Die staatsrechtliche Beschwerde ist nach dem Gesagten gutzuheissen. Dem Verfahrensausgang entsprechend werden keine Kosten erhoben (Art. 156 Abs. 2 OG). Die anwaltlich vertretene Beschwerdeführerin hat Anspruch auf eine Parteientschädigung (Art. 159 Abs. 2 OG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1.- Die staatsrechtliche Beschwerde wird gutgeheissen, und Ziffern 1 und 3 des Dispositivs des Entscheids der Anwaltskammer des Kantons Bern vom 24. April 2001 werden aufgehoben. 2.-Es werden keine Kosten erhoben. 3.-Der Kanton Bern hat die Beschwerdeführerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'000.-- zu entschädigen. 4.-Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin und der Anwaltskammer des Kantons Bern schriftlich mitgeteilt. _ Lausanne, 31. Juli 2001 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des SCHWEIZERISCHEN BUNDESGERICHTSDas präsidierende Mitglied: Der Gerichtsschreiber:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 9C_568/2011 Arrêt du 11 novembre 2011 IIe Cour de droit social Composition MM. et Mme les Juges U. Meyer, Président, Kernen et Glanzmann. Greffier: M. Bouverat. Participants à la procédure H._, représentée par K._, recourante, contre Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud, avenue Général-Guisan 8, 1800 Vevey, intimé. Objet Assurance-invalidité, recours contre le jugement du Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour des assurances sociales, du 15 juin 2011. Vu: la décision du 9 novembre 2009 par laquelle l'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud, rejetant la demande présentée par H._ le 14 août 2007, a refusé de lui allouer une rente d'invalidité, le recours formé par l'assurée le 11 décembre 2009 contre cette décision devant le Tribunal des assurances du canton de Vaud (aujourd'hui: le Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour des assurances sociales), le jugement du 15 juin 2011 par lequel le Tribunal cantonal a débouté l'intéressée, le recours formé par H._ le 23 juillet 2011 (timbre postal) contre ce jugement, l'ordonnance du 29 septembre 2011 par laquelle le Tribunal fédéral a rejeté la demande d'assistance judiciaire de l'assurée, Considérant: que selon l'art. 42 al. 1 et 2 LTF, le recours doit indiquer, entre autres exigences, les conclusions, les motifs et les moyens de preuve, en exposant succinctement en quoi l'acte attaqué est contraire au droit, que le Tribunal fédéral fonde son raisonnement sur les faits retenus par la juridiction de première instance (art. 105 al. 1 LTF) sauf s'ils ont été établis de façon manifestement inexacte ou en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF (art. 105 al. 2 LTF), que la partie recourante qui entend s'écarter des faits constatés doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions de l'art. 105 al. 2 LTF sont réalisées sinon un état de fait divergent ne peut être pris en considération, que les constatations de l'autorité cantonale de recours sur l'atteinte à la santé, la capacité de travail de l'assuré et l'exigibilité - dans la mesure où elles dépendent d'une évaluation de la personne concrète, de son état de santé et de ses capacités fonctionnelles - relèvent d'une question de fait (ATF 132 V 393 consid. 3.2 p. 398), que l'instance cantonale a fait siennes les conclusions du rapport du 29 janvier 2009 du service médico-régional de l'assurance-invalidité (SMR) concluant à une pleine capacité de travail dans une activité adaptée, que les médecins du SMR ont notamment écarté le diagnostic de trouble somatoforme douloureux, que la recourante soutient qu'elle est incapable d'exercer une activité professionnelle en raison de douleurs chroniques à l'épaule droite et d'un trouble somatoforme douloureux accompagné d'un état anxio-dépressif, qu'elle ne fait état d'aucun document médical qui étaierait cette affirmation, que dès lors elle ne démontre pas en quoi l'instance cantonale aurait établi les faits de manière manifestement inexacte ou en violation du droit, que la recourante prétend ensuite que la comparaison des revenus hypothétiques conduirait à un degré d'invalidité lui ouvrant le droit à une rente entière d'invalidité, qu'elle n'expose nullement en quoi le calcul effectué par l'intimé et confirmé par les premiers juges serait erroné, que la juridiction cantonale a répondu à satisfaction de droit à ce grief déjà soulevé en première instance (cf. jugement, consid. 5 p. 18), que, compte tenu de ce qui précède, le recours s'avère manifestement mal fondé (art. 109 al. 2 let. a LTF), qu'en vertu de l'art. 66 al. 1, 1ère phrase, LTF, il convient de mettre les frais judiciaires à la charge de la recourante, par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour des assurances sociales, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 11 novembre 2011 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: Meyer Le Greffier: Bouverat
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_320/2015 Urteil vom 28. Oktober 2015 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Denys, Präsident, Bundesrichter Rüedi, Bundesrichterin Jametti, Gerichtsschreiberin Unseld. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, gegen Oberstaatsanwaltschaft des Kantons Zürich, Florhofgasse 2, 8090 Zürich, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Einfache Körperverletzung etc., Willkür, Strafzumessung, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Zürich, I. Strafkammer, vom 15. Januar 2015. Sachverhalt: A. Das Bezirksgericht Zürich verurteilte X._ am 27. Mai 2014 wegen einfacher Körperverletzung (Art. 123 Ziff. 1 Abs. 1 StGB), pflichtwidrigen Verhaltens nach einem Verkehrsunfall (Art. 92 Abs. 2 SVG) sowie einfacher Verkehrsregelverletzung (Art. 90 Abs. 1 SVG) zu einer bedingten Geldstrafe von 30 Tagessätzen zu Fr. 150.-- und einer Busse von Fr. 3'300.--. Gegen dieses Urteil erhoben X._ Berufung und die Staatsanwaltschaft Anschlussberufung. B. Das Obergericht des Kantons Zürich bestätigte am 15. Januar 2015 die erstinstanzlichen Schuldsprüche. Es verurteilte X._ zu einer bedingten Geldstrafe von 70 Tagessätzen zu Fr. 150.-- und einer Busse von Fr. 3'600.--. Das Obergericht hält folgenden Sachverhalt für erwiesen: X._ begab sich am 2. September 2013, ca. 15.35 Uhr, mit einem Sack voller Elektroschrott zum Cargo-Tram auf dem VBZ-Areal Burgwies in Zürich, wo er diesen unerlaubterweise fallen liess bzw. entsorgte. Eine orange uniformierte Securitas-Mitarbeiterin (nachfolgend: Privatklägerin) stellte ihn deswegen zur Rede. X._ liess den Sack mit dem Elektroschrott dennoch liegen, begab sich zurück zu seinem Fahrzeug, stieg ein und fuhr aus dem Parkfeld. Die Securitas-Mitarbeiterin, welche X._ als solche erkannte, rannte vor dessen Fahrzeug und machte das Handzeichen "Stopp", um ihn am Wegfahren zu hindern. X._ hielt zunächst an, betätigte in der Folge jedoch, ohne ein weiteres Zeichen der Securitas-Mitarbeiterin abzuwarten, das Gaspedal und fuhr aus einigen Metern bewusst und gewollt auf diese zu, wodurch es trotz eines Sprungs der Securitas-Mitarbeiterin zur Seite zu einem hörbaren Aufprall kam. Letztere erlitt Prellungen am linken Waden- und Schienbein. X._ setzte daraufhin seine Fahrt fort, ohne auf das Eintreffen der Polizei zu warten oder seine Personalien zu hinterlassen. C. X._ beantragt mit Beschwerde in Strafsachen, das Urteil vom 15. Januar 2015 sei aufzuheben und er sei von Schuld und Strafe freizusprechen. Erwägungen: 1. 1.1. Der Beschwerdeführer wendet sich gegen die vorinstanzliche Beweiswürdigung. Er rügt, er habe nicht erkennen können, dass es sich bei der Privatklägerin um eine Securitas-Mitarbeiterin handelte. Da er diese nicht als befugt erachtet habe, ihn an der Weiterfahrt zu hindern, habe er sein Fahrzeug mit dem automatischen Vortrieb und dem Fuss auf der Bremse anrollen lassen, um so die Privatklägerin wegzuschieben und sich freie Fahrt zu verschaffen. Er habe darauf geachtet, diese nicht zu verletzen. Erst nach dem Wegschieben der Privatklägerin habe er beschleunigt. 1.2. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Die Sachverhaltsfeststellung der Vorinstanz kann vor Bundesgericht nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 BGG). Offensichtlich unrichtig ist die Sachverhaltsfeststellung, wenn sie willkürlich ist (BGE 137 IV 1 E. 4.2.3 S. 5; 134 IV 36 E. 1.4.1 S. 39). Willkür bei der Beweiswürdigung liegt vor, wenn der angefochtene Entscheid schlechterdings unhaltbar ist, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht oder auf einem offenkundigen Versehen beruht (vgl. BGE 135 I 313 E. 1.3 S. 316; 129 I 173 E. 3.1 S. 178). Die Willkürrüge muss in der Beschwerde explizit vorgebracht und substanziiert begründet werden (Art. 106 Abs. 2 BGG). Auf eine rein appellatorische Kritik am angefochtenen Urteil tritt das Bundesgericht nicht ein (BGE 140 III 264 E. 2.3 S. 266; 137 IV 1 E. 4.2.3 S. 5; 136 II 489 E. 2.8 S. 494; je mit Hinweisen). Dem Grundsatz "in dubio pro reo" kommt als Beweiswürdigungsregel im Verfahren vor Bundesgericht keine über das Willkürverbot von Art. 9 BV hinausgehende Bedeutung zu (BGE 138 V 74 E. 7 S. 82; 127 I 38 E. 2a S. 41). 1.3. Die Vorinstanz legt willkürfrei dar, weshalb der Beschwerdeführer die Privatklägerin als Mitarbeiterin eines privaten Verkehrsdienstes erkannte und er entgegen seinen Aussagen das Gaspedal betätigte und mit einer gewissen Geschwindigkeit auf die Privatklägerin losfuhr. Sie erwägt namentlich, die Privatklägerin habe Securitas-Kleidung getragen. Ihre Hose und ihr Oberteil hätten Leuchtstreifen gehabt und sie sei mit "Securitas" angeschrieben gewesen (angefochtenes Urteil E. 2.4 S. 8). Bezüglich der Kollision und der vom Beschwerdeführer gefahrenen Geschwindigkeit stellt sie auf die im Wesentlichen übereinstimmenden Aussagen der Privatklägerin sowie dreier Zeugen ab (angefochtenes Urteil E. 2.5.2 S. 10 f.). Der Beschwerdeführer zeigt nicht auf, dass und weshalb die vorinstanzliche Beweiswürdigung geradezu willkürlich sein könnte. Seine Einwände erschöpfen sich in einer unzulässigen appellatorischen Kritik. Darauf ist nicht einzutreten. 2. 2.1. Der Beschwerdeführer macht geltend, er sei aus seiner Sicht unerlaubterweise an der Wegfahrt gehindert worden, weshalb er zur Selbsthilfe habe greifen dürfen. Er habe den Schrott ordnungsgemäss entsorgen wollen, was ihm jedoch mit nicht nachvollziehbaren Gründen verweigert worden sei. Die Reaktion der Privatklägerin sei völlig unangemessen gewesen, da sie seine Autonummer notieren und ihn hätte verzeigen können. 2.2. Die Rüge ist unbegründet. Die Vorinstanz geht willkürfrei davon aus, der Beschwerdeführer habe den Sack mit Elektroschrott unberechtigterweise auf dem VBZ-Areal entsorgt und die Privatklägerin habe sich berechtigterweise vor sein Fahrzeug gestellt, um ihn zur Rede zu stellen. Der Beschwerdeführer kann sich nach den zutreffenden Ausführungen der Vorinstanz daher nicht auf Art. 15 StGB berufen. Dieser begründet nicht ansatzweise, weshalb er berechtigt gewesen sein soll, den Elektroschrott an der besagten Stelle zu entsorgen. Von einer unverhältnismässigen Reaktion der Privatklägerin kann keine Rede sein. Der Beschwerdeführer wäre vielmehr verpflichtet gewesen, deren Anweisungen zu befolgen. 3. 3.1. Der Beschwerdeführer beanstandet, es liege ein leichter Fall einer einfachen Körperverletzung im Sinne von Art. 123 Ziff. 1 Abs. 2 StGB vor. Bei der Prüfung, ob ein leichter Fall nach Art. 123 Ziff. 1 Abs. 2 StGB gegeben ist, spielt nach der Rechtsprechung auch die Art der Tatbegehung eine Rolle. Im Rahmen von Art. 123 Ziff. 1 Abs. 2 StGB ist nicht nur die objektive Verletzungsfolge wesentlich, sondern es sind sämtliche objektiven und subjektiven Tatumstände zu berücksichtigen (vgl. BGE 127 IV 59 E. 2a/bb S. 60 ff.). Die Vorinstanz wirft dem Beschwerdeführer vor, er habe eine erhebliche Rücksichtslosigkeit offenbart und aufgrund der erheblichen Gefährdung der ungeschützten Privatklägerin durch sein schweres Fahrzeug in subjektiver Hinsicht gravierendere Verletzungsfolgen als eine Prellung in Kauf genommen (angefochtenes Urteil S. 13). Für eine Anwendung von Art. 123 Ziff. 1 Abs. 2 StGB besteht bei dieser Sachlage kein Raum. 4. 4.1. Der Beschwerdeführer wendet sich gegen den Schuldspruch wegen pflichtwidrigen Verhaltens bei Unfall. Er habe weder eine Kollision noch eine Verletzung der Privatklägerin wahrgenommen. Er habe nicht zurückschauen können, sondern seine Aufmerksamkeit auf seine Fahrt und die dortige Baustelle richten müssen. 4.2. Die Vorinstanz geht davon aus, es habe aufgrund der Kollision des Fahrzeugs des Beschwerdeführers mit der Privatklägerin einen hörbaren Aufprall gegeben, der vom Beschwerdeführer wahrgenommen worden sei. Dieser habe gewusst, dass er die Privatklägerin getroffen hatte und in Kauf genommen, dass diese verletzt war. Er hätte daher anhalten und seine Personalien hinterlassen müssen (angefochtenes Urteil S. 2.6.1 f. S. 13 ff.). Der Beschwerdeführer legt seiner rechtlichen Würdigung eigene Sachverhaltsfeststellungen zugrunde, ohne jedoch Willkür darzutun oder zu begründen. Darauf ist nicht einzutreten. Andere Gründe, weshalb der vorinstanzliche Schuldspruch wegen pflichtwidrigen Verhaltens nach einem Unfall durch Nichtanhalten und Entfernen ohne Hinterlassen der Personalien gegen geltendes Recht verstossen könnte, legt der Beschwerdeführer nicht dar. Weitere Ausführungen dazu erübrigen sich daher (vgl. Art. 42 Abs. 2 und Art. 106 Abs. 2 BGG). 5. 5.1. Der Beschwerdeführer beanstandet schliesslich, die ausgesprochene Strafe sei unverhältnismässig hoch. Die Strafminderungsgründe (keine Vorstrafen, ungetrübter automobilistischer Leumund nach 55-jähriger Fahrpraxis, Geständnis des objektiven Tatbestandes) seien nicht genügend berücksichtigt worden und hätten zu einer erheblichen Strafminderung führen müssen. 5.2. Das Bundesgericht hat die Grundsätze der Strafzumessung nach Art. 47 ff. StGB wiederholt dargelegt (BGE 136 IV 55 E. 5.4 ff. mit Hinweisen). Das Sachgericht verfügt auf dem Gebiet der Strafzumessung über einen Ermessensspielraum. Das Bundesgericht greift nur ein, wenn die Vorinstanz den gesetzlichen Strafrahmen über- oder unterschritten hat, wenn sie von rechtlich nicht massgebenden Kriterien ausgegangen ist oder wesentliche Gesichtspunkte ausser Acht gelassen bzw. in Überschreitung oder Missbrauch ihres Ermessens falsch gewichtet hat (BGE 136 IV 55 E. 5.6 S. 61 mit Hinweis). 5.3. Die vorinstanzliche Strafzumessung ist nicht zu beanstanden. Die Vorinstanz setzt sich in ihren Erwägungen zur Strafzumessung mit den wesentlichen schuldrelevanten Komponenten auseinander und würdigt diese zutreffend. Dass sie sich dabei von rechtlich nicht massgeblichen Gesichtspunkten hätte leiten lassen oder wesentliche Gesichtspunkte nicht berücksichtigt hätte, ist nicht ersichtlich. Die Vorinstanz wertet insbesondere, dass der Beschwerdeführer nur wenig Kontrolle darüber hatte, wie stark er die Privatklägerin verletzen werde. Das Risiko für schwere Verletzungen sei massiv gewesen (angefochtenes Urteil S. 15 f.). Von einem Geständnis kann entgegen dem Beschwerdeführer nicht ausgegangen werden. Dieser bestreitet die Tat vielmehr nach wie vor. Die Vorinstanz legt zudem dar, dass ihm die Einsicht in das Unrecht der Tat weiterhin fehle (angefochtenes Urteil S. 18 f.). Der Beschwerdeführer verkennt weiter, dass die Vorstrafenlosigkeit bei der Strafzumessung nach der neueren Rechtsprechung grundsätzlich neutral zu behandeln ist und zu keiner Strafminderung führt (BGE 136 IV 1 E. 2.6.4 S. 3 f.). Die Geldstrafe von 70 Tagessätzen sowie die Busse von Fr. 3'600.--, welche sich aus der Übertretungsbusse von Fr. 600.-- und einer Verbindungsbusse (vgl. Art. 42 Abs. 4 StGB) von Fr. 3'000.-- zusammensetzt, halten sich im Rahmen des sachrichterlichen Ermessens. Eine Verletzung von Bundesrecht liegt nicht vor. 6. Die Beschwerde ist abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Die Gerichtskosten sind dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 BGG). Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 4'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, I. Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 28. Oktober 2015 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Denys Die Gerichtsschreiberin: Unseld
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5A_854/2013 Urteil vom 21. März 2014 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter von Werdt, Präsident, Bundesrichter Marazzi, Herrmann, Gerichtsschreiber von Roten. Verfahrensbeteiligte 1. X._, 2. Y._, Beschwerdeführer, gegen Grundbuchamt Z._. Gegenstand Aufsicht über das Grundbuch, Beschwerde gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Obwalden vom 22. Oktober 2013. Sachverhalt: A. Als Eigentümerinnen der Alpen A._, B._ sowie C._ und D._ (Liegenschaften Nrn. xxx, yyy und zzz) sind seit 1963 gleichnamige Alpgenossenschaften im Grundbuch Z._ eingetragen. Das 1973 von mehreren Alpgenossen gestellte Gesuch, stattdessen die Alpgenossen als Gesamteigentümer aus altem Recht im Grundbuch einzutragen, wies das Grundbuchamt Z._ ab. Ein Grundbuchbeschwerdeverfahren blieb erfolglos (Urteil A 424/73 der II. Zivilabteilung des Bundesgerichts vom 19. Dezember 1973). B. Die Alpprotokolle für die vier Alpen werden seit Jahren vom Grundbuchverwalter geführt. Sie verzeichnen unter anderem die Alprechte und deren Besitzer. Im Frühjahr 2010 übernahm der Grundbuchverwalter den Bestand der Alprechte in das für die Grundbuchführung verwendete EDV-System Terris. Er legte für jede Alp ein Sammelblatt für die Alprechte an (z.B. "Selbständiges dauerndes Recht Nr. ... [kantonales Grundbuch]. Kantonales Sammelblatt für Alprechte A._, Parzelle xxx" ) und bestimmte die Anzahl der Nutzungsrechte (sog. Klauen) an den betreffenden Alpen. Der Grundbuchverwalter eröffnete für jeden Besitzer von Alprechten ein Miteigentumsblatt, das entsprechend der Anzahl seiner Klauen einen Miteigentumsanteil am Grundstück mit der Nummer des Sammelblattes ausweist (z.B. "Miteigentumsanteil Nr. ... [kantonales Grundbuch]. 14.5/1871 Miteigentum an Grundstück Nr. ... [=14.5 Klauen Alp A._]" ). C. C.a. Y._ und X._ (Beschwerdeführer) sind Besitzer von Alprechten und entdeckten aufgrund der Veröffentlichung von Eigentumsübertragungen im kantonalen Amtsblatt und anhand von Grundbuchauszügen, dass statt einem einzigen Grundbuchblatt für jede Alp neu auch Grundbuchblätter für die Nutzungsanteile an den Alpen bestehen und Miteigentumsanteile daran ausweisen. Sie liessen am 21. Juli 2011 "im Sinne v.Art.102 GBvo/ZGB Aufsichtsbeschwerde" gegen das Grundbuchamt erheben mit den Anträgen, es sei der jetzige, grundbuchliche Eintrag der Eigentumsverhältnisse an den vier Alpen von Z._ (A._, C._, D._ und B._) auf seine Ordnungs- und Rechtmässigkeit zu prüfen, und falls sich ergeben sollte, dass die Eigentumsverhältnisse im Grundbuch rechtswidrig eingetragen sind, sei der ursprüngliche, rechtskonforme Zustand der Eigentumsverhältnisse wiederherzustellen. C.b. In seiner Stellungnahme betonte das Grundbuchamt, dass die Alpen als Alleineigentum der jeweiligen Alpgenossenschaften im Grundbuch eingetragen seien und nicht in einem Miteigentumsverhältnis stünden. Es erläuterte die neue Führung der Alpprotokolle mit dem EDV-System Terris und führte aus, die Aufnahme der Alprechte in Sammelblättern mit dazugehörigen Miteigentumsblättern sei aus damaliger Sicht die einfachste und kostengünstigste Variante gewesen. Die Beschwerdeführer liessen sich dazu am 19. September 2011 vernehmen und stellten die Begehren, das Grundbuchamt anzuweisen, den ursprünglichen Zustand wiederherzustellen bzw. sämtliche Grundbuchblätter, die rechtswidrig eröffnet worden seien, zu löschen bzw. aufzuheben, und die Alpgenossenschaften von Z._ anzuweisen, die protokollare Führung der Alprechte und deren Besitzeswechsel als reine Nutzungsrechte alpintern selber zu regeln. In einer Anfrage vom 10. November 2011 nach dem Verfahrensstand liessen die Beschwerdeführer unter anderem mitteilen, das Grundbuchamt habe die Einträge von Miteigentum inzwischen in Nutzungsrechte geändert. C.c. Der Regierungsrat des Kantons Obwalden stellte fest, die Führung der Alpprotokolle stehe in keinem unmittelbaren Zusammenhang mit der Grundbuchführung, auch wenn E._, der Vertreter der Beschwerdeführer, während seiner Tätigkeit als Grundbuchverwalter und nach seiner Pensionierung über beinahe fünfzig Jahre lang bis am 3. Februar 2010 die Alpprotokolle geführt habe und auch wenn der Präsident der Alpgenossen die vier Alpprotokolle am 4. Februar 2010 wieder dem Grundbuchamt zur Verwaltung übergeben habe. Die Eingabe der Beschwerdeführer sei deshalb keine Grundbuchbeschwerde, könne aber als Anzeige an die Oberaufsicht über die Staatsverwaltung entgegengenommen werden. Der Regierungsrat wies das Grundbuchamt an, für die Verwaltung der Alpprotokolle eigene, klar unterscheidbare Blätter anzulegen und die Alpauszüge gegenüber den Grundbuchauszügen so abzugrenzen, dass keine Verwechslungsgefahr bestehe. Auf die Verwendung des Begriffs "Miteigentum" anstelle von Nutzungsrechten sei ebenso zu verzichten wie auf die formelle Erschwerung der Übertragung der Nutzungsrechte. Gebühren dürften nur im gesetzlichen Rahmen erhoben werden (Beschluss vom 20. Dezember 2011). D. Die Beschwerdeführer gelangten an das Verwaltungsgericht des Kantons Obwalden und verlangten, der Regierungsrat habe ihre Beschwerde als Grundbuchbeschwerde zu behandeln. Sie erneuerten ihre bisherigen Anträge, das Grundbuchamt anzuweisen, den ursprünglichen Zustand wiederherzustellen bzw. sämtliche Grundbuchblätter, die rechtswidrig eröffnet worden seien, zu löschen bzw. aufzuheben, und die Alpgenossenschaften von Z._ anzuweisen, die Führung der Alprechte und deren Besitzeswechsel als reine Nutzungsrechte alpintern selber zu regeln. Das Verwaltungsgericht hielt dafür, die Eingabe der Beschwerdeführer an den Regierungsrat sei keine Grundbuchbeschwerde, sondern als blosse Anzeige bzw. allgemeine Aufsichtsbeschwerde zu erfassen. Es wies die Verwaltungsgerichtsbeschwerde deshalb ab. Auf die Anträge in der Sache trat es nicht ein, weil die Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen Entscheide betreffend Erledigung von Aufsichtsbeschwerden unzulässig sei (Entscheid vom 22. Oktober 2013). E. Mit Eingaben vom 11. und vom 25. November 2013 beantragen die Beschwerdeführer dem Bundesgericht, ihre Beschwerde gutzuheissen (Ziff. 1), den Entscheid des Verwaltungsgerichts aufzuheben (Ziff. 2), und die Beschwerde zur Neubeurteilung an das Verwaltungsgericht zurückzuweisen (Ziff. 3) mit den Auflagen, der Regierungsrat habe die seinerzeitige Beschwerde der Beschwerdeführer neu zu beurteilen (Ziff. 3.1), insbesondere sei dem Grundbuchamt Z._ zu verbieten, sachfremde, d.h. gemäss Gesetz diesem nicht obliegende Tätigkeiten (Amtshandlungen) auszuüben (Ziff. 3.2), der Regierungsrat als Aufsichtsbehörde über die Alpgenossenschaften (öffentlich-rechtliche Körperschaften) sei anzuweisen, die Alpgenossenschaften zu verpflichten, vollständig neue Genossenschaftsstatuten zu erarbeiten und (nach vorgängiger Genehmigung derselben durch den Regierungsrat) in Kraft zu setzen, insbesondere den Erwerb der Mitgliedschaft in die Alpgenossenschaft und die Protokollführung über die Alpnutzungsrechte klar zu regeln (Ziff. 3.3 lit. a-c), die zu Unrecht, d.h. rechtswidrig (ohne Rechtsgrundlagen) den Alpgenossen im Zusammenhang mit den Zessionen der Alprechte verursachten Kosten (Beurkundungsgebühren/Grundbuchgebühren) seien zulasten der Staatskasse zurückzuerstatten (Ziff. 3.4) und die speziell vom Kanton Obwalden für die Registerführung der Alprechte erarbeitete Software sei den Alpgenossenschaften unentgeltlich zur Verfügung zu stellen (Ziff. 3.5), alles unter Kosten- und Entschädigungsfolgen (Ziff. 4 der Rechtsbegehren). Es sind die kantonalen Akten, hingegen keine Vernehmlassungen eingeholt worden. Erwägungen: 1. Ihre Rechtsbegehren-Ziff. 1-3 auf Gutheissung ihrer Beschwerde, Aufhebung des angefochtenen Entscheids und Rückweisung der Sache zur Neubeurteilung begründen die Beschwerdeführer damit, dass der Regierungsrat und das Verwaltungsgericht ihre Eingabe zu Unrecht als blosse Anzeige bzw. Aufsichtsbeschwerde an den Regierungsrat als Oberaufsicht über die Staatsverwaltung und nicht als Grundbuchbeschwerde behandelt hätten. 1.1. Die Unterscheidung findet sich im Gesetz. Die sog. administrative Aufsicht, d.h. die verwaltungsrechtliche Dienstaufsicht durch die Grundbuch-Fachinstanzen, ist in Art. 956 ZGB geregelt, während die Art. 956a und Art. 956b ZGB die sog. Rechtsmittelaufsicht regeln, d.h. die Behandlung von Grundbuchbeschwerden durch Gerichte oder besondere Verwaltungsjustizbehörden (Botschaft zur Änderung des Schweizerischen Zivilgesetzbuches [Register-Schuldbrief und weitere Änderungen im Sachenrecht] vom 27. Juni 2007, BBl 2007 5283 S. 5329 ff.; statt vieler: STEINAUER, Les droits réels, T. I, 5. Aufl. 2012, S. 224 ff. N. 592-597 "La surveillance administrative" und S. 226 f. N. 598-601 "La surveillance juridictionnelle"). Dieselbe Unterscheidung wurde bereits vor der ZGB-Revision von 2009/12 getroffen. Die Grundbuchämter unterstanden wie andere Amtsstellen der allgemeinen administrativen Aufsicht und Kontrolle (aArt. 956 Abs. 1 ZGB) sowie der Rechtsmittelaufsicht auf Grundbuchbeschwerde hin (aArt. 956 Abs. 2 und 3 ZGB; statt vieler: DESCHENAUX, Das Grundbuch, SPR V/3/1, 1988, § 9/III S. 145 ff. und § 11 S. 178 ff.; HOMBERGER, Zürcher Kommentar, 1938, N. 1 f. zu aArt. 956 ZGB). 1.2. Ob die Eingabe der Beschwerdeführer an den Regierungsrat die administrative Aufsicht oder die Rechtsmittelaufsicht betrifft, beurteilt sich nach dem Streitgegenstand. Im Zivilprozess wird der Streitgegenstand durch die Klagebegehren und die zu ihrer Begründung vorgebrachten Tatsachen bestimmt (BGE 136 III 123 E. 4.3.1 S. 126), während im hier durchgeführten Verwaltungsbeschwerdeverfahren die Beschwerdebegehren für die Bestimmung des Streitgegenstandes massgebend sind, zu dessen Konkretisierung aber zuweilen die Beschwerdebegründung herangezogen werden muss (Gygi, Bundesverwaltungsrechtspflege, 2. Aufl. 1983, S. 45; Kölz/Häner/Bertschi, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 3. Aufl. 2013, S. 243 f.; zuletzt Urteil 2C_124/2013 vom 25. November 2013 E. 2.2.3). 1.3. Ihre Eingabe an den Regierungsrat haben die Beschwerdeführer selber ausdrücklich als Grundbuchbeschwerde ("im Sinne v.Art.102 GBvo/ZGB Aufsichtsbeschwerde") bezeichnen lassen, aus ihren Begehren geht jedoch hervor, dass sie nicht die Aufhebung oder Abänderung einer konkreten, an sie persönlich adressierten Verfügung des Grundbuchamtes beantragt, sondern zur Hauptsache verlangt haben, "der jetzige, grundbuchliche Eintrag der Eigentumsverhältnisse an den vier Alpen von Z._ (A._, C._, D._ und B._) auf seine Ordnungs- und Rechtmässigkeit zu prüfen" und je nach Ergebnis der Untersuchung die nötigen Anordnungen zu treffen (Bst. C.a). Die damit begehrte sorgfältige und richtige Führung des Grundbuchs als Institution gleichwie die Prüfung, ob die Beamten ihren Pflichten nachkommen, ist nun aber Gegenstand der allgemeinen administrativen Aufsicht und Kontrolle (Homberger, a.a.O., N. 1 zu aArt. 956 ZGB, S. 233; Deschenaux, a.a.O., S. 146). Da es sich um eine Eingabe von anwaltlich nicht vertretenen Beschwerdeführern gehandelt hat, darf zur näheren Bestimmung des Streitgegenstandes zusätzlich auf ihre Beschwerdebegründung und ihre ergänzende Eingabe zurückgegriffen werden. Daraus erhellt, dass es zur Hauptsache um die Frage gegangen ist, ob die Führung der Alpprotokolle weiterhin dem Grundbuchverwalter übertragen bleiben soll und wie dessen Führung der Alpprotokolle auszugestalten ist. Streitgegenstand war somit die Führung der Alpprotokolle. Dass sie nicht zur Grundbuchführung und damit zur amtlichen Tätigkeit des Grundbuchverwalters gehört, räumen die Beschwerdeführer auch ein, hat doch ihr Vertreter, der einstige Grundbuchverwalter von Z._, die Alpprotokolle auch nach seiner Pensionierung als Privatperson geführt, und erst nach Abgabe der Protokollführung hat der Präsident der Alpgenossen wiederum dem Grundbuchamt angetragen, die Führung der Alpprotokolle zu übernehmen. Die Beschwerdeführer räumen auch ein, dass die Weisungen und damit das aufsichtsbehördliche Eingreifen des Regierungsrats die Verwechslungsgefahr gebannt hat, die durch den Einsatz des für die Grundbuchführung bestimmten EDV-Systems auch zur Führung der Alpprotokolle vorübergehend entstanden ist. Sie geben sich damit indessen nicht zufrieden und fordern, dass das, was sich habe zutragen können, rechtlich aufgearbeitet werden müsse. Auch damit belegen sie, dass es ihnen nicht um die Aufhebung oder Änderung einer konkreten, sie treffenden Verfügung des Grundbuchamtes geht, sondern um ein aufsichtsrechtliches Tätigwerden, gegebenenfalls gar disziplinarisches Eingreifen der Aufsichtsbehörden. 1.4. Insgesamt durften der Regierungsrat und anschliessend das Verwaltungsgericht annehmen, die Eingabe der Beschwerdeführer habe keine Grundbuchbeschwerde, sondern eine blosse Anzeige an die Oberaufsicht über die Staatsverwaltung und damit eine Aufsichtsbeschwerde im Sinne von Art. 23 der Verordnung über das Verwaltungs- und Verwaltungsbeschwerdeverfahren (Verwaltungsverfahrensverordnung, VwVV, GDB 133.21) zum Gegenstand. Die Beschwerde erweist sich in diesem Punkt als unbegründet. 2. Auf die Sachanträge, die die Beschwerdeführer heute erneuern und ergänzen (Ziff. 3.1-3.5), ist das Verwaltungsgericht nicht eingetreten, weil die Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen Entscheide betreffend Erledigung von Aufsichtsbeschwerden unzulässig ist (Art. 64 Abs. 2 lit. c des Gesetzes über die Gerichtsorganisation, GOG, GDB 134.1). Inwiefern der Nichteintretensentscheid bundesrechtswidrig sein könnte, ist weder ersichtlich noch in der Beschwerdeschrift dargetan; er widerspricht jedenfalls keinen allgemeinen Grundsätzen der administrativen Aufsicht ( Schmid, Basler Kommentar, 2011, N. 6 zu Art. 956 ZGB; allgemein: BGE 121 I 42 E. 2a S. 45 und 87 E. 1a S. 90). Durfte das Verwaltungsgericht insoweit unbeanstandet auf die Sachanträge nicht eintreten, erweisen sich die vor Bundesgericht wiederholten und erweiterten Begehren in der Sache als unzulässig (BGE 135 III 513 E. 8.3 S. 530; Lorenz Meyer, Wege zum Bundesgericht - Übersicht und Stolpersteine, ZBJV 146/2010 S. 797 ff. S. 878 Ziff. 6.5.3). Offen bleiben kann damit, ob die Beschwerdeführer als einzelne Alpgenossen zu derartigen Sachanträgen an staatliche Behörden berechtigt sind oder zuerst die Möglichkeiten hätten ausschöpfen müssen, die sich aus geschriebenen oder ungeschriebenen Satzungen des korporativen Lebens ergeben (vgl. aus privatrechtlicher Sicht: BGE 132 III 503 E. 3.2 S. 508). 3. Aus den dargelegten Gründen muss die Beschwerde abgewiesen werden, soweit darauf einzutreten ist. Die Beschwerdeführer werden damit kostenpflichtig, hingegen nicht entschädigungspflichtig, da keine Vernehmlassungen eingeholt worden sind (Art. 66 Abs. 1 und 5 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden den Beschwerdeführern unter solidarischer Haftbarkeit auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Beschwerdeführern, dem Grundbuchamt Z._ und dem Verwaltungsgericht des Kantons Obwalden schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 21. März 2014 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Der Gerichtsschreiber: von Roten
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 2C_553/2018 Arrêt du 17 juin 2019 IIe Cour de droit public Composition MM. et Mme les Juges fédéraux Zünd, Juge présidant, Aubry Girardin et Donzallaz. Greffière : Mme Kleber. Participants à la procédure Administration fiscale cantonale du canton de Genève, recourante, contre A._, représenté par Me Antoine Berthoud, avocat, intimé. Objet Impôts cantonal et communal période fiscale 2010 à 2013; soustraction fiscale, recours contre l'arrêt de la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre administrative, 4ème section, du 15 mai 2018 (ATA/481/2018). Faits : A. A._, domicilié à X._ dans le canton de Vaud, exerce l'activité indépendante d'avocat dans le canton de Genève. Depuis le 1 er janvier 2010, il est associé de l'Etude B._. Pour les années fiscales 2010 à 2013, A._ et son épouse (ci-après: les contribuables) ont dûment déposé leurs déclarations fiscales dans le canton de Vaud, en y annonçant les revenus du contribuable réalisés à Genève. Les 7 mars 2012, 17 avril 2013, 20 juin 2014 et 1 er mai 2015, l'Administration fiscale cantonale de l'Etat de Vaud, Office du district de Nyon (ci-après: l'Administration fiscale vaudoise) a adressé aux contribuables des décisions de taxation pour les années 2010 à 2013, auxquelles étaient jointes des décisions de répartition intercantonale avec le canton de Genève des éléments imposables. Il ressort de ces décisions que A._ avait réalisé la totalité du produit de son activité indépendante à Genève, soit 221'222 fr. en 2010, 278'296 fr. en 2011, 259'053 fr. en 2012 et 227'734 fr. en 2013. B. Le 21 novembre 2014, l'Administration fiscale cantonale de la République et canton de Genève (ci-après: l'Administration fiscale genevoise) a informé A._ de l'ouverture d'une procédure en tentative de soustraction fiscale pour les années 2010 à 2013. A._ était prié de retourner les formules de déclaration 2010 à 2013 dûment remplies. Le 23 décembre 2014, A._ a répondu à l'Administration fiscale genevoise n'avoir eu aucune intention de se soustraire à ses obligations fiscales. Pour les périodes fiscales concernées, il avait systématiquement rempli ses déclarations fiscales au lieu de son domicile. En raison des conventions fiscales liant les cantons, il lui avait semblé que toute communication utile était faite par l'Administration fiscale vaudoise à son homologue genevoise. Le 8 juillet 2015, l'Administration fiscale genevoise a notifié à A._ quatre bordereaux de taxation concernant les impôts cantonal et communal (ci-après: ICC) des périodes fiscales 2010 à 2013, ainsi que quatre bordereaux d'amende pour tentative de soustraction d'impôt pour les mêmes périodes. Les bordereaux de taxation ont été partiellement contestés. A._ a par ailleurs formé réclamation contre les amendes infligées. Le 7 octobre 2015, l'Administration fiscale genevoise a émis des bordereaux rectificatifs pour les ICC 2011 à 2013. Par décision sur réclamation du 10 décembre 2015, elle a maintenu la quotité des amendes à un tiers du montant de l'impôt soustrait. Compte tenu des taxations rectifiées, les amendes s'élevaient à 10'347 fr. pour 2010 (montant inchangé), 13'486 fr. pour 2011, 11'226 fr. pour 2012 et 8'177 fr. pour 2013. Contre la décision du 10 décembre 2015, A._ a formé un recours auprès du Tribunal administratif de première instance de la République et canton de Genève (ci-après: le Tribunal administratif de première instance), en concluant à l'annulation des amendes prononcées à son encontre. Le 29 février 2016, l'Administration fiscale genevoise a adressé à A._ un bordereau rectificatif pour les ICC 2010. Le 14 avril 2016, elle a indiqué au Tribunal administratif de première instance qu'elle s'engageait à rectifier le montant de l'amende pour l'année fiscale 2010. Par jugement du 19 décembre 2016, le Tribunal administratif de première instance a partiellement admis le recours. Il a renvoyé le dossier à l'Administration fiscale genevoise pour nouvelle décision relative à la fixation de l'amende pour 2010 (en fonction du bordereau rectificatif du 29 février 2016) et confirmé les amendes pour les années 2011 à 2013. A._ a recouru contre le jugement du 19 décembre 2016 auprès de la chambre administrative de la Cour de justice de la République et canton de Genève (ci-après: la Cour de justice). Par arrêt du 15 mai 2018, la Cour de justice a admis le recours et annulé le jugement du Tribunal administratif de première instance, ainsi que la décision sur réclamation de l'Administration fiscale genevoise, au motif qu'aucune amende ne pouvait être infligée à A._ pour les périodes fiscales 2010 à 2013. C. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, l'Administration fiscale genevoise demande au Tribunal fédéral, sous suite de frais et dépens, d'annuler l'arrêt du 15 mai 2018 de la Cour de justice, ainsi que, principalement, de confirmer le jugement du Tribunal administratif de première instance du 19 décembre 2016 et, subsidiairement, de renvoyer la cause à la Cour de justice. La Cour de justice s'en rapporte à justice quant à la recevabilité du recours et persiste dans les considérants, ainsi que dans le dispositif, de son arrêt. A._ s'en rapporte à justice quant à la recevabilité du recours et conclut, au fond, à son rejet et à la confirmation de l'arrêt entrepris, sous suite de frais et dépens. L'Administration fédérale des contributions renonce à déposer des observations. Considérant en droit : 1. 1.1. La décision attaquée, qui annule les amendes prononcées pour tentative de soustraction fiscale, est finale (art. 90 LTF) et a été rendue en dernière instance cantonale par un tribunal supérieur (art. 86 al. 1 let. d et al. 2 LTF), dans une cause de droit public (art. 82 let. a LTF) qui ne tombe sous le coup d'aucune des exceptions prévues à l'art. 83 LTF. La voie du recours en matière de droit public est donc ouverte (cf. aussi art. 73 al. 1 de la loi fédérale du 14 décembre 1990 sur l'harmonisation des impôts directs des cantons et des communes [LHID; RS 642.14]). 1.2. Au surplus, le recours a été déposé en temps utile (art. 100 al. 1 LTF) et dans les formes requises (art. 42 al. 1 et 2 LTF), par l'Administration fiscale cantonale, qui a la qualité pour recourir (art. 89 al. 2 let. d LTF en relation avec l'art. 73 al. 2 LHID). Il est donc recevable. 2. 2.1. D'après l'art. 106 al. 1 LTF, le Tribunal fédéral applique le droit d'office. Il examine librement l'application du droit fédéral, ainsi que la conformité du droit cantonal harmonisé et de sa mise en pratique par les instances cantonales aux dispositions de la LHID (ATF 134 II 207 consid. 2 p. 210; arrêt 2C_826/2015 du 5 janvier 2017 consid. 2, non publié in ATF 143 I 73). En l'occurrence, le litige porte sur une tentative de soustraction d'impôts cantonal et communal. La répression de la tentative de soustraction d'impôt fait l'objet d'une harmonisation (art. 56 al. 2 LHID), de sorte que le Tribunal fédéral examinera librement la présente cause. 2.2. Le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits constatés par l'autorité précédente (art. 105 al. 1 LTF), sous réserve des cas prévus à l'art. 105 al. 2 LTF. Selon l'art. 97 al. 1 LTF, le recours ne peut critiquer les constatations de fait que si les faits ont été établis de façon manifestement inexacte - notion qui correspond à celle d'arbitraire - ou en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF et si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (ATF 142 II 355 consid. 6 p. 358; 139 II 373 consid. 1.6 p. 377). La partie recourante doit expliquer de manière circonstanciée en quoi ces conditions seraient réalisées (cf. art. 106 al. 2 LTF). A défaut, il n'est pas possible de tenir compte d'un état de fait qui diverge de celui qui est contenu dans l'acte attaqué (ATF 137 II 353 consid. 5.1 p. 356). En l'espèce, la recourante dénonce deux lacunes de l'état de fait. Elle reproche à la Cour de justice de ne pas avoir indiqué la spécialisation de l'intimé en tant qu'avocat (droit bancaire et financier) et de ne pas avoir précisé qu'il était déjà assisté d'une fiduciaire lorsqu'il avait rempli ses déclarations fiscales dans le canton de Vaud. Il sera vu ci-après que le recours doit être admis indépendamment de ces deux points de fait. S'agissant d'éléments qui ne sont pas déterminants pour l'issue du litige, il n'y a pas lieu d'examiner la critique plus avant. 3. Le litige porte sur la question de savoir si c'est à juste titre que la Cour de justice a annulé les amendes infligées à l'intimé pour tentative de soustraction fiscale en matière d'ICC pour les périodes fiscales 2010 à 2013. 4. 4.1. Conformément à l'art. 56 al. 2 LHID, l'art. 70 de la loi genevoise de procédure fiscale du 4 octobre 2001 (LPFisc; RS/GE D 3 17) prévoit que celui qui aura tenté de se soustraire à l'impôt sera puni d'une amende correspondant aux deux tiers de celle qui lui aurait été infligée en cas d'infraction consommée, laquelle est visée à l'art. 69 LPFisc. Ces dispositions ont une teneur identique aux art. 175 et 176 LIFD (cf. arrêts 2C_722/2017 du 13 décembre 2017 consid. 9.1; 2C_898/2011 du 28 mars 2012 consid. 2.1), de sorte que la doctrine et la jurisprudence développées dans le cadre de la LIFD peuvent également, conformément au principe de l'harmonisation verticale, être appliquées en matière de LHID (cf. ATF 142 II 182 consid. 3.2.1 p. 194; 137 II 353 consid. 3.3; arrêts 2C_898/2011 du 28 mars 2012 consid. 2.1; 2C_528/2011 du 17 janvier 2012 consid. 4). 4.2. La tentative de soustraction se situe entre les actes préparatoires d'une soustraction, qui ne sont pas punissables, et la soustraction consommée, qui l'est. 4.2.1. Sur le plan objectif, le comportement illicite réprimé par la tentative de soustraction fiscale correspond à celui de l'infraction de soustraction consommée (arrêts 2C_32/2016 du 24 novembre 2016 consid. 15.1; 2C_1221/2013 du 4 septembre 2014 consid. 3.1; 2C_898/2011 du 28 mars 2012 consid. 2.2). Il faut ainsi une soustraction (tentée) d'un montant d'impôt, en violation d'une obligation légale incombant au contribuable, une faute de ce dernier, ainsi qu'un lien de causalité entre le comportement illicite et la perte fiscale subie (qui a failli être subie) par la collectivité (cf. arrêts 2C_11/2018 du 10 décembre 2018 consid. 10.1; 2C_1018/2015 du 2 novembre 2017 consid. 9.2 et les arrêts cités). 4.2.2. Sur le plan subjectif, la tentative de soustraction suppose, contrairement à la soustraction consommée, qui peut être commise par négligence, un agissement intentionnel de l'auteur (arrêts 2C_32/2016 du 24 novembre 2016 consid. 15.2; 2C_1221/2013 du 4 septembre 2014 consid. 3.2). Il faut donc que le contribuable ait agi avec conscience et volonté (cf. art. 12 al. 2 CP, applicable par renvoi combiné des art. 333 al. 1 et 104 CP respectivement de l'art. 82 LPFisc; sur cette dernière disposition, cf. arrêt 2C_336/2010 du 7 octobre 2010 consid. 3.2). Le dol éventuel suffit (arrêts 2C_722/2017 du 13 décembre 2017 consid. 9.4; 2C_1007/2012 du 15 mars 2013 consid. 5.1; 2C_898/2011 du 28 mars 2012 consid. 2.2). 5. Il convient d'examiner si, comme le soutient la recourante et contrairement à ce qu'a retenu la Cour de justice, les conditions objectives et subjective de la tentative de soustraction sont réunies en l'espèce. 5.1. Le contribuable, qui l'admet, est assujetti à l'impôt cantonal et communal genevois en raison d'un rattachement économique dans ce canton depuis le 1 er janvier 2010, puisqu'il y exerce l'activité indépendante d'avocat (cf. art. 4 al. 1 LHID; art. 3 al. 1 let. b de la loi genevoise sur l'imposition des personnes physiques du 27 septembre 2009 [LIPP; RS/GE D 3 08]). Il résulte de l'arrêt entrepris que le contribuable, qui ne le conteste pas non plus, n'a déposé ses déclarations fiscales dans le canton de Genève pour les périodes fiscales 2010 à 2013 que le 30 avril 2015, soit une fois que l'Administration fiscale genevoise le lui eut demandé. Si celle-ci n'avait rien entrepris, le contribuable aurait pu échapper à l'imposition dans le canton de Genève pour les années fiscales 2010 à 2013. Un montant d'impôt a ainsi failli être soustrait. La première condition de la (tentative) de soustraction est donc réalisée. 5.2. Selon l'art. 26 al. 1 LPFisc, les contribuables sont invités, par publication officielle ou par l'envoi de la formule, à remplir et à déposer une formule de déclaration d'impôt (cf. aussi art. 124 al. 1 LIFD). Le fait de n'avoir pas reçu de formule de déclaration ne dispense pas du paiement des impôts, ni de l'obligation de faire une déclaration (art. 28 al. 1 LPFisc). Un avis est inséré chaque année dans la Feuille d'avis officielle et publié par voie d'affiches avisant les contribuables de l'obligation de payer les impôts directs et invitant ceux qui sont tenus de faire une déclaration et qui n'ont pas reçu de formule à la retirer auprès du département (art. 28 al. 2 LPFisc). D'après l'art. 26 al. 2 LPFisc, qui a la même teneur que l'art. 124 al. 2 LIFD, le contribuable doit remplir la formule de déclaration d'impôt de manière conforme à la vérité et complète; il doit la signer personnellement et la remettre au département, avec les annexes prescrites, dans le délai qui lui a été imparti. Le contribuable qui ne remet pas de déclaration d'impôt peut, selon les circonstances, commettre une (tentative) de soustraction, puisque le non-dépôt de la déclaration peut avoir pour effet d'empêcher le fisc de déterminer l'impôt (cf., dans un contexte international, arrêt 2C_444/2018 du 31 mai 2019 consid. 10.2; HENRI TORRIONE, Les infractions fiscales en matière d'impôts directs et dans le domaine de l'impôt anticipé, des droits de timbre et de la TVA, in Les procédures en droit fiscal, 3e éd. 2015, p. 951 ss, p. 1084; SIEBER/MALLA, in ZWEIFEL/BEUSCH [éd.], Kommentar zum schweizerischen Steuerrecht - Bundesgesetz über die direkte Bundessteuer, 3e éd. 2017, no 8 ad art. 175 LIFD; SANSONETTI/HOSTETTLER, in NOËL/AUBRY GIRARDIN [éd.], Commentaire romand - Impôt fédéral direct, 2e éd., 2017, no 11 ad art. 175 LIFD). En l'occurrence, il résulte de l'arrêt entrepris que le contribuable n'a pas remis de déclarations dans le canton de Genève pour les années fiscales 2010 à 2013, alors qu'il exerçait dans ce canton une activité lucrative indépendante, de sorte qu'il était assujetti de manière limitée à l'impôt dans ce canton à raison d'un rattachement économique et avait en conséquence l'obligation d'y déposer une déclaration, ce qu'il ne conteste d'ailleurs pas. La deuxième condition de la tentative de soustraction est donc également réalisée. 5.3. La condition du lien de causalité entre la perte fiscale (risquée) et le comportement du contribuable a été remise en cause par l'intéressé devant les autorités cantonales. Le contribuable a en effet fait valoir qu'il avait rempli ses déclarations fiscales dans le canton de Vaud, que les informations le concernant devaient être transmises par l'Administration fiscale vaudoise à son homologue genevoise et qu'il appartenait partant à celle-ci de prendre contact avec lui pour ses revenus imposables à Genève. 5.3.1. Il appartient aux autorités de taxation d'établir et tenir à jour le rôle (aussi appelé registre) des contribuables (art. 24 al. 1 LPFisc; cf. aussi art. 122 LIFD), ainsi que d'établir les éléments de fait et de droit permettant une taxation complète et exacte, en collaboration avec le contribuable (art. 25 al. 1 LPFisc; cf. aussi art. 123 al. 1 LIFD). Selon l'art. 39 al. 2 LHID, les autorités fiscales se communiquent gratuitement toutes informations utiles et s'autorisent réciproquement à consulter leurs dossiers. Lorsqu'il ressort de la déclaration d'impôt d'un contribuable ayant son domicile ou son siège dans le canton qu'il est aussi assujetti à l'impôt dans un autre canton, l'autorité de taxation porte le contenu de sa déclaration et sa taxation à la connaissance des autorités fiscales de l'autre canton. Par ailleurs, en vertu de l'art. 2 al. 2 de l'ordonnance sur l'application de la loi fédérale sur l'harmonisation des impôts directs dans les rapports intercantonaux du 9 mars 2001 (RS 642.141; dans sa teneur en vigueur pour les périodes fiscales litigieuses, cf. RO 2001 1058; ci-après: OLHID), le contribuable assujetti à l'impôt dans plusieurs cantons peut y remplir son obligation de déposer une déclaration d'impôt par la remise d'une copie de la déclaration d'impôt du canton du domicile ou du siège. La transmission du contenu de la déclaration du contribuable et de sa taxation par l'autorité de taxation du domicile ou du siège prévue à l'art. 39 al. 2 LHID ne dispense pas les contribuables de leurs propres obligations de déclaration. Ainsi, le contribuable assujetti à raison d'un rattachement économique doit respecter les obligations de procédure de taxation prévues par le droit du canton d'assujettissement, mais, ainsi que cela résulte de l'art. 2 al. 2 OLHID, son obligation de déposer la déclaration d'impôt est allégée, dans le sens qu'elle peut être remplie par la remise d'une copie de la déclaration d'impôt de son canton de domicile ou de siège (cf. Conférence suisse des impôts, ch. 23 de la circulaire no 15 relative à la coordination et simplification des procédures de taxation des impôts directs dans les rapports intercantonaux du 31 août 2001 et ch. 22 de la circulaire no 16 relative à l'OLHID du 31 août 2001). 5.3.2. Le contribuable ne peut qu'exceptionnellement se prévaloir du fait que l'insuffisance de la taxation serait due non pas à son comportement, mais à une négligence de l'autorité fiscale et seule une négligence grave entre en ligne de compte (cf. arrêt 2C_1018/2015 du 2 novembre 2017 consid. 9.4.3). 5.3.3. En l'occurrence, c'est en vain que le contribuable a prétendu que les manquements de l'Administration fiscale genevoise étaient la cause du retard dans les taxations. En effet, il résulte des dispositions applicables que la transmission d'informations entre cantons ne dispensait aucunement le contribuable de ses propres obligations. Celles-ci étaient certes allégées, en ce sens que l'intimé aurait pu se contenter d'envoyer une copie de sa déclaration vaudoise aux autorités genevoises, mais elles n'étaient pas inexistantes. En outre, en l'occurrence, on ne peut éventuellement reprocher à l'Administration fiscale genevoise de ne pas avoir satisfait à ses propres obligations qu'à partir du moment où la première décision de répartition intercantonale lui a été transmise par l'Administration fiscale vaudoise, à savoir, selon l'arrêt entrepris, le 6 mars 2012 pour l'année fiscale 2010. Or, même si l'on retient que l'Administration fiscale genevoise avait ou aurait dû avoir connaissance de l'existence du contribuable et lui transmettre les déclarations à remplir à compter de cette date, on ne saurait en tout état lui reprocher une négligence grave au point de reléguer à l'arrière plan le comportement du contribuable. Le lien de causalité n'a donc pas été rompu. La troisième condition de l'infraction est réalisée. 5.4. Reste à examiner l'élément subjectif de l'infraction. 5.4.1. Déterminer ce qu'une personne a su, envisagé, voulu ou accepté relève des constatations de fait qui lient le Tribunal fédéral, à moins que les faits n'aient été établis de façon manifestement inexacte ou arbitraire (cf. art. 105 al. 1 LTF; cf. supra consid. 2.2; ATF 137 IV 1 consid. 4.2.3 p. 4 s.; 135 IV 152 consid. 2.3.2 p. 156; arrêt 6B_712/2012 du 26 septembre 2013 consid. 3.4, non publié in ATF 139 IV 282). Il y a arbitraire (art. 9 Cst.) dans l'établissement des faits ou l'appréciation des preuves si le juge n'a manifestement pas compris le sens et la portée d'un moyen de preuve, s'il a omis, sans raison sérieuse, de tenir compte d'un moyen important propre à modifier la décision attaquée ou encore si, sur la base des éléments recueillis, il a fait des déductions insoutenables (ATF 144 II 281 consid. 3.6.2 p. 287; 142 II 355 consid. 6 p. 358). 5.4.2. En revanche, vérifier si l'autorité s'est fondée sur la notion exacte d'intention et de dol éventuel, ou de négligence, est une question de droit que le Tribunal fédéral revoit librement (arrêts 2C_875/2018 du 17 avril 2019 consid. 8.1.3; 2C_722/2017 du 13 décembre 2017 consid. 9.4; 2C_908/2011 du 23 avril 2012 consid. 3.1; 2C_447/2010 du 4 novembre 2010 consid. 3.2 et les arrêts cités). Il y a dol éventuel lorsque l'auteur envisage le résultat dommageable, mais agit néanmoins, même s'il ne le souhaite pas, parce qu'il s'en accommode pour le cas où il se produirait (ATF 138 V 74 consid. 8.2 p. 83; 137 IV 1 consid. 4.2.3 p. 4; en lien avec la tentative de soustraction fiscale, arrêts 2C_722/2017 du 13 décembre 2017 consid. 9.4; 2C_290/2011 du 12 septembre 2011 consid. 2.1). 5.4.3. Lorsque, comme en l'espèce, le contribuable n'a pas transmis de déclaration d'impôt pour la période concernée, alors qu'il était tenu de le faire, l'examen de l'intention revient à se demander si l'intéressé était conscient de son obligation de déposer une déclaration d'impôt, ou s'il pouvait, de bonne foi, considérer qu'il n'était pas tenu de le faire (cf., à propos d'une situation internationale, arrêt 2C_444/2018 du 31 mai 2019 consid. 10.4.1). Si, au vu de la situation du contribuable et des circonstances concrètes, tel n'est pas le cas, il faut admettre que l'intéressé a volontairement cherché à échapper à toute imposition, ou du moins qu'il a agi par dol éventuel (arrêt 2C_444/2018 du 31 mai 2019 consid. 10.4.1). 5.5. En l'occurrence, la Cour de justice a relevé dans son arrêt que "le recourant a[vait] affirmé que l'Administration fiscale vaudoise lui avait assuré que ses déclarations fiscales vaudoises seraient transmises à l'Administration fiscale genevoise, ce qui ressortait des courriers de l'Administration fiscale vaudoise des 25 mai et 14 juin 2016". La Cour de justice a en outre estimé que cette transmission avait désormais été établie, vu le courrier du 6 mars 2017 de l'Administration fiscale vaudoise produit devant elle, attestant que les décisions de répartition intercantonale avaient été remises à l'Administration fiscale genevoise le 6 mars 2012 pour la période fiscale 2010, le 11 avril 2013 pour 2011, le 5 mars 2014 pour 2012 et le 12 mai 2015 pour 2013. Pour la Cour de justice, l'Administration fiscale genevoise était donc en mesure d'avoir connaissance de la situation du contribuable bien avant le mois de novembre 2014. L'argumentation du recourant selon laquelle il attendait que l'Administration fiscale genevoise lui notifie des bordereaux de taxation sur la base de ses déclarations fiscales vaudoises, ou plus particulièrement des décisions vaudoises de répartition intercantonale, apparaissait crédible. Par ailleurs, la Cour de justice a relevé que lorsque l'Administration fiscale genevoise lui avait adressé les formules de déclaration genevoises, le contribuable s'était exécuté dans les délais impartis en lui retournant ses déclarations fiscales vaudoises. Il avait également joint les documents comptables liés à son activité indépendante, puis transmis les déclarations fiscales genevoises dûment remplies. En outre, alors que les taxations genevoises n'étaient pas encore définitives, le contribuable avait effectué divers versements en vue de régler l'ICC pour les périodes fiscales concernées, pour un montant total de 123'000 fr. entre le 10 juin et le 1er octobre 2015. Ainsi, selon la Cour de justice, si le contribuable ne s'était pas annoncé spontanément à l'Administration fiscale genevoise comme il aurait dû, cela ne démontrait pas qu'il avait eu une réelle intention de se soustraire à ses obligations fiscales. Au contraire, les preuves apportées et son attitude coopérative tendaient à démontrer une négligence, qui ne pouvait être prise en compte au stade de la tentative. 5.6. La recourante estime que le raisonnement qui précède est arbitraire et méconnaît la notion de dol éventuel. Elle relève en substance que les courriers cités par la Cour de justice ne démontrent pas que le contribuable pouvait considérer que les déclarations fiscales vaudoises seraient transmises aux autorités fiscales genevoises ou que l'Administration fiscale vaudoise lui aurait donné une assurance en ce sens. Elle note également qu'on ne peut pas déterminer l'intention en se fondant sur le comportement du contribuable après la découverte des faits reprochés. 5.7. En l'espèce, la question à résoudre pour se prononcer sur l'aspect subjectif de la tentative de soustraction reprochée à l'intimé est de savoir si celui-ci pouvait de bonne foi considérer qu'il n'avait pas à transmettre de déclaration fiscale à l'Administration fiscale genevoise (cf. supra consid. 5.4.3). 5.7.1. La Cour de justice s'est référée dans son arrêt à des courriers des 25 mai et 14 juin 2016 de l'Administration fiscale vaudoise. Comme le relève la recourante, il est difficile de comprendre si la Cour de justice a retenu qu'il résultait de ces courriers que l'Administration fiscale vaudoise avait assuré le contribuable de la transmission des informations le concernant à son homologue genevoise ou si les précédents juges n'ont fait que reporter les affirmations du contribuable sur ce point, sans prendre position sur leur crédibilité, auquel cas elle ne pouvait leur conférer de valeur probante. Si la Cour de justice a entendu retenir qu'il pouvait être établi sur la base de ces courriers que l'Administration fiscale vaudoise avait donné au contribuable l'assurance que les informations le concernant avaient été transmises, il faut convenir avec la recourante que cette appréciation est insoutenable au regard du contenu desdits courriers tel qu'il est reproduit dans l'arrêt entrepris. En effet, à teneur de l'arrêt attaqué, les courriers de l'Administration fiscale vaudoise datés des 25 mai et 14 juin 2016 que le contribuable a produits devant le Tribunal administratif de première instance attestent que "les répartitions intercantonales touchant des contribuables vaudois avec un rattachement fiscal à Genève [étaient] envoyées régulièrement par support informatique ou par papier à l'[l'AFC GE]", respectivement qu'en "l'absence de correspondances échangées avec les autorités genevoises et conformément aux accords passés entre les administrations cantonales, les répartitions intercantonales [étaient] envoyées régulièrement après les décisions de taxation". On ne voit pas qu'on puisse, sans tomber dans l'arbitraire, déduire de ces généralités quant à la transmission des répartitions intercantonales que l'Administration fiscale vaudoise aurait assuré l'intimé de la transmission des informations le concernant à l'Administration fiscale genevoise, le dispensant d'envoyer une copie de sa déclaration vaudoise aux autorités genevoises. A cela s'ajoute qu'il résulte du dossier (cf. art. 105 al. 2 LTF) que ces courriers font suite à des demandes du contribuable des 25 mai 2016 et du 7 juin 2016; rien dans l'arrêt attaqué n'indique en revanche que l'intéressé se serait enquis de la situation avant ces dates et il ne l'a pas prétendu. Autrement dit, ce n'est qu'une fois inquiété par les autorités fiscales genevoises que le contribuable a demandé aux autorités vaudoises ce qu'il en était de la transmission d'informations entre cantons. 5.7.2. La Cour de justice a par ailleurs considéré que la transmission des informations relatives au recourant était établie par le courrier du 6 mars 2017. A teneur des faits de l'arrêt entrepris, l'Administration fiscale vaudoise a confirmé dans le courrier du 6 mars 2017 qu'elle avait transmis les décisions de répartition intercantonale concernant le contribuable aux autorités fiscales genevoises le 6 mars 2012 pour la période fiscale 2010, le 11 avril 2013 pour 2011, le 5 mars 2014 pour 2012 et le 12 mai 2015 pour 2013. Ainsi que l'a relevé la Cour de justice, sur la base de ce courrier, on peut retenir que l'Administration fiscale genevoise connaissait ou aurait dû connaître l'existence du contribuable avant novembre 2014. En revanche, et ainsi que le souligne la recourante, le contenu de ce courrier ne renseigne ni sur ce que l'intimé savait concernant la transmission des informations le concernant aux autorités fiscales genevoises, ni sur ce qu'il aurait demandé à ce propos aux autorités fiscales vaudoises et sur les éventuelles assurances qu'il aurait reçues à cet égard. 5.7.3. Sur le vu de ce qui précède, la Cour de justice ne pouvait pas, sans tomber dans l'arbitraire, retenir sur la base des courriers produits que l'intimé était crédible lorsqu'il prétendait être convaincu que les informations le concernant avaient été transmises aux autorités fiscales genevoises, de sorte qu'il lui suffisait d'attendre que celles-ci prennent contact avec lui. On peut au reste ajouter que la jurisprudence a déjà relevé qu'il ne suffit pas d'alléguer que d'autres autorités sont amenées à collaborer avec les autorités fiscales et que ces dernières sont partant en mesure de connaître la situation juridique correcte pour démontrer l'absence d'intention de commettre une infraction fiscale (cf. arrêts 2C_898/2011 du 28 mars 2012 consid. 3.2; 2A.351/2002 du 5 novembre 2002 consid. 4.3). Or, en l'espèce, l'intimé s'est précisément contenté de prétendre que les informations le concernant avaient été transmises par les autorités vaudoises aux autorités genevoises, de sorte que celles-ci pouvaient connaître sa situation fiscale. Il n'a par contre pas allégué, ni a fortiori démontré, que l'autorité fiscale vaudoise lui aurait donné l'assurance que la transmission d'informations le concernant avait eu lieu et le libérait de ses propres obligations de déclaration. 5.7.4. Pour nier un agissement intentionnel par dol éventuel, la Cour de justice s'est aussi fondée sur le comportement de l'intimé après que l'Administration fiscale genevoise l'avait interpellé, en relevant qu'il s'était exécuté dans les délais, s'était montré particulièrement complet dans ses déclarations et avait rapidement payé les montants demandés. Un telle argumentation méconnaît la notion juridique d'intention et de dol éventuel. Comme le souligne la recourante, la manière dont une personne agit une fois l'infraction découverte ne permet pas de déterminer ce qu'elle voulait ou acceptait comme résultat au moment de la commission de l'infraction. La bonne collaboration ou un comportement exemplaire une fois l'infraction connue des autorités sont des paramètres qui entrent en ligne de compte pour juger de la culpabilité et partant fixer la peine. Ils ne renseignent en revanche pas, en droit pénal, sur la conscience et la volonté. 5.7.5. En résumé, la Cour de justice a nié que le recourant ait agi par dol éventuel en se fondant d'une part sur le résultat d'une appréciation arbitraire des preuves et d'autre part sur un facteur non pertinent pour juger de l'intention et de la négligence. Il s'ensuit que son raisonnement ne peut être confirmé. 5.7.6. Il sied encore d'examiner sur la base des faits retenus si l'on peut ou non admettre que l'intimé a agi intentionnellement, du moins par dol éventuel. L'intimé s'est installé dans le canton de Genève en 2010 en tant qu'indépendant exerçant la profession d'avocat. Alors que, selon les décisions de taxation vaudoises des périodes fiscales 2010 à 2013, il a réalisé l'intégralité du produit de son activité indépendante dans le canton de Genève, pour des montants de plus de 200'000 fr. annuels, il ne s'est pas manifesté auprès des autorités fiscales genevoises pendant plus de quatre ans, soit jusqu'à ce que celles-ci l'interpellent en novembre 2014. Compte tenu des connaissances juridiques de l'intéressé, des montants en jeu et du nombre d'années concernées, on ne peut retenir que celui-ci s'estimait de bonne foi dans son droit en ne se manifestant pas auprès des autorités fiscales genevoises. Dans ces conditions, il faut admettre que l'intimé a cherché, à tout le moins par dol éventuel, à échapper à l'imposition dans le canton de Genève. L'élément subjectif de l'infraction est donc ré alisé. 5.8. Il découle de ce qui précède que c'est à tort que la Cour de justice a acquitté l'intimé de l'infraction de tentative de soustraction fiscale. Le recours doit donc être admis et l'arrêt querellé annulé. Le principe d'une amende doit être confirmé pour les années fiscales 2010 à 2013. 6. En ce qui concerne la quotité de l'amende, le Tribunal administratif de première instance avait, dans son jugement du 19 décembre 2016, confirmé les montants fixés par l'Administration fiscale genevoise, sous réserve du montant de l'amende 2010, qui devait être modifié conformément au bordereau rectificatif du 29 février 2016. Dans sa décision sur réclamation du 10 décembre 2015, l'Administration fiscale genevoise avait fixé au tiers de l'impôt éludé la quotité des amendes pour les autres années. Dès lors que ces montants restent dans les limites de l'art. 56 al. 2 LHID, repris textuellement à l'art. 70 al. 2 LPFisc, et que l'intimé ne les a pas remis en cause, ni sur le plan cantonal, ni sur le plan fédéral, il convient de confirmer la quotité de l'amende infligée pour les périodes fiscales 2011 à 2013 tel que fixée dans la décision sur réclamation du 10 décembre 2015 confirmée par l'autorité judiciaire de première instance (cf. arrêt 2C_908/2011 du 23 avril 2012 consid. 3.7). Pour l'année fiscale 2010, il convient de confirmer le jugement du Tribunal administratif de première instance en tant qu'il a renvoyé le dossier à l'Administration fiscale genevoise pour nouvelle décision relative à la fixation de l'amende en fonction du bordereau rectificatif du 29 février 2016. 7. Les considérants qui précèdent conduisent à l'admission du recours. L'arrêt de la Cour de justice du 15 mai 2018 est annulé et le jugement du Tribunal administratif de première instance du 19 décembre 2016 confirmé. L'intimé, qui succombe, supportera les frais judiciaires (art. 66 al. 1 LTF). Il n'est pas alloué de dépens (art. 68 al. 3 LTF). La cause sera renvoyée à la Cour de justice pour qu'elle procède à une nouvelle répartition des frais et dépens de la procédure devant elle (cf. art. 67 et 68 al. 5 LTF). Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est admis. L'arrêt de la Cour de justice du 15 mai 2018 est annulé. Le jugement du Tribunal administratif de première instance du 19 décembre 2016 est confirmé. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 3'000 fr., sont mis à la charge de l'intimé. 3. La cause est renvoyée à la Cour de justice pour nouvelle décision sur les frais et dépens de la procédure devant elle. 4. Le présent arrêt est communiqué à la recourante, au mandataire de l'intimé, à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre administrative, 4ème section, ainsi qu'à l'Administration fédérale des contributions. Lausanne, le 17 juin 2019 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Juge présidant : Zünd La Greffière : Kleber
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 8C_398/2010 Urteil vom 11. August 2010 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Ursprung, Präsident, Bundesrichter Frésard, Maillard, Gerichtsschreiber Kathriner. Verfahrensbeteiligte S._, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. iur. Hardy Landolt, Beschwerdeführer, gegen Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA), Fluhmattstrasse 1, 6004 Luzern, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Unfallversicherung (Kausalzusammenhang), Beschwerde gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Glarus vom 31. März 2010. Sachverhalt: A. Der 1978 geborene S._ war als Monteur der Genossenschaft M._ bei der Schweizerischen Unfallversicherungsanstalt (SUVA) gegen die Folgen von Unfällen versichert, als er am 29. September 2005 als Beifahrer eines Autos einen Auffahrunfall erlitt. Die SUVA erbrachte die gesetzlichen Leistungen, stellte diese aber mit Verfügung vom 15. Juni 2007 ein, da die anhaltend geklagten Beschwerden nicht adäquat kausal durch das Ereignis verursacht worden seien. Mit Einspracheentscheid vom 28. Oktober 2008 bestätigte sie ihre Verfügung. B. Die hiegegen eingereichte Beschwerde wies das Verwaltungsgericht des Kantons Glarus mit Entscheid vom 31. März 2010 ab. C. Mit Beschwerde lässt S._ die Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheides und die Rückweisung der Sache an die Vorinstanz zur Ergänzung des Sachverhalts bzw. zur Leistungsfestsetzung beantragen. Ferner wird um unentgeltliche Prozessführung und Verbeiständung ersucht. Die SUVA schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Gesundheit verzichtet auf eine Vernehmlassung. Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzungen gemäss den Art. 95 und 96 BGG erhoben werden. Im Beschwerdeverfahren um die Zusprechung oder Verweigerung von Geldleistungen der Militär- oder der Unfallversicherung ist das Bundesgericht nicht an die vorinstanzliche Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gebunden (Art. 97 Abs. 2 und Art. 105 Abs. 3 BGG). Es wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG) und ist folglich weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden (vgl. BGE 132 II 257 E. 2.5 S. 262; 130 III 136 E. 1.4 S. 140). Unter Berücksichtigung der für Beschwerden bestehenden allgemeinen Begründungspflicht (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG) prüft es indessen grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen, sofern die rechtlichen Mängel nicht geradezu offensichtlich sind. Es ist jedenfalls nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu untersuchen, wenn diese letztinstanzlich nicht mehr aufgegriffen werden (BGE 133 II 249 E. 1.4.1 S. 254). 2. Das kantonale Gericht legte die Grundsätze zu dem für die Leistungspflicht vorausgesetzten natürlichen und adäquaten Kausalzusammenhang zwischen dem Unfallereignis und dem eingetretenen Schaden (BGE 129 V 179 E. 3.1 und 3.2 S. 181) zutreffend dar. Darauf wird verwiesen. Hat die versicherte Person einen Unfall erlitten, welcher die Anwendung der Schleudertrauma-Rechtsprechung rechtfertigt, so sind die durch BGE 134 V 109 E. 10 S. 126 ff. präzisierten Kriterien massgebend. Ist diese Rechtsprechung nicht anwendbar, so sind grundsätzlich die Adäquanzkriterien, welche für psychische Fehlentwicklungen nach einem Unfall entwickelt wurden (BGE 115 V 133 E. 6c/aa S. 140), anzuwenden (BGE 134 V 109 E. 2.1 S. 111 f.). 3. Die Vorinstanz hat in Würdigung der medizinischen Akten erwogen, beim Beschwerdeführer seien als Folgen des Auffahrunfalls vom 29. September 2005 keine organischen Gesundheitsschäden ersichtlich. Diese Schlussfolgerungen erweisen sich als rechtens. Die am Unfalltag, am 29. September 2005, erstellten Röntgenaufnahmen der HWS, BWS und LWS zeigten keine unfallbedingten Verletzungen. Am 31. Oktober 2005 nahmen die Ärzte im Spital Y._ MRI-Untersuchungen des Schädels und der HWS vor, welche normale Befunde ergaben bis auf eine minime Protrusion der Bandscheibe C5/C6. Es wurde festgestellt, die Abklärungen hätten keinen Nachweis von Traumafolgen ergeben. Am 12. Januar 2007 nahmen die Ärzte beim Beschwerdeführer in der Rehaklinik B._ unter anderem eine radiologische Verlaufskontrolle vor, welche im Vergleich zu den konventionell-radiologischen Aufnahmen vom 29. September 2005 unveränderte Verhältnisse zeigte. Organisch objektivierbare Folgen des Unfalls vom 29. September 2009 konnten insgesamt somit nicht festgestellt werden. Die vom Beschwerdeführer letztinstanzlich neu eingereichten weiteren Berichte stellen unzulässige Noven gemäss Art. 99 Abs. 1 BGG dar (vgl. zur Geltung dieses Grundsatzes im Beschwerdeverfahren um die Zusprechung oder Verweigerung von Geldleistungen der Militär- oder Unfallversicherung: BGE 135 V 194 E. 3.4 S. 199 f.). Selbst wenn sie Beachtung fänden, könnten ihnen keine unfallbedingten organischen Befunde zum Zeitpunkt der Leistungseinstellung entnommen werden. Wenn die dort neu festgehaltenen Diskushernien durch das Unfallereignis vom 29. September 2005 verursacht worden wären, was allerdings der bereits zuvor vorgenommenen bildgebenden Abklärungen, insbesondere der MRI-Aufnahme der HWS vom 31. Oktober 2005 widerspräche, wären sie zum Zeitpunkt der Einstellung der Unfallversicherungsleistungen am 15. Juni 2007 nicht mehr als unfallkausal zu beurteilen. Der Status quo sine vel ante wäre zu diesem Zeitpunkt praxisgemäss wieder erreicht gewesen (vgl. SVR 2009 IV Nr. 1 S. 1, 8C_677/2007 E. 2.3 und 2.3.2 mit Hinweisen). 4. Sind die anhaltenden Beschwerden nicht auf einen organisch hinreichend nachweisbaren Gesundheitsschaden zurückzuführen, so ist die Adäquanz eines allfälligen Kausalzusammenhanges zwischen dem Ereignis vom 29. September 2005 und diesen Beschwerden speziell zu prüfen. Auf weitere Abklärungen zur Frage, ob der Beschwerdeführer Verletzungen erlitten hat, welche eine Prüfung nach den Kriterien der sog. "Schleudertrauma-Praxis" (BGE 134 V 109 E. 10.3 S. 130) rechtfertigen, kann verzichtet werden, da die Adäquanz selbst bei Anwendung dieser für den Versicherten günstigeren Kriterien zu verneinen ist. Aus demselben Grund kann auch von näheren Abklärungen zum Bestand des natürlichen Kausalzusammenhanges Umgang genommen werden (BGE 135 V 465 E. 5.1 S. 472). 5. Die Einwände des Beschwerdeführers gegen die Aäquanzbeurteilung der Vorinstanz erweisen sich als unbegründet. Unter Berücksichtigung, dass einfache Auffahrkollisionen auf ein haltendes Fahrzeug regelmässig dem Grenzbereich zu den leichten Unfällen zugeordnet werden (SVR 2007 UV Nr. 26 S. 86, U 339/06 E. 5.2), ist der Unfall vom 29. September zu Recht als mittelschweres, im Grenzbereich zu den leichten Unfällen liegendes Ereignis qualifiziert worden. Das Auto des Beschwerdeführers hielt kurz an, als ein anderes Fahrzeug von hinten auffuhr. Gemäss biomechanischer Beurteilung vom 21. Juli 2006 lag die kollisionsbedingte Geschwindigkeitsänderung (sog. Delta-v) des Fahrzeugs, in dem der Beschwerdeführer sass, bei höchstens ca. 12 km/h. Eine von diesem gerügte ärztliche Fehlbehandlung, welche die Unfallfolgen erheblich verschlimmert hat, ist aus den Akten nicht ersichtlich. Beim letztinstanzlich neu eingereichten Bericht des Spitals Y._ vom 30. März 2009 handelt es sich um ein unzulässiges neues Beweismittel (Art. 99 Abs. 1 BGG), welchem im Übrigen keine entsprechende ärztliche Fehlbehandlung entnommen werden kann. Dem Beschwerdeführer wurde von den Ärzten weder Aggravation noch Simulation vorgeworfen, wie eingewendet wird, noch kann aus diesem Umstand eine fortgesetzte spezifische, belastende ärztliche Behandlung gemäss BGE 134 V 109 E. 10.2.3 S. 128 gefolgert werden. Hierfür sind andere und höhere Anforderungen vorausgesetzt (vgl. SVR 2009 UV Nr. 22 S. 80, 8C_209/2008 E. 5.4). Auch die übrigen Adäquanzkriterien sind zu verneinen, mit Ausnahme des Kriteriums der erheblichen Beschwerden, welches unter Mitberücksichtigung der nicht organischen Beschwerden als erfüllt betrachtet werden kann. Da dieses Kriterium jedoch nicht in ausgeprägter Weise gegeben ist, muss ein adäquater Kausalzusammenhang zwischen dem Unfallereignis vom 29. September 2005 und den über den 15. Juni 2007 anhaltend geklagten Beschwerden verneint werden. Die Beschwerde ist somit abzuweisen. 6. Das Verfahren ist kostenpflichtig. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird infolge Aussichtslosigkeit abgewiesen (Art. 64 Abs. 1 BGG). Der unterliegende Beschwerdeführer hat die Gerichtskosten zu tragen (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 750.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Glarus und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 11. August 2010 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Ursprung Kathriner
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 9C_173/2013 Urteil vom 1. Mai 2013 II. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Kernen, Präsident, Bundesrichter Meyer, Bundesrichterin Glanzmann, Gerichtsschreiber Traub. Verfahrensbeteiligte IV-Stelle Basel-Stadt, Lange Gasse 7, 4052 Basel, Beschwerdeführerin, gegen L._, vertreten durch P._, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Invalidenversicherung, Beschwerde gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Basel-Stadt vom 23. Januar 2013. Sachverhalt: A. Die 1972 geborene L._ bezieht seit August 2006 eine Rente der Invalidenversicherung, im Einzelnen: von August 2006 bis Juli 2007 eine Viertelsrente, von August bis Dezember 2007 eine ganze Rente, von Januar bis September 2008 eine Viertelsrente, von Oktober 2008 bis Dezember 2009 eine ganze Rente sowie ab Januar 2010 eine halbe Invalidenrente. Die IV-Stelle des Kantons Basel-Stadt bemass die Invalidität anhand der gemischten Methode; sie ging davon aus, die Versicherte wäre bei guter Gesundheit zu 70 Prozent erwerbstätig und zu 30 Prozent im Haushalt beschäftigt (Verfügungen vom 13. Juli 2012). B. L._ führte beim Sozialversicherungsgericht des Kantons Basel-Stadt Beschwerde gegen die Verfügungen vom 13. Juli 2012, soweit diese Anspruchsperioden ab April 2007 betreffen. Das Sozialversicherungsgericht hiess das Rechtsmittel gut, hob die Verfügungen auf und wies die Sache zum Erlass einer neuen Verfügung im Sinne der Erwägungen an die Verwaltung zurück (Entscheid vom 23. Januar 2013). C. Die IV-Stelle führt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten mit dem Rechtsbegehren, der angefochtene Entscheid sei insoweit aufzuheben, als das kantonale Gericht mit Wirkung ab Januar 2010 eine Dreiviertelsrente zugesprochen habe; ab diesem Zeitpunkt bestehe lediglich Anspruch auf eine halbe Invalidenrente. Ausserdem beantragt sie, es sei ihrer Beschwerde die aufschiebende Wirkung zuzuerkennen. L._ schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherungen und das kantonale Gericht verzichten auf eine Stellungnahme. Erwägungen: 1. Die Vorinstanz legte den Invaliditätsgrad für verschiedene Zeitabschnitte fest und wies die Sache an die IV-Stelle zurück, damit diese die wechselnd hohen Rentenansprüche im Sinne der Erwägungen in einer neuen Verfügung eröffne. Ein kantonaler Beschwerdeentscheid, mit welchem über den Anspruch auf eine Invalidenrente befunden und die Sache lediglich zur Berechnung des Rentenbetrags an die IV-Stelle zurückgewiesen wird, ist verfahrensabschliessend. Da die Rückweisung nur noch der Umsetzung des oberinstanzlich Angeordneten dient und der unteren Instanz kein Entscheidungsspielraum verbleibt, handelt es sich nicht - wie bei Rückweisungsentscheiden sonst grundsätzlich der Fall - um einen Zwischenentscheid, der bloss unter den Voraussetzungen der Art. 92 oder 93 BGG beim Bundesgericht anfechtbar wäre, sondern um einen - weiterziehbaren - Endentscheid im Sinne von Art. 90 BGG (SVR 2008 IV Nr. 39 S. 131, 9C_684/2007 E. 1.1). 2. 2.1 Vor kantonalem Gericht zu prüfen war die Bemessung des Invaliditätsgrades ab April 2007. 2.1.1 Die Vorinstanz würdigte die tatsächlichen Verhältnisse und erkannte, die Versicherte wäre bei voller Gesundheit seit März 2007 zu 100 Prozent erwerbstätig. Somit sei ab diesem Zeitpunkt nicht mehr die gemischte Methode der Invaliditätsbemessung (Art. 28a Abs. 3 IVG; zur Bestimmung der Anteile beider Tätigkeitsbereiche: BGE 137 V 334 E. 3.2 S. 338 mit Hinweisen) anwendbar, sondern die Einkommensvergleichsmethode (Art. 28a Abs. 1 IVG). Dies wird nicht bestritten. 2.1.2 Den schwankenden Arbeitsunfähigkeiten sowie dem Wechsel der Bemessungsmethode Rechnung tragend schloss das kantonale Gericht, mit Wirkung ab April 2007 könne die Versicherte eine Dreiviertelsrente beanspruchen, ab August 2007 eine ganze Rente, ab Januar 2008 eine Dreiviertelsrente, ab Oktober 2008 eine ganze Rente sowie ab Januar 2010 eine Dreiviertelsrente. 2.2 Letztinstanzlich strittig bleibt allein, ob mit Wirkung ab Januar 2010 zu Recht eine Dreiviertelsrente zugesprochen wurde. 2.2.1 Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Es kann die Sachverhaltsfeststellung der Vorinstanz von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung beruht (Art. 105 Abs. 2 BGG). Die Feststellung der Vergleichseinkommen nach Art. 16 ATSG (Validen- und Invalideneinkommen) stellt sich als Tatfrage dar, soweit sie auf konkreter Beweiswürdigung beruht, und nur dann als Rechtsfrage, wenn sich der Entscheid nach der allgemeinen Lebenserfahrung richtet (BGE 132 V 393 E. 3.3 S. 399). 2.2.2 Die beschwerdeführende Verwaltung macht geltend, das Valideneinkommen (hypothetisches Einkommen ohne Gesundheitsschaden) sei falsch ermittelt worden. Sie selber habe in den Verfügungen vom 13. Juli 2012 Lohnangaben des Alterszentrums Alban-Breite vom 3. September 2007, die sich auf das Jahr 2007 beziehen, auch für die Invaliditätsbemessung hinsichtlich der Jahre ab 2004 verwendet, dies unter zusätzlicher Berücksichtigung der seitherigen Nominallohnentwicklung. Die Vorinstanz habe die offensichtlich unrichtigen Zahlen für die Festsetzung der jeweiligen Valideneinkommen übernommen. Der Fehler wirke sich indes nur auf den Rentenanspruch ab Januar 2010 aus. Für die Festsetzung des Valideneinkommens sei richtigerweise von einem Betrag über Fr. 74'100.- (2007) auszugehen; unter Berücksichtigung der von 2007 bis 2009 aufgelaufenen Teuerung in Höhe von 2,76 Prozent errechne sich ein Valideneinkommen von Fr. 76'145.- (statt Fr. 79'560.-). Gemessen am Invalideneinkommen von Fr. 31'474.- betrage der Invaliditätsgrad aufgerundete 59 Prozent. Werde zu Gunsten der Beschwerdegegnerin auf die statistische branchenübliche Teuerung von 3,5 Prozent (2007 bis 2009) abgestellt, so führe dies zu einem Valideneinkommen von Fr. 76'694.-, mithin immer noch zu einem Invaliditätsgrad von 59 Prozent. Weiter führt die Beschwerdeführerin aus, der ehemalige Arbeitgeber der Versicherten habe ihr auf Anfrage hin mit Schreiben vom 27. Februar 2013 mitgeteilt, diese hätte (im Gesundheitsfall) im Jahr 2009 einen monatlichen Bruttolohn von Fr. 5'900.-, mithin einen Jahreslohn von Fr. 76'700.-, erzielt. Diese Angabe decke sich praktisch mit dem ausgehend von der Lohnangabe aus dem Jahr 2007 errechneten Valideneinkommen. Die neue Zahl bestätige, dass der massgebende Invaliditätsgrad ab Januar 2010 unter 60 Prozent liege. Weiter führt die Beschwerdeführerin aus, der ehemalige Arbeitgeber der Versicherten habe ihr auf Anfrage hin mit Schreiben vom 27. Februar 2013 mitgeteilt, diese hätte (im Gesundheitsfall) im Jahr 2009 einen monatlichen Bruttolohn von Fr. 5'900.-, mithin einen Jahreslohn von Fr. 76'700.-, erzielt. Diese Angabe decke sich praktisch mit dem ausgehend von der Lohnangabe aus dem Jahr 2007 errechneten Valideneinkommen. Die neue Zahl bestätige, dass der massgebende Invaliditätsgrad ab Januar 2010 unter 60 Prozent liege. 2.3 2.3.1 Aktenwidrige tatsächliche Feststellungen sind offensichtlich unrichtig im Sinne von Art. 105 Abs. 2 BGG (vgl. statt vieler BGE 136 II 304 E. 4.3 am Ende S. 317); in einem solchen Fall erfolgt eine Berichtigung oder Ergänzung des Sachverhalts auch von Amtes wegen. Das Bundesgericht legt seinem Entscheid daher den als zutreffend erkannten rechtserheblichen Sachverhalt zugrunde. 2.3.2 Die Beschwerdegegnerin stellt die in der Beschwerdeschrift dargelegte Berechnung des Valideneinkommens als solche zu Recht nicht in Frage. Hingegen wendet sie ein, die Beschwerdeführerin habe die unzutreffende Festsetzung des Valideneinkommens im bisherigen Verfahren nie hinterfragt, obwohl die einschlägigen Lohnangaben des ehemaligen Arbeitgebers seit September 2007 vorgelegen hätten; die ergänzende Gehaltsauskunft vom 27. Februar 2013 sei erst nach dem vorinstanzlichen Entscheid eingeholt worden. Mit Blick auf Art. 99 Abs. 1 BGG, wonach neue Tatsachen und Beweismittel nur so weit vorgebracht werden dürfen, als erst der Entscheid der Vorinstanz dazu Anlass gibt, könne die seit Jahren falsche Festsetzung des Valideneinkommens im bundesgerichtlichen Verfahren nicht mehr gerügt werden. Dem ist entgegenzuhalten, dass eine Tatsache, die sich aus den vorinstanzlichen Akten ergibt, nicht im Sinne von Art. 99 Abs. 1 BGG neu ist (BGE 136 V 362 E. 3.3.1 S. 364). Die Vorbringen der Beschwerdeführerin zielen bloss auf eine zulässige Änderung in der Begründung ab. 2.3.3 Die in der Beschwerdeschrift nachgewiesenen Daten führen zu einem Valideneinkommen von Fr. 76'694.- resp. Fr. 76'700.- und zu einem Invalideneinkommen von Fr. 31'474.-. Der Invaliditätsgrad beträgt demnach per Januar 2010 59 Prozent. Somit hat die Beschwerdegegnerin mit Wirkung ab diesem Zeitpunkt Anspruch auf eine halbe Invalidenrente (vgl. Art. 28 Abs. 2 IVG). 3. Mit dem Entscheid in der Sache wird die Frage der aufschiebenden Wirkung der Beschwerde gegenstandslos. 4. Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt die Beschwerdegegnerin die Gerichtskosten (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird gutgeheissen. Der Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Basel-Stadt vom 23. Januar 2013 wird insoweit abgeändert, als die Beschwerdegegnerin mit Wirkung ab Januar 2010 Anspruch auf eine halbe Invalidenrente hat. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden der Beschwerdegegnerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Basel-Stadt und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 1. Mai 2013 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Kernen Der Gerichtsschreiber: Traub
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 2C_57/2007 - svc Arrêt du 9 juillet 2007 IIe Cour de droit public Composition MM. et Mme les Juges Merkli, Président, Wurzburger et Yersin. Greffière: Mme Mabillard. Parties X._ et son épouse Y._, recourants, contre Service de la population du canton de Vaud, avenue de Beaulieu 19, 1014 Lausanne, Tribunal administratif du canton de Vaud, avenue Eugène-Rambert 15, 1014 Lausanne. Objet Autorisation d'entrée, respectivement de séjour; regroupement familial, recours en matière de droit public contre l'arrêt du Tribunal administratif du canton de Vaud du 20 février 2007. Considérant en fait et en droit: 1. Y._, ressortissante de la République démocratique du Congo née en 1984, est arrivée en Suisse en 2001 et est au bénéfice d'une autorisation de séjour. Le 6 avril 2006, elle a épousé par procuration un compatriote, X._, né en 1975. Le 18 juin 2006, X._ a déposé à l'Ambassade de Suisse à Kinshasa une demande de visa pour la Suisse afin de venir rejoindre son épouse. Le 27 juin 2006, l'Ambassade précitée a émis un préavis négatif, duquel il ressortait notamment que l'intéressé n'avait pas revu ni eu de contact avec son épouse depuis 2001, qu'il n'avait jamais travaillé ni voyagé et dépendait financièrement de la générosité de son église. Le 24 octobre 2006, la ville de Z._, où réside Y._, a également préavisé négativement la demande, vu les faibles revenus de l'intéressée. Celle-ci, en apprentissage, recevait un salaire mensuel brut de 800 fr. et bénéficiait depuis janvier 2006 du revenu d'insertion. Elle avait par ailleurs une dette sociale d'un montant de 19'478 fr.60. Par décision du 8 novembre 2006, le Service cantonal de la population du canton de Vaud (ci-après: le Service cantonal) a refusé l'autorisation d'entrée en Suisse, respectivement de séjour, par regroupement familial en faveur de X._. Le recours formé contre cette décision a été rejeté par le Tribunal administratif du canton de Vaud (ci-après: le Tribunal administratif) en date du 20 février 2007. Cette autorité a notamment constaté que Y._ ne remplissait pas les conditions des art. 38 et 39 de l'ordonnance du 6 octobre 1986 limitant le nombre des étrangers (OLE; RS 823.21)et ne pouvait par conséquent être autorisée à faire venir son conjoint en Suisse. 2. Agissant par la voie du recours en matière de droit public au nom de son époux X._ et en son propre nom, Y._ demande au Tribunal fédéral d'annuler l'arrêt du Tribunal administratif du 20 février 2007 et d'accorder à son époux une autorisation d'entrée en Suisse au titre du regroupement familial. Elle demande également l'assistance judiciaire sous forme de dispense du paiement des frais. Le Tribunal administratif et le Service cantonal ont produit leurs dossiers respectifs dans le délai imparti à cette fin par l'autorité de céans. 3. 3.1. L'arrêt attaqué ayant été rendu après l'entrée en vigueur de la loi du 17 juin 2005 sur le Tribunal fédéral (LTF; RS 173.110), la procédure est régie par le nouveau droit (art. 132 al. 1 LTF). 3.2. D'après l'art. 83 lettre c ch. 2 LTF, le recours en matière de droit public est irrecevable contre les décisions en matière de droit des étrangers qui concernent une autorisation à laquelle ni le droit fédéral ni le droit international ne donnent droit. En vertu de l'art. 4 de la loi fédérale du 26 mars 1931 sur le séjour et l'établissement des étrangers (LSEE; RS 142.20), les autorités compétentes statuent librement, dans le cadre des prescriptions légales et des traités avec l'étranger, sur l'octroi ou le refus de l'autorisation de séjour ou d'établissement. En principe, il n'existe pas de droit à la délivrance d'une telle autorisation, à moins que l'étranger ou un membre de sa famille vivant en Suisse ne puisse invoquer dans ce sens une disposition particulière du droit fédéral ou d'un traité (cf. ATF 131 II 339 consid. 1 p. 342 s.; 130 II 281 consid. 2.1 p. 284 et les références). L'art. 17 al. 2 LSEE prévoit que si l'étranger possède une autorisation d'établissement, son conjoint a droit à l'autorisation de séjour, aussi longtemps que les époux vivent ensemble. Or, Y._ n'étant pas au bénéfice d'un permis d'établissement, mais d'un permis de séjour, les recourants ne peuvent pas invoquer un droit au regroupement familial sur la base de cette disposition (cf. ATF 126 II 377 consid. 2a p. 382; 125 II 633 consid. 2c p. 638). Ils ne peuvent pas davantage se prévaloir de l'art. 38 OLE, selon lequel la police cantonale des étrangers peut autoriser l'étranger à faire venir en Suisse son conjoint, lorsque les conditions de l'art. 39 OLE sont remplies. L'ordonnance limitant le nombre des étrangers ne peut en effet pas fonder un droit à une autorisation qui irait au-delà de la loi (cf. ATF 130 II 281 consid. 2.2 p. 284 et les références; cf. également ATF 125 II 633 consid. 2c p. 638). Par conséquent, le recours en matière de droit public est irrecevable sous l'angle des art. 17 al. 2 LSEE, 38 et 39 OLE. Par ailleurs, l'art. 8 par. 1 CEDH peut également conférer un droit à une autorisation de séjour au conjoint d'un étranger bénéficiant d'un droit de présence assuré en Suisse - c'est-à-dire une autorisation d'établissement ou au moins un droit certain à une autorisation de séjour - si les liens noués entre eux sont étroits et effectifs (cf. ATF 130 II 281 consid. 3.1 p. 285; 129 II 215 consid. 4 p. 218 s.; 126 II 335 consid. 2a p. 339 et les références). Or, il est douteux que les liens qui unissent Y._ à son époux X._ puissent être qualifiés d'étroits et effectifs au sens de l'art. 8 CEDH, dans la mesure où ils ne s'étaient pas revus depuis six ans et qu'ils se sont mariés par procuration. Quoi qu'il en soit, l'autorisation de séjour de Y._, renouvelable à l'année, ne lui garantit pas un droit de présence durable en Suisse et ne suffit dès lors pas à fonder un droit au regroupement familial (cf. ATF 130 II 281 consid. 3.1 p. 286; 126 II 335 consid. 2a p. 340). Le présent recours n'est dès lors pas non plus recevable sous l'angle de cette disposition. 4. Partant, le recours doit être déclaré irrecevable dans la procédure de l'art. 109 LTF. Un examen sommaire du cas montre que les chances de succès du recours étaient de toute façon nettement inférieures au risque d'échec. Dès lors, la requête d'assistance judiciaire doit être rejetée (art. 64 LTF). Succombant, les recourants doivent supporter les frais judiciaires, qui seront fixés compte tenu de leur situation financière (art. 65 et 66 al. 1 LTF) et n'ont pas droit à des dépens (art. 68 al. 1 LTF). Par ces motifs, vu l'art. 109 LTF, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Un émolument judiciaire de 600 fr. est mis à la charge des recourants. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie aux recourants, au Service de la population et au Tribunal administratif du canton de Vaud ainsi qu'à l'Office fédéral des migrations. Lausanne, le 9 juillet 2007 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: La greffière:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_364/2012 Urteil vom 19. April 2013 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Mathys, Präsident, Bundesrichter Schneider, Oberholzer, Gerichtsschreiber Faga. Verfahrensbeteiligte Oberstaatsanwaltschaft des Kantons Luzern, Zentralstrasse 28, 6002 Luzern, Beschwerdeführerin, gegen X._, vertreten durch Rechtsanwältin Rita Gettkowski, Beschwerdegegner. Gegenstand Mehrfacher gewerbsmässiger Betrug, mehrfache Unterdrückung von Urkunden, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Luzern, 4. Abteilung, vom 13. April 2012. Sachverhalt: A. X._ verübte in den Jahren 2000 bis 2007 eine Vielzahl von Straftaten (überwiegend Vermögensdelikte). Das Kriminalgericht des Kantons Luzern verurteilte ihn am 22. Oktober 2010 wegen Veruntreuung, mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs, mehrfacher Urkundenfälschung, mehrfacher Erschleichung einer falschen Beurkundung, mehrfacher Unterdrückung von Urkunden, Unterlassung der Buchführung, unwahrer Angaben gegenüber Handelsregisterbehörden (Handelsregisteramt Basel-Stadt), Pfändungsbetrugs, mehrfacher Gläubigerschädigung durch Vermögensminderung, mehrfacher Misswirtschaft und mehrfacher Widerhandlung gegen das AHVG. Vom Vorwurf der mehrfachen unwahren Angaben gegenüber Handelsregisterbehörden (Handelsregisteramt Zug) und der mehrfachen Misswirtschaft betreffend die Gesellschaften A._ AG und B._ sprach es ihn frei. Zudem stellte es das Verfahren betreffend versuchte Nötigung und mehrfache Widerhandlung gegen das AHVG (für die Zeit vor dem 22. Oktober 2003) infolge Verjährung ein. Das Kriminalgericht auferlegte X._ eine Freiheitsstrafe von vier Jahren und neun Monaten, unter Anrechnung der Untersuchungshaft von 856 Tagen, als teilweise Zusatzstrafe zu den Urteilen des Bezirksgerichts Zofingen und des Amtsstatthalteramts Luzern aus den Jahren 2002 und 2003. Die von X._ dagegen erhobene Appellation hiess das Obergericht des Kantons Luzern am 13. April 2012 teilweise gut. Vom Vorwurf des mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs sprach es ihn teilweise (in über 200 Fällen respektive Deliktskategorien) frei. In neun von diesen Fällen erfolgten Schuldsprüche wegen Zechprellerei. Ebenso ergingen Freisprüche betreffend den Vorwurf der mehrfachen Unterdrückung von Urkunden sowie (in Bestätigung des erstinstanzlichen Entscheids) der mehrfachen unwahren Angaben gegenüber Handelsregisterbehörden (Handelsregisteramt Zug) und der mehrfachen Misswirtschaft (Gesellschaften A._ AG und B._). Im Übrigen bestätigte das Obergericht die erstinstanzlichen Schuldsprüche wie auch die Einstellung des Verfahrens infolge Verjährung. Es reduzierte die Freiheitsstrafe auf drei Jahre und zehn Monate. B. Die Oberstaatsanwaltschaft des Kantons Luzern führt Beschwerde in Strafsachen. Sie beantragt, das Urteil des Obergerichts sei aufzuheben, und die Sache sei zur Schuldigsprechung im Sinne der ersten Instanz an das Obergericht zurückzuweisen. C. X._ ersucht um Abweisung der Beschwerde. Das Obergericht des Kantons Luzern beantragt, die Beschwerde sei abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. Erwägungen: 1. X._ (Beschwerdegegner) beging in den Jahren 2001 bis 2007 zahlreiche Delikte, welche zum Schuldspruch des mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs führten. Das Kriminalgericht sowie die Vorinstanz verweisen auf eine rund 100-seitige Deliktstabelle, welche die Staatsanwaltschaft des Kantons Luzern als Bestandteil ihrer (ebenfalls rund 100-seitigen) Anklageschrift erklärt (Entscheid S. 15 und erstinstanzliches Urteil S. 33 f.). Dem Beschwerdegegner wird zur Last gelegt, in eigenem Namen, im Namen seiner Firmen, im Namen von Drittpersonen sowie unter fiktivem Namen verschiedene Waren bestellt und Dienstleistungen in Anspruch genommen zu haben, ohne die vertraglich geschuldete Summe zu begleichen. Der Beschwerdegegner trat dabei persönlich auf oder bestellte schriftlich, telefonisch, per Fax oder E-Mail. Das Total der Vertragssumme beträgt rund Fr. 1'450'000.-- (ohne Veruntreuung) zuzüglich ca. Fr. 580'000.-- (versuchte Bestellungen; vgl. Deliktstabelle S. 97). Die Vorinstanz prüft den Betrug zum Nachteil von C._ (S. 14 f.), die Bestellungen von Waren und Dienstleistungen in eigenem Namen (S. 16 ff.), in fiktivem oder fremdem Namen (S. 23 f.) sowie die Bestellungen namens verschiedener Firmen, welche sie einzeln aufführt (S. 25 ff.). Damit übernimmt sie im Wesentlichen die Systematik des erstinstanzlichen Entscheids (S. 27 ff.). Das Kriminalgericht hat den Beschwerdegegner in allen angeklagten Fällen des mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs schuldig gesprochen. Ihm folgt die Vorinstanz uneingeschränkt einzig hinsichtlich der Bestellungen in fiktivem oder fremdem Namen. Im Übrigen spricht sie den Beschwerdegegner von den Betrugsvorwürfen teilweise frei. Im Wesentlichen rechnet sie den Geschädigten eine tatbestandsausschliessende Eigenverantwortung am Betrug an. 1.1 Gemäss Art. 146 Abs. 1 StGB macht sich des Betrugs unter anderem schuldig, wer in der Absicht, sich oder einen andern unrechtmässig zu bereichern, jemanden durch Vorspiegelung oder Unterdrückung von Tatsachen arglistig irreführt und so den Irrenden zu einem Verhalten bestimmt, wodurch dieser sich selbst oder einen andern am Vermögen schädigt. Arglist ist nach ständiger Rechtsprechung gegeben, wenn der Täter ein ganzes Lügengebäude errichtet oder sich besonderer Machenschaften oder Kniffe bedient. Bei einfachen falschen Angaben ist das Merkmal erfüllt, wenn deren Überprüfung nicht oder nur mit besonderer Mühe möglich oder nicht zumutbar ist, und wenn der Täter den Getäuschten von der möglichen Überprüfung abhält oder nach den Umständen voraussieht, dass dieser die Überprüfung der Angaben aufgrund eines besonderen Vertrauensverhältnisses unterlassen werde (BGE 135 IV 76 E. 5.2 S. 81 f. mit Hinweisen). Mit dem Tatbestandsmerkmal der Arglist verleiht das Gesetz dem Gesichtspunkt der Opfermitverantwortung wesentliche Bedeutung. Arglist scheidet aus, wenn der Getäuschte den Irrtum mit einem Mindestmass an Aufmerksamkeit hätte vermeiden können. Dabei sind die jeweilige Lage und die Schutzbedürftigkeit des Betroffenen im Einzelfall entscheidend. Rücksicht zu nehmen ist namentlich auf geistesschwache, unerfahrene oder aufgrund von Alter oder Krankheit beeinträchtigte Opfer oder auf solche, die sich in einem Abhängigkeits- oder Unterordnungsverhältnis oder in einer Notlage befinden, und deshalb kaum imstande sind, dem Täter zu misstrauen. Auf der anderen Seite sind besondere Fachkenntnis und Geschäftserfahrung des Opfers in Rechnung zu stellen, wie sie etwa im Rahmen von Kreditvergaben Banken beigemessen wird. Auch unter dem Gesichtspunkt der Opfermitverantwortung erfordert die Erfüllung des Tatbestands indes nicht, dass das Täuschungsopfer die grösstmögliche Sorgfalt walten lässt und alle erdenklichen Vorkehren trifft. Arglist scheidet lediglich aus, wenn es die grundlegendsten Vorsichtsmassnahmen nicht beachtet. Entsprechend entfällt der strafrechtliche Schutz nicht bei jeder Fahrlässigkeit des Getäuschten, sondern nur bei Leichtfertigkeit, welche das betrügerische Verhalten des Täters in den Hintergrund treten lässt. Die zum Ausschluss der Strafbarkeit des Täuschenden führende Opferverantwortung kann nur in Ausnahmefällen bejaht werden (BGE 135 IV 76 E. 5.2 S. 80 f. mit Hinweisen; URSULA CASSANI, Der Begriff der arglistigen Täuschung als kriminalpolitische Herausforderung, ZStrR 117/1999 S. 163). Nach der Rechtsprechung ist die Vorspiegelung des Leistungswillens grundsätzlich arglistig im Sinne von Art. 146 StGB, weil sie eine innere Tatsache betrifft, die vom Vertragspartner ihrem Wesen nach nicht direkt überprüft werden kann (BGE 118 IV 359 E. 2 S. 361 mit Hinweisen). Arglist kann bei einfachen falschen Aussagen gegeben sein, wenn eine weitere Überprüfung nicht handelsüblich ist, etwa weil sie sich im Alltag als unverhältnismässig erweist und die konkreten Verhältnisse eine nähere Abklärung nicht nahelegen oder gar aufdrängen und dem Opfer diesbezüglich der Vorwurf der Leichtfertigkeit nicht gemacht werden kann (vgl. CASSANI, a.a.O., S. 158 und S. 168 ff.). Mit einer engen Auslegung des Betrugstatbestands würden die sozialadäquate Geschäftsausübung und damit der Regelfall des Geschäftsalltags betrugsrechtlich nicht geschützt (Urteil 6S.291/2001 vom 15. Mai 2001 E. 2c; vgl. auch GUNTHER ARZT, in: Basler Kommentar, Strafrecht, Bd. II, 2. Aufl. 2007, N. 71 zu Art. 146 StGB, wonach eine arglistige Täuschung nur in ganz extremen Situationen unvernünftiger Opfer vorliege). Selbst ein erhebliches Mass an Naivität des Geschädigten hat nicht in jedem Fall zur Folge, dass der Täter straflos ausgeht (Urteil 6S.116/2004 vom 7. Juli 2004 E. 2.4.2). 1.2 Die Vorinstanz verneint das Tatbestandsmerkmal der Arglist betreffend sämtliche Bestellungen, welche der Beschwerdegegner in seinem Namen und unter Angabe seiner Wohnadresse aufgegeben hat. Im Wesentlichen erwägt sie, der Beschwerdegegner sei seit 1999 im Betreibungsregister Luzern verzeichnet. Im Jahre 2002 sei über ihn der Konkurs eröffnet und dieser im Jahre 2003 mangels Aktiven eingestellt worden. Die Vorspiegelung des Leistungswillens hätten die jeweiligen Vertragspartner mit einfachsten Vorsichtsmassnahmen wie das Einholen eines Betreibungsregisterauszugs oder durch Voraus- respektive Anzahlungen überprüfen können. Das "Einholen eines Betreibungsregisterauszuges vor Eingehung von Geschäftsverbindlichkeiten (...) stellt im Geschäftsalltag aber eine wichtige und effektive Vorsichtsmassnahme zur Überprüfung der Zahlungsfähigkeit dar." Die Vertragspartner hätten die bestellten Waren gegen Rechnung geliefert und damit in leichtfertiger Weise auf jegliche Vorsichtsmassnahme verzichtet (Entscheid S. 16 ff. und S. 35). Anders zu entscheiden und die Arglist zu bejahen sei bei den Bestellungen in fiktivem oder fremdem Namen. Hier habe der Beschwerdegegner nicht nur über seinen Zahlungswillen, sondern auch über seine Identität getäuscht (Entscheid S. 23 f. und S. 35). Die Vorinstanz beurteilt die Bestellungen, welche der Beschwerdegegner im Namen verschiedener Firmen tätigte, in gleicher Weise. Im Wesentlichen stellt sie darauf ab, von welchem Zeitpunkt an die Gesellschaften im Betreibungsregister erschienen. Auszugehen sei von der Lieferadresse. Bestellungen, die der Beschwerdegegner tätigte, als die Vertragspartnerinnen der Geschädigten bereits Eintragungen im jeweiligen Betreibungsregister verzeichneten, müssten sich die Geschädigten unter dem Titel der Opfermitverantwortung selbst vorwerfen lassen. Diese Erwägungen führten zu zahlreichen Freisprüchen betreffend die Gesellschaften B._ und D._ AG (Entscheid S. 26 ff. und S. 33 f.). Dem Beschwerdegegner, der mehrere hundert Verträge hauptsächlich ohne Erfüllungswille einging, gereichte das nämliche Kriterium des Eintrags im Betreibungsregister auch mit den Gesellschaften A._ AG, E._ GmbH und F._ AG zum Vorteil. Bei diesen letztgenannten Firmen sei zudem relevant, dass der Beschwerdegegner mehrmals beim gleichen Lieferanten bestellt habe. Im Geschäftsalltag seien offene Rechnungen in der Regel innert 30 Tagen zu begleichen. Ein Freispruch vom Vorwurf des Betrugs habe auch zu ergehen, wenn die Lieferanten trotz offener Rechnungen und Ablaufs der (30-tägigen) Zahlungsfrist weitergeliefert hätten (Entscheid S. 29 ff., S. 31 ff. und S. 34 f.). Die Vorinstanz spricht den Beschwerdegegner in über 200 Fällen vom Vorwurf des mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs frei (vgl. Urteilsdispositiv-Ziffer 2 sowie die im Anhang der Anklageschrift chronologisch aufgeführten Fälle in den Zeilen T 1 - T 391, wobei teilweise mehrere Bestellungen in der gleichen Zeile zusammengefasst sind). Sie erkennt auf eine Deliktssumme von rund Fr. 940'000.--, während das Kriminalgericht eine solche von rund Fr. 2 Mio. bejahte. 1.3 Die Beschwerdeführerin rügt, die Vorinstanz urteile weitgehend gegen die geltende Bundesgerichtspraxis und stelle Kriterien auf, welche mit den Gepflogenheiten des Geschäftslebens nicht Schritt hielten. Den Geschädigten könne nicht zum Vorwurf gemacht werden, sie hätten sich leichtsinnig verhalten und grundlegendste Vorsichtsmassnahmen missachtet, indem sie weder einen Betreibungsregisterauszug noch eine Voraus- oder Anzahlung verlangt hätten. Da der Beschwerdegegner in allen Fällen im Wesentlichen gleich vorgegangen sei, genüge es, wenn das Tatbestandsmerkmal der Arglist für alle Einzelhandlungen in gleicher Weise vorliege. Eine Bonitätsprüfung bei einem Bestellwert von beispielsweise Fr. 211.80 zu verlangen, erscheine lebensfremd. Zu Unrecht habe die Vorinstanz den Beschwerdegegner (bei Bestellungen in eigenem Namen wie auch namens verschiedener Firmen) in einzelnen Fällen zudem mangels Schadens vom Betrugsvorwurf freigesprochen. Vielmehr liege ein vollendeter respektive ein versuchter Betrug vor. Behaupte die Vorinstanz, dass die Lieferanten eine Opfermitverantwortung trügen, wenn sie trotz offener Rechnungen und Ablaufs der (30-tägigen) Zahlungsfrist weiterliefern würden (beispielsweise betreffend die A._ AG bei T 8, 55, 100, 102, 109, 119, 199 und 278), so zeuge dies von mangelnder Praxisnähe. Es könne nicht stets von einem riskanten Kunden ausgegangen werden, der die Rechnung des ersten Auftrags noch nicht bezahlt habe (Beschwerde S. 3 ff.). 1.4 Der Beschwerdegegner ging genug geschickt vor, um über mehrere Jahre hinweg eine Vielzahl von Opfern zu täuschen und damit einen ausschweifenden Lebensstil ohne regelmässiges legales Einkommen zu pflegen. Er spielte einen vertrauenerweckenden und erfahrenen Geschäftsmann, handelte im Namen von verschiedenen (zum Teil nicht existierenden) Gesellschaften und erfundenen Personen, erwarb zu diesem Zweck inaktive Firmen ohne Geschäftsvermögen, wechselte (wenn vorhanden) die Firmendomizile und erschwerte dadurch mögliche Bonitätsprüfungen. Seine Vertragspartner wählte er bewusst aus. Die Aufnahme von Geschäftsbeziehungen plante er sorgfältig. Meistens bestellte er Waren und Dienstleistungen im Wert von einigen hundert bis wenigen tausend Franken. Er passte die Menge dem üblichen Geschäftsvolumen des jeweiligen Vertragspartners an und nutzte die Handelsusanz der Geschädigten geschickt aus. In zahlreichen Fällen verwendete er gefälschte Dokumente. Die erste Instanz unterstreicht eine Zeugenaussage, wonach die Devise des Beschwerdegegners gelautet habe, es gehe nicht darum, ob er die bestellte Ware brauche, wichtig sei, dass er diese habe. Geschädigte, die auf Grossabnehmer spezialisiert gewesen seien, habe der Beschwerdegegner glauben lassen, er benötige die Ware für die Mensa oder Kantine seines Geschäfts. Damit habe er ganz gezielt auf weitere Lieferungen abgesehen. Selbst nachdem er zweimal aus der jeweils mehrmonatigen Untersuchungshaft entlassen worden war, setzte er unmittelbar danach seine Delinquenz unbeirrt fort (vgl. erstinstanzlichen Entscheid S. 33 ff. und S. 54 ff.). Der Beschwerdegegner hat in diesem Sinne mit System und Raffinesse ein betrügerisches Verhalten an den Tag gelegt. Derjenige, der seinem Geschäftspartner die Ware gegen Rechnung liefert und vorgängig keinen Auszug aus dem Betreibungsregister einholt, verzichtet nach dem Dafürhalten der Vorinstanz in leichtfertiger Weise auf jegliche Vorsichtsmassnahme. Der Beschwerdegegner pflichtet ihr bei. Die Lieferanten hätten bei Bestellungen in eigenem Namen Mietverträge einfordern und sich die Zahlungsfähigkeit bestätigen lassen müssen (Vernehmlassung S. 2 f.). Diese Einschätzungen sind unzutreffend und klammern den Regelfall des Geschäftsalltags aus dem Schutzbereich des Betrugstatbestands aus. Es lagen keine konkreten Anhaltspunkte vor, welche die Geschäftspartner des Beschwerdegegners zu besonderer Vorsicht hätten mahnen müssen und die auf die fehlende Zahlungsmoral hingewiesen hätten. Vielmehr erweckte der Beschwerdegegner gekonnt den gegenteiligen Eindruck. Seine Geschäftspartner haben sich handelsüblich verhalten. Das gilt auch bei grösseren Bestellmengen (z.B. T 141 und T 142), die der Beschwerdegegner respektive eine vorgeschobene Gesellschaft einging. Von einem leichtfertigen Verhalten des Opfers kann keine Rede sein, wenn es eine Geschäftsbeziehung mit einem bislang unbekannten Vertragspartner eingeht, auch wenn es sich um grössere Geschäfte handelt (Urteil 6B_440/2008 vom 11. November 2008 E. 4.1 mit Hinweisen). Auch hier wusste der Beschwerdegegner ein übliches Geschäftsverhalten auszunutzen. Sein Vorgehen war hundertfach erprobt. Soweit er behauptet, er habe die Bestellungen mit Erfüllungswillen getätigt (Vernehmlassung S. 4), entfernt er sich in unzulässiger Weise vom verbindlichen Sachverhalt der Vorinstanz (Art. 105 Abs. 1 BGG). Zwar hätten die Geschädigten durchaus vorsichtiger und misstrauischer auftreten können. Leichtfertigkeit, welche die Machenschaften des Beschwerdegegners in den Hintergrund treten liesse, kann ihnen jedoch nicht vorgeworfen werden. Die Vorinstanz legt den Geschädigten als Opfermitverantwortung zudem teilweise zur Last, sie hätten die bestellte Ware geliefert, obwohl der Beschwerdegegner den Fälligkeitstermin einer früheren Verpflichtung ohne zu zahlen habe verstreichen lassen. Diese Argumentation setzt voraus, dass der Lieferant bei jeder Bestellung seine Buchhaltung konsultiert. Sie greift zu kurz. Die Säumnis eines Kunden bedeutet noch nicht per se einen fehlenden Erfüllungswillen (Urteil 6S.291/2001 vom 15. Mai 2001 E. 2b). Dies gilt zweifelsohne, wenn die alte Zahlungsfrist erst seit wenigen Tagen verstrichen ist. Die gegenteilige vorinstanzliche Auffassung legt das Schwergewicht auf das Verhalten des Geschädigten und klammert das Vorgehen des Täters im Ergebnis aus (vgl. etwa T 199, wo die Vorinstanz die Arglist bei fünf von sechs Bestellungen bejaht und die sechste Bestellung nur deshalb unberücksichtigt lässt, weil sie 38 Tage nach dem ersten telefonischen Auftrag erfolgte). Selbst in den übrigen Fällen, in denen die Zahlungsfrist schon seit längerer Zeit verstrichen war (beispielsweise T 74), kann den geschädigten Lieferanten ihre mangelnden Solvenzabklärungen angesichts des raffinierten Vorgehens des Beschwerdegegners nicht als Arglist ausschliessendes Selbstverschulden angelastet werden. Handelt der Täter mehrfach nach demselben Muster, darf das Gericht die Tatbestandsmerkmale des Betrugs, namentlich das Element der arglistigen Täuschung, zunächst in allgemeiner Weise für alle Einzelhandlungen gemeinsam prüfen. Eine eingehende fallbezogene Erörterung der einzelnen Merkmale muss nur in denjenigen Fällen erfolgen, die in deutlicher Weise vom üblichen Handlungsmuster abweichen. Dies setzt voraus, dass sich die einzelnen betrügerischen Handlungen voneinander tatsächlich unterscheiden. Wo die Vorgehensweise bei den Einzelfällen nicht nur ähnlich oder gleich gelagert, sondern identisch ist, entfällt die Notwendigkeit einer Prüfung der einzelnen Täuschungshandlungen, sofern sich diese schon aufgrund des Handlungsmusters für alle Opfer als arglistig erweist (vgl. BGE 119 IV 284 E. 5a S. 286 f.; Urteil 6B_466/2008 vom 15. Dezember 2008 E. 3.3 mit Hinweisen, nicht publ. in BGE 135 IV 76). Das Kriminalgericht gelangt zum Ergebnis, dass die Fälle in tatsächlicher Hinsicht gleich gelagert sind und sich bezüglich Opfergesichtspunkten nicht wesentlich unterscheiden. Es hebt die Handlungen des Beschwerdegegners hervor, in denen er zur Täuschung zusätzlich gefälschte Urkunden verwendete. Auf diese zutreffenden Erwägungen kann verwiesen werden (erstinstanzlicher Entscheid S. 56 f. und S. 59 ff.). Ebenso ist richtig, dass Betrugsversuche im vollendeten gewerbsmässigen Delikt aufgehen (erstinstanzlicher Entscheid S. 59; BGE 123 IV 113 E. 2c und d S. 116 f. mit Hinweisen). Indem die Vorinstanz den Beschwerdegegner vom Vorwurf des mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs teilweise freispricht (Urteilsdispositiv-Ziffer 2), verletzt sie Bundesrecht. In einzelnen Fällen bleibt es beim Freispruch (E. 2 nachfolgend). 2. Die Vorinstanz spricht den Beschwerdegegner in neun Fällen (T 373, 375, 379 [17./18.1.2007], 383, 384, 386, 388, 389 und 391) der mehrfachen Zechprellerei schuldig. Der beherbergende Hotelier habe als zumutbare Vorsichtsmassnahme eine Kreditkarte oder einen Vorschuss zu verlangen. Da der Beschwerdegegner stets persönlich vor Ort erschienen sei, spiele es keine Rolle, dass er die Zimmer grösstenteils im Namen von "G._" habe reservieren lassen. Die Hoteliers hätten sich mehrheitlich mit der Unterzeichnung einer Kostenübernahme begnügt. Es entspreche gängigem Standard, spätestens bei der Anreise seine Kreditkarte als Sicherheit vorweisen oder im Voraus eine Anzahlung leisten zu müssen. In einem Fall (T 379) sei der Beschwerdegegner am zweiten Tag seines Aufenthalts (18. Januar 2007) aufgefordert worden, eine Kreditkarte vorzulegen, respektive die Hälfte der Übernachtungskosten zu begleichen. Der Beschwerdegegner habe darauf dem Hotel eine gefälschte Zahlungsbestätigung zukommen lassen. Hier sei die Arglist für die Übernachtungen ab 18. Januar 2007 zu bejahen. Der Tatbestand der Zechprellerei gelange als Auffangtatbestand zur Anwendung, wenn die Täuschung nicht arglistig erfolge (Entscheid S. 36 ff.). Die Beschwerdeführerin beantragt eine Verurteilung wegen Betrugs. Sie macht etwa geltend, der Beschwerdegegner sei in Begleitung eines Leibwächters oder mit einem Mercedes angereist und habe dadurch seine Kreditwürdigkeit unterstrichen (T 383 und 384). Er habe sich beim Hotel unter dem falschen Namen H._ gemeldet, die Bezahlung der Hotelkosten zugesichert und später seinen Führerausweis als Pfand abgegeben (T 386). Damit entfernt sich die Beschwerdeführerin in unzulässiger Weise vom vorinstanzlichen Sachverhalt (Art. 105 Abs. 1 BGG), ohne Willkür darzutun. Im Übrigen begnügt sie sich damit, die einzelnen Fälle in Anlehnung an die Deliktstabelle in tatsächlicher Hinsicht darzutun. Wohl wendet das Bundesgericht Bundesrecht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). Das bedeutet jedoch nicht, dass überhaupt nicht zu erörtern wäre, inwiefern der angefochtene Entscheid bundesrechtliche Normen verletzen könnte. Mit den rechtlichen Erwägungen des vorinstanzlichen Entscheids setzt sich die Beschwerdeführerin nicht argumentativ auseinander. Ihre Beschwerde genügt den Anforderungen von Art. 42 Abs. 2 BGG nicht, weshalb darauf nicht einzutreten ist. Es bleibt beim vorinstanzlichen Schuldspruch der mehrfachen Zechprellerei. In den entsprechenden neun Fällen bleibt es damit auch beim Freispruch vom Vorwurf des Betrugs. 3. Die Beschwerdeführerin wirft der Vorinstanz betreffend den Freispruch vom Vorwurf der mehrfachen Unterdrückung von Urkunden eine willkürliche Beweiswürdigung (Art. 9 BV) vor. 3.1 Die vorinstanzliche Sachverhaltsfeststellung kann nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 BGG; vgl. auch Art. 105 Abs. 1 und 2 BGG). Offensichtlich unrichtig im Sinne von Art. 97 Abs. 1 BGG ist die Sachverhaltsfeststellung, wenn sie willkürlich ist (BGE 137 III 226 E. 4.2 S. 234 mit Hinweisen; vgl. zum Begriff der Willkür BGE 138 I 49 E. 7.1 S. 51; 136 III 552 E. 4.2 S. 560; je mit Hinweisen). Die Rüge der Verletzung von Grundrechten (einschliesslich der willkürlichen Anwendung von kantonalem Recht und Willkür bei der Sachverhaltsfeststellung) muss in der Beschwerde anhand des angefochtenen Entscheids präzise vorgebracht und substanziiert begründet werden, anderenfalls darauf nicht eingetreten wird (Art. 106 Abs. 2 BGG; BGE 137 IV 1 E. 4.2.3 S. 5; 136 I 65 E. 1.3.1 S. 68; je mit Hinweisen). 3.2 Unbestritten ist, dass der Beschwerdegegner im Jahre 2004 die Buchhaltungsunterlagen und Geschäftsbelege der F._ AG, der E._ GmbH und der A._ AG weggeworfen hat. Die Vorinstanz erwägt, der Beschwerdegegner habe gesetzliche Buchführungs- respektive Aufbewahrungspflichten verletzt und den objektiven Tatbestand der Unterdrückung von Urkunden erfüllt. Eine Schädigungs- bzw. Vorteilsabsicht liege jedoch nicht vor. Ein entsprechender Nachweis gehe aus der Anklageschrift, dem erstinstanzlichen Entscheid und den Akten nicht hervor. Zu Gunsten des Beschwerdegegners sei deshalb davon auszugehen, dass er nicht in der Absicht gehandelt habe, sich einen unrechtmässigen Vorteil zu verschaffen oder andere an ihrem Vermögen oder ihren Rechten zu schädigen (Entscheid S. 46). 3.3 Soweit die Beschwerdeführerin die Aussagen des Beschwerdegegners anlässlich der verschiedenen konkursamtlichen und polizeilichen Einvernahmen wiedergibt und dessen Schilderungen vor dem Untersuchungsrichter als konstruiert bezeichnet, legt sie einzig dar, wie die entsprechenden Darstellungen ihrer Auffassung nach richtigerweise zu würdigen gewesen wären. Dieses appellatorische Vorbringen vermag keine Willkür darzutun. Die Beschwerdeführerin zieht aus dem Umstand, dass über die genannten Gesellschaften noch im Jahre 2004 der Konkurs eröffnet respektive die A._ AG im besagten Jahr von Amtes wegen aufgelöst wurde, die Schlussfolgerung, die Akten seien vom Beschwerdegegner im Hinblick darauf in Vorteils- und Schädigungsabsicht beiseite geschafft worden. Weiter habe der Beschwerdegegner auch betreffend eine mögliche Strafuntersuchung vorgesorgt (Beschwerde S. 21 ff.). Diese Behauptung vermag zwar die vorinstanzliche Feststellung zur fehlenden Absicht des Beschwerdegegners theoretisch in Zweifel zu ziehen. Hingegen liegt Willkür nach ständiger bundesgerichtlicher Rechtsprechung nicht schon vor, wenn das angefochtene Urteil mit der Darstellung der Beschwerdeführerin nicht übereinstimmt oder eine andere Lösung oder Würdigung auch vertretbar erscheint oder gar vorzuziehen wäre. Dass und inwiefern das vorinstanzliche Beweisergebnis, wonach der Beschwerdegegner die Buchhaltungsunterlagen und Geschäftsbelege der genannten Gesellschaften nicht mit Schädigungs- oder Vorteilsabsicht weggeworfen hat, schlechterdings nicht mehr vertretbar und offensichtlich unhaltbar sein sollte, zeigt die Beschwerdeführerin nicht auf. Die Beschwerde erweist sich als unbegründet, soweit sie den Begründungsanforderungen von Art. 106 Abs. 2 BGG überhaupt zu genügen vermag. 4. Die Beschwerde ist in Bezug auf den Freispruch vom Vorwurf des mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs teilweise gutzuheissen, das angefochtene Urteil aufzuheben und die Sache zur neuen Entscheidung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Im Übrigen ist die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. 5. Der Beschwerdegegner wird im Umfang seines Unterliegens kostenpflichtig (Art. 66 Abs. 1 BGG). Ihm sind drei Viertel der Gerichtskosten aufzuerlegen. Dem Kanton Luzern sind keine Verfahrenskosten aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 4 BGG). Der Kanton Luzern hat als teilweise unterliegende Partei dem Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren einen Viertel der auf Fr. 3'000.-- bestimmten Entschädigung auszurichten (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG). Eine Parteientschädigung ist dem Kanton Luzern nicht zuzusprechen (Art. 68 Abs. 3 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird teilweise gutgeheissen, das Urteil des Obergerichts des Kantons Luzern vom 13. April 2012 in Bezug auf den Freispruch vom Vorwurf des mehrfachen gewerbsmässigen Betrugs aufgehoben und die Sache zur neuen Entscheidung an die Vorinstanz zurückgewiesen. Im Übrigen wird die Beschwerde abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten werden im Umfang von Fr. 3'000.-- dem Beschwerdegegner auferlegt. 3. Der Kanton Luzern hat den Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 750.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Luzern, 4. Abteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 19. April 2013 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Mathys Der Gerichtsschreiber: Faga
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_244/2012 Arrêt du 18 juin 2012 Cour de droit pénal Composition M. le Juge Mathys, Président. Greffière: Mme Gehring. Participants à la procédure X._, recourant, contre Ministère public central du canton de Vaud, avenue de Longemalle 1, 1020 Renens VD, intimé. Objet Conditions formelles de recevabilité du recours en matière pénale, recours contre le jugement de la Présidente de la Cour d'appel pénale du Tribunal cantonal du canton de Vaud du 23 février 2012. Considérant en fait et en droit: 1. 1.1 Par jugement du 23 février 2012, la Présidente de la Cour d'appel pénale du Tribunal cantonal vaudois a confirmé la condamnation de X._ pour trouble de l'ordre et de la tranquillité publics, ainsi que résistance et opposition aux actes de l'autorité. X._ interjette un recours en matière pénale contre le jugement cantonal. Il requiert en outre le bénéfice de l'assistance judiciaire. 1.2 Le Tribunal fédéral statue sur la base des faits établis par l'autorité précédente (cf. art. 105 al. 1 LTF), sous réserve des cas prévus à l'art. 105 al. 2 LTF. La partie recourante ne peut ainsi critiquer ces faits que s'ils ont été établis en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF ou de manière manifestement inexacte, c'est-à-dire arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. (sur cette notion, cf. ATF 137 I 1 consid. 2.4 p. 5; 58 consid. 4.1.2 p. 62), et si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (art. 97 al. 1 LTF). Le Tribunal fédéral n'entre pas en matière sur les critiques de nature appellatoire (ATF 137 IV 1 consid. 4.2.3 p. 5). En outre, il n'examine en règle générale que les questions juridiques que la partie recourante soulève conformément aux exigences légales relatives à la motivation du recours (cf. art. 42 al. 2 LTF; ATF 135 I 91 consid. 2.1 p. 93). Il n'entre en matière sur les moyens fondés sur la violation de droits fondamentaux que s'ils ont été invoqués et motivés de manière précise (cf. art. 106 al. 2 LTF). L'acte de recours doit, à peine d'irrecevabilité, contenir un exposé succinct des droits violés et préciser en quoi la violation consiste (ATF 136 I 65 consid. 1.3.1 p. 68 et arrêts cités). 1.3 X._ conteste la présence de l'appointé A._ lors de l'intervention policière survenue le 15 septembre 2010 au domicile de son ex-épouse et, à l'appui de son point de vue, réclame un complément d'instruction tendant à l'audition de Me B._, ainsi que des agents C._, D._ et E._. Ce faisant, il se borne à présenter une argumentation appellatoire qui ne démontre pas en quoi l'établissement des faits ainsi que l'appréciation des preuves opérés par la juridiction cantonale seraient entachés d'arbitraire. Faute de satisfaire aux exigences de motivation précitées, le recours doit être écarté en application de l'art. 108 al. 1 let. b LTF. 2. Comme les conclusions du recours étaient ainsi manifestement dénuées de chance de succès, le recourant doit être débouté de sa demande d'assistance judiciaire (art. 64 al. 1 LTF a contrario) et supporter les frais de justice (art. 66 al. 1 LTF), réduits pour tenir compte de sa situation financière. Par ces motifs, le Président prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge du recourant. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Présidente de la Cour d'appel pénale du Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 18 juin 2012 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président: Mathys La Greffière: Gehring
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 1B_118/2011 Arrêt du 1er avril 2011 Ire Cour de droit public Composition MM. les Juges Fonjallaz, Président, Aemisegger et Reeb. Greffier: M. Kurz. Participants à la procédure A._, représenté par Me Mathias Eusebio, avocat, recourant, contre Procureure générale suppléante du canton du Jura, Le Château, 2900 Porrentruy. Objet refus de mise en liberté provisoire, recours contre l'arrêt de la Cour pénale du Tribunal cantonal du canton du Jura du 3 mars 2011. Faits: A. Par jugement du 1er juillet 2010, le Tribunal correctionnel du canton du Jura a condamné A._ à cinq ans de réclusion, sous déduction de 29 jours de détention préventive, pour actes d'ordre sexuel, contraintes sexuelles, tentative de ces infractions et viols, infractions commises sur sa fille. A._ a recouru auprès de la Cour pénale du canton du Jura qui, par arrêt du 22 février 2011, a confirmé la condamnation (à l'exception de la tentative) et a réduit la peine à quatre ans et demi de réclusion. Lors du prononcé de son arrêt, la Cour pénale a ordonné l'arrestation immédiate de A._, en raison des risques de fuite et de réitération. B. Le 25 février 2011, A._ a demandé à la Cour pénale sa mise en liberté, faisant valoir que les conditions posées par le code de procédure pénale jurassien (CPP/JU) n'étaient pas réalisées. La Cour pénale a rejeté cette demande par arrêt du 3 mars 2011. Appliquant le CPP/JU, elle a considéré que l'intéressé, originaire du Kosovo, résidait en Suisse depuis plus de trente ans, avait acquis la nationalité suisse et n'était retourné dans son pays d'origine qu'à trois reprises durant les sept dernières années. Toutefois, selon un rapport médical du 18 février 2011, il avait gardé des liens étroits avec son pays d'origine où résidaient deux frères et deux soeurs, qu'il aidait financièrement. Par ailleurs, la communauté kosovare en Suisse, au sein de laquelle il était très actif, insisterait pour qu'il "punisse" sa fille, de sorte qu'un passage à l'acte violent n'était pas exclu. C. A._ forme un recours en matière pénale assorti d'une demande d'assistance judiciaire. Il conclut à l'annulation de l'arrêt du 3 mars 2011 et à sa mise en liberté provisoire. La Cour pénale se réfère à son arrêt et conclut, comme le Ministère public, au rejet du recours. Le recourant a répliqué, confirmant ses motifs et ses conclusions. Considérant en droit: 1. Selon l'art. 78 LTF, le recours en matière pénale est ouvert contre les décisions rendues en matière pénale, notamment les décisions en matière de détention provisoire ou pour des motifs de sûreté. 1.1 Selon l'art. 81 al. 1 let. a et let. b ch. 1 LTF, l'accusé a qualité pour agir. Le recours est formé en temps utile (art. 100 al. 1 LTF) contre une décision rendue en dernière instance cantonale (art. 80 LTF) et les conclusions présentées sont recevables au regard de l'art. 107 al. 2 LTF. 1.2 Le code de procédure pénale suisse (CPP; RS 312.0) est entré en vigueur le 1er janvier 2011, et s'applique en principe aux procédures pendantes à cette date (art. 448 CPP). La Cour pénale a statué sur le fond selon l'ancien droit, considérant qu'elle était saisie d'un recours contre une condamnation prononcée le 1er juillet 2010 (art. 453 CPP). Toutefois, les décisions de mise en détention du 22 février 2011 et de refus de mise en liberté du 3 mars 2011 sont indépendantes du fond, de sorte que l'on peut se demander si le principe général d'application immédiate du nouveau droit de procédure (art. 448 CPP) ne devait pas trouver à s'appliquer, y compris en instance de recours (art. 454 CPP). La question peut demeurer indécise car le maintien en détention satisfait, comme on le verra, aux conditions tant du CPP/JU que du CPP. 2. Le recourant invoque en premier lieu son droit d'être entendu, ainsi que le principe d'accusation. La cour ne l'ayant informé de la possibilité d'une arrestation immédiate qu'après la clôture de l'administration des preuves, le recourant n'aurait pas pu préparer sa défense sur ce point. 2.1 Tel qu'il est garanti à l'art. 29 al. 2 Cst., le droit d'être entendu comprend notamment le droit pour l'intéressé de s'exprimer sur les éléments pertinents avant qu'une décision ne soit prise touchant sa situation juridique, le droit de consulter le dossier, de produire des preuves pertinentes, d'obtenir qu'il soit donné suite à ses offres de preuve, de participer à l'administration des preuves essentielles ou à tout le moins de s'exprimer sur son résultat, lorsque cela est de nature à influer sur la décision à rendre (ATF 135 II 286 consid. 5.1 p. 293; 129 II 497 consid. 2.2 p. 504 s.; 127 I 54 consid. 2b p. 56 et les arrêts cités). 2.2 En matière de détention préventive, le droit d'être entendu ne peut être exercé par la personne concernée avant l'exécution de la mesure, faute de quoi l'objectif poursuivi, soit la prévention d'un risque de fuite, de collusion ou de réitération, pourrait se trouver compromis. Dans un tel cas, le droit d'être entendu est respecté s'il peut être exercé sans retard après la mise en détention. L'art. 5 par. 2 CEDH prévoit ainsi que toute personne arrêtée doit être informée dans le plus court délai des raisons de l'arrestation; elle peut ensuite s'exprimer devant l'autorité judiciaire prévue à l'art. 5 par. 3 CEDH, puis dans le cadre de la procédure de recours au sens de l'art. 5 par. 4 CEDH (cf. art. 224 CPP). Le recourant ne saurait dès lors se prévaloir d'un droit d'être informé, de participer à l'administration des preuves et de pouvoir se défendre avant même la décision de mise en détention. Dès lors qu'il a pu faire valoir ses objections sans délai, dans le cadre de sa demande de mise en liberté, son droit d'être entendu a été respecté. 2.3 Le recourant se plaint aussi de ce que la Cour pénale n'ait pas traité la question du dépôt des papiers à la police, en tant qu'alternative à la détention préventive. Il est vrai que le recourant proposait une telle mesure dans sa demande de mise en liberté. Toutefois, cette dernière a été écartée non seulement en raison du risque de fuite, mais aussi compte tenu du risque de récidive. Le dépôt des papiers ne saurait évidemment constituer une mesure de substitution efficace au regard de ce dernier risque, de sorte que la cour cantonale pouvait s'abstenir de traiter de cette question. Comme on le verra ci-dessous, la mesure proposée serait d'ailleurs également insuffisante pour prévenir le risque de fuite. Il n'y a pas non plus de violation du droit d'être entendu sous cet angle. 3. Invoquant les dispositions constitutionnelles et conventionnelles relatives à la liberté personnelle ainsi que l'art. 387 al. 2 CPP/JU (cf. également l'art. 221 al. 1 let. a CPP), le recourant conteste l'existence de risques de fuite et de récidive. Au sujet du premier, il relève que l'enquête a été ouverte en mai 2005, et qu'il aurait pu prendre la fuite depuis de nombreuses années déjà. Arrivé en Suisse il y a plus de trente ans, le recourant a acquis la nationalité suisse il y a plus de sept ans; à la tête d'une entreprise de peinture, son intégration serait parfaitement réussie. Hormis deux frères et deux soeurs au Kosovo, il n'aurait plus aucun lien avec ce pays alors que sa femme, malade, ainsi que ses enfants se trouvent en Suisse. 3.1 Le risque de fuite doit s'analyser en fonction d'un ensemble de critères tels que le caractère de l'intéressé, sa moralité, ses ressources, ses liens avec l'Etat qui le poursuit ainsi que ses contacts à l'étranger (ATF 117 Ia 69 consid. 4a p. 70 et la jurisprudence citée). La gravité de l'infraction ne peut pas, à elle seule, justifier la prolongation de la détention, même si elle permet souvent de présumer un danger de fuite en raison de l'importance de la peine dont le prévenu est menacé (ATF 125 I 60 consid. 3a p. 62; 117 Ia 69 consid. 4a p. 70; 108 Ia 64 consid. 3 p. 67). 3.2 En l'occurrence, malgré des liens indéniables avec la Suisse, le recourant a conservé certaines attaches avec le Kosovo. Deux frères et deux soeurs vivent dans ce pays, et le recourant leur aurait régulièrement apporté une aide financière. Le recourant conteste ce dernier point, mais la cour cantonale s'est fondée sur un rapport d'expert psychiatre dressé le 18 février 2011 à la demande du recourant et sur la base de ses propres indications. Il n'y a dès lors rien d'arbitraire à retenir ce fait. Par ailleurs, s'il est vrai que le recourant n'a pas pris la fuite pendant l'instruction, ni après le jugement de première instance, la perspective d'une incarcération de longue durée apparaît désormais beaucoup plus concrète depuis la confirmation de la condamnation en appel. Le rapport précité relève également que l'entreprise dirigée par le recourant connaît des difficultés, notamment en raison des investisseurs qui ne veulent plus traiter avec le recourant en raison des actes qui lui sont reprochés. Selon les constatations de l'arrêt attaqué, le fils du recourant s'occupe d'ailleurs déjà de l'entreprise, de sorte que cette dernière ne constitue pas un obstacle suffisant à un départ à l'étranger. Le risque de fuite apparaît dès lors suffisamment concret. 3.3 Bien qu'il évoque la question dans son grief de violation du droit d'être entendu, le recourant ne propose plus, à ce stade, de déposer ses papiers d'identité à la police. Une telle mesure n'est d'ailleurs manifestement pas suffisante pour prévenir un risque de fuite, car un départ à l'étranger est toujours possible, même sans documents d'identité. 3.4 L'affirmation d'un risque de fuite dispense d'examiner s'il existe aussi un risque de réitération, au sens notamment de l'art. 221 al. 1 let. c CPP. 4. Sur le vu de ce qui précède, le recours doit être rejeté. Le recourant a demandé l'assistance judiciaire et les conditions en sont réunies. Me Mathias Eusebio est désigné comme avocat d'office, rétribué par la caisse du Tribunal fédéral. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. La demande d'assistance judiciaire est admise; Me Mathias Eusebio est désigné comme défenseur d'office du recourant et une indemnité de 2000 fr. lui est allouée à titre d'honoraires, à verser par la caisse du Tribunal fédéral; il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. Le présent arrêt est communiqué au mandataire du recourant, à la Procureure générale suppléante et à la Cour pénale du Tribunal cantonal du canton du Jura. Lausanne, le 1er avril 2011 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Fonjallaz Kurz
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 9C_506/2015 {T 0/2} Urteil vom 30. November 2015 II. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Meyer, präsidierendes Mitglied, Bundesrichter Parrino, Bundesrichterin Moser-Szeless, Gerichtsschreiber Furrer. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführerin, gegen IV-Stelle des Kantons Aargau, Bahnhofplatz 3C, 5000 Aarau, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Invalidenversicherung (Invalidenrente), Beschwerde gegen den Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons Aargau vom 21. Mai 2015. Sachverhalt: A. Die 1964 geborene A._ meldete sich erstmals am 22. Dezember 1998 bei der Invalidenversicherung (IV) zum Rentenbezug an, woraufhin ihr die IV-Stelle des Kantons Aargau (fortan: IV-Stelle) nach erwerblichen und medizinischen Abklärungen eine von 1. Februar 1999 bis 31. Januar 2001 befristete ganze Invalidenrente zusprach (Verfügung vom 27. Juni 2005 und Einspracheentscheid vom 6. Oktober 2005; letztinstanzlich bestätigt durch Urteil I 856/06 vom 10. Mai 2007). Am 13. Juli 2009 meldete sich A._ erneut zum Rentenbezug an. Die IV-Stelle tätigte weitere Abklärungen, namentlich gab sie eine polydisziplinäre Begutachtung durch das Institut B._ (Expertise vom 27. Februar 2013 und Ergänzungsbericht vom 11. Juli 2013) und die Erstellung aktueller Röntgen- und Magnetresonanztomographie-Aufnahmen in Auftrag. Alsdann veranlasste sie eine Untersuchung durch den Regionalen Ärztlichen Dienst (RAD; Bericht der Dr. med. C._, Fachärztin für Orthopädische Chirurgie und Traumatologie des Bewegungsapparates, vom 24. April 2014), eine orthopädische Aktenbeurteilung durch den RAD (Bericht des Dr. med. D._ vom 10. Juni 2014) sowie eine Beweissicherung vor Ort mittels Observierung und Videoaufzeichnung an mehreren Tagen im Zeitraum von 10. März bis 8. Mai 2014 (Observationsbericht vom 27. Mai 2014). Nach einem Revisionsgespräch vom 11. Juni 2014 unterbreitete die IV-Stelle die Observationsergebnisse dem RAD (Stellungnahme des Dr. med. D._ vom 7. August 2014) und verneinte nach durchgeführtem Vorbescheidverfahren mit Verfügung vom 23. Oktober 2014 den Anspruch auf eine Invalidenrente. B. Die hiegegen erhobene Beschwerde wies das Versicherungsgericht des Kantons Aargau mit Entscheid vom 21. Mai 2015 ab. C. A._ führt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten mit dem sinngemässen Antrag, in Aufhebung des angefochtenen Entscheids und der Verfügung der IV-Stelle vom 23. Oktober 2014 sei ihr eine ganze Invalidenrente zuzusprechen. Erwägungen: 1. 1.1. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann u.a. die Verletzung von Bundesrecht gerügt werden (Art. 95 lit. a BGG), die Feststellung des Sachverhalts nur, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 BGG). Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Es kann deren Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 beruht (Art. 105 Abs. 2 BGG). 1.2. Die Beschwerdeführerin hat zwei erst nach Erlass des angefochtenen Entscheids erstellte ärztliche Berichte (vom 29. Juni 2015 und 7. Juli 2015) ins Recht gelegt. Diese Dokumente haben aufgrund des Verbots, im Beschwerdeverfahren echte Noven beizubringen (statt vieler Urteil 8C_721/2014 vom 27. April 2015 E. 2), sowie aufgrund der Bindung des Bundesgerichts an den vorinstanzlich festgestellten Sachverhalt (Art. 105 Abs. 1 BGG) mit Beschränkung der Prüfung in tatsächlicher Hinsicht auf die in Art. 97 Abs. 1 und Art. 105 Abs. 2 BGG festgelegten Beschwerdegründe unbeachtet zu bleiben (Urteil 9C_25/2015 vom 1. Mai 2015 E. 1 mit Hinweis). Ohnehin enthalten diese Berichte keine wichtigen, nicht rein subjektiver ärztlicher Interpretation entspringenden Aspekte, die im Rahmen der Begutachtung des Instituts B._, der orthopädischen RAD-Untersuchung und der fachärztlichen Aktenbeurteilung unerkannt oder ungewürdigt geblieben sind (vgl. Urteil I 514/06 vom 25. Mai 2007 E. 2.2.1 mit Hinweisen, in: SVR 2008 IV Nr. 15 S. 44). 2. Das kantonale Gericht hat die für die Beurteilung der Streitsache massgebenden Rechtsgrundlagen zutreffend wiedergegeben. Darauf wird verwiesen. 3. Nach Würdigung der medizinischen Akten ist die Vorinstanz gestützt auf den Untersuchungsbericht der Dr. med. C._ vom 24. April 2014, die Aktenbeurteilung des Dr. med. D._ vom 10. Juni 2014 sowie dessen Stellungnahme vom 7. August 2014 zu den Ergebnissen der Observation zum Schluss gelangt, die Einschätzung der RAD-Ärzte, wonach die Beschwerdeführerin mit überwiegender Wahrscheinlichkeit in einer adaptierten Tätigkeit vollschichtig arbeitsfähig sei, sei schlüssig und nachvollziehbar. Des Weiteren sei im Rahmen der Observation eine normale Beweglichkeit im Arm- und Schulterbereich feststellbar gewesen (namentlich habe die Beschwerdeführerin mehrere Einkaufstaschen und ein Kleinkind heben und tragen sowie ein Personenfahrzeug führen können), hingegen keine offensichtliche körperliche Einschränkung. Nach Sichtung des Videomaterials sei der Einschätzung des Dr. med. D._ zuzustimmen, wonach die Observation keine Befunde zutage gebracht habe, die auf ein Funktionsdefizit der Schultergelenke hindeuteten. Die geklagten Funktionseinbussen in Form der Schultergelenkssteife und der Schulterluxation gingen aus den Überwachungsergebnissen nicht hervor. Mithin sei davon auszugehen, dass die subjektiv vorgetragenen Schulterbeschwerden sich nur mit Selbstlimitierung und Aggravation erklären liessen. Ob der in psychiatrischer Hinsicht attestierten 30 %igen Arbeitsunfähigkeit zu folgen sei, könne offen blieben, da so oder anders kein rentenbegründender IV-Grad resultiere. Die Beschwerdeführerin macht unter Verweis auf einen Bericht des Radiologie Zentrums E._ vom 7. Juli 2015 (recte: 7. November 2013) geltend, entgegen den RAD-Ärzten, welchen die Vorinstanz folge, könnten ihre Beschwerden sehr wohl objektiviert werden. Dieser Einwand zielt ins Leere. Die Dres. med. C._ und D._ hatten Kenntnis des erwähnten radiologischen Berichts und berücksichtigten diesen bei der Einschätzung der Arbeitsfähigkeit (Bericht der Dr. med. C._ vom 24. April 2014 S. 11 unten und S. 14 oben; Bericht des Dr. med. D._ vom 10. Juni 2014 S. 4). Mithin ist nicht zu beanstanden, dass die Vorinstanz den Berichten des RAD vollen Beweiswert zuerkannt hat. Des Weiteren erschöpft sich die Beschwerdeführerin - namentlich was die abweichende Beurteilung des behandelnden Internisten betrifft, welchem die Observationsergebnisse offensichtlich nicht vorlagen - in Wiederholungen des im kantonalen Verfahren Vorgebrachten, auf welche appellatorische Kritik nicht einzugehen ist (BGE 134 II 244 E. 2.2 S. 246 mit Hinweis). Andere (hinreichend substanziierte) Einwendungen bringt die Beschwerdeführerin nicht vor, weshalb im Übrigen auf die willkürfreie, in allen Teilen bundesrechtskonforme Beweiswürdigung der Vorinstanz verwiesen werden kann. 4. Die Beschwerde wird im vereinfachten Verfahren nach Art. 109 Abs. 2 BGG - ohne Durchführung des Schriftenwechsels und unter Verweis auf den kantonalen Entscheid (Art. 102 Abs. 1 und Art. 109 Abs. 3 BGG) - abgewiesen. Die unterliegende Beschwerdeführerin trägt die Verfahrenskosten (Art. 66 Abs. 1 Satz 1 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Aargau, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 30. November 2015 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Meyer Der Gerichtsschreiber: Furrer
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 7B.58/2004 /bnm Urteil vom 21. April 2004 Schuldbetreibungs- und Konkurskammer Besetzung Bundesrichterin Escher, Präsidentin, Bundesrichter Meyer, Bundesrichterin Hohl, Gerichtsschreiber Schett. Parteien X._ AG, Beschwerdeführerin, gegen Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, als obere kantonale Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen, Postfach, 8023 Zürich. Gegenstand Aufhebung eines Steigerungszuschlags, SchKG-Beschwerde gegen den Beschluss des Obergerichts des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, als obere kantonale Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen, vom 18. März 2004. Die Kammer zieht in Erwägung: Die Kammer zieht in Erwägung: 1. 1.1 In der gegen Y._ angestrengten Grundpfandbetreibung Nr. ... des Betreibungsamtes A._ wurde das Pfandobjekt (Kat.-Nr. ..., Plan ..., Landhaus mit 9,5 Zimmern und Garagengebäude in A._) an der Zwangsversteigerung vom 28. November 2003 der meistbietenden X._ AG zum Preise von Fr. 3'160'000.-- zugeschlagen. Die X._ AG leistete zwar gleichen Tags unmittelbar vor dem Zuschlag die in Ziff. 9 der Steigerungsbedingungen vorgesehene Anzahlung von Fr. 100'000.--, versäumte es aber in der Folge trotz entsprechender Fristansetzung, den Rest des Zuschlagspreises zu bezahlen, weshalb das Betreibungsamt mit Verfügung vom 28. Januar 2004 den Zuschlag aufhob und die Neusteigerung anordnete. Hiergegen beschwerte sich die Rekurrentin beim Bezirksgericht Meilen als unterer kantonaler Aufsichtsbehörde über Schuldbetreibung- und Konkurs, welche mit Beschluss vom 17. Februar 2004 das Rechtsmittel abwies. Der Weiterzug der Sache an das Obergericht des Kantons Zürich (II. Zivilkammer) als obere kantonale Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen blieb ohne Erfolg. 1.2 Mit Eingabe vom 1. April 2004 hat die X._ AG bei der Schuldbetreibungs- und Konkurskammer des Bundesgerichts Beschwerde gegen den Beschluss des Obergerichts vom 18. März 2004 eingereicht. Sie beantragt im Wesentlichen, der angefochtene Entscheid des Obergerichts sei aufzuheben und das Betreibungsamt anzuweisen, Zug um Zug gegen Bezahlung des Zuschlagspreises (plus Kosten und Zinsen gemäss den Steigerungsbedingungen) die Liegenschaft unbelastet zu übertragen. Sodann ersucht sie um Gewährung der aufschiebenden Wirkung. Das Obergericht hat anlässlich der Übersendung der kantonalen Akten auf Gegenbemerkungen zur Beschwerde verzichtet (Art. 80 Abs. 1 OG). Es wurden keine Vernehmlassungen eingeholt. Es wurden keine Vernehmlassungen eingeholt. 2. 2.1 Auf die weitschweifenden tatsächlichen Ausführungen der Beschwerdeführerin mit Bezug auf die von ihr vom Betreibungsamt A._ verlangte schriftliche Zusicherung kann nicht eingetreten werden (Art. 63 Abs. 2 in Verbindung mit Art. 81 OG). 2.2 In der Beschwerdeschrift ist gemäss Art. 79 Abs. 1 OG anzugeben, welche Abänderung des angefochtenen Entscheids beantragt wird, und es ist kurz darzulegen, welche Bundesrechtssätze und inwiefern sie durch den angefochtenen Entscheid verletzt worden sind (BGE 119 III 49 E. 1). 2.2 In der Beschwerdeschrift ist gemäss Art. 79 Abs. 1 OG anzugeben, welche Abänderung des angefochtenen Entscheids beantragt wird, und es ist kurz darzulegen, welche Bundesrechtssätze und inwiefern sie durch den angefochtenen Entscheid verletzt worden sind (BGE 119 III 49 E. 1). 3. 3.1 Unter Hinweis auf den Beschluss der unteren Aufsichtsbehörde führt die Vorinstanz aus, die Beschwerdeführerin mache geltend, sie sei ohne weiteres bereit, den Zuschlagspreis zu bezahlen; sie müsse aber sicher sein, dass sie über die fragliche Liegenschaft frei von Ansprüchen Dritter, namentlich aus Schuldbriefen, verfügen könne. Gestützt auf Art. 142a SchKG in Verbindung mit Art. 126 SchKG sowie Art. 58 Abs. 1 VZG dürfe die Zahlung des Zuschlagspreises nicht an Bedingungen geknüpft werden. Nach Art. 135 SchKG würden fällige grundpfandversicherte Forderungen nicht überbunden, sondern vorweg aus dem Erlös bezahlt. Gestützt auf Art. 68 Abs. 1 lit. b VZG seien Pfandrechte und sonstige Lasten, die nicht überbunden werden könnten, gleichzeitig mit der Anmeldung des Eigentumsübergangs im Grundbuch zur Löschung anzumelden. Dem betreibenden Pfandgläubiger werde alsdann ein Pfandausfallschein, den übrigen Pfandgläubigern lediglich eine Bescheinigung ausgestellt, dass ihre Forderungen ungedeckt geblieben seien (Art. 158 SchKG, Art. 120 VZG). Hier seien gemäss Lastenverzeichnis sämtliche Grundpfandforderungen fällig gestellt worden, das heisst, sie könnten dem Erwerber im Umfang des Pfandausfalls nicht überbunden werden. In diesem Umfang gingen die Pfandrechte unter und müssten im Grundbuch gelöscht werden (BGE 106 II 183 E. 2 S. 189). Eine Übergabe dieser ungedeckt gebliebenen Schuldbriefe an die Beschwerdeführerin komme deshalb nicht in Frage. 3.2 Ohne sich mit diesen zutreffenden Erwägungen auch nur ansatzweise auseinanderzusetzen, bringt die Beschwerdeführerin Folgendes vor: 3.2.1 Sie macht vorerst geltend, es sei Art. 29 Abs. 2 BV verletzt worden, weil das Betreibungsamt keine Bestätigung abgegeben habe, dass sie mit der Zahlung des Zuschlags gemäss den Steigerungsbedingungen uneingeschränkt über das Grundstück verfügen könne. Auf den Vorwurf kann nicht eingetreten werden, denn die Verletzung verfassungsmässiger Rechte kann nur mit staatsrechtlicher Beschwerde geltend gemacht werden (Art. 43 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 81 OG; BGE 121 III 24 E. 2d S. 28 mit Hinweisen). 3.2.2 Weiter macht die Beschwerdeführerin eine Verletzung von Art. 17 Abs. 3 SchKG geltend. Es liege eine formelle Rechtsverweigerung vor, da das Betreibungsamt die verlangte Erklärung nicht abgegeben habe, denn es bestehe ein bundesrechtlicher Anspruch auf eine solche Feststellungsverfügung. Diese Behauptung wird nicht ansatzweise im Sinne von Art. 79 Abs. 1 OG begründet, weshalb darauf nicht eingetreten werden kann (E. 2.2 hiervor). Im Übrigen galt im vorliegenden Fall Ziff. 11 der Steigerungsbedingungen, wonach bei Nichteinhaltung der Frist für die Barzahlung der Zuschlag sofort aufgehoben wird, was in Art. 143 SchKG und Art. 63 VZG verankert ist. Dass vorliegend seitens des Betreibungsamtes eine Rechtsverweigerung vorgelegen habe, welche die Aufsichtsbehörde von Amtes wegen hätte beachten müssen, trifft nach dem Ausgeführten nicht zu und ergibt sich auch nicht aus der von der Beschwerdeführerin zitierten Belegstelle bei Frank Emmel, Kommentar zum Bundesgesetz über Schuldbetreibung und Konkurs, Hrsg.: Staehelin/Bauer/Staehelin, SchKG I, N. 10 zu Art. 13. Damit kann auf die Beschwerde insgesamt nicht eingetreten werden. Damit kann auf die Beschwerde insgesamt nicht eingetreten werden. 4. Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. 4. Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. 5. Das Beschwerdeverfahren ist grundsätzlich kostenlos (Art. 20a SchKG und Art. 61 Abs. 2 lit. a GebV SchKG), und es darf keine Parteientschädigung zugesprochen werden (Art. 62 Abs. 2 GebV SchKG). Die Beschwerde grenzt jedoch an Mutwilligkeit. Die Beschwerdeführerin hat zur Kenntnis zu nehmen, dass bei mut- oder böswilliger Beschwerdeführung einer Partei oder ihrem Vertreter Bussen bis zu Fr. 1'500.-- sowie Gebühren und Auslagen auferlegt werden können. Demnach erkennt die Kammer: Demnach erkennt die Kammer: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin, den Beschwerdegegnern, dem Betreibungsamt A._ und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, als obere kantonale Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 21. April 2004 Im Namen der Schuldbetreibungs- und Konkurskammer des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Der Gerichtsschreiber:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 4A_361/2013 Urteil vom 19. September 2013 I. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Klett, Präsidentin, Gerichtsschreiber Widmer. Verfahrensbeteiligte X._ AG, vertreten durch Rechtsanwalt Pierre André Rosselet, Beschwerdeführerin, gegen 1. A._, 2. B._, beide vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Herbert Trachsler, 3. Y._ AG, vertreten durch Rechtsanwalt Armand Brand, 4. Z._ AG, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Christoph D. Studer, Beschwerdegegner. Gegenstand Zivilprozess, Sicherheitsleistung, Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Schaffhausen vom 5. Juli 2013. Die Präsidentin hat in Erwägung, dass das Kantonsgericht Schaffhausen in einem zwischen den Parteien hängigen Forderungsprozess die Beschwerdeführerin als klagende Partei mit Verfügung vom 6. März 2013 verpflichtete, bis 27. März 2013 als Sicherheit für die Parteientschädigung der Beschwerdegegnerin 4 den Betrag von Fr. 60'000.-- zu Gunsten des Kantonsgerichts bei der Schaffhauser Kantonalbank einzuzahlen; dass die Beschwerdeführerin gegen diese Verfügung beim Obergericht des Kantons Schaffhausen Beschwerde erhob; dass das Obergericht das Gesuch der Beschwerdeführerin, es sei ihrer Beschwerde die aufschiebende Wirkung zu erteilen, mit Verfügung vom 22. März 2013 abwies und festhielt, dass für eine neue Fristansetzung kein Raum bleibe; dass das Obergericht die Beschwerde mit Entscheid vom 5. Juli 2013 abwies; dass die Beschwerdeführerin gegen diesen Entscheid Beschwerde in Zivilsachen erhob mit dem Antrag, das Obergericht sei zu verpflichten, von der Erhebung einer Sicherheitsleistung abzusehen; dass es sich beim angefochtenen Entscheid über die Verpflichtung zur Sicherheitsleistung, der das Verfahren vor der kantonalen Instanz nicht abschliesst, um einen Zwischenentscheid im Sinne von Art. 93 Abs. 1 BGG handelt, gegen den die Beschwerde nur zulässig ist, wenn er einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil rechtlicher Natur bewirken kann (Art. 93 Abs. 1 lit. a BGG; BGE 138 III 46 E. 1.2 S. 47) oder wenn die Gutheissung der Beschwerde sofort einen Endentscheid herbeiführen und damit einen bedeutenden Aufwand an Zeit und Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren ersparen würde (Art. 93 Abs. 1 lit. b BGG); dass die selbständige Anfechtbarkeit von Zwischenentscheiden aus prozessökonomischen Gründen eine Ausnahme vom Grundsatz bildet, dass sich das Bundesgericht mit jeder Angelegenheit nur einmal befassen soll (BGE 134 III 188 E. 2.2; 133 III 629 E. 2.1); dass diese Ausnahme restriktiv zu handhaben ist, zumal die Parteien keiner Rechte verlustig gehen, wenn sie einen Zwischenentscheid im Sinne von Art. 93 BGG nicht selbständig anfechten, können sie ihn doch mit dem Endentscheid anfechten, soweit er sich auf dessen Inhalt auswirkt (Art. 93 Abs. 3 BGG; BGE 135 I 261 E. 1.2; 134 III 188 E. 2.2; 133 III 629 E. 2.1; 133 IV 288 E. 3.2); dass es dem Beschwerdeführer obliegt darzutun, dass die Voraussetzungen für eine ausnahmsweise Anfechtbarkeit eines Zwischenentscheids erfüllt sind, soweit deren Vorliegen nicht offensichtlich in die Augen springt (BGE 138 III 46 E. 1.2 S. 47; 137 III 324 E. 1.1 S. 329; 134 III 426 E. 1.2 in fine; 133 III 629 E. 2.3.1 und 2.4.2); dass die Beschwerdeführerin in ihrer Beschwerde kein Wort darüber verliert, weshalb vorliegend die Beschwerde ausnahmsweise zulässig sein sollte, und dies auch nicht in die Augen springt, fällt doch die Zulässigkeit nach Art. 93 Abs. 1 lit. b BGG von vornherein ausser Betracht und ist auch nicht ersichtlich, dass der Beschwerdeführerin durch die Verpflichtung zur Sicherheitsleistung ein nicht wieder gutzumachender Nachteil entstehen könnte; dass somit auf die Beschwerde nicht einzutreten ist; dass die Gerichtskosten der Beschwerdeführerin aufzuerlegen sind (Art. 66 Abs. 1 BGG); dass den Beschwerdegegnern keine Parteientschädigung zuzusprechen ist, da ihnen im Zusammenhang mit dem bundesgerichtlichen Verfahren kein Aufwand erwachsen ist (Art. 68 Abs. 1 BGG); erkannt: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Schaffhausen schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 19. September 2013 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Klett Der Gerichtsschreiber: Widmer
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_1006/2009 Urteil vom 26. März 2010 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Favre, Präsident, Bundesrichter Schneider, Wiprächtiger, Gerichtsschreiberin Unseld. Verfahrensbeteiligte X._, vertreten durch Fürsprech Beat Muralt, Beschwerdeführer, gegen Staatsanwaltschaft des Kantons Solothurn, 4502 Solothurn, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Menschenhandel, mehrfache Vergewaltigung, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Solothurn, Strafkammer, vom 7. September 2009. Sachverhalt: A. A.a Das Amtsgericht Solothurn-Lebern verurteilte X._ am 13. Mai 2008 wegen mehrfacher Vergewaltigung zum Nachteil von A._, mehrfacher Förderung der Prostitution, teilweise gemeinsam begangen mit Y._, R._ und S._, mehrfachen Erleichterns des rechtswidrigen Aufenthalts mit Bereicherungsabsicht und mehrfacher Beschäftigung von Ausländern ohne Bewilligung zu einer bedingten Freiheitsstrafe von 3 1⁄2 Jahren, einer Geldstrafe von 21 Tagessätzen zu Fr. 30.-- und einer Busse von Fr. 180.--. Zudem widerrief es die mit Verfügung des Departements des Innern am 25. November 2005 gewährte bedingte Entlassung von X._ aus dem Strafvollzug für eine Reststrafe von 235 Tagen. Von den Vorwürfen des mehrfachen und gewerbsmässigen Menschenhandels sowie in weiteren Anklagepunkten sprach es ihn frei. X._ und die Staatsanwaltschaft appellierten gegen dieses Urteil. A.b Das Obergericht des Kantons Solothurn sprach X._ am 7. September 2009 wegen Menschenhandels hinsichtlich B._ und C._, gemeinsam begangen mit Y._, sowie, in Bestätigung des erstinstanzlichen Urteils, wegen mehrfacher Vergewaltigung und mehrfacher Förderung der Prostitution schuldig. Vom Vorwurf des (gewerbsmässigen) Menschenhandels, evtl. des versuchten Menschenhandels hinsichtlich weiterer Personen sprach es ihn frei. Die übrigen Schuld- bzw. Freisprüche erwuchsen unangefochten in Rechtskraft. Das Obergericht verurteilte X._ zu einer Freiheitsstrafe von 4 1⁄2 Jahren, einer Geldstrafe von 30 Tagessätzen zu Fr. 20.-- und einer Busse von Fr. 400.--. Es bestätigte den Widerruf der bedingten Entlassung aus dem Strafvollzug für die Reststrafe von 235 Tagen. B. X._ beantragt mit Beschwerde in Strafsachen, ihn vom Vorwurf des Menschenhandels und der mehrfachen Vergewaltigung freizusprechen und die Angelegenheit zur Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Er ersucht um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung. C. Vernehmlassungen wurden keine eingeholt. Erwägungen: 1. Die Vorinstanz hält folgenden Sachverhalt für erwiesen (angefochtener Entscheid S. 15 f., 30 ff. und 44 ff.): Der Beschwerdeführer, Y._ und R._ führten ab Sommer 2004 zusammen die Kontaktbar K._ in L._, wobei Letzterer eine eher untergeordnete Rolle spielte. T._ betrieb das Hotel H._ in M._, welches ebenfalls Prostituierte, darunter die Rumäninnen B._ und C._, beschäftigte. U._ und V._ führten B._ und C._ im Auftrag von T._ vom 19.-22. Januar 2007 jeden Abend von ihrer Absteige im Hotel I._ in Biel ins K._ nach L._, wo sich diese zu den dort geltenden Bedingungen prostituierten. Die "Lieferung" der Frauen beruhte auf einer Abrede der Betreiber des K._ und des Hotels H._. Die Beteiligten entschieden über die Köpfe der betroffenen Frauen hinweg, dass diese zur Ausübung der Prostitution ins K._ verbracht werden sollten. B._ und C._ wurden von U._ in die Schweiz gebracht und mussten T._ einen Teil ihres Verdienstes abgeben. Sie waren in einer Situation der Verletzlichkeit, da sie als illegale Aufenthalterinnen in der Schweiz ohne persönliche Bekannte und ohne Kenntnis der Sprache der Gruppe um T._ völlig ausgeliefert, mithin von ihr sozial abhängig waren. Eine wirksame Zustimmung zur Prostitution im K._ lag daher nicht vor. Der Beschwerdeführer war zumindest gleichberechtigter Mitinitiant und Mitbetreiber des K._. Er wusste von der Anlieferung der Frauen, die T._ gerade nicht benötigte, und kannte die Hintergründe. Er wirkte am Tatentschluss und an der Planung massgeblich mit und profitierte davon auch finanziell. Der Beschwerdeführer zwang seine ehemalige Freundin A._, nachdem sich diese von ihm getrennt hatte, zudem zwei Mal gegen deren Willen zum sexuellen Verkehr, das erste Mal in ihrer Wohnung in O._, das zweite Mal im K._. 2. Die Beschwerde ist zu begründen (Art. 42 Abs. 1 BGG). In der Begründung ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt (Art. 42 Abs. 2 Satz 1 BGG). Eine qualifizierte Rügepflicht gilt hinsichtlich der Verletzung von Grundrechten und von kantonalem und interkantonalem Recht (Art. 106 Abs. 2 BGG). Nicht einzutreten ist auf die Rüge, die in Tschechien rechtshilfeweise erfolgten Einvernahmen von A._ und D._, anlässlich welcher auch der Verteidiger des Beschwerdeführers anwesend war, seien nicht verwertbar (Beschwerde Ziff. 3 und 4). Der Beschwerdeführer bringt vor, eine rechtsgenügliche Verteidigung sei anlässlich der Einvernahmen nicht möglich gewesen. Ob und inwiefern dabei Bundesrecht oder die von der Bundesverfassung und der EMRK garantierten Verteidigungsrechte verletzt wurden, legt er nicht dar. Die Beschwerde genügt den Begründungsanforderungen nicht. Dies gilt auch, soweit der Beschwerdeführer geltend macht, der Hinweis der Vorinstanz auf Art. 5 aOHG sei unverständlich. 3. 3.1 Der Beschwerdeführer macht in Bezug auf die Verurteilung wegen mehrfacher Vergewaltigung eine Verletzung des Grundsatzes in dubio pro reo geltend. Er argumentiert im Wesentlichen, die Vorinstanz erachte seine Darstellungen generell als unglaubwürdig und die von A._ und deren Cousine D._ als glaubwürdig, was angesichts der Möglichkeit zur Absprache zwischen den beiden Frauen nicht erstaune. Dabei lasse sie völlig ausser Acht, dass zwischen ihm und A._ erwiesenermassen eine problematische Beziehung bestanden habe, in der Eifersucht im Spiel gewesen sei. A._ habe ihm auch gedroht, wovon Dritte Kenntnis gehabt hätten. Zweifel an deren Sachdarstellung könnten daher schlechterdings nicht unterdrückt werden. Sowohl die anonyme Zeugin als auch D._ hätten ihn regelrecht dämonisiert (Beschwerde Ziff. 5 und 6). 3.2 Die Feststellung des Sachverhalts kann nur gerügt werden, wenn sie willkürlich im Sinne von Art. 9 BV ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 BGG, vgl. auch Art. 105 Abs. 2 BGG; BGE 134 IV 36 E. 1.4.1). Die Rüge der Willkür muss in der Beschwerdeschrift anhand des angefochtenen Entscheids präzise vorgebracht und begründet werden, ansonsten darauf nicht eingetreten wird (Art. 106 Abs. 2 BGG; BGE 134 II 244 E. 2.2). Willkür bei der Beweiswürdigung liegt vor, wenn der angefochtene Entscheid offensichtlich unhaltbar ist oder mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht. Dass eine andere Lösung oder Würdigung ebenfalls vertretbar erscheint oder gar vorzuziehen wäre, genügt für die Annahme von Willkür nicht (BGE 134 I 140 E. 5.4 mit Hinweisen). Dem Grundsatz in dubio pro reo kommt als Beweiswürdigungsregel keine über das Willkürverbot von Art. 9 BV hinausgehende selbständige Bedeutung zu (BGE 127 I 38 E. 2a; 124 IV 86 E. 2a; je mit Hinweisen). 3.3 Was der Beschwerdeführer gegen die vorinstanzliche Sachverhaltsfeststellung vorbringt, erschöpft sich in einer unzulässigen appellatorischen Kritik. Auch bei der geltend gemachten Beziehungsproblematik ist es unter Willkürgesichtspunkten nicht zu beanstanden, wenn der angefochtene Entscheid auf die Aussagen des Opfers und deren Cousine abstellt. Dass die vorinstanzliche Sachverhaltsfeststellung offensichtlich falsch und damit willkürlich sein soll, behauptet der Beschwerdeführer nicht. Auf die Beschwerde ist auch insofern nicht einzutreten. 4. 4.1 Der Beschwerdeführer rügt eine bundesrechtswidrige Anwendung von Art. 182 StGB. B._ und C._ seien in die Schweiz gekommen, um sich hier zu prostituieren, wobei Erstere zuvor bereits in Spanien als Prostituierte gearbeitet habe. Ein rechtsgenügliches Abhängigkeitsverhältnis habe nicht bestanden, da auch die Vorinstanz nicht davon ausgehe, die beiden Frauen hätten auf Anweisung von T._ gehandelt und seien diesem etwa durch das Einbehalten der Pässe oder gar durch Einwirkung mit Gewalt ausgeliefert gewesen. Die Einwilligung in die Prostitution habe daher bereits bestanden, bevor die Frauen mit T._ zu tun gehabt hätten (Beschwerde Ziff. 7 und 8). Ihm selber könne kein konkreter Tatbeitrag bei der Abwicklung des Frauenhandels nachgewiesen werden. Völlig offen sei, weshalb die Vorinstanz zur Auffassung gelange, er habe von der Anlieferung der Frauen gewusst. Entsprechend könne ihm auch kein Tatentschluss vorgeworfen werden (Beschwerde Ziff. 9). 4. 4.1 Der Beschwerdeführer rügt eine bundesrechtswidrige Anwendung von Art. 182 StGB. B._ und C._ seien in die Schweiz gekommen, um sich hier zu prostituieren, wobei Erstere zuvor bereits in Spanien als Prostituierte gearbeitet habe. Ein rechtsgenügliches Abhängigkeitsverhältnis habe nicht bestanden, da auch die Vorinstanz nicht davon ausgehe, die beiden Frauen hätten auf Anweisung von T._ gehandelt und seien diesem etwa durch das Einbehalten der Pässe oder gar durch Einwirkung mit Gewalt ausgeliefert gewesen. Die Einwilligung in die Prostitution habe daher bereits bestanden, bevor die Frauen mit T._ zu tun gehabt hätten (Beschwerde Ziff. 7 und 8). Ihm selber könne kein konkreter Tatbeitrag bei der Abwicklung des Frauenhandels nachgewiesen werden. Völlig offen sei, weshalb die Vorinstanz zur Auffassung gelange, er habe von der Anlieferung der Frauen gewusst. Entsprechend könne ihm auch kein Tatentschluss vorgeworfen werden (Beschwerde Ziff. 9). 4.2 4.2.1 Des Menschenhandels macht sich u.a. strafbar, wer als Anbieter, Vermittler oder Abnehmer mit einem Menschen Handel treibt zum Zwecke der sexuellen Ausbeutung (Art. 182 Abs. 1 Satz 1 StGB). Die am 1. Dezember 2006 in Kraft getretene neue Strafbestimmung über den Menschenhandel von Art. 182 StGB erfuhr im Vergleich zu Art. 196 aStGB insofern eine Erweiterung, als nunmehr auch andere Formen des Handels mit Menschen als diejenige zur sexuellen Ausbeutung in der Prostitution unter Strafe gestellt werden. Im Bereich der hier zu beurteilenden Ausnützung sexueller Handlungen hat die Revision materiell keine Änderung gebracht (Urteil des Bundesgerichts 6B_277/2007 vom 8. Januar 2008 E. 4.2). Die zu Art. 196 aStGB ergangene Rechtsprechung behält daher auch unter dem neuen Recht ihre Gültigkeit. 4.2.2 Ein Schuldspruch wegen Menschenhandels setzt voraus, dass die betroffene Person in ihrem sexuellen Selbstbestimmungsrecht verletzt wurde. Die in Kenntnis der konkreten Sachlage erfolgte und ihrem tatsächlichen Willen entsprechende Zustimmung der betroffenen Person schliesst den Tatbestand aus. Ob diese im Einzelfall selbstbestimmt gehandelt hat, ist an Hand der konkreten Umstände zu beurteilen. Das faktische "Einverständnis" allein ist nicht massgebend, weil die Tathandlung auch nur formal mit dem Willen der Betroffenen erfolgt sein kann (BGE 129 IV 81 E. 3.1). Vielmehr ist zu prüfen, ob die Willensäusserung dem tatsächlichen Willen entsprach (BGE 126 IV 225 E. 1d) Nach der Rechtsprechung ist der Tatbestand des Menschenhandels in der Regel erfüllt, wenn junge, aus dem Ausland kommende Frauen unter Ausnützung einer Situation der Verletzlichkeit zur Ausübung der Prostitution in der Schweiz engagiert werden. Diese besondere Situation kann in schwierigen wirtschaftlichen oder sozialen Umständen oder in einschränkenden persönlichen und/oder finanziellen Abhängigkeiten bestehen. Eine "Einwilligung" in die Tätigkeit als Prostituierte und in die (illegale) Überführung in die Schweiz ist nicht wirksam, wenn sie auf derartige Umstände der Betroffenen im Herkunftsland zurückzuführen ist. Bei dieser Sachlage verfügt die betroffene Person nicht über die erforderliche Entscheidungsfreiheit (BGE 129 IV 81 E. 3.1; 128 IV 117 E. 4a-c; je mit Hinweisen). Der Tatbestand des Menschenhandels ist auch anwendbar, wenn der Täter im Ausland Prostituierte für seine eigenen Bordelle in der Schweiz anwirbt und verpflichtet (BGE 129 IV 81 E. 3.1; 128 IV 117 E. 6d). Menschenhandel kann auch bei der Vermittlung von einem Etablissement in ein anderes vorliegen, dies insbesondere wenn Prostituierte mit illegalem Aufenthalt in der Schweiz in persönlicher und finanzieller Hinsicht von Zuhältern, Bordell- und Salonbetreibern abhängig sind, welche die Vermittlung unter Ausnutzung dieses Abhängigkeitsverhältnisses bewerkstelligen (BGE 129 IV 81 E. 3.1; 126 IV 225 E. 1d). 4.2.3 Mittäter ist, wer bei der Entschliessung, Planung oder Ausführung eines Delikts vorsätzlich und in massgebender Weise mit anderen Tätern zusammenwirkt, so dass er als Hauptbeteiligter dasteht. Tatbestandsmässige Ausführungshandlungen sind keine notwendige Voraussetzung für die Annahme von Mittäterschaft. In subjektiver Hinsicht setzt Mittäterschaft einen gemeinsamen Tatentschluss voraus, welcher auch konkludent zum Ausdruck kommen kann (BGE 135 IV 152 E. 2.3.1; 130 IV 58 E. 9.2.1). 4.3 Die Betreiber des K._ und des Hotels H._ beschlossen, über die Köpfe der betroffenen Frauen hinweg, dass diese zur Ausübung der Prostitution ins K._ verbracht werden sollten. B._ und C._ wurden von Schleppern in die Schweiz gebracht, um im Hotel H._ als Prostituierte zu arbeiten. Dort bzw. im Hotel I._, einer Absteige für Frauen, die sich mehrheitlich im Hotel H._ prostituierten, wurden sie auch untergebracht. Sie befanden sich erst seit sehr kurzer Zeit in der Schweiz und waren der Gruppe um T._, insbesondere auch aufgrund ihres illegalen Aufenthaltsstatus, ausgeliefert. Es war ihnen daher nicht möglich, frei über ihre Prostitutionstätigkeit zu bestimmen. Eine mögliche Einwilligung zur Prostitution im K._ ist folglich unbeachtlich. Für die Bejahung eines Abhängigkeitsverhältnisses im Sinne der bundesgerichtlichen Rechtsprechung nicht zwingend ist, dass die Täter die Frauen auch durch Abnahme der Ausweispapier oder physische Gewalt gefügig machten (BGE 126 IV 225 E. 1d). Der Beschwerdeführer wusste als Mitbetreiber des K._ von der Anlieferung der Frauen und über deren Hintergründe. Er wirkte am Tatenschluss und an der Planung massgeblich mit und profitierte davon auch finanziell. Er erfüllte damit als Mittäter objektiv und subjektiv den Tatbestand des Menschenhandels von Art. 182 Abs. 1 Satz 1 StGB. Soweit dieser geltend macht, er habe von der Anlieferung der Frauen keine Kenntnis gehabt, legt er seiner rechtlichen Würdigung von der verbindlichen Sachverhaltsfeststellung abweichende Tatsachenbehauptungen zugrunde, was nicht zulässig ist (vgl. Art. 105 Abs. 1 BGG). Unerheblich ist, ob B._ bereits zuvor als Prostituierte gearbeitet hatte, da die Einwilligung in die Prostitution gültig in Bezug auf die jeweils konkrete Situation erfolgen muss. Der Schuldspruch wegen Menschenhandels ist nicht bundesrechtswidrig. 5. Die Beschwerde ist abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung ist infolge Aussichtslosigkeit der Beschwerde abzuweisen (Art. 64 Abs. 1 und 2 BGG). Der finanziellen Lage des Beschwerdeführers ist bei der Festsetzung der Gerichtskosten Rechnung zu tragen (Art. 65 Abs. 2 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 1'600.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Solothurn, Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 26. März 2010 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Favre Unseld
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_410/2010 Urteil vom 1. Oktober 2010 Strafrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Favre, Präsident, Bundesrichter Mathys, Bundesrichterin Jacquemoud-Rossari, Gerichtsschreiberin Koch. Verfahrensbeteiligte X._, vertreten durch Rechtsanwalt Hans W. Stössel, Beschwerdeführer, gegen 1. Staatsanwaltschaft des Kantons Schwyz, Archivgasse 1, 6430 Schwyz, 2. A._, vertreten durch Rechtsanwältin Annagreth Fässler-Zehnder, Beschwerdegegnerinnen. Gegenstand Mehrfache Vergewaltigung; willkürliche Beweiswürdigung, Unschuldsvermutung, Beschwerde gegen das Urteil des Kantonsgerichts des Kantons Schwyz, Strafkammer, vom 26. Januar 2010. Sachverhalt: A. Das Kantonsgericht Schwyz verurteilte X._ am 26. Januar 2010 zweitinstanzlich wegen mehrfacher Vergewaltigung zum Nachteil seiner Schwiegertochter A._ und der Widerhandlung gegen ANAG (AS 49 279). Vom Vorwurf des gewerbsmässigen Betrugs und der mehrfachen versuchten Nötigung sprach es ihn frei. Es verurteilte ihn zu einer Freiheitsstrafe von drei Jahren, teilbedingt vollziehbar, unter Aufschub eines Strafanteils von 18 Monaten, und zu einer Geldstrafe von 60 Tagessätzen zu Fr. 30.--. B. Dagegen erhebt X._ Beschwerde in Strafsachen. Er beantragt, Ziffern 1, 2, 3 und 5 des angefochtenen Urteils seien aufzuheben. Die Sache sei zum neuen Entscheid an die Vorinstanz zurückzuweisen, damit diese ihn vom Vorwurf der mehrfachen Vergewaltigung freispreche. Eventualiter beantragt er, das Bundesgericht entscheide in der Sache selbst. Es sei ihm die unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung zu bewilligen. Erwägungen: 1. 1.1 Der Beschwerdeführer wendet sich gegen den Vorwurf der mehrfachen Vergewaltigung zum Nachteil seiner Schwiegertochter A._. Er macht geltend, die Vorinstanz würdige die Beweise willkürlich im Sinne von Art. 9 BV. Sie verstosse gegen die aus dem Grundsatz "in dubio pro reo" abgeleitete Beweiswürdigungsregel, wonach ein Angeklagter nicht zu verurteilen sei, wenn bei objektiver Betrachtungsweise unüberwindbare Zweifel an seiner Schuld bestünden (Art. 6 ZIff. 2 EMRK und Art. 32 BV). Der Beschwerdeführer gibt die Aussagen des Opfers (auf Seite 10 bis 12 der Beschwerde) zusammengefasst wieder. Er erachtet diese als wenig detailliert und widersprüchlich. Das Opfer könne weder das genaue Datum noch den Wochentag der letzten Vergewaltigung nennen, obwohl es nur gerade einen Monat später bei der Polizei ausgesagt habe. Die drei Vergewaltigungen zwischen dem ersten und letzten Vorfall ordne es zeitlich nicht ein. Es fehlten auch Details zum Tatvorgehen und Nötigungsmittel. Unterschiedliche Aussagen mache das Opfer hinsichtlich der Anwesenheit der Schwiegermutter und ob ihr Kind etwas vom Vorfall mitbekommen habe. Hingegen hätten er und seine weiteren Familienmitglieder (der Ehemann des Opfers, der gleichzeitig sein Sohn ist; seine Ehefrau und seine weiteren Kinder) von Anfang an einen Missbrauch des Opfers verneint. Es bestehe die natürliche Vermutung, dass er als Schwiegervater seine Schwiegertochter nicht missbrauche. Nicht ersichtlich sei ausserdem, weshalb das Opfer mit einer Anzeige so lange zugewartet habe. 1.2 Die vorinstanzliche Sachverhaltsfeststellung kann nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 BGG; vgl. auch Art. 105 Abs. 1 und 2 BGG). Offensichtlich unrichtig im Sinne von Art. 97 Abs. 1 BGG ist die Sachverhaltsfeststellung, wenn sie willkürlich ist (BGE 134 IV 36 E. 1.4.1 S. 39). Ebenfalls unter dem Gesichtspunkt der Willkür prüft das Bundesgericht, inwiefern das Sachgericht den Grundsatz "in dubio pro reo" als Beweiswürdigungsregel verletzt hat (vgl. BGE 127 I 38 E. 2a S. 40 f. mit Hinweisen). Wird die Verletzung von Grundrechten (einschliesslich der Willkür bei der Sachverhaltsfeststellung) gerügt, gelten qualifizierte Anforderungen an die Begründung. Eine solche Rüge prüft das Bundesgericht nicht von Amtes wegen, sondern nur, wenn sie in der Beschwerde vorgebracht und substanziiert begründet worden ist. Die Beschwerdeschrift muss die wesentlichen Tatsachen und eine kurz gefasste Darlegung darüber enthalten, welche verfassungsmässigen Rechte bzw. welche Rechtssätze inwiefern durch den angefochtenen Erlass oder Entscheid verletzt worden sind. Das Bundesgericht prüft nur klar und detailliert erhobene und, soweit möglich, belegte Rügen (Art. 106 Abs. 2 BGG; BGE 136 I 65 E. 1.3.1 S. 68; 135 III 232 E. 1.2 S. 234; je mit Hinweisen). 1.3 Die vom Beschwerdeführer gegen die vorinstanzliche Beweiswürdigung erhobenen Einwände haben appellatorischen Charakter, stellt er doch der Würdigung der Vorinstanz lediglich seine eigene Sicht der Dinge gegenüber, ohne zu erörtern, inwiefern der angefochtene Entscheid (auch) im Ergebnis verfassungswidrig sein sollte. So geht er nicht auf das vorinstanzliche Urteil ein, wonach das Opfer beispielsweise die erste (ca. sechs bis acht Wochen nach der Geburt ihres ersten Kindes) und letzte Tat zeitlich (einen Samstag, ungefähr eine Monat vor der Strafanzeige, als ihr Ehemann um 4 Uhr morgens zur Arbeit gegangen sei) und örtlich präzise einordnen konnte, seine Kleidung beschrieb, bei den einzelnen Vorfällen klar zwischen der An- und Abwesenheit der Schwiegermutter unterscheiden konnte und es sich an Vorfälle vor der Tat (als der Beschwerdeführer es aufforderte, ihn zu massieren und dessen Ehefrau dagegen einschritt) sowie an seine Aussagen während der Tat (im Zusammenhang mit dem Paarungsverhalten von Vieh) zu erinnern vermochte. Ebenso befasst er sich nicht mit dem angefochtenen Entscheid, wonach das Vergewaltigungsmuster bei allen fünf Taten gleich gewesen sei. Er habe das Opfer an den Händen festgehalten, den Kopf mit seinem Kopf auf dem Bett niedergedrückt und es von vorne vergewaltigt. Während der letzten Tat habe sich die Schwiegermutter mehrmals hörbar geräuspert. Er setzt sich weiter nicht mit der vorinstanzlichen Erwägung auseinander, das Opfer habe nicht versuchte, ihn unnötig zu belasten (so habe es vor erster Instanz ausgesagt, es sei sich bezüglich der fünften Vergewaltigung rund fünf Jahre nach dem Vorfall nicht mehr sicher bzw. es habe erwähnt, die kahle Stelle auf ihrem Kopf habe nichts mit dem Beschwerdeführer zu tun. Es habe die Vergewaltigungen erst zur Anzeige gebracht, als es durch seinen Ehemann gewürgt worden und in massive Bedrängnis geraten sei). Der Beschwerdeführer erörtert einzig, wie seiner Meinung nach die Aussagen der Zeugen und Prozessbeteiligten bzw. seine eigenen Aussagen richtigerweise zu würdigen gewesen wären. Auf seine appellatorischen Vorbringen ist nicht einzutreten (BGE 136 I 65 E. 1.3.1 S. 68 mit Hinweisen). 2. Auf die Beschwerde ist nicht einzutreten. Bei diesem Ausgang des Verfahrens wird der Beschwerdeführer kostenpflichtig (Art. 66 Abs. 1 BGG). Sein Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung ist abzuweisen, da es von vornherein aussichtslos war. Bei der Bemessung der Gerichtskosten sind die geltend gemachten angespannten finanziellen Verhältnisse des Beschwerdeführers zu berücksichtigen. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 800.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht des Kantons Schwyz, Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 1. Oktober 2010 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Favre Koch
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Tribunale federale Tribunal federal 2P.250/2003/LGE/elo {T 0/2} Arrêt du 8 octobre 2003 IIe Cour de droit public Composition MM. les Juges Wurzburger, Président, Hungerbühler et Merkli. Greffier: M. Langone. Parties X._, recourant, contre Centre social régional de l'Est lausannois-Oron-Lavaux, avenue du Prieuré 1, case postale 63, 1009 Pully, Tribunal administratif du canton de Vaud, avenue Eugène-Rambert 15, 1014 Lausanne. Objet aide sociale, recours de droit public contre l'arrêt du Tribunal administratif du canton de Vaud du 26 août 2003. Le Tribunal fédéral considère en fait et en droit: Le Tribunal fédéral considère en fait et en droit: 1. 1.1 X._ bénéficiait, au titre d'aide sociale, notamment d'une prestation correspondant au loyer (1'255 fr. charges comprises) de l'appartement de trois pièces qu'il occupe seul à Pully. Par lettre du 3 octobre 2002, le prénommé a été averti que cette allocation serait réduite à 747 fr.50 plus charges dès août 2003, date probable de l'achèvement de l'apprentissage de son fils, lequel lui ren- dait visite un week-end sur deux. Par décision du 13 mai 2003, le Centre social régional de l'Est lausannois-Oron-Lavaux a réduit la prestation en question avec effet au 30 septembre 2003, date correspondant à l'échéance du contrat de bail, tout en précisant que la décision pourrait être reportée au 30 septem- bre 2004 en cas d'échec de son fils à l'examen d'apprentissage. Statuant sur recours le 26 août 2003, le Tribunal administratif du canton de Vaud a confirmé cette décision. 1.2 X._ a adressé au Tribunal fédéral un acte de recours contre cet arrêt du 26 août 2003, dont il demande l'annulation. Par lettre présidentielle du 26 septembre 2003, l'intéressé a eu la possibilité de retirer sans frais le recours, dont les chances de succès paraissaient à première vue très limitées. Le 3 octobre 2003, le recourant a répondu qu'il maintenait son recours et qu'il confirmait sa demande d'assistance judiciaire. Par lettre présidentielle du 26 septembre 2003, l'intéressé a eu la possibilité de retirer sans frais le recours, dont les chances de succès paraissaient à première vue très limitées. Le 3 octobre 2003, le recourant a répondu qu'il maintenait son recours et qu'il confirmait sa demande d'assistance judiciaire. 2. Le recourant affirme qu'il ne pouvait prendre connaissance des résultats d'examen de son fils (qui a réussi) qu'à fin juin 2003, soit après l'expiration du délai de résiliation (31 mai 2003), de sorte qu'il n'était pas en mesure de résilier son bail pour l'échéance du contrat fixée au 30 septembre 2003. Dans l'arrêt attaqué, le Tribunal administratif a confirmé la réduction de l'aide sociale, en retenant qu'il était notoire que le recourant pouvait, sans difficultés, remettre immédiatement son appartement à un tiers et donc résilier son bail de manière anticipée sans avoir à respecter le terme et le préavis de résiliation. Le recourant taxe cette motivation d'arbitraire (sur la notion d'arbitraire, voir ATF 129 I 8 consid. 2.1. p. 9; 128 I 273 consid. 2.1 p. 275 et les arrêts cités). Or, compte tenu de la pénurie de logements qui sévit dans l'agglomé- ration lausannoise notamment, l'appréciation de la Cour cantonale n'est pour le moins pas insoutenable. La décision attaquée apparaît d'autant moins arbitraire dans son résultat que le recourant a encore la possibilité de sous-louer tout ou partie de son appartement, ce qui lui permettrait de faire face à ses frais de logement en dépit d'une réduction de l'aide sociale. Or, compte tenu de la pénurie de logements qui sévit dans l'agglomé- ration lausannoise notamment, l'appréciation de la Cour cantonale n'est pour le moins pas insoutenable. La décision attaquée apparaît d'autant moins arbitraire dans son résultat que le recourant a encore la possibilité de sous-louer tout ou partie de son appartement, ce qui lui permettrait de faire face à ses frais de logement en dépit d'une réduction de l'aide sociale. 3. Vu ce qui précède, le recours doit être rejeté selon la procédure sim- plifiée de l'art. 36a OJ, sans qu'il soit nécessaire d'ouvrir un échange d'écritures. Les conclusions du recours apparaissant d'emblée vouées à l'échec, la requête d'assistance judiciaire (art. 152 al. 1 OJ) doit être rejetée. Succombant, le recourant doit supporter un émolument judiciaire, qui sera fixé en fonction de sa mauvaise situation financière et de la possibilité qu'il a eue de retirer sans frais le recours (art. 153, 153a et 156 al. 1 OJ). Par ces motifs, vu l'art. 36a OJ, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, vu l'art. 36a OJ, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 1. Le recours est rejeté. 2. La requête d'assistance judiciaire est rejetée. 2. La requête d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Un émolument judiciaire de 300 fr. est mis à la charge du recourant. 3. Un émolument judiciaire de 300 fr. est mis à la charge du recourant. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie au recourant, au Centre social régional de l'Est lausannois-Oron-Lavaux et au Tribunal administratif du canton de Vaud. Lausanne, le 8 octobre 2003 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 8C_830/2014 Urteil vom 12. Dezember 2014 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Leuzinger, Präsidentin, Gerichtsschreiber Batz. Verfahrensbeteiligte A._, vertreten durch Rechtsanwalt Franklin Sedaj, Beschwerdeführer, gegen Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA), Fluhmattstrasse 1, 6004 Luzern, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Unfallversicherung, Beschwerde gegen den Entscheid der Cour des assurances sociales du Tribunal cantonal du canton de Vaud vom 25. September 2014. Nach Einsicht in die Beschwerde vom 11. November 2014 (Poststempel) gegen den E ntscheid der Cour des assurances sociales du Tribunal cantonal du canton de Vaud vom 25. September 2014, mit welchem auf das Revisionsgesuch des A._ nicht eingetreten wurde, in Erwägung, dass es sich angesichts der besonderen Umstände des Falles rechtfertigt, das bundesgerichtliche Urteil - obwohl der angefochtene Entscheid in Französisch ergangen ist - in deutscher Sprache auszufertigen, zumal der Beschwerdeführer seine letztinstanzliche Eingabe - wie schon das Revisionsgesuch - in Deutsch abgefasst hat und das Bundesgericht das bisherige Verfahren mit den Parteien ebenfalls in deutscher Sprache geführt hat (vgl. Art. 54 Abs. 1 BGG), dass ein Rechtsmittel gemäss Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG unter anderem die Begehren und deren Begründung zu enthalten hat, wobei in der Begründung in gedrängter Form darzulegen ist, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht verletzt; die Vorbringen müssen sachbezogen sein, damit aus der Beschwerdeschrift ersichtlich ist, in welchen Punkten und weshalb der angefochtene Entscheid beanstandet wird (BGE 140 III 86 E. 2 S. 88 mit Hinweisen), dass nach der Rechtsprechung eine Beschwerdeschrift, welche sich bei der Anfechtung von vorinstanzlichen Nichteintretensentscheiden lediglich mit der materiellen Seite des Falles auseinandersetzt, keine sachbezogene Begründung aufweist und damit keine rechtsgültige Beschwerde darstellt (vgl. BGE 123 V 335, 118 Ib 134), dass die Beschwerde vom 11. November 2014 den vorerwähnten Anforderungen namentlich mit Bezug auf eine rechtsgenügliche Begründung offensichtlich nicht gerecht wird, da sie sich in keiner Weise mit der prozessualen Erledigung durch die Vorinstanz auseinandersetzt und insbesondere nicht darlegt, weshalb das erstinstanzliche Gericht mit seinem Nichteintretensentscheid eine Rechtsverletzung gemäss Art. 95 f. BGG bzw. eine für den Entscheid wesentliche unrichtige oder unvollständige Sachverhaltsfeststellung im Sinne von Art. 97 BGG begangen haben sollte, dass deshalb kein gültiges Rechtsmittel eingereicht worden ist, obwohl das Bundesgericht den Rechtsvertreter des Versicherten auf die Formerfordernisse von Beschwerden bereits wiederholt hingewiesen hat, dass somit auf die - offensichtlich unzulässige - Beschwerde in Anwendung von Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG nicht eingetreten werden kann, dass es sich bei den gegebenen Verhältnissen rechtfertigt, von der Erhebung von Gerichtskosten für das bundesgerichtliche Verfahren umständehalber abzusehen (Art. 66 Abs. 1 Satz 2 BGG), dass in den Fällen des Art. 108 Abs. 1 BGG das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und die Abteilungspräsidentin zuständig ist, erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, der Cour des assurances sociales du Tribunal cantonal du canton de Vaud und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 12. Dezember 2014 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Leuzinger Der Gerichtsschreiber: Batz
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5D_66/2012 Urteil vom 3. April 2012 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Escher, präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiber Füllemann. Verfahrensbeteiligte X._, Beschwerdeführer, gegen Kanton Zürich, vertreten durch Wehrpflichtersatzverwaltung des Kantons Zürich, Postfach, 8090 Zürich, Beschwerdegegner. Gegenstand Parteientschädigung (Rechtsöffnungsverfahren). Verfassungsbeschwerde gegen das Urteil vom 29. Februar 2012 des Obergerichts des Kantons Zürich (I. Zivilkammer). Nach Einsicht in die Verfassungsbeschwerde gegen das Urteil vom 29. Februar 2012 des Obergerichts des Kantons Zürich, das eine Beschwerde des Beschwerdeführers gegen die erstinstanzliche Verweigerung der Zusprechung einer Parteientschädigung an ihn (in einem Verfahren betreffend Abweisung des Rechtsöffnungsgesuchs des Beschwerdegegners für Fr. 31.95 nebst Zins und Kosten) abgewiesen hat, in Erwägung, dass gegen das in einer vermögensrechtlichen Angelegenheit ergangene Urteil des Obergerichts mangels Erreichens der Streitwertgrenze (Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG) und mangels Vorliegens einer Ausnahme gemäss Art. 74 Abs. 2 BGG allein die subsidiäre Verfassungsbeschwerde nach Art. 113 ff. BGG offen steht, weshalb die Eingabe des Beschwerdeführers als solche entgegengenommen worden ist, dass in einer subsidiären Verfassungsbeschwerde die Rüge der Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorzubringen und zu begründen (Art. 117 i.V.m. Art. 106 Abs. 2 BGG sowie Art. 116 BGG), d.h. anhand der Erwägungen des kantonalen Entscheids klar und detailliert darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch diesen Entscheid verletzt sein sollen (BGE 133 II 396 E. 3.1 S. 399), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG), dass das Obergericht im Urteil vom 29. Februar 2012 erwog, die erste Instanz habe dem Beschwerdeführer keine Parteientschädigung zugesprochen, weil dieser keine verlangt habe, dieser Entscheid sei nicht zu beanstanden, Parteientschädigungen würden nämlich nur auf entsprechenden Antrag hin zugesprochen, das Gericht sei nicht zur Aufforderung der Parteien zur Einreichung von Kostennoten verpflichtet, ebenso wenig bestehe diesbezüglich eine richterliche Fragepflicht, es fehle an einer gesetzlichen Grundlage für die Zusprechung einer Parteientschädigung bei unterbliebenem Antrag, die Beschwerde erweise sich als offensichtlich unbegründet, dass der Beschwerdeführer in seiner Eingabe an das Bundesgericht keine Verletzung verfassungsmässiger Rechte geltend macht, dass er erst recht nicht nach den gesetzlichen Anforderungen, d.h. klar und detailliert anhand der entscheidenden obergerichtlichen Erwägungen aufzeigt, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch das Urteil des Obergerichts vom 29. Februar 2012 verletzt sein sollen, dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende - Verfassungsbeschwerde in Anwendung von Art. 117 i.V.m. Art 108 Abs. 1 lit. b BGG nicht einzutreten ist, dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (Art. 66 Abs. 1 BGG), dass in den Fällen des Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 BGG das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und das präsidierende Abteilungsmitglied zuständig ist, erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 50.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 3. April 2012 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Füllemann
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Tribunale federale Tribunal federal {T 1/2} 1A.110/2006 /ggs Urteil vom 19. April 2007 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Féraud, Präsident, Bundesrichter Aemisegger, Reeb, Gerichtsschreiberin Scherrer. Parteien Verkehrs-Club der Schweiz (VCS), Beschwerdeführer, handelnd durch VCS-Sektion beider Basel, und diese vertreten durch Rechtsanwalt Martin Pestalozzi, gegen Tivona Omikron AG, Beschwerdegegnerin, vertreten durch Advokat Roman Zeller, Einwohnergemeinde Pratteln, Schlossstrasse 34, Postfach, 4133 Pratteln 1, Regierungsrat des Kantons Basel-Landschaft, 4410 Liestal, vertreten durch die Bau- und Umweltschutzdirektion des Kantons Basel-Landschaft, Rechtsdienst, Rheinstrasse 29, Postfach, 4410 Liestal, Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Verfassungs- und Verwaltungsrecht, Bahnhofplatz 16, 4410 Liestal. Gegenstand Quartierplanung "Media Markt", Pratteln, Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen das Urteil des Kantonsgerichts Basel-Landschaft, Abteilung Verfassungs- und Verwaltungsrecht, vom 5. April 2006. Sachverhalt: Sachverhalt: A. Der Einwohnerrat Pratteln beschloss am 25. April 2005 die Quartierplanvorschriften "Media Markt" für die Parzelle Nr. 2122. In der Gewerbezone "Grüssen" sollen ein neues Fachmarkt-Center (als Ersatz für die bisher gemieteten Flächen im Möbelhaus Pfister), ein Kunden- und Angestellten-Restaurant sowie Nutzungen für Büros, Gewerbe und Dienstleistungen erstellt werden. Die Erschliessung ist über den Grüssenweg vorgesehen. Während der öffentlichen Planauflage gingen diverse Einsprachen ein, darunter diejenige des Verkehrs-Clubs der Schweiz (VCS), vertreten durch die Sektion beider Basel. Nach Durchführung der gesetzlich vorgeschriebenen Verständigungsverhandlungen unterbreitete der Gemeinderat Pratteln die Quartierplanung dem Regierungsrat des Kantons Basel-Landschaft zur Genehmigung und Abweisung der unerledigten Einsprachen. Der Regierungsrat wies die Einsprachen am 6. Dezember 2005 ab und genehmigte den Beschluss des Einwohnerrates Pratteln zu den Quartierplanvorschriften "Media Markt" vom 25. April 2005. Im Wesentlichen führte der Regierungsrat in seinem Entscheid aus, die fragliche Anlage unterliege keiner Umweltverträglichkeitsprüfung (UVP). Die relevante Verkaufsfläche betrage lediglich ca. 4'360 m2 und geplant seien 197 Autoparkplätze. Die UVP-Pflicht sei grundsätzlich projektbezogen zu beurteilen. Obwohl aufgrund der geographischen Nähe ein gewisser Zusammenhang zwischen den Quartierplänen "Media Markt" (Parzelle Nr. 2122), "Grüssen 4" (Parzellen Nrn. 4546 und 4547) sowie "Geschäftshaus IKEA" (Parzelle Nr. 4544) bestehe, fehle ein funktionaler Zusammenhang gänzlich. Die Bauherrschaften hätten weder zusammengearbeitet noch aufeinander abgestimmt gehandelt, noch hätten sie eine gemeinsame Organisation oder Ziele gehabt. Der Regierungsrat wies die Einsprachen am 6. Dezember 2005 ab und genehmigte den Beschluss des Einwohnerrates Pratteln zu den Quartierplanvorschriften "Media Markt" vom 25. April 2005. Im Wesentlichen führte der Regierungsrat in seinem Entscheid aus, die fragliche Anlage unterliege keiner Umweltverträglichkeitsprüfung (UVP). Die relevante Verkaufsfläche betrage lediglich ca. 4'360 m2 und geplant seien 197 Autoparkplätze. Die UVP-Pflicht sei grundsätzlich projektbezogen zu beurteilen. Obwohl aufgrund der geographischen Nähe ein gewisser Zusammenhang zwischen den Quartierplänen "Media Markt" (Parzelle Nr. 2122), "Grüssen 4" (Parzellen Nrn. 4546 und 4547) sowie "Geschäftshaus IKEA" (Parzelle Nr. 4544) bestehe, fehle ein funktionaler Zusammenhang gänzlich. Die Bauherrschaften hätten weder zusammengearbeitet noch aufeinander abgestimmt gehandelt, noch hätten sie eine gemeinsame Organisation oder Ziele gehabt. B. Gegen den Regierungsratsbeschluss erhob der VCS Beschwerde beim Kantonsgericht Basel-Landschaft und beantragte, es sei die Genehmigung der Quartierplanvorschriften zu verweigern und die Sache zur Durchführung einer UVP an den Einwohnerrat Pratteln zurückzuweisen. Das Kantonsgericht, Abteilung Verfassungs- und Verwaltungsrecht, wies die Beschwerde mit Urteil vom 5. April 2006 ab. Es fehle an einem für die Begründung des funktionalen Zusammenhangs wesentlichen Element, nämlich an der Zusammenarbeit zwischen den Bauherren oder an einer gemeinsamen Organisation derselben. B. Gegen den Regierungsratsbeschluss erhob der VCS Beschwerde beim Kantonsgericht Basel-Landschaft und beantragte, es sei die Genehmigung der Quartierplanvorschriften zu verweigern und die Sache zur Durchführung einer UVP an den Einwohnerrat Pratteln zurückzuweisen. Das Kantonsgericht, Abteilung Verfassungs- und Verwaltungsrecht, wies die Beschwerde mit Urteil vom 5. April 2006 ab. Es fehle an einem für die Begründung des funktionalen Zusammenhangs wesentlichen Element, nämlich an der Zusammenarbeit zwischen den Bauherren oder an einer gemeinsamen Organisation derselben. C. Mit Eingabe vom 24. Mai 2006 erhebt der VCS, handelnd durch die Sektion beider Basel, Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen das Urteil des Kantonsgerichts Basel-Landschaft vom 5. April 2006. Er beantragt, der angefochtene Entscheid sei aufzuheben und die Sache zur Neubeurteilung im Sinne der Erwägungen an die Vorinstanz zurückzuweisen. Das Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Verfassungs- und Verwaltungsrecht, verzichtet auf eine Vernehmlassung, während die Einwohnergemeinde Pratteln auf Abweisung der Beschwerde schliesst. Desgleichen beantragt die Bau- und Umweltschutzdirektion des Kantons Basel-Landschaft namens des Regierungsrats, die Verwaltungsgerichtsbeschwerde sei abzuweisen. Die Tivona Omikron AG als Bauherrin und private Beschwerdegegnerin ersucht ebenfalls um Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Umwelt (BAFU) hat sich zur Angelegenheit geäussert. In seiner Replik hält der Beschwerdeführer sinngemäss an seinen Anträgen fest. Gleichzeitig stellt er ein Gesuch um Gewährung der aufschiebenden Wirkung. Mit Verfügung vom 30. November 2006 hat der Präsident der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung das Gesuch um Gewährung der aufschiebenden Wirkung abgewiesen. Die von der privaten Beschwerdegegnerin unaufgefordert zugestellte Eingabe, aus welcher hervorgeht, dass die Firma IKEA offensichtlich auf ihr ursprüngliches Projekt verzichtet, wurde den Beteiligten zur Kenntnisnahme zugestellt. Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Weil die angefochtene Entscheidung vor Inkrafttreten des Bundesgesetzes über das Bundesgericht (BGG, SR 173.110), also vor dem 1. Januar 2007 (AS 2006, 1242), ergangen ist, untersteht die Beschwerde noch dem Bundesrechtspflegegesetz vom 16. Dezember 1943 (OG; siehe Art. 132 Abs. 1 BGG). 1.1 Angefochten ist ein kantonal letztinstanzlicher Endentscheid, der sich auf Bundesverwaltungsrecht, namentlich auf das Bundesgesetz vom 7. Oktober 1983 über den Umweltschutz (Umweltschutzgesetz [USG], SR 814.01) und die Verordnung vom 19. Oktober 1988 über die Umweltverträglichkeitsprüfung (UVPV; SR 814.011) stützt. Dagegen steht die Verwaltungsgerichtsbeschwerde an das Bundesgericht offen. 1.2 Umstritten ist, ob die angefochtene Quartierplanung für das Bauvorhaben einer UVP nach Art. 9 USG untersteht. Der VCS ist gemäss Art. 55 USG zur Beschwerde berechtigt (Verordnung vom 27. Juni 1990 über die Bezeichnung der im Bereich des Umweltschutzes sowie des Natur- und Heimatschutzes beschwerdeberechtigten Organisationen; VBO; SR 814.076). Er hat sich bereits am gesamten kantonalen Verfahren beteiligt und kann daher gegen den Entscheid des Kantonsgerichts Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen (Art. 55 Abs. 5 USG). Da auch die übrigen Sachurteilsvoraussetzungen erfüllt sind, ist auf die Beschwerde grundsätzlich einzutreten. 1.3 Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde kann die Verletzung von Bundesrecht, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, sowie die unrichtige oder unvollständige Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gerügt werden (Art. 104 lit. a und b OG). Hat - wie hier - eine richterliche Behörde als Vorinstanz entschieden und den Sachverhalt nicht offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensvorschriften festgestellt, ist das Bundesgericht an die Sachverhaltsfeststellung im angefochtenen Entscheid gebunden (Art. 105 Abs. 2 OG). 1.3 Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde kann die Verletzung von Bundesrecht, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, sowie die unrichtige oder unvollständige Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gerügt werden (Art. 104 lit. a und b OG). Hat - wie hier - eine richterliche Behörde als Vorinstanz entschieden und den Sachverhalt nicht offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensvorschriften festgestellt, ist das Bundesgericht an die Sachverhaltsfeststellung im angefochtenen Entscheid gebunden (Art. 105 Abs. 2 OG). 2. Der Beschwerdeführer macht in erster Linie geltend, die Quartierplanung "Media-Markt" hätte aufgrund des funktionalen Zusammenhangs gemeinsam mit den Projekten "Geschäftshaus IKEA" und "Grüssen 4" sowie mit dem Einrichtungshaus IKEA beurteilt werden müssen. Insbesondere seien die Parkplätze der verschiedenen Anlagen zu addieren, mit der Folge, dass eine umfassende UVP hätte durchgeführt werden müssen. Der Beschwerdeführer vertritt insbesondere die Auffassung, das "Geschäftshaus IKEA" sei als Erweiterung des bestehenden IKEA-Einrichtungshauses zu betrachten, was zu deren gemeinsamer Behandlung als Neuanlage führe. Da dies vor Kantonsgericht nicht geschehen sei, sei der angefochtene Entscheid bundesrechtswidrig. 2.1 Nach Art. 9 USG i.V.m. Anhang Nr. 11.4 UVPV unterliegen Parkhäuser und -plätze für mehr als 300 Motorwagen der UVP-Pflicht. Dies gilt nach Nr. 80.5 Anhang UVPV ebenfalls für Einkaufszentren mit mehr als 5000 m2 Verkaufsfläche. Für die Quartierpläne "Geschäftshaus IKEA" und "Grüssen 4" wurde denn auch je eine separate UVP durchgeführt, ebenso für das 1997 erstellte Einrichtungshaus IKEA. Es ist indes unbestritten, dass das Vorhaben "Media Markt" allein weder den Schwellenwert in Bezug auf die Parkplätze (197) erreicht, noch eine Fläche aufweist, welche eine UVP-Pflicht begründen würde (4'360 m2). 2.1 Nach Art. 9 USG i.V.m. Anhang Nr. 11.4 UVPV unterliegen Parkhäuser und -plätze für mehr als 300 Motorwagen der UVP-Pflicht. Dies gilt nach Nr. 80.5 Anhang UVPV ebenfalls für Einkaufszentren mit mehr als 5000 m2 Verkaufsfläche. Für die Quartierpläne "Geschäftshaus IKEA" und "Grüssen 4" wurde denn auch je eine separate UVP durchgeführt, ebenso für das 1997 erstellte Einrichtungshaus IKEA. Es ist indes unbestritten, dass das Vorhaben "Media Markt" allein weder den Schwellenwert in Bezug auf die Parkplätze (197) erreicht, noch eine Fläche aufweist, welche eine UVP-Pflicht begründen würde (4'360 m2). 2.2 2.2.1 Gemäss Art. 8 USG werden Einwirkungen sowohl einzeln als auch gesamthaft und nach ihrem Zusammenwirken beurteilt. Diese Bestimmung bezieht sich auf sämtliche umweltrelevanten Vorhaben, unabhängig davon, ob sie einer UVP unterliegen oder nicht. Die Umweltrechtskonformität eines Projekts ist unter Einbezug aller Teilvorhaben zu prüfen, die in zeitlicher und sachlicher Hinsicht zusammenhängen (vgl. BGE 124 II 75 E. 7a S. 82, 293 E. 26b S. 346; 118 lb E. 2b S. 79 f.). Dagegen darf ein einzelnes Vorhaben dann isoliert beurteilt werden, wenn dessen alleinige Verwirklichung zweckmässig erscheint und gleichzeitig die Ausführung weiterer damit zusammenhängender Projekte ungewiss ist. In diesem Fall sind bei der späteren Beurteilung weiterer Vorhaben die Umweltauswirkungen der bereits realisierten Anlage einzubeziehen (vgl. BGE 118 Ib 76 E. 2b S. 80; Heribert Rausch/Peter M. Keller, in: Kommentar USG, Zürich März 2001, N. 8 und 24 zu Art. 8 sowie N. 35a zu Art. 9; Beatrice Wagner Pfeifer, Umweltrecht I, 2. Auflage, Zürich/Basel/Genf 2002, S. 157 f.; Peter Hänni, Planungs-, Bau- und besonderes Umweltschutzrecht, 4. Auflage, Bern 2002, S. 374 f.). 2.2.2 Die UVP-Pflicht besteht, sofern die beiden Anlagen, welche zusammen den Schwellenwert überschreiten, sich funktionell ergänzen, wogegen bei funktioneller Unabhängigkeit der Anlagen der rechtliche Ansatz der Projekt-UVP einer Zusammenrechnung entgegensteht (Rausch/ Keller, a.a.O., N. 35 zu Art. 9). Ob zwischen verschiedenen Vorhaben der erforderliche Zusammenhang im Sinne von Art. 8 USG gegeben ist, ist eine Rechtsfrage. Das Bundesgericht überprüft im Rahmen der Verwaltungsgerichtsbeschwerde die richtige Anwendung des Bundesrechts frei, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens (Art. 104 lit. a OG). Eine Ermessensüberprüfung steht dem Bundesgericht hingegen nicht zu (Art. 104 lit. c OG; Urteil 1A.129/2005 des Bundesgerichts vom 23. August 2005, E. 3.1, publ. in URP 2005 S. 732; BGE 125 II 385 E. 5a S. 390, 497 E. 1b/aa S. 500 mit Hinweisen). 2.3 Im Urteil 1A.270/1996 (publ. in RDAF 1998 I 98) hatte das Bundesgericht zu beurteilen, ob zwischen verschiedenen Bauvorhaben in der Gemeinde Lutry ein derart enger funktionaler und räumlicher Zusammenhang bestehe, dass eine UVP durchgeführt werden müsse. Es hat dies verneint, obwohl mehrere Parkings in einem engen Perimeter geplant wurden. Als ausschlaggebend erachtete das Bundesgericht dabei, dass es an einer Zusammenarbeit zwischen den Bauherrschaften fehlte. Diese hatten weder aufeinander abgestimmt gehandelt noch verfügten sie über eine Organisation oder gemeinsame Ziele. Auch im Urteil 1A.355/1996 (publ. in RDAF I p. 185; URP/DEP 1998 S. 145) hat das Bundesgericht in E. 5c/aa sinngemäss festgehalten, dass es zur Bejahung eines relevanten Zusammenhangs u.a. einer koordinierten Realisierung der einzelnen Vorhaben bedarf. Im Entscheid 1A.133/2003 vom 15. April 2004 (publ. in URP 2004 S. 351) war die Frage zu beurteilen, ob das geplante Parkhaus eines Hotels und ein bereits bestehendes öffentliches Parkhaus als Einheit zu betrachten seien. Das Bundesgericht hat wiederum darauf abgestellt, ob die beiden Parkhäuser funktionell verbunden werden sollten. Da dies nicht der Fall war, verneinte es die UVP-Pflicht. Hingegen befand es im Urteil 1A.129/2005 vom 23. August 2005 (publ. in URP 2005 S. 732), eine UVP-pflichtige Bauschuttaufbereitungsanlage mit Lagerhalle und ein nahe gelegener Lagerplatz für Mulden und Baumaterialien könnten sich derart ergänzen, dass sie als eine betriebliche Einheit zu betrachten seien, selbst wenn die Möglichkeit bestände, sie auch unabhängig voneinander zu betreiben. Es bejahte die Pflicht zu einer Gesamt-UVP. In diesem Fall handelte es sich um einen einzigen Bauherrn. 2.4 Das Kantonsgericht hat diese Meinungen und Beispiele aus Lehre und Praxis weitgehend in seinem Urteil aufgenommen und in der Folge geprüft, ob zwischen den verschiedenen Quartierplänen ein funktioneller Zusammenhang bestehe. Es kommt zum Schluss, es fehle trotz räumlicher Nähe, den gleichartigen Einkaufsangeboten, dem gemeinsamen Parkleitsystem und der gemeinsamen Zufahrtswege an einem wesentlichen Element für die Begründung des funktionalen Zusammenhangs, nämlich an der Zusammenarbeit zwischen den Bauherren oder an einer gemeinsamen Organisation derselben. Die Planung des Projektes "Media Markt" sei nicht in Koordination mit den anderen Firmen vorgenommen worden. Deshalb lehnt es eine gemeinsame UVP unter Einbezug sämtlicher Vorhaben ab. 2.5 Vorliegend scheinen die verschiedenen Quartierplanungen zwar in enger zeitlicher Nähe zu liegen, da sie innerhalb kurzer Zeiträume vom Einwohnerrat beschlossen wurden. Die beiden Vorhaben "Media Markt" und "Geschäftshaus IKEA" wurden am 25. April 2005, das Projekt "Grüssen 4" am 30. Mai 2005 verabschiedet. Es handelt sich indes nicht um eine zeitgleiche Planung, sondern lediglich um eine fast gleichzeitige kommunale Beschlussfassung. Erste Kontakte zwischen der Gemeinde und der IKEA fanden im Frühling 2002 statt, während erste Gespräche zum Vorhaben "Media Markt" zwischen der Beschwerdegegnerin und dem Gemeinderat bereits im Februar 2001 und diejenigen zum Projekt "Grüssen 4" im November 2000 geführt wurden. Das Möbelhaus IKEA ist schon seit dem Jahr 2000 operativ tätig. Daraus wird deutlich, dass die Vorhaben nicht aufeinander abgestimmt oder koordiniert wurden. Massgebend ist, ob sich die einzelnen Projekte derart ergänzen bzw. ergänzen können, dass sie als betriebliche Einheit zu betrachten sind (vgl. Urteil 1A.129/2005 vom 23. August 2005 E. 3.2, publ. in URP 2005 S. 732). Dies ist vorliegend nicht der Fall. 2.6 Selbst wenn die (unterschiedlichen) Non-Food-Angebote des Möbelhauses und des Media Marktes sich an private Endverbraucher richten und auch für das Areal "Grüssen 4" eine ähnliche Nutzung (Verkaufsräume [Non-Food], Ausstellungsräume und Kundenrestaurant) angestrebt wird (wie im Übrigen auch bei den vom Beschwerdeführer nicht erwähnten Verkaufshäusern Pfister und Conforama), besteht doch zwischen den verschiedenen Bauherrschaften keinerlei gemeinsame Organisation oder Zielsetzung. Der Media Markt soll in einem Einzel-Gebäude untergebracht werden, einschliesslich des Untergeschosses mit den Parkplätzen. Zwar sieht das Quartierplanreglement in Ziff. 6.5 vor, dass im ganzen Gewerbegebiet "Grüssen" ein Parkleitsystem eingerichtet wird, an welchem sich auch der Media Markt beteiligen muss. Wörtlich hält die Bestimmung fest: "Die Parkhäuser im Gewerbegebiet Grüssen sind mit einem geschossweisen Leitsystem und einer entsprechenden Anzeige 'FREI/BESETZT' bei der jeweiligen Einfahrt auszurüsten. Für die Einführung eines Parkleitsystems ist eine Schnittstelle für Datentransfers zu übergeordneten Stellen einzurichten. Die Kosten werden entsprechend der Anzahl Parkplätze zwischen den verschiedenen Zentren aufgeteilt." Es handelt sich mithin entgegen der Behauptung des Beschwerdeführers nicht um ein gemeinsames Parkleitsystem der verschiedenen Betriebe, sondern um ein kommunales. Dieses gilt für das gesamte Gebiet "Grüssen", wobei die einzelnen Gebäude wiederum je über eine separate Einfahrt in die ihnen zugehörige Tiefgarage verfügen. Damit ist aber die jeweilige Einzelanlage von keiner anderen Anlage abhängig. Allgemein sieht die Gemeinde für alle Projekte, welche im vom kantonalen Richtplan als Wirtschaftsschwerpunkt festgelegten Gebiet angesiedelt werden sollen, die Beteiligung an einem Parkleitsystem vor. Diese Gemeinsamkeit lässt noch nicht auf einen funktionellen Zusammenhang zwischen den einzelnen Vorhaben schliessen. Mit dem Parkleitsystem wird dem Kunden angezeigt, welche Parkhäuser belegt sind und welche nicht. Dabei ist nicht von der Hand zu weisen, dass ein Kunde des Media Markts mangels Platz im hauseigenen Parkhaus auf dasjenige des Möbelhauses IKEA ausweichen dürfte, wodurch Synergien genutzt werden. Diese Mehrfachnutzung wird auch im Verkehrsgutachten vom 25. April 2001 bestätigt (S. 5 Ziff. 2.3). Indes handelt es sich nicht um ein organisatorisches Zusammengehen zwischen den beiden Bauherrschaften, sondern um eine umweltrechtlich begründete Auflage der Gemeinde im Rahmen des Quartierplanverfahrens. Suchverkehr soll dadurch vermindert werden. Dazu haben die einzelnen Zentren lediglich anlage-intern die technischen Voraussetzungen für die Einführung des Leitsystems zu schaffen und eine Schnittstelle für Datentransfers einzurichten. Daraus lässt sich kein funktionaler Zusammenhang zwischen den Vorhaben herleiten. Aus dem Entscheid des Regierungsrates des Kantons Zürich Nr. 337 vom 10. März 2004 ("Hegi" Winterthur) kann der Beschwerdeführer in dieser Hinsicht nichts zu seinen Gunsten ableiten. Im dortigen Fall sollte mit dem von der Bauherrschaft vorgeschlagenen Parkraumbewirtschaftungssystem eine Trennung der Kunden zweier Einkaufszentren erreicht werden. Die Situationen lassen sich darum nicht vergleichen. Es handelt sich mithin entgegen der Behauptung des Beschwerdeführers nicht um ein gemeinsames Parkleitsystem der verschiedenen Betriebe, sondern um ein kommunales. Dieses gilt für das gesamte Gebiet "Grüssen", wobei die einzelnen Gebäude wiederum je über eine separate Einfahrt in die ihnen zugehörige Tiefgarage verfügen. Damit ist aber die jeweilige Einzelanlage von keiner anderen Anlage abhängig. Allgemein sieht die Gemeinde für alle Projekte, welche im vom kantonalen Richtplan als Wirtschaftsschwerpunkt festgelegten Gebiet angesiedelt werden sollen, die Beteiligung an einem Parkleitsystem vor. Diese Gemeinsamkeit lässt noch nicht auf einen funktionellen Zusammenhang zwischen den einzelnen Vorhaben schliessen. Mit dem Parkleitsystem wird dem Kunden angezeigt, welche Parkhäuser belegt sind und welche nicht. Dabei ist nicht von der Hand zu weisen, dass ein Kunde des Media Markts mangels Platz im hauseigenen Parkhaus auf dasjenige des Möbelhauses IKEA ausweichen dürfte, wodurch Synergien genutzt werden. Diese Mehrfachnutzung wird auch im Verkehrsgutachten vom 25. April 2001 bestätigt (S. 5 Ziff. 2.3). Indes handelt es sich nicht um ein organisatorisches Zusammengehen zwischen den beiden Bauherrschaften, sondern um eine umweltrechtlich begründete Auflage der Gemeinde im Rahmen des Quartierplanverfahrens. Suchverkehr soll dadurch vermindert werden. Dazu haben die einzelnen Zentren lediglich anlage-intern die technischen Voraussetzungen für die Einführung des Leitsystems zu schaffen und eine Schnittstelle für Datentransfers einzurichten. Daraus lässt sich kein funktionaler Zusammenhang zwischen den Vorhaben herleiten. Aus dem Entscheid des Regierungsrates des Kantons Zürich Nr. 337 vom 10. März 2004 ("Hegi" Winterthur) kann der Beschwerdeführer in dieser Hinsicht nichts zu seinen Gunsten ableiten. Im dortigen Fall sollte mit dem von der Bauherrschaft vorgeschlagenen Parkraumbewirtschaftungssystem eine Trennung der Kunden zweier Einkaufszentren erreicht werden. Die Situationen lassen sich darum nicht vergleichen. 2.7 2.7.1 Die räumliche Nähe der einzelnen Einkaufshäuser ist zwar ebenfalls zu bejahen. Dies liegt insbesondere daran, dass sämtliche Vorhaben im Perimeter des Teilzonenplan "Grüssen II" liegen, welcher ausdrücklich (auch publikumsintensive) Gewerbebetriebe vorsieht. Die kommunale Planung steht in Übereinstimmung mit der kantonalen, die gemäss dem Regionalplan Siedlung vom 25. Januar 2001 in Pratteln ein Gewerbegebiet von kantonaler Bedeutung festlegt. Der Kanton handelt jedoch in Beachtung von raumplanungs- und umweltrechtlichen Grundsätzen, wenn er für die Ansiedlung von publikumsintensiven Einrichtungen ein bestimmtes Gebiet ausscheidet. Folge daraus kann nicht sein, dass sämtliche auf diesem Areal situierten Betriebe einer gesamtheitlichen UVP unterzogen werden müssten. Wie das BAFU in seiner Vernehmlassung zu Recht zu bedenken gibt, ist dem Umstand Rechnung zu tragen, dass eine UVP jeweils projektbezogen erfolgt, weshalb der Einheitscharakter von verschiedenen Vorhaben, die von unterschiedlichen Bauherrschaften errichtet werden, nicht leichthin angenommen werden darf. Die einzelnen Anlagen sind darum vorliegend nicht als ein "Grossvorhaben", wie es der Beschwerdeführer nennt, zu qualifizieren. 2.7.2 Daran ändert auch die weitgehend gemeinsame Erschliessung nichts. Im Urteil 1A.133/2003 vom 15. April 2004 hat das Bundesgericht im Zusammenhang mit zwei Parkhäusern festgestellt, dass die UVP-Pflicht trotz der gemeinsam benützten öffentlichen Strasse nur zu bejahen wäre, wenn die Parkhäuser nicht nur benachbart, sondern auch funktionell miteinander verbunden wären (a.a.O., E. 2, publ. in URP 2004 S. 351; vgl. Urteil des Bundesgerichts 1A.270+276/1996 vom 25. Juni 1997 in: RDAF 1998 I 98 E. 3 S. 103; s. auch Rausch/Keller, a.a.O., N. 35 zu Art. 9). Eine solche Verbindung besteht auch vorliegend nicht. Die kommunalen Vorgaben sind u.a. Ausfluss der Gesamtbetrachtung im Sinn von Art. 8 USG, welche die Gemeinde im Zusammenhang mit der Realisierung der Quartierpläne "Geschäftshaus IKEA", "Grüssen 4", "Media Markt", "Rüti 5" und "Geisseler 2" vorgenommen hat (vgl. etwa das von der Gemeinde in Auftrag gegebene "Verkehrsgutachten" vom 25. April 2001 von Glaser, Saxer, Keller und die "Gesamtbetrachtung der Umweltauswirkungen [Verkehr, Luft, Lärm]" der Gruner AG vom 5. Dezember 2003). In Bezug auf die Anbindung an den öffentlichen Verkehr hat das Bundesgericht verschiedentlich festgestellt, dass Massnahmen zur Förderung des öffentlichen Verkehrs nicht im Einflussbereich der privaten Bauherrschaft liegen und es sich daher nicht um Betriebsvorschriften im Sinne von Art. 12 Abs. 1 lit. c USG handelt (Urteil 1A.125/2005 vom 21. September 2005 E. 9.2.1, in URP 2006 S. 151; BGE 123 II 337 E. 7a S. 353; Urteil 1P.23/2001 vom 5. September 2001 in URP 2001 S. 1061 ff., insbesondere E. 1d S. 1064 und E. 4c S. 1070; Urteil 1A.54/2001 vom 14. Februar 2001 in URP 2002 S. 441). Aus den von der Gemeinde gemachten Auflagen zum Shuttlebus-Betrieb und zur Anbindung ans öffentliche Strassennetz, welche in erster Linie eine Verbesserung des Modal-Splits bezwecken, lässt sich keine organisatorische Einheit der einzelnen Projekte ableiten. Es kann nicht sein, dass durch umwelt- oder planungsrechtliche Vorgaben der Gemeinde sozusagen "künstlich" ein funktionaler Zusammenhang zwischen Einzelvorhaben geschaffen wird, aus welchem sodann eine UVP-Pflicht für die Gesamtanlage resultiert. 2.8 Zusammengefasst weitet der Beschwerdeführer den Anlagebegriff im Sinn von Art. 9 USG zu sehr aus, wenn er sämtliche Verkaufsbetriebe im Perimeter "Grüssen" als Einheit betrachten will. Damit würde die Realisierung einzelner unabhängiger, aber je bundesrechtskonformer Vorhaben in unzulässiger Weise erschwert. Der vom Beschwerdeführer zitierte Fall "Hegi" (RRB Nr. 337 vom 10. März 2004 des Regierungsrates Zürich) lässt sich als Vergleich nicht beiziehen, da die Bauherrschaften damals offensichtlich zusammengearbeitet haben und eine gewisse Abstimmung der Projekte stattgefunden hat (E. 7f S. 13 des RRB Nr. 337). Zudem waren die Parkhäuser im zitierten Entscheid über eine gemeinsame Abfahrt erreichbar. Auch dies ist vorliegend nicht der Fall. Eine Umgehung der UVP-Pflicht durch etappenweises Vorgehen ist den Betroffenen ebenfalls nicht vorzuwerfen, zumal für die Quartierplanungen "Geschäftshaus IKEA" und "Grüssen 4" jeweils UVP-Verfahren durchgeführt wurden. Der Vollständigkeit halber sei angeführt, dass nicht von Bedeutung ist, in welchem Stimmenverhältnis das Kantonsgericht seinen Entscheid gefällt hat. 2.8 Zusammengefasst weitet der Beschwerdeführer den Anlagebegriff im Sinn von Art. 9 USG zu sehr aus, wenn er sämtliche Verkaufsbetriebe im Perimeter "Grüssen" als Einheit betrachten will. Damit würde die Realisierung einzelner unabhängiger, aber je bundesrechtskonformer Vorhaben in unzulässiger Weise erschwert. Der vom Beschwerdeführer zitierte Fall "Hegi" (RRB Nr. 337 vom 10. März 2004 des Regierungsrates Zürich) lässt sich als Vergleich nicht beiziehen, da die Bauherrschaften damals offensichtlich zusammengearbeitet haben und eine gewisse Abstimmung der Projekte stattgefunden hat (E. 7f S. 13 des RRB Nr. 337). Zudem waren die Parkhäuser im zitierten Entscheid über eine gemeinsame Abfahrt erreichbar. Auch dies ist vorliegend nicht der Fall. Eine Umgehung der UVP-Pflicht durch etappenweises Vorgehen ist den Betroffenen ebenfalls nicht vorzuwerfen, zumal für die Quartierplanungen "Geschäftshaus IKEA" und "Grüssen 4" jeweils UVP-Verfahren durchgeführt wurden. Der Vollständigkeit halber sei angeführt, dass nicht von Bedeutung ist, in welchem Stimmenverhältnis das Kantonsgericht seinen Entscheid gefällt hat. 3. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist aus den dargelegten Gründen abzuweisen. Praxisgemäss werden gesamtschweizerischen ideellen Organisationen im bundesgerichtlichen Verfahren keine Kosten auferlegt. Indes hat der Beschwerdeführer die private Beschwerdegegnerin für das Verfahren vor Bundesgericht angemessen zu entschädigen (Art. 159 Abs. 2 OG). Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Der Beschwerdeführer hat die private Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 4'000.-- zu entschädigen. 3. Der Beschwerdeführer hat die private Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 4'000.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, der Einwohnergemeinde Pratteln, dem Regierungsrat und dem Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Verfassungs- und Verwaltungsrecht, sowie dem Bundesamt für Umwelt schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 19. April 2007 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 8C_94/2018 Urteil vom 2. August 2018 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Maillard, Präsident, Bundesrichterinnen Heine, Viscione, Gerichtsschreiberin Polla. Verfahrensbeteiligte A._, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Bruno Häfliger, Beschwerdeführerin, gegen IV-Stelle Luzern, Landenbergstrasse 35, 6005 Luzern, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Invalidenversicherung (Invalidenrente), Beschwerde gegen den Entscheid des Kantonsgerichts Luzern vom 15. Dezember 2017 (5V 16 465). Sachverhalt: A. A._ bezog bis 30. November 2009 Leistungen der Invalidenversicherung, zuletzt eine Viertelsrente. Der mit Knie- und Rückenbeschwerden begründete Rentenanspruch wurde aufgehoben, nachdem A._ seit 1. Juni 2009 vollständig erwerbstätig gewesen war und damit keine erhebliche Erwerbseinbusse mehr vorgelegen hatte (Verfügung vom 20. Oktober 2009). Am 24. Februar 2012 ersuchte A._ erneut um Leistungen der Invalidenversicherung aufgrund eines Bandscheibenvorfalls. Mit Verfügung vom 1. Dezember 2014 gewährte ihr die IV-Stelle Luzern eine vom 1. März 2012 bis 28. Februar 2014 befristete ganze Rente (Invaliditätsgrad 100 %). Wegen dannzumal neu geltend gemachter psychischer Beschwerden hiess das Kantonsgericht des Kantons Luzern mit Entscheid vom 11. März 2015 die dagegen geführte Beschwerde in dem Sinne gut, dass es die Sache zu weiteren medizinischen Abklärungen an die IV-Stelle zurückwies. Nach Einholung eines polydisziplinären Gutachtens bei der Medizinischen Abklärungsstelle (MEDAS) Bern vom 23. Februar 2016 sprach ihr die IV-Stelle wiederum eine vom 1. März 2012 bis 28. Februar 2014 befristete ganze Rente zu (Verfügung vom 26. Oktober 2016. B. Die dagegen geführte Beschwerde wies das Kantonsgericht mit Entscheid vom 15. Dezember 2017 ab. C. A._ lässt mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beantragen, unter Aufhebung des Entscheids vom 15. Dezember 2017 sei ihr vom 1. März 2012 bis 28. Februar 2014 eine ganze Rente, ab 1. März 2014 weiterhin eine ganze Invalidenrente, eventuell eine Dreiviertels- oder eine halbe Rente, zuzusprechen. Ferner wird um unentgeltliche Rechtspflege ersucht. IV-Stelle und kantonales Gericht schliessen auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherungen hat auf eine Vernehmlassung verzichtet. Erwägungen: 1. Soweit die Beschwerdeführerin die Gewährung einer ganzen Invalidenrente vom 1. März 2012 bis 28. Februar 2014 verlangt, kann auf ihr Begehren mangels Rechtsschutzinteresses nicht eingetreten werden, da ihr mit Verfügung vom 26. Oktober 2016 eine ganze Rente für diesen Zeitraum gewährt wurde, was die Vorinstanz bestätigte. 2. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzungen gemäss den Art. 95 f. BGG erhoben werden. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG), und kann deren Sachverhaltsfeststellung nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 und Art. 105 Abs. 2 BGG). Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). Es ist folglich weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann eine Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen und es kann sie mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen. Immerhin prüft das Bundesgericht, unter Berücksichtigung der allgemeinen Pflicht zur Begründung der Beschwerde (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen, sofern die rechtlichen Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (BGE 141 V 234 E. 1 S. 236 mit Hinweisen). 3. Streitig und zu prüfen ist, ob das kantonale Gericht Bundesrecht verletzte, indem es die Befristung der zugesprochenen ganzen Invalidenrente auf den 28. Februar 2014 bestätigte. Die hiefür massgeblichen Rechtsgrundlagen legte die Vorinstanz im angefochtenen Entscheid zutreffend dar. Dies betrifft namentlich die Bestimmungen und Grundsätze zu den Begriffen der Invalidität (Art. 4 Abs. 1 IVG in Verbindung mit Art. 8 Abs. 1 ATSG) und Erwerbsunfähigkeit (Art. 7 ATSG), zum Anspruch auf eine Invalidenrente (Art. 28 IVG), zur Ermittlung des Invaliditätsgrades bei Erwerbstätigen nach der Einkommensvergleichsmethode (Art. 16 ATSG) sowie zu den bei der Neuanmeldung analog anwendbaren Revisionsregeln (Art. 17 Abs. 1 ATSG; BGE 134 V 131 E. 3 S. 132, 117 V 198 E. 3a). Richtig sind auch die Ausführungen zum Beweiswert und zur Beweiswürdigung medizinischer Berichte und Gutachten (BGE 137 V 210 E. 6.2.2 S. 269; 134 V 231 E. 5.1 S. 232; 125 V 351 E. 3 S. 352 mit Hinweisen). Darauf wird verwiesen. 4. 4.1. Bei der Beurteilung der zunächst streitigen gesundheitlichen Situation stützte sich das kantonale Gericht hauptsächlich auf das polydisziplinäre Gutachten der MEDAS Bern vom 23. Februar 2016. Der Gesundheitszustand habe sich seit der die Vergleichsbasis bildenden Verfügung vom 20. Oktober 2009 verschlechtert. Der am 23. August 2011 erlittene Bandscheibenvorfall habe zu einer am 7. November 2011 operativ durchgeführten Wirbelversteifung und einer Dekompression L5/S1 geführt. Am 19. Juni 2012 und am 28. Februar 2013 seien beide Knie mit einer Totalprothese versorgt worden. Dass die Versicherte aufgrund dieser chirurgischen Eingriffe und dem anschliessenden Rehabilitationsbedarf vollständig arbeitsunfähig für sämtliche Tätigkeiten und daher bei einem Invaliditätsgrad von 100 % ab 1. März 2012 Anspruch auf eine ganze Rente gehabt habe, sei unbestritten. Aus dem MEDAS-Gutachten gehe jedoch hervor, dass nach Ablauf der postoperativen Phase von einer gesundheitlichen Verbesserung auszugehen sei. In orthopädischer Hinsicht sei eine vollständige Arbeitsfähigkeit in einer leidensgerechten Tätigkeit mit der Möglichkeit von Erholungs- und Gymnastikphasen gegeben. Seit 2014 zeige auch die psychiatrischerseits durchgeführte antidepressive Therapie Wirkung im Sinne einer Stabilisierung, woraus sich eine 80 %-ige Arbeitsfähigkeit ergebe. Der rheumatologische Gutachter habe wegen des diffusen weichteilrheumatischen Schmerzsyndroms eine um 30 % eingeschränkte Arbeitsfähigkeit attestiert. Interdisziplinär seien die Gutachter schlüssig und nachvollziehbar von einer insgesamt 70 %-igen Arbeitsfähigkeit ausgegangen, weshalb diese Einschätzung zu übernehmen sei. 4.2. Sodann bemass die Vorinstanz die Invalidität ab diesem Zeitpunkt (2014) nach der allgemeinen Methode des Einkommensvergleichs. Das Valideneinkommen legte sie - ausgehend von dem in der Verfügung vom 20. Oktober 2009 ermittelten Wert von Fr. 55'721.- und einer berücksichtigten Lohnentwicklung bis zum Jahr 2014 - auf Fr. 58'372.30 pro Jahr fest. Weiter hielt sie körperlich leichte bis sehr leichte Tätigkeiten im Rahmen des medizinisch formulierten behinderungsangepassten Leistungsprofils für zumutbar und veranschlagte das Invalideneinkommen auf der Grundlage von statistischen Werten (Lohnstrukturerhebung des Bundesamtes für Statistik [LSE 2014]) auf Fr. 37'655.10. In Gegenüberstellung von Validen- und Invalideneinkommen ergab dies einen Invaliditätsgrad von 35 %. Das kantonale Gericht verzichtete auf einen Abzug vom Tabellenlohn; die Einschränkungen der Versicherten seien bereits beim Leistungsprofil sowie bei der Einteilung in das Kompetenzniveau 1 (LSE-Tabelle TA1) berücksichtigt worden. Ferner seien die Voraussetzungen für Eingliederungsmassnahmen in Berücksichtigung der Rechtsprechung nach BGE 141 V 5 von vornherein nicht erfüllt. 5. 5.1. 5.1.1. Wie bereits im vorinstanzlichen Verfahren rügt die Beschwerdeführerin, aufgrund der steten Beschwerden in beiden Knien ergebe sich selbst in leichten Verweisungstätigkeiten eine orthopädische Arbeitsunfähigkeit, was bei der Zumutbarkeitsbeurteilung unberücksichtigt geblieben sei. Dabei übersieht sie, dass in der interdisziplinären Beurteilung der Funktionen und der Arbeitsfähigkeit mit Blick auf die Totalprothesen, auch wenn sich zur Zeit der Begutachtung keine Reizungen oder entzündliche Reaktionen zeigten, keine vollständige Funktionsfreiheit festgestellt und auf die vorhandene Retropatellararthrose hingewiesen wurde. Dieser Befund fand dementsprechend auch Eingang bei den Diagnosen mit Auswirkung auf die Arbeitsfähigkeit. Daraus ergaben sich aus gesamtmedizinischer Sicht Einschränkungen in der Belastbarkeit, wobei hockende und knieende Tätigkeiten zu unterlassen seien. Die Versicherte vermag nicht überzeugend darzulegen, weshalb die von der Vorinstanz gesamthaft übernommene konsensuale Einschätzung der zumutbaren Restarbeitsfähigkeit, welche die Kniebeschwerden demnach miteinbezog, willkürlich sein soll. Nicht stichhaltig ist der weitere Einwand, der rheumatologische Gutachter habe die Feststellungen des behandelnden Dr. med. B._, Facharzt FMH für Rheumatologie, einzig infrage gestellt, ohne eigene Abklärungen zu tätigen. Denn der Experte untersuchte die Versicherte klinisch, veranlasste eine radiologische Untersuchung und liess Laborwerte erheben. Dies gilt auch bezüglich des im Untersuchungszeitpunkt (im Gegensatz zu einem normalen Wert fünf Monate davor) deutlich erhöhten ANA-Titers im Blut, dessen Bestimmung daher, so der Experte, später zu wiederholen sei. Nicht zu beanstanden ist der vorinstanzliche Schluss hierzu, der Gutachter habe zwar eine Wiederholung in ein bis zwei Monaten empfohlen, jedoch seine medizinische Einschätzung und die daraus resultierenden funktionellen Einschränkungen nicht von einer erneuten Bestimmung des ANA-Titers abhängig gemacht. Soweit die Versicherte vorbringt, bereits eine Schmerzintensität von 5-6 von 10 auf der visuellen Analogskala (VAS) sei mit einer bloss 30 %-igen Arbeitsunfähigkeit nicht vereinbar, verkennt sie, dass in Anbetracht der sich mit Bezug auf Schmerzen naturgemäss ergebenden Beweisschwierigkeiten subjektive Schmerzangaben der versicherten Person nicht für die Begründung einer Erwerbsunfähigkeit genügen (Art. 7 Abs. 2 ATSG; BGE 141 V 281 E. 3.7 S. 295 f.). Weiter beeinflusst die ins Feld geführte Operation an den Händen (Bericht des Dr. med. C._, Facharzt FMH für Chirurgie, spez. Allgemeinchirurgie und Traumatologie, vom 19. Januar 2018), soweit es sich dabei nicht ohnehin um ein unzulässiges Novum im Sinne von Art. 99 Abs. 1 BGG handelt, den Beweiswert des MEDAS-Gutachtens nicht, nachdem die täglichen Schmerzen an Händen und in beiden Ellbogen bereits Eingang in die gutachterliche Beurteilung fanden. Es gibt keine Hinweise dafür, dass die durchgeführte Handoperation nicht erfolgreich verlaufen wäre und sich die Problematik verschlechtert haben sollte. 5.1.2. Auch was die psychiatrische Seite betrifft, vermag die Beschwerdeführerin nicht aufzuzeigen, inwiefern die diesbezüglichen Feststellungen der Vorinstanz offensichtlich unrichtig oder anderweitig bundesrechtswidrig sein sollten. In der Expertise der MEDAS wird die rezidivierende depressive Störung im Sinne einer Erschöpfungsdepression (ICD-10 F33.8) als Restsymptomatik ohne Einfluss auf die Arbeitsfähigkeit beurteilt. Einzig aufgrund der chronischen Schmerzstörung mit psychischen und somatischen Faktoren (ICD-10 F45.41) wurde von einer eingeschränkten Teilhabe am Arbeitsleben ausgegangen, wobei sich der psychiatrische Gutachter auch mit den Darlegungen der behandelnden Frau Dr. med. D._, Fachärztin für Psychiatrie und Psychotherapie, nachvollziehbar auseinandersetzte). Dies legte das kantonale Gericht in nicht zu beanstandender Weise bereits dar. Nicht stichhaltig ist der Einwand, für eine mittelgradige Depression werde in der Regel eine Arbeitsunfähigkeit bis zu 50 % attestiert. Ob eine depressive Symptomatik invalidisierenden Charakter hat, ist im Einzelfall zu beurteilen, nunmehr grundsätzlich in einem strukturierten Beweisverfahren nach BGE 141 V 281, wie die Beschwerdeführerin selbst einbringt (BGE 143 V 409; 2/S. 12). Nachdem in der MEDAS-Expertise jedoch schlüssig dargelegt wurde, worauf sich die Vorinstanz stützen durfte, dass der depressiven Symptomatik keine leistungseinschränkende Wirkung zukomme, genügen die vorinstanzlichen Feststellungen hierzu. Nichts zu ihren Gunsten vermag die Versicherte aus dem Umstand abzuleiten, dass sie gemäss Protokoll-Eintrag der Invalidenversicherung bezüglich des Job-Coachings vom 7. Februar 2014 dannzumal noch vollständig arbeitsunfähig gewesen sei. Dabei übersieht sie, dass dieser Zeitraum ohnehin in die Zusprache einer ganzen befristeten Rente fiel. Im gutachterlichen Untersuchungszeitpunkt (November 2015) galt es indessen den Gesundheitsschaden und dessen Auswirkungen auf die Arbeitsfähigkeit nach Abschluss der Rekonvaleszenzphase zu beurteilen. 5.2. Zusammenfassend beruhen die vorinstanzlichen Annahmen zum Gesundheitszustand und zur Arbeitsfähigkeit der Versicherten weder auf offensichtlich unrichtigen noch auf sonstwie rechtsfehlerhaften Tatsachenfeststellungen. Auszugehen ist mithin von einer 70 %-igen Arbeitsfähigkeit in einer leidensangepassten Tätigkeit ab März 2014. Weil von zusätzlichen medizinischen Abklärungsmassnahmen keine neuen entscheidwesentlichen Aufschlüsse zu erwarten sind, konnte und kann auf weitergehende medizinische Erhebungen und Gutachten verzichtet werden (antizipierte Beweiswürdigung; BGE 136 I 229 E. 5.3 S. 236 f. mit Hinweis). 6. 6.1. Strittig ist weiter, ob die Restarbeitsfähigkeit der Versicherten im ausgeglichenen Arbeitsmarkt auf eine hinreichende Nachfrage trifft und ob ihr deren Verwertung gestützt auf die Selbsteingliederungslast zumutbar ist. 6.2. Für die Invaliditätsbemessung ist nicht massgeblich, ob eine invalide Person unter den konkreten Arbeitsmarktverhältnissen vermittelt werden kann, sondern einzig, ob sie die ihr verbliebene Arbeitskraft noch wirtschaftlich nutzen könnte, wenn ein Gleichgewicht von Angebot und Nachfrage nach Arbeitskräften bestünde (ausgeglichener Arbeitsmarkt, Art. 16 ATSG; AHI 1998 S. 287, I 198/97 E. 3b). Der ausgeglichene Arbeitsmarkt umfasst verschiedenste Tätigkeiten, was die beruflichen und intellektuellen Voraussetzungen wie auch den körperlichen Einsatz anbelangt (BGE 110 V 273 E. 4b S. 276). Dabei ist nicht von realitätsfremden Einsatzmöglichkeiten auszugehen, sondern nur von Tätigkeiten, die unter Berücksichtigung der gesamten objektiven und subjektiven Gegebenheiten des Einzelfalles zumutbar sind. An die Konkretisierung von Arbeitsgelegenheiten und Verdienstaussichten sind jedoch rechtsprechungsgemäss keine übermässigen Anforderungen zu stellen (SVR 2016 IV Nr. 58 S. 190, 8C_910/2015 E. 4.2.1 mit Hinweisen). Der ausgeglichene Arbeitsmarkt umfasst auch sogenannte Nischenarbeitsplätze, also Stellen- und Arbeitsangebote, bei welchen Behinderte mit einem sozialen Entgegenkommen vonseiten des Arbeitgebers rechnen können (Urteil 9C_95/2007 vom 29. August 2007 E. 4.3 mit Hinweisen). 6.3. Angesichts der ärztlicherseits festgestellten gesundheitlichen Einschränkungen durfte die Vorinstanz davon ausgehen, dass das Finden einer Stelle auf dem ausgeglichenen Arbeitsmarkt nicht ausgeschlossen ist. Das medizinische Anforderungsprofil, wonach sehr leichte bis leichte Tätigkeiten mit Heben und Tragen von Lasten bis zu zehn Kilogramm in rückenschulgerechter Haltung in temperierten Räumen ohne Zeitdruck im Wechsel zwischen Gehen, Stehen und mit Dominanz im Sitzen mit kleinen Erholungsphasen für Gymnastik und Entspannung zumutbar sind, ist nicht derart restriktiv umschrieben, als dass der ausgeglichene Arbeitsmarkt keine solche Tätigkeiten kennen würde (BGE 138 V 457 E. 3.1 S. 459 f.; Urteil 9C_769/2016 vom 29. Juni 2017 E. 4.3 mit Hinweisen). Dass die ungelernte oder teilweise angelernte Versicherte in den noch zumutbaren Tätigkeiten wie kaufmännische Angestellte oder Nailmodellistin über keine Ausbildung verfügt, ist zwar zutreffend, die Gutachter bezogen sich dabei aber einzig auf den Umstand, dass die Beschwerdeführerin in diesen Bereichen gemäss ihren Angaben anlässlich der gutachterlichen Anamneseerhebung bereits tätig gewesen war. Die Vorinstanz hat kein Bundesrecht verletzt, wenn sie keine konkreten, näher umschriebenen Einsatzmöglichkeiten im Sinne von Arbeitsgelegenheiten aufzeigte (vgl. z.B. Urteile 9C_283/2017 vom 29. August 2017 E. 4.2.3; 9C_226/2017 vom 7. August 2017 E. 3.2; 9C_469/2016 vom 22. Dezember 2016 E. 6.3). 7. 7.1. Die Beschwerdeführerin bestreitet sodann das vorinstanzlich ermittelte Valideneinkommen (Fr. 58'372.30). Mit ihren Vorbringen vermag sie indessen nicht aufzuzeigen, inwiefern die Vorinstanz den diesbezüglich rechtserheblichen Sachverhalt offensichtlich unrichtig feststellte und die Beweise willkürlich würdigte, indem sie einzig ohne nähere Begründung namentlich an einem gestützt auf ein Arbeitspapier vom 22. Juni 1993 angenommenen hypothetischen Einkommen von Fr. 66'500.- festhält, welche Angaben sowohl die IV-Stelle als auch die Vorinstanz als unzuverlässig bezeichneten. 7.2. Schliesslich verweist die Beschwerdeführerin erneut auf ihre körperlichen Limitierungen. Diese wurden allerdings, wie die Vorinstanz schon ausführte, bereits beim Anforderungs- und Belastungsprofil berücksichtigt, weshalb sie nicht nochmals als abzugsrelevant herangezogen werden dürfen (Urteil 9C_264/2016 vom 7. Juli 2016 E. 5.2.2 mit Hinweisen). Zwar sind im Totalwert des Kompetenzniveaus 1 der LSE-Tabelle TA1 bei den Frauen auch Tätigkeiten enthalten, die die Versicherte wegen ihres medizinischen Zumutbarkeitsprofils nicht mehr ausüben kann, doch führt dies nicht dazu, dass grundsätzlich ein Tabellenlohnabzug vorzunehmen ist, weil dieses Kompetenzniveau nicht nur sehr leichte Tätigkeiten umfasst (vgl. Urteil 9C_200/2017 vom 14. November 2017 E. 4.3.2 mit Hinweis auf BGE 142 V 178; vgl. auch Urteile 8C_61/2018 vom 23. März 2018 E. 6.5.2; 8C_439/2017 vom 6. Oktober 2017 E. 5.4). Die Verweigerung eines Abzugs vom Tabellenlohn ist nicht bundesrechtswidrig. Die Beschwerde ist insgesamt unbegründet. 8. Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 65 BGG). Die Gerichtskosten werden der unterliegenden Beschwerdeführerin auferlegt (Art. 65 Abs. 4 lit. a in Verbindung mit Art. 66 Abs. 1 BGG). Die unentgeltliche Rechtspflege (im Sinne der vorläufigen Befreiung von den Gerichtskosten und der unentgeltlichen Verbeiständung) kann gewährt werden, da die gesetzlichen Voraussetzungen erfüllt sind (Art. 64 Abs. 1 und Abs. 2 BGG). Es wird indessen ausdrücklich auf Art. 64 Abs. 4 BGG aufmerksam gemacht, wonach die begünstigte Partei der Bundesgerichtskasse Ersatz zu leisten haben wird, wenn sie später dazu in der Lage ist. Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird gutgeheissen. Rechtsanwalt Dr. Bruno Häfliger wird als unentgeltlicher Anwalt der Beschwerdeführerin bestellt. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt, indes vorläufig auf die Bundesgerichtskasse genommen. 4. Dem Rechtsvertreter der Beschwerdeführerin wird aus der Bundesgerichtskasse eine Entschädigung von Fr. 2800.- ausgerichtet. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Kantonsgericht Luzern, 3. Abteilung, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 2. August 2018 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Maillard Die Gerichtsschreiberin: Polla
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 5A_249/2010 Urteil vom 17. Juni 2010 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Hohl, Präsidentin, Bundesrichterin Escher, Bundesrichter von Werdt, Gerichtsschreiber Zingg. Verfahrensbeteiligte X._ SA, vertreten durch Rechtsanwalt Arthur Schilter, Beschwerdeführerin, gegen Y._, vertreten durch Rechtsanwalt Eduard Stürmlin, Beschwerdegegner, Betreibungsamt Z._. Gegenstand Arrestvollzug, Beschwerde gegen den Beschluss des Kantonsgerichts des Kantons Schwyz, 2. Rekurskammer, als obere kantonale Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen, vom 22. März 2010. Sachverhalt: A. Aufgrund eines Arrestgesuchs des Arrestgläubigers Y._ vom 26. November 2008 zulasten der A._Ltd., Trinidad und Tobago, als Arrestschuldnerin erliess der Einzelrichter des Bezirksgerichts Schwyz am 28. November 2008 einen Arrestbefehl. Er verfügte gestützt auf eine Schuldanerkennung vom 9. Juni 2005 (Honorar für den Erwerb der Beteiligung an der B._ Inc.) Arrest gemäss Art. 271 Abs. 1 Ziff. 4 SchKG bei der X._ SA, in C._, als Drittschuldnerin über folgende Arrestgegenstände: "sämtliche Verbindlichkeiten, insbesondere: die langfristige Verbindlichkeit der X._ SA gegenüber der Arrestschuldnerin im Betrag von CHF 7'621'734.56 gemäss Bilanz der X._ SA per 31. Dezember 2007, und die nachrangige langfristige Verbindlichkeit der X._ SA gegenüber der Arrestschuldnerin im Betrag von CHF 95'000'000.00 gemäss Bilanz der X._ SA per 31. Dezember 2007, bis zur Deckung der Arrestforderung von CHF 1'479'434.00 zuzüglich Zins von 5 % seit dem 1. Januar 2008 sowie sämtlicher Kosten." Der Arrest wurde am 1. Dezember 2008 vollzogen. Am 11. Dezember 2008 erhob die Drittschuldnerin Einsprache gemäss Art. 278 SchKG mit dem Antrag, auf das Arrestgesuch nicht einzutreten und den Arrest aufzuheben. Diese Einsprache wurde mit Verfügung des Gerichtspräsidenten des Bezirksgerichts Schwyz vom 25. Februar 2010 abgewiesen. B. Ebenfalls am 11. Dezember 2008 erhob die Drittschuldnerin Beschwerde gemäss Art. 17 SchKG gegen den Arrestvollzug mit dem Antrag, den Arrestbeschlag der beiden ausdrücklich im Arrestbefehl erwähnten Forderungen aufzuheben. Mit Verfügung vom 12. Februar 2009 wies der Bezirksgerichtspräsident von Schwyz als untere Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen die Beschwerde ab. C. Am 25. Februar 2009 erhob die Drittschuldnerin gegen diese Verfügung Beschwerde gemäss Art. 18 SchKG. Sie beantragte die Aufhebung der angefochtenen Verfügung und des Arrestbeschlags über die beiden ausdrücklich genannten Forderungen. Mit Beschluss vom 22. März 2010 wies das Kantonsgericht Schwyz als obere Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen die Beschwerde ab, soweit es auf sie eintrat. D. Gegen diesen Beschluss hat die X._ SA (fortan: Beschwerdeführerin) am 6. April 2010 Beschwerde in Zivilsachen erhoben. Sie beantragt die Aufhebung des angefochtenen Beschlusses und des Arrestbeschlages über die beiden ausdrücklich im Arrestbefehl genannten Forderungen. Vernehmlassungen sind keine eingeholt worden. Hingegen sind die Akten des kantonalen Beschwerdeverfahrens (RK_) und des Einspracheverfahrens (KB_), soweit sie auch der Vorinstanz vorlagen, beigezogen worden. Erwägungen: 1. Die Beschwerde in Zivilsachen ist gegen den Entscheid der oberen Aufsichtsbehörde in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen unabhängig vom Streitwert zulässig (Art. 72 Abs. 2 lit. a und Art. 74 Abs. 2 lit. c BGG). Die Beschwerde ist binnen Frist erfolgt (Art. 100 Abs. 2 lit. a BGG). 2. 2.1 Gemäss Art. 76 Abs. 1 BGG ist zur Beschwerde in Zivilsachen berechtigt, wer vor der Vorinstanz am Verfahren teilgenommen oder keine Möglichkeit zur Teilnahme erhalten hat (lit. a) und ein rechtlich geschütztes Interesse an der Aufhebung oder Änderung des angefochtenen Entscheids hat (lit. b). Anders als nach der Rechtsprechung zu Art. 19 SchKG in der Fassung, wie sie bis zum Inkrafttreten des Bundesgerichtsgesetzes am 1. Januar 2007 gegolten hatte, reicht ein bloss tatsächliches Interesse an der Aufhebung oder Änderung des angefochtenen Entscheids (vgl. BGE 130 III 400 E. 2 S. 402 mit Hinweis) somit nicht mehr (Urteil 5A_454/2009 vom 15. Oktober 2009 E. 3.2 mit Hinweisen). So wurde in BGE 135 III 46 der Drittschuldner nicht als legitimiert erachtet, vor Bundesgericht Beschwerde gegen die Pfändung einer Forderung des Betriebenen zu erheben. Ebensowenig ist der Drittansprecher zur Beschwerde berechtigt, der Eigentum am gepfändeten Objekt behauptet (Urteil 5A_454/2009 vom 15. Oktober 2009 E. 3.2). Liegt die Erfüllung der gesetzlichen Legitimationsvoraussetzungen nicht klar auf der Hand, hat der Beschwerdeführer darzulegen, dass diese gegeben sind (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG; BGE 135 III 46 E. 4 S. 47 mit Hinweisen; 133 II 400 E. 2 S. 404). Soweit die Beschwerdeführerin vorbringt, beschwerdelegitimiert seien alle Dritten, bei denen Guthaben des Schuldners arrestiert wurden, verkennt sie die spezifischen Voraussetzungen von Art. 76 Abs. 1 lit. b BGG. Die von ihr in diesem Zusammenhang angeführten Literaturstellen (unter anderen Amonn/Walther, Grundriss des Schuldbetreibungs- und Konkursrechts, 8. Aufl. 2008, § 6 Rz. 28) und Bundesgerichtsurteile (BGE 80 III 122; Urteil 7B.19/2006 vom 25. April 2006) beziehen sich entweder bloss auf das kantonale Aufsichtsverfahren gemäss Art. 17 f. SchKG oder auf die Rechtslage vor Erlass des BGG und sind mithin nicht einschlägig. Vielmehr ist für die Legitimation vor Bundesgericht einzig Art. 76 BGG massgebend (Art. 19 SchKG). 2.2 Die Beschwerdeführerin bringt weiter vor, sie werde durch den Arrest erheblich beschwert, da dadurch direkt in ihre Finanzplanung eingegriffen und die Möglichkeit unterbunden werde, durch zusätzliche Rangrücktritte ihren Konkurs zu vermeiden. Sie relativiert dies aber insofern, als sie selber auf den hypothetischen Charakter dieser Konsequenzen des Arrestes hinweist ("...kann der Rangrücktritt wohl aufgrund des Arrestes nicht weiter angepasst werden. Dies dürfte jedoch wiederum den Konkurs der Beschwerdeführerin zur Folge haben." [Beschwerde S. 8 Ziff. 6.4; Hervorhebungen hinzugefügt]). 2.3 Zunächst ist daran zu erinnern, dass Gegenstand des bundesgerichtlichen wie bereits des vorinstanzlichen Verfahrens einzig die beiden im Arrestbefehl ausdrücklich genannten Forderungen sind, nicht aber die ebenfalls verarrestierten "sämtlichen Verbindlichkeiten", so dass über Letztere nachfolgend nichts ausgesagt werden kann. Hinsichtlich der beiden ausdrücklich bezeichneten Forderungen hat die Vorinstanz festgehalten, es fehlten konkrete Anhaltspunkte, weshalb die Beschwerdeführerin nur ohne den Arrest saniert werden könne. Nach Angaben der Beschwerdeführerin sei auf diesen Forderungen ein Betrag von Fr. 621'734.56 vom Rangrücktritt nicht erfasst bzw. umgekehrt bestehe dieser im Umfang von Fr. 102 Millionen. Weshalb die Unmöglichkeit eines weiteren Rangrücktritts auf dem Betrag von Fr. 621'734.56 einen Konkurs als wahrscheinlich erscheinen lasse, sei angesichts einer Bilanzsumme im Jahr 2007 von Fr. 134 Millionen erklärungsbedürftig, werde aber durch die Beschwerdeführerin nicht näher dargelegt. Zudem mache die Arrestforderung von Fr. 1'479'434.-- nur gerade 1.1 % dieser Bilanzsumme aus. 2.4 Um ihre Legitimation gemäss Art. 76 BGG mit dem angeblichen Ausfall von Sanierungsmöglichkeiten aufgrund des Arrestes zu begründen, hätte sich die Beschwerdeführerin zunächst mit den diesbezüglichen vorinstanzlichen Erwägungen auseinandersetzen müssen (vgl. oben E. 2.1). Ihre Ausführungen sind jedoch einerseits weitgehend wörtlich ihrer Beschwerde an das Kantonsgericht entnommen, was bereits an sich den Begründungsanforderungen von Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG nicht genügt (BGE 134 II 244 E. 2.3 S. 247). Andererseits erschöpfen sie sich in allgemeinen Hinweisen auf eine angebliche Verschlechterung der Geschäftszahlen, welche eine Anpassung des Rangrücktritts in Zukunft nahe lege. Auch dies genügt den Begründungsanforderungen nicht. Insbesondere behauptet die Beschwerdeführerin nicht, die Verarrestierung der bereits mit Rangrücktritt belegten Forderungen im Umfang von Fr. 102 Millionen gefährde ihre Planungssicherheit. Sie zeigt auch nicht auf, wieso die Möglichkeit zu einem weiteren Rangrücktritt hinsichtlich des Restbetrags von Fr. 621'734.56 für sie von essentieller Bedeutung sein soll. Im Übrigen ist nicht ersichtlich, inwiefern das geltend gemachte Interesse an der Finanzplanung rechtlich geschützt sein könnte. Über einen weiteren Rangrücktritt zu entscheiden, steht nicht in der Macht der Beschwerdeführerin, sondern dieser müsste durch die Gläubigerin und Arrestschuldnerin erklärt werden (Art. 725 Abs. 2 OR). Insofern hat die Beschwerdeführerin keinen Verfügungsanspruch über ihre Schuld. Von der Verarrestierung der Forderung und der damit einhergehenden Verfügungsbeschränkung (Art. 275 i.V.m. Art. 96 SchKG) bei der Arrestschuldnerin wird die Beschwerdeführerin vielmehr bloss reflexweise betroffen. In ähnlicher Weise müsste sie sich auch andere Verschlechterungen ihrer Verhandlungsposition im Rahmen einer beabsichtigten Sanierung gefallen lassen, die mit Veränderungen der Stellung ihrer Gläubigerin zusammenhängen, etwa bei Abtretung der Forderung an eine weniger kulante Zessionarin oder im Falle des Konkurses der Forderungsinhaberin. Die Beschwerdeführerin benennt ferner im Zusammenhang mit der Legitimationsfrage keine Norm, die spezifisch im Kontext des Arrestvollzugs ihr Interesse an der Beschwerde als rechtlich geschützt erscheinen liesse. Sie rügt zwar eine Verletzung von Art. 92 Abs. 2 SchKG, macht jedoch nicht geltend, dass diese Bestimmung nicht bloss im Interesse eines befriedigenden Verwertungsergebnisses erlassen wurde, sondern darüber hinaus Personen schützen soll, die im weiteren Umkreis von einer Pfändung bzw. Arrestierung betroffen sind. Aus dem Gesagten folgt, dass auf die Beschwerde nicht eingetreten werden kann. 3. Die Beschwerdeführerin rügt, der Arrestbefehl sei wegen örtlicher Unzuständigkeit und des Vorliegens eines Sucharrestes nichtig und hätte deshalb nicht vollstreckt werden dürfen. Unter Geltung des OG konnte das Bundesgericht selbst bei einer unzulässigen Beschwerde eingreifen, wenn es auf eine nichtige Verfügung aufmerksam wurde (BGE 130 III 400 E. 2 S. 404). Die Überprüfung einer Verfügung von Amtes wegen rechtfertigte sich durch die Aufsicht, welche das Bundesgericht über das Schuldbetreibungs- und Konkurswesen ausübte. Seit dem 1. Januar 2007 obliegt die Oberaufsicht auf diesem Gebiet aber dem Bundesrat (Art. 15 SchKG). Daraus folgt, dass das mit einer unzulässigen Beschwerde angerufene Bundesgericht - im Gegensatz zu den kantonalen Aufsichtsbehörden - die allfällige Nichtigkeit einer Verfügung nicht mehr festzustellen vermag (BGE 135 III 46 E. 4.2 S. 48 mit Hinweisen). Die entsprechende Rüge der Beschwerdeführerin kann mithin nicht geprüft werden. 4. Auf die Beschwerde ist somit nicht einzutreten. Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt die Beschwerdeführerin die Gerichtskosten (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Betreibungsamt Z._ und dem Kantonsgericht des Kantons Schwyz, 2. Rekurskammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 17. Juni 2010 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Der Gerichtsschreiber: Hohl Zingg
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2,010
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 1/2} 2C_584/2009 Urteil vom 24. Februar 2010 II. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Müller, Präsident, Bundesrichter Karlen, Bundesrichter Zünd, Bundesrichterin Aubry Girardin, nebenamtlicher Bundesrichter Locher, Gerichtsschreiber Wyssmann. Parteien Helsana Versicherungen AG, Zürichstrasse 130, 8600 Dübendorf, Beschwerdeführerin, vertreten durch Tax Partner AG, Steuerberatung, Talstrasse 80, 8001 Zürich, gegen Kantonale Steuerverwaltung Wallis, Kommission für die Einschätzung der juristischen Personen, 1951 Sitten. Gegenstand Grundstücksteuern 2000-2003, Beschwerde gegen das Urteil der Steuerrekurskommission des Kantons Wallis vom 20. Mai 2009. Sachverhalt: A. Unter der Firma Helsana Versicherungen AG besteht seit 1996 eine Aktiengesellschaft mit Sitz in Dübendorf/ZH. Sie übernahm von den Vereinen Krankenkasse Helvetia und Artisana Kranken- und Unfallversicherung einen Teil der Aktiven sowie sämtliche Passiven. Im Jahre 2000 wurden die Bereiche Grund- und Zusatzversicherung rechtlich getrennt, indem das Zusatzversicherungsgeschäft im Rahmen einer Sacheinlage (bewegliches Vermögen, Wertschriften) auf die Helsana Zusatzversicherungen AG übertragen wurde. Das Grundeigentum blieb gesamtschweizerisch bei der Helsana Versicherungen AG. Dasselbe galt für die Mitarbeiter, die weiterhin privatrechtlich von der Helsana Versicherungen AG angestellt wurden. Die Kosten für deren Leistungen werden gemäss einer "Dienstleistungsvereinbarung" vom 30. Oktober 2000 nach einem Verteilschlüssel auf die beiden Gesellschaften verlegt. B. Am 6. Oktober 2004 reichte die Helsana Versicherungen AG die Steuererklärungen für die Jahre 2000-2003 bei der Kantonalen Steuerverwaltung Wallis ein. Soweit ihre Geschäftstätigkeit im Kanton Wallis betreffend, berief sie sich auf die Befreiung von der Steuerpflicht nach Art. 79 Abs. 1 lit. e des Steuergesetzes des Kantons Wallis vom 10. März 1976 (StG). Für ihre vier Betriebsliegenschaften im Kanton Wallis, die gemäss Art. 79 Abs. 3 StG der Grundsteuer unterliegen, beanspruchte sie Steuerfreiheit nach Bundesrecht (Art. 17 KVG [SR 832.10]; Art. 80 ATSG [SR 830.1]). Die Kantonale Steuerverwaltung Wallis gewährte die Steuerbefreiung für die Gewinn- und Kapitalsteuer. Sie veranlagte jedoch die Helsana Versicherungen AG für die Grundstücksteuer von 1o/oo auf dem Steuerwert der im Kanton Wallis gelegenen Grundstücke (Veranlagungsverfügungen vom 19. November bzw. 18. Dezember 2004). Die Einsprachen gegen diese Veranlagungsverfügungen wies die Kantonale Kommission für die Einschätzung der juristischen Personen am 20. Mai 2009 ab. Sie erwog, bei der Grundstücksteuer nach Art. 79 Abs. 3 StG handle es sich um eine Steuer, welche nicht unter Art. 17 KVG bzw. Art. 80 ATSG falle. Mit Beschwerde an die Steuerrekurskommission des Kantons Wallis machte die Helsana Versicherungen AG geltend, Art. 80 KVG bezwecke nach dem Willen des Gesetzgeber die Befreiung der Krankenversicherer von allen direkten Steuern. Darunter falle auch die Grundstücksteuer gemäss Art. 79 Abs. 3 StG. Die Steuerrekurskommission wies die Beschwerde mit Urteil vom 20. Mai 2009 ab. Nach Ansicht des Gerichts dient die Helsana Versicherungen AG nicht "ausschliesslich der Durchführung der sozialen Krankenversicherung" resp. Sozialversicherung, weshalb es an den Voraussetzungen für die Steuerbefreiung nach Bundesrecht fehle. C. Hiergegen führt die Helsana Versicherungen AG Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten mit den Anträgen, das Urteil der Steuerrekurskommission des Kantons Wallis vom 20. Mai 2009 und die vorangegangenen Entscheide seien aufzuheben. Es seien für die Jahre 2000-2003 keine Grundstücksteuern zu erheben. Die Steuerrekurskommission des Kantons Wallis beantragt, die Beschwerde abzuweisen. Die Steuerverwaltung des Kantons Wallis und die Eidgenössische Steuerverwaltung verzichteten auf eine Stellungnahme. Erwägungen: 1. 1.1 Gemäss den geänderten Bestimmungen über die Rechtspflege im Kanton Wallis entscheidet die Steuerrekurskommission über Beschwerden hinsichtlich der Staatssteuer als letzte kantonale Instanz (Art. 150 Abs. 2 StG in der Fassung gemäss Gesetz betreffend die Änderung der Rechtspflegeordnung vom 9. November 2006). Der angefochtene Entscheid erweist sich somit als kantonal letztinstanzlich (Art. 86 Abs. 1 lit. d BGG) und unterliegt der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten (Art. 82 Abs. 1 lit. a BGG). Die Beschwerdeführerin ist durch den angefochtenen Entscheid beschwert und zur Beschwerdeführung legitimiert (Art. 89 Abs. 1 BGG). Auf die auch den weiteren formellen Anforderungen genügende Beschwerde ist einzutreten. Unzulässig ist der Antrag, auch die Veranlagungsverfügungen und der Einspracheentscheid seien aufzuheben. Diese wurden durch das angefochtene Urteil ersetzt (Devolutiveffekt) und gelten nur inhaltlich als mitangefochten (vgl. BGE 134 II 142 E. 1.4 S. 144). 1.2 Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann gemäss Art. 95 lit. a BGG die Verletzung von Bundesrecht gerügt werden. Soweit die Vorinstanz kantonales Recht anzuwenden hatte, kann nur geltend gemacht werden, der angefochtene Entscheid verstosse gegen Normen des Bundesrechts und namentlich das Verbot von Willkür (Art. 9 BV) oder gegen kantonale verfassungsmässige Rechte (Art. 95 lit. a und c BGG; vgl. BGE 134 I 153 E. 4.2.2 S. 158; 134 II 349 E. 3 S. 351; 134 III 379 E. 1.2 S. 382 f.). Im Streit steht vorliegend die Walliser Grundstücksteuer gemäss Art. 79 Abs. 3, Art. 101 und Art. 181 StG. Es handelt sich um eine reine Objektsteuer (vgl. BGE 114 Ia 321 E. 2a S. 322) des nicht harmonisierungsbedürftigen kantonalen Rechts (Urteil 2C_734/2008 vom 29. Januar 2009 E. 1.1). Dessen Auslegung und Anwendung prüft das Bundesgericht nur auf Willkür hin. Andererseits geht es hier um die Vereinbarkeit dieser Grundstücksteuer mit den bundesrechtlichen Vorschriften über die Steuerfreiheit der Versicherungsträger (Art. 17 KVG bzw. Art. 80 ATSG), deren Anwendung das Bundesgericht wiederum mit voller Kognition überprüft. 1.3 Das Bundesgericht legt seinem Urteil den von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalt zugrunde (Art. 105 Abs. 1 BGG), es sei denn, die Sachverhaltsfeststellung sei offensichtlich unrichtig oder beruhe auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG (Art. 105 Abs. 2 bzw. Art. 97 Abs. 1 BGG). 2. 2.1 Der Kanton Wallis erhebt von den juristischen Personen u.a. eine Grundstücksteuer auf dem Steuerwert der Grundstücke ohne Abzug von Schulden (Art. 1 Abs. 1 lit. b und Art. 101 StG). Diese Grundstücksteuer schulden auch die von der Gewinn- und Kapitalsteuer ausgenommenen Einrichtungen der beruflichen Vorsorge und die Sozialversicherungskassen (Art. 79 Abs. 1 lit. d und e in Verbindung mit Abs. 3 StG). Art. 79 StG Abs. 1 und 3 StG bestimmen im Einzelnen (soweit hier von Interesse): "Art. 79 V. Ausnahmen von der Steuerpflicht 1 Von der Steuerpflicht sind befreit: 1 Von der Steuerpflicht sind befreit: ... d) Einrichtungen der beruflichen Vorsorge von Unternehmen mit Wohnsitz, Sitz oder Betriebsstätte in der Schweiz und von ihnen nahestehenden Unternehmen, sofern die Mittel der Einrichtung dauernd und ausschliesslich der beruflichen Vorsorge dienen; e) inländische Sozialversicherungs- und Ausgleichskassen, insbesondere Arbeitslosen-, Krankenversicherungs-, Alters-, Invaliden-, Hinterlassenenversicherungs- und Familienzulagenkassen, mit Ausnahme der konzessionierten Versicherungsgesellschaften; 2 ... 3 Die in Absatz 1, Buchstaben d bis g genannten juristischen Personen unterliegen für ihre Grundstücke der Grundstücksteuer und der Grundstückgewinnsteuer. Diese Steuern werden nach Artikel 44 und folgende und nach den Artikeln 101 und 181 erhoben. Die Bestimmungen über Ersatzbeschaffungen (Art. 26), über Abschreibungen (Art. 24), über Rückstellungen (Art. 25) und über den Verlustabzug (Art. 27) gelten sinngemäss." 2.2 Mit dem am 1. Januar 1996 in Kraft getretenen KVG wurde neu eine Zweiteilung in die soziale Krankenversicherung (obligatorische Grundversicherung) einerseits und die Zusatzversicherung (freiwillige Ergänzungsversicherung) andererseits vorgenommen (vgl. Urteil 2A.623/1998 vom 29. August 2000 E. 3a, in: StE 2001 B 71.64 Nr. 5). An diese Unterscheidung knüpfte Art. 17 Abs. 1 KVG an und statuierte eine Regelung über die Steuerbefreiung, die wie folgt lautete (AS 1995 1332): "Die Versicherer sind, soweit ihre Einkünfte und Vermögenswerte ausschliesslich der Durchführung der sozialen Krankenversicherung und der Erbringung oder der Sicherstellung ihrer Leistungen dienen, von den direkten Steuern des Bundes, der Kantone und der Gemeinden sowie von Erbschafts- und Schenkungssteuern der Kantone und Gemeinden befreit." Diese Bestimmung wurde per 1. Januar 2003 durch Art. 80 Abs. 1 ATSG abgelöst, welcher den folgenden Wortlaut hat (Abweichungen gegenüber Art. 17 Abs. 1 KVG kursiv): "Die Versicherungsträger und Durchführungsorgane sind, soweit ihre Einkünfte und Vermögenswerte ausschliesslich der Durchführung der Sozialversicherung, der Erbringung oder der Sicherstellung von Sozialversicherungsleistungen dienen, von den direkten Steuern des Bundes, der Kantone und der Gemeinden und von Erbschafts- und Schenkungssteuern der Kantone und Gemeinden befreit". Abgesehen davon, dass sich Art. 80 Abs. 1 ATSG nicht nur auf die soziale Krankenversicherung bezieht, sondern auf den gesamten Bereich der vom ATSG erfassten Sozialversicherungen, hat er den gleichen Wortlaut wie Art. 17 Abs. 1 KVG (Urteil 2P.12/2004 vom 28. April 2005 E. 3.2, in: StR 60/2005 S. 681). Für die hier interessierenden Steuerperioden 2000-2002 ist formell noch auf Art. 17 Abs. 1 KVG, für die Steuerperiode 2003 hingegen auf Art. 80 Abs. 1 ATSG abzustellen. Materiell ergeben sich praktisch keine Abweichungen (vgl. Ueli Kieser, ATSG-Kommentar, 2003, N 3 ff. zu Art. 80 ATSG). 3. 3.1 Die Einsprachebehörde vertrat noch die Auffassung, bei der Walliser Grundstücksteuer gemäss Art. 79 Abs. 3, 101 und 181 StG würde es sich um eine Steuer handeln, auf welche Art. 17 Abs. 1 KVG bzw. Art. 80 Abs. 1 ATSG nicht anwendbar sei. Wenn die bundesrechtlichen Steuerbefreiungsnormen zwar die Erbschafts- und Schenkungssteuer, nicht aber die Grundstücksteuer aufführen, zeige dies, dass die Erhebung der Grundstücksteuer in der Kompetenz der Kantone verblieben sei. Der Gesetzgeber habe es nicht mehr für nötig befunden, die zu erhebenden Steuern zu präzisieren, weil diese nach dem Steuerharmonisierungsgesetz (StHG; 642.14) klar in die kantonale Autonomie fallen würden. Art. 80 Abs. 3 BVG (SR 831.40), wonach Liegenschaften von Vorsorgeeinrichtungen trotz Steuerfreiheit der Vorsorgeeinrichtungen mit Grundsteuern, insbesondere Liegenschaftssteuern, ausdrücklich belastet werden dürften, sei diesbezüglich klarer. 3.2 Die Vorinstanz ist dieser Argumentation zu Recht nicht gefolgt: Bei der Walliser Grundstücksteuer als Objektsteuer ohne Schuldabzug handelt es sich wie bei einer kommunalen Liegenschaftssteuer nach Lehre und Praxis um eine direkte Steuer des Kantons (vgl. BGE 111 Ib 6 E. 4a S. 8; 101 Ib 1 E. 2 S. 3; vgl. auch Urteil A.368/1987 vom 17. März 1989 E. 3, in: ASA 59 S. 208 f.; Blumenstein/Locher, System des schweizerischen Steuerrechts, 6. Aufl. 2002, S. 169). Wenn in Art. 17 Abs. 1 KVG bzw. Art. 80 Abs. 1 ATSG die Erbschafts- und Schenkungssteuern speziell erwähnt werden, so deshalb, weil diese Rechtsverkehrssteuern nach herrschender Lehre indirekte Steuern sind (Blumenstein/Locher, a.a.O., S. 205; Adrian Rufener, Besteuerungsnormen für den Bereich des KVG, in: LAMal-KVG Recueil de travaux en l'honneur de la Société suisse de droit des assurances, Lausanne 1997, S. 761 ff., insbesondere S. 765). Ihre ausdrückliche Erwähnung neben den "direkten Steuern des Bundes, der Kantone und Gemeinden" ist daher erforderlich, wenn für sie ebenfalls die Steuerbefreiung gelten soll. Es ist denn auch unbestritten, dass Grundstück- oder Liegenschaftssteuern grundsätzlich (d.h. wenn die übrigen Befreiungsvoraussetzungen erfüllt sind) unter die Steuerbefreiungsnorm von Art. 17 Abs. 1 KVG bzw. Art. 80 Abs. 1 ATSG fallen. Dies anerkennt etwa das Kreisschreiben Nr. 12 der Schweizerischen Steuerkonferenz vom 23. März 2000 betreffend "Steuerpflicht der Krankenkassen nach dem Krankenversicherungsgesetz (KVG)" ausdrücklich (Ziffer 2 in fine): "Liegenschaften, die zum Vermögen der sozialen Krankenversicherung gehören, sind von der Liegenschaftssteuer befreit". Aber auch verschiedene kantonale Verwaltungsgerichte haben diese Steuerfreiheit bestätigt, so die Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello des Kantons Tessin in einem Urteil vom 5. November 2004 betreffend die "Helsana Assicurazioni SA" E. 5.2 (RtiD I-2005, 651 S. 655) oder das Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen mit Entscheiden vom 21. Oktober 2003 (s. Urteil des Bundesgerichts 2P.303/2003 vom 1. Juli 2004 unter Sachverhalt B). Dabei darf die Grundstücksart, d.h. ob es sich um eine Betriebs- oder um eine Kapitalanlageliegenschaft handelt bzw. ob sie mittel- oder unmittelbar dem Betrieb dienen, keine Rolle spielen. Entscheidend ist vielmehr, ob die Vermögenswerte dem Bereich der sozialen Krankenversicherung zugewiesen sind (Urteil 2P.12/2004 vom 28. April 2005 E. 3.3, in StR 60/2005 S. 681; Urteil 2A.623/1998 vom 29. August 2000 E. 4b, in: StE 2001 B 71.64 Nr. 5; vgl. auch Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Bern vom 26. April 1999 i.S. W. Versicherungen E. 4, in: BVR 1999 S. 401 ff. sowie die beiden zitierten Urteile der Camera di diritto tributaria del Tribunale d'appello des Kantons Tessin und des Verwaltungsgerichts des Kantons St. Gallen). Bei den hier fraglichen Liegenschaften in den Gemeinden Sitten, Siders, Monthey und Visp geht es ohnehin um solche, wo sich die Betriebsräumlichkeiten der Beschwerdeführerin befinden und wo sie ihre Geschäftstätigkeit abwickelt (angefochtenes Urteil I. Ziffer 1), so dass die Steuerbefreiung auf der Hand liegt. 3.3 Dieses Ergebnis wird mit Blick auf die Regelung nach Art. 80 BVG bestätigt. Art. 80 Abs. 2 BVG sieht eine Steuerbefreiung für Personalvorsorgeeinrichtungen vor, die in etwa jener von Art. 17 Abs. 1 KVG bzw. Art. 80 Abs. 1 ATSG entspricht, nämlich die Befreiung "von den direkten Steuern des Bundes, der Kantone und Gemeinden und von Erbschafts- und Schenkungssteuern der Kantone und Gemeinden". Im Gegensatz zu Art. 17 KVG bzw. Art. 80 ATSG sieht nun aber Art. 80 Abs. 3 BVG ausdrücklich vor, dass Liegenschaften "mit Grundsteuern, insbesondere Liegenschaftssteuern vom Bruttowert der Liegenschaft" belastet werden dürfen. Unzulässig ist es einzig, Grundstücksteuern nur gerade von den - an sich von den Gewinn- und Kapitalsteuern befreiten - Personalvorsorgeeinrichtungen zu erheben (BGE 126 I 76 E. 2 S. 78 ff.). Wenn nun Art. 17 KVG bzw. Art. 80 ATSG keine vergleichbare Norm besitzt, welche die Grundstücksteuer bzw. Liegenschaftssteuer ausdrücklich als zulässig erklärt, folgt daraus durch Umkehrschluss, dass diese Objektsteuer grundsätzlich nicht erhoben werden darf. Daraus erhellt nun auch die spezielle Problematik von Art. 79 Abs. 3 StG: Indem die Vorsorgeeinrichtungen und die Sozialversicherungskassen gemeinsam aufgeführt werden, wird der bundesrechtlichen Regelung, welche Grundsteuern bei den Personalvorsorgeeinrichtungen ausdrücklich zulässt (Art. 80 Abs. 3 BVG), nicht aber bei den Sozialversicherungskassen (Art. 80 Abs. 1 ATSG), keine Rechnung getragen. Das entspricht auch der Auffassung der Vorinstanz im angefochtenen Entscheid. 4. 4.1 Dennoch wies die Vorinstanz die Beschwerde ab: Sie stellte fest, dass die Beschwerdeführerin gemäss der mit der Helsana Zusatzversicherungen AG geschlossenen Dienstleistungsvereinbarung vom 30. Oktober 2000 auch Dienstleistungen erbringe, die dem Zusatzversicherungsgeschäft zuzurechnen seien. Gemäss Anhang 1 des Vertrags müsse die Helsana Zusatzversicherungen AG die Beschwerdeführerin für die bezogenen Dienstleistungen im Bereich des Versicherungsvertragsgesetzes (VVG; SR 221.229.1) entschädigen. Nach den verschiedenen Verteilschlüsseln entfielen über 60% der Kosten auf den steuerlich nicht privilegierten Zusatzversicherungsbereich. Knapp 40% der Kosten beträfen die Grundversicherung. Unter den Kosten, die Gegenstand der Aufteilung sind, befänden sich "natürlich auch Kosten im Zusammenhang mit Grundgütern" und daher müsse logischerweise festgestellt werden, "dass diese letzteren zum Teil dem Bereich der Zusatzversicherungen und nicht ausschliesslich der Durchführung der sozialen Krankenversicherung dienen". Die Beschwerdeführerin sei daher ebenfalls im Bereich der Zusatzversicherung tätig, auch wenn sie im Auftrag der Helsana Zusatzversicherungen AG auftrete. Wie es sich damit verhält, ist im Folgenden zu prüfen. 4.2 Unbestritten ist, dass die Beschwerdeführerin im "Verzeichnis der zugelassenen Krankenversicherer" (www.bag.admin.ch) des Bundesamtes für Gesundheit (BAG) aufgeführt wird und der Aufsicht dieser Amtsstelle untersteht (Art. 13, Art. 21 ff. KVG). Damit steht fest, dass sie Grund- und Taggeldversicherungen anbietet. Allerdings folgt daraus nicht zwingend, dass ihre Einkünfte und Vermögenswerte tatsächlich "ausschliesslich der Durchführung der sozialen Krankenversicherung" bzw. "Sozialversicherung" dienen (Art. 17 Abs. 1 KVG, Art. 80 Abs. 1 ATSG). Trotz Aufsicht durch das Departement des Innern kann es der Steuerbehörde nicht verwehrt sein, diese Frage im Hinblick auf die Steuerbefreiung speziell zu prüfen. 4.3 Dem auf den 1. Januar 1996 in Kraft gesetzten KVG liegt eine Zweiteilung in soziale Krankenversicherung (Grundversicherung) und Zusatzversicherung zugrunde. Das KVG hat mit der Einführung der obligatorischen Grundversicherung, der Verankerung alternativer Versicherungsmodelle, der Zulassung reiner Kapitalgesellschaften als Krankenversicherer und Unterstellung der nicht obligatorischen Zusatzversicherung unter das VVG neue Rahmenbedingungen für die Branche der Krankenversicherer geschaffen. Es steht einerseits den Krankenkassen frei, neben der sozialen Krankenversicherung auch die Zusatzversicherungen anzubieten, die dem VVG unterstehen (Art. 12 Abs. 2 und 3 KVG); andererseits können auch private Versicherungsunternehmen, die dem Versicherungsaufsichtsgesetz vom 17. Dezember 2004 (VAG; SR 961.01) unterstehen und über eine Bewilligung verfügen, nach Art. 11 lit. b KVG die obligatorische Krankenversicherung betreiben (s. dazu das Urteil 2A.623/1998 vom 29. August 2000 E. 3a, in: StE 2001 B 71.64 Nr. 5). Allein aufgrund der mit der Helsana Zusatzversicherungen AG geschlossenen Dienstleistungsvereinbarung vom 30. Oktober 2000 kann deshalb nicht geschlossen werden, die Einkünfte und Vermögenswerte der Beschwerdeführerin dienten nicht "ausschliesslich der Durchführung der sozialen Krankenversicherung" bzw. "Sozialversicherung" im Sinne von Art. 17 Abs. 1 KVG und Art. 80 Abs. 1 ATSG. 4.4 Zweck der genannten Dienstleistungsvereinbarung ist es, die Verwaltungskosten nach betriebswirtschaftlichen Überlegungen unter den Vertragspartnern zu verrechnen (Anhang zur Jahresrechnung 2000, 2001). Damit sollen - zulässigerweise - konzernintern Kosten eingespart werden, indem gewisse Leistungen nur von einer Gesellschaft zugunsten der anderen Gesellschaft erbracht werden. Ab dem Jahr 2002 waren auch die Helsana Unfall AG sowie die Progrès Caisse Maladie und ab 2003 noch weitere Versicherungsträger in diese Unkostengemeinschaft eingebunden. Diese Verlegung von Kosten auf die einzelnen Dienstleistungsempfänger muss aber nach sachgerechten Kriterien erfolgen. Wäre dem nicht so, lägen "Quersubventionierungen" vor, was als verdeckte Gewinnverlagerungen zu qualifizieren wäre (so auch die Beschwerdeschrift, Rz. 20). Die Verwaltungskosten sind bereits durch die Aufsichtsbehörde genau zu prüfen (Art. 22 KVG, vgl. Alfred Maurer/Gustavo Scartazzini/Marc Hürzeler, Bundessozialversicherungsrecht, 3. Aufl. Basel 2009, S. 297). Sie sind gemäss Art. 84 Abs. 1 KVV (SR 832.102) auf die Bereiche obligatorische Krankenversicherung, Taggeldversicherung und Zusatzversicherungen zu verteilen. Die Kostenverlegung hat zudem nach dem tatsächlichen Aufwand zu erfolgen (Art. 84 Abs. 2 KVV). Diese Aufsicht sollte Gewähr bieten, dass der "sozialen Krankenversicherung" bzw. der "Sozialversicherung" keine geschäftsfremden Verwaltungskosten belastet werden. Wohl ist anzunehmen, dass in gewissen Immobilien der Beschwerdeführerin Personal arbeitet, das nur für die Helsana Zusatzversicherungen AG (oder andere Konzerngesellschaften) tätig ist. Dabei bleibt offen, ob dies auch für die vier im Kanton Wallis gelegenen Büroliegenschaften zutrifft. Das ist bei einer Unkostengemeinschaft indessen nicht ungewöhnlich. Insofern verhält es sich bei den fraglichen Liegenschaften nicht anders als bei Kapitalanlageliegenschaften, welche, wie bereits dargelegt (E. 3.2), als Vermögenswert ebenfalls ausschliesslich der Durchführung der sozialen Krankenkasse bzw. Sozialversicherung dienen können. 4.5 Ein besonderer Fall liegt hier allerdings insofern vor, als der gesamte Liegenschaftsbesitz schweizweit bei der Beschwerdeführerin verblieben ist. Zwischen den diversen Konzerngesellschaften bestehen zudem gegenseitige Abhängigkeiten in Form von Forderungs- und Schuldverhältnissen in Millionenhöhe (wobei die konkrete Zuordnung aus den Jahresrechnungen nicht hervorgeht). Das rechtfertigt es speziell zu prüfen, ob verdeckte Gewinnverlagerungen vorliegen. Über einen ähnlichen Fall hatte bereits das Verwaltungsgericht des Kantons Bern im Urteil vom 26. April 1999 i.S. Wincare Versicherungen (BVR 1999 S. 355 ff.) zu befinden. Dort lag zwar für die Grundversicherung und die Zusatzversicherung nur ein Rechtsträger vor, der aber die beiden Bereiche rechnungsmässig klar getrennt hatte. Ein solches Vorgehen reicht an sich für die Steuerbefreiung nach Art. 17 Abs. 1 KVG und 80 Abs. 1 ATSG aus (Art. 60 Abs. 3 KVG; Rundschreiben der Eidgenössischen Steuerverwaltung vom 27. September 1996 betreffend steuerliche Auswirkungen des neuen Krankenversicherungsgesetzes sowie Rundschreiben der gleichen Amtsstelle vom 20. März 1998 betreffend Steuerpflicht der Krankenkassen nach dem Krankenversicherungsgesetz; s. auch Urteil 2P.12/2004 vom 28. April 2005 E. 2.4.3, in: StR 60/2005 S. 685 f.; Urteil 2A.623/1998 vom 29. August 2000 E. 3b in fine, in: StE 2001 B 71.64 Nr. 5). Als einziges Aktivum des Zusatzversicherungsgeschäfts hatte jedoch der Versicherer eine verzinsliche, nicht rückzahlbare Forderung von mehreren Millionen Franken gegenüber dem Grundversicherungsgeschäft ausgewiesen. Mit dem Ertrag, der dem Grundversicherungsgeschäft zugeteilten Liegenschaften wurde u.a. auch die dem Zusatzversicherungsgeschäft zugewiesene Forderung verzinst. Das Verwaltungsgericht des Kantons Bern kam daher zum Schluss, dass die Liegenschaft nicht ausschliesslich der Durchführung der sozialen Krankenkasse diente (Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Bern vom 26. April 1999 i.S. Wincare Versicherungen E. 5, in: BVR 1999 S. 407). Im vorliegenden Fall geht es indessen nicht um derart krasse Verhältnisse wie im Fall der Wincare Versicherungen (einziges Aktivum). Zudem lässt sich eine solche Begründung nur im Zusammenhang mit Kapitalanlageliegenschaften rechtfertigen, wo Erträge generiert werden, die zur Verzinsung der Schuld gegenüber der Konzerngesellschaft verwendet werden. Sobald es sich aber - wie hier - um Betriebsliegenschaften handelt, gilt das oben Ausgeführte sinngemäss, dass nämlich die Verwaltungskosten nach betriebswirtschaftlichen Gesichtspunkten nach dem tatsächlichen Aufwand verlegt werden (vgl. E. 4.3). In Bezug auf die vier im Kanton Wallis gelegenen Büroliegenschaften trifft das zu. 4.6 Ein ungerechtfertigter Wettbewerbsvorteil kann sich mit der gewählten Rechtsgestaltung, wonach alle Grundstücke eigentumsrechtlich der Beschwerdeführerin zugewiesen sind, allerdings auch daraus ergeben, dass sämtliche Grundstücke von der Grundstücksteuer befreit sind. Auf diese Weise würde der Kostenfaktor "Grundstücksteuer" nicht nur für die soziale Krankenkasse wegfallen, wo das erwünscht ist, sondern auch bei der Helsana Zusatzversicherungen AG, was sie gegenüber den Mitbewerbern auf dem freien Zusatzversicherungsmarkt bevorteilt. Diese Konsequenz ist aber im KVG selbst angelegt, weil es auch den Krankenkassen erlaubt, Zusatzversicherungen anzubieten (Art. 12 Abs. 2 KVG). Es ist daher nicht Sache des kantonalen Steuergesetzgebers, diese Auswirkung durch eine eigenwillige Auslegung der Steuerbefreiungsnorm - und erst noch wenig zielgenau - rückgängig zu machen, indem er die Krankenkassen der Grundstücksteuer unterstellt. Einem Hauptziel beim Erlass des heutigen KVG, nämlich der Eindämmung der Kostensteigerung im Gesundheitswesen, liefe das zuwider (vgl. auch Botschaft über die Revision der Krankenversicherung vom 6. November 1991, BBl 1992 I 126). Derselbe Zielkonflikt bestünde übrigens nach dem kantonalen Recht auch bei der Grundstückgewinnsteuer im Falle eines Verkaufs von Liegenschaften durch die Beschwerdeführerin (s. Art. 79 Abs. 3 StG). Würde sie davon befreit, profitierte zwangsläufig auch die Helsana Zusatzversicherungen AG als Zusatzversicherer davon, dass dieser Kostenfaktor entfällt. Hier kommt freilich noch der - bereits im Bundesrecht angelegte - Normenkonflikt hinzu. Während das Steuerharmonisierungsgesetz die Besteuerung vorschreibt (Art. 23 Abs. 4 StHG), befreien Art. 17 Abs. 1 KVG und 80 Abs. 1 ATSG die Krankenkassen bzw. die Sozialversicherung von den direkten Steuern der Kantone und Gemeinden und somit auch von der Grundstückgewinnsteuer. Die Frage, wie dieser Widerspruch zu lösen sei, wird in der Literatur kontrovers diskutiert. Diesbezüglich überzeugen die Schlussfolgerungen von Felix Richner, der dem Art. 17 Abs. 1 KVG als das neuere Recht den Vorrang einräumt (Felix Richner, Steuerbefreiung von Krankenversicherern, ZStP 5 (1996), S. 159 ff., insbesondere S. 179 f., gleicher Meinung Reto Kuster, Steuerbefreiung von Institutionen mit öffentlichen Zwecken, 1998, S. 184; a.M. Rufener, a.a.O., S. 765 f. und derselbe in: Maute/ Steiner/Rufener, Steuern und Versicherungen, 2. Aufl. 1999, S. 232). 5. Zusammenfassend darf für die Liegenschaften der Beschwerdeführerin keine Grundstücksteuer nach Art. 79 Abs. 3 StG erhoben werden. Die Beschwerde ist daher gutzuheissen und der angefochtene Entscheid aufzuheben. Die Sache ist zur Neuregelung der Kosten- und Entschädigungsfolgen an die Steuerrekurskommission zurückzuweisen. Dem Verfahrensausgang entsprechend sind die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens dem Kanton Wallis, der Vermögensinteressen wahrnimmt, aufzuerlegen (Art. 65 f. BGG). Dieser hat der Beschwerdeführerin zudem eine Parteientschädigung auszurichten (Art. 68 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird gutgeheissen und der angefochtene Entscheid der Steuerrekurskommission des Kantons Wallis vom 20. Mai 2009 aufgehoben. Die Sache wird zur Neuregelung der Kosten- und Entschädigungsfolgen des kantonalen Verfahrens an die Steuerrekurskommission zurückgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden dem Kanton Wallis auferlegt. 3. Der Kanton Wallis hat der Beschwerdeführerin eine Parteientschädigung von Fr. 3'000.-- auszurichten. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, der Steuerrekurskommission des Kantons Wallis und der Eidgenössischen Steuerverwaltung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. Februar 2010 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Müller Wyssmann
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Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 1A.39/2007 /wim Urteil vom 30. August 2007 I. öffentlich-rechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Féraud, Präsident, Bundesrichter Aemisegger, Reeb, Gerichtsschreiber Härri. Parteien 1. X._ AG, 2. A.Z._, 3. B.Z._, Beschwerdeführer, alle drei vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Peter E. Wirth, gegen Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg, Place Notre-Dame 4, Postfach 156, 1702 Fribourg, Strafkammer des Kantonsgerichts Freiburg, Rathausplatz 2A, Postfach 56, 1702 Freiburg. Gegenstand Internationale Rechtshilfe in Strafsachen an Deutschland - B 153'548, Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen den Entscheid des Kantonsgerichts Freiburg, Strafkammer, vom 27. März 2007. Sachverhalt: Sachverhalt: A. Die Staatsanwaltschaft Mannheim führt ein Ermittlungsverfahren unter anderem gegen B.Z._ wegen des Verdachts der verbotenen Werbung; ebenso unter anderem gegen B.Z._ und dessen Bruder A.Z._ wegen des Verdachts der Steuerhinterziehung und der Beihilfe dazu. Am 24. November 2004 ersuchte die Staatsanwaltschaft Mannheim das Untersuchungsrichteramt des Kantons Freiburg/CH um Rechtshilfe. Im Ersuchen wird zum Sachverhalt der strafbaren Werbung im Wesentlichen Folgendes ausgeführt: Seit Jahrzenten würden von Firmen im Grossraum C._ (Deutschland), insbesondere von der D._ GmbH, E._ (Deutschland), so genannte "Gewinnzusagen/-mitteilungen" an Konsumenten versandt. Dabei handle es sich um personalisierte Anschreiben, in denen dem Empfänger mitgeteilt werde, er habe einen Geld- oder Sachpreis von erheblichem Wert gewonnen (bis zu mehreren 10'000 Euro). Diese Gewinnmitteilungen würden massenhaft versandt (etwa 70'000 bis 250'000 pro Sendung, ca 3 Millionen pro Jahr). Beigelegt sei in der Regel entweder ein Katalog oder es sei eine hochpreisige Mehrwertdienst-Rufnummer angegeben. Immer sei die Auszahlung des Gewinns an eine schriftliche (oder im Falle der Mehrwertdienstnummer: telefonische) Rückmeldung gekoppelt, oft auch an eine Bestellung aus dem Katalog. Dabei führten die Aufmachung, die Anzahl der unterschiedlichen Blätter und Anschreiben im Briefumschlag und die verwirrenden Formulierungen häufig zu einer Bestellung, auch wenn diese nicht als Voraussetzung der Gewinnauszahlung genannt sei. Eine Auszahlung des Gewinns erfolge nicht und sei auch nicht vorgesehen. Zum Sachverhalt der Steuerhinterziehung wird im Rechtshilfeersuchen Folgendes dargelegt: B.Z._ werde vorgeworfen, Einkommenssteuer bzw. Körperschaftssteuer in Höhe von mindestens 14 Millionen Euro in den Jahren ab 1996 hinterzogen zu haben, indem er seine Stellung als tatsächlicher Gesellschafter der Domizilfirma X._ AG arglistig verschleiert habe. Ebenso habe er seinen in Deutschland begründeten und zumindest bis ins Jahr 2003 beibehaltenen Wohnsitz durch Täuschungshandlungen und mit Hilfe von gefälschten Belegen arglistig verschleiert und verschwiegen. B.Z._ sei laut der Mitteilung der französischen Firma F._ an die französische Börsenaufsicht Gesellschafter-Geschäftsführer der X._ AG. Diese sei bis zum 12. Dezember 2000 zu hundert Prozent an der D._ GmbH beteiligt gewesen. Im Jahr 2001 habe die X._ AG 94.9 Prozent der Anteile an der D._ GmbH an die Firma F._ zu einem Gesatmpreis von 60,8 Millionen DM verkauft. Der entstandene Veräusserungsgewinn in Höhe von ca. 60 Millionen DM sei in Deutschland nicht versteuert worden, obgleich er dort hätte versteuert werden müssen. Im Rahmen der Gesamtübernahme der D._ GmbH sei die Firma F._ verpflichtet gewesen, diesen Vorgang der französischen Börsenaufsichtsbehörde zu melden. In dieser Meldung seien die Gesellschaftsverhältnisse vor und nach der Übernahme dargestellt worden. Daraus sei zweifelsfrei ersichtlich, dass alleiniger Gesellschaft (zu 100 Prozent) der X._ AG B.Z._ sei. Des weiteren habe die D._ GmbH in den Jahren 1996 bis 2001 Gewinne in Höhe von mindestens 40 Millionen DM an die X._ AG ausgeschüttet. Zur Erreichung der begünstigten Besteuerung von Gewinnausschüttungen an ausländische Gesellschafter einer inländischen Kapitalgesellschaft in Höhe von 10 Prozent sei gegenüber den Finanzbehörden durch Vorlage einer falschen Bescheinigung als Alleingesellschafter der X._ AG der Bruder von B.Z._, A.Z._, wohnhaft in G._ (Schweiz), angegeben worden. Durch die Vorlage dieser falschen Bescheinigung sei die günstige Besteuerung erreicht worden. Die zutreffende deutsche Versteuerung der Gewinnausschüttungen durch die deutschen Finanzbehörden sei durch die Vorlage der gefälschten Bescheinigung verhindert worden. Bis zum Jahr 1998 sei B.Z._ in Deutschland als unbeschränkt steuerpflichtige Person geführt worden. Mit Ablauf des Jahres 1998 habe er gegenüber den Finanzbehörden angegeben, seinen Wohnsitz in die Schweiz, nach G._, verlegt zu haben. Zum Nachweis habe er Steuererklärungen für beschränkt Steuerpflichtige beim Finanzamt eingereicht. Hierdurch habe er erreicht, dass er zu Unrecht als beschränkt steuerpflichtige Person lediglich mit deutschen Einkünften besteuert worden sei. Tatsächlich habe B.Z._ weiter in der Zeit von 1999 bis zumindest ins Jahr 2003 in Deutschland, in C._, gewohnt. Im Jahr 2001 sei das erste Kind geboren worden, im Jahr 2002 das zweite. Im Jahr 2003 sei seine Ehefrau verstorben und am Familienwohnsitz in C._ begraben worden. Der offiziell angemeldete Wohnsitz sei bei der Stadt C._ erst im Dezember 2003 abgemeldet worden. Die bislang vorliegende Zeugenaussage des direkten Grundstücksnachbarn von B.Z._ in C._ belege die derzeit getroffenen Feststellungen. Hiernach habe B.Z._ seinen Wohnsitz in dieser Zeit in C._ gehabt. Die weiteren Ermittlungen nach der Festnahme hätten dies bestätigt. Es bestehe demzufolge der dringende Verdacht, dass B.Z._ durch gross angelegte, systematisch und auf Lügengebäuden aufgebauten Sachverhaltsgestaltungen eine organisierte Verschleierung seines Wohnsitzes unter Verwendung falscher Belege (Mitteilung über den ausländischen Wohnsitz) herbeigeführt und sich der Steuerhinterziehung schuldig gemacht habe. Es bestehe weiter der Verdacht, dass die Gesellschafterstellung von B.Z._ in der X._ AG durch arglistige Täuschung in organisierter Form unter Verwendung einer falschen Bescheinigung und unter Mithilfe seines Bruders A.Z._ verschleiert worden sei. Aufgrund der Tatsache, dass es sich bei der X._ AG um eine blosse Domizilfirma handle, sei nach deutschem Steuerrecht der Sitz der Firma dort, wo die massgeblichen Entscheidungen getroffen würden. Dies könne im vorliegenden Fall nur Deutschland - der Wohnsitz des Alleingesellschafters - sein, da die Firma lediglich von dort aus habe tätig werden können. Insofern seien die entstandenen Gewinne der deutschen Besteuerung zu unterwerfen. Aufgrund der Tatsache, dass es sich bei der X._ AG um eine blosse Domizilfirma handle, sei nach deutschem Steuerrecht der Sitz der Firma dort, wo die massgeblichen Entscheidungen getroffen würden. Dies könne im vorliegenden Fall nur Deutschland - der Wohnsitz des Alleingesellschafters - sein, da die Firma lediglich von dort aus habe tätig werden können. Insofern seien die entstandenen Gewinne der deutschen Besteuerung zu unterwerfen. B. Die Staatsanwaltschaft Mannheim ersuchte weitere Kantone um Rechtshilfe. Am 31. Januar 2005 bestimmte das Bundesamt für Justiz den Kanton Freiburg zum Leitkanton. Am 31. Januar 2005 bestimmte das Bundesamt für Justiz den Kanton Freiburg zum Leitkanton. C. Mit Verfügung vom 1. Februar 2005 trat der Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg auf die den Kantonen Freiburg, Basel-Landschaft, Waadt und Glarus eingereichten Rechtshilfeersuchen ein und ordnete die Durchführung verschiedener Untersuchungshandlungen in diesen Kantonen an. Wegen der Komplexität des Falles und weil sich sowohl auf Seiten der deutschen als auch der schweizerischen Behörden (unter anderem im Rahmen des ebenfalls beim Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg anhängigen Strafverfahrens gegen B.Z._ wegen Geldwäscherei) laufend neue Erkenntnisse ergaben, präzisierte die Staatsanwaltschaft Mannheim ihre Ersuchen mehrmals und bot der Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg in Anwendung von Art. 67a des Bundesgesetzes vom 20. März 1981 über internationale Rechtshilfe in Strafsachen (IRSG; SR 351.1) der ersuchenden Behörde wiederholt Gelegenheit, gestützt auf die jeweiligen neuen Erkenntnisse die Ersuchen zu ergänzen. Mit ergänzendem Ersuchen vom 19. August 2005 legte die Staatsanwaltshaft Mannheim insbesondere dar, gegen B.Z._ bestehe der dringende Verdacht, er habe Einkommenssteuern in Höhe von insgesamt 12'672'361 Euro sowie Körperschaftssteuern und Solidaritätszuschläge zugunsten der X._ AG in Höhe von insgesamt 11'659'107 Euro hinterzogen. Mit Stellungnahme vom 6. Februar 2006 beantragte Rechtsanwalt Peter Wirth namens und im Auftrag von B.Z._ und der X._ AG die vollumfängliche Verweigerung der Rechtshilfe und sofortige Aufhebung der angeordneten Massnahmen. Mit Stellungnahme vom 6. Februar 2006 beantragte Rechtsanwalt Peter Wirth namens und im Auftrag von B.Z._ und der X._ AG die vollumfängliche Verweigerung der Rechtshilfe und sofortige Aufhebung der angeordneten Massnahmen. D. Mit Schlussverfügung vom 16. August 2006 hiess der Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg das von der Staatsanwaltschaft Mannheim eingereichte Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 mitsamt Ergänzungen gut. Er ordnete die Übermittlung zahlreicher Unterlagen und eines elektronischen Datenträgers an die ersuchende Behörde an. Die Übermittlung der Unterlagen unterwarf er dem Grundsatz der Spezialität (Art. 67 IRSG). Die Sperre verschiedener Bankkonten hielt er aufrecht. D. Mit Schlussverfügung vom 16. August 2006 hiess der Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg das von der Staatsanwaltschaft Mannheim eingereichte Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 mitsamt Ergänzungen gut. Er ordnete die Übermittlung zahlreicher Unterlagen und eines elektronischen Datenträgers an die ersuchende Behörde an. Die Übermittlung der Unterlagen unterwarf er dem Grundsatz der Spezialität (Art. 67 IRSG). Die Sperre verschiedener Bankkonten hielt er aufrecht. E. Die dagegen von der X._ AG, A.Z._ und B.Z._ erhobene Beschwerde hiess das Kantonsgericht Freiburg (Strafkammer) am 27. März 2007 teilweise gut. Es hob die Sperre der Konten von B.Z._ und der X._ AG auf. Im Übrigen wies es die Beschwerde ab, soweit es darauf eintrat. E. Die dagegen von der X._ AG, A.Z._ und B.Z._ erhobene Beschwerde hiess das Kantonsgericht Freiburg (Strafkammer) am 27. März 2007 teilweise gut. Es hob die Sperre der Konten von B.Z._ und der X._ AG auf. Im Übrigen wies es die Beschwerde ab, soweit es darauf eintrat. F. Gegen den Entscheid des Kantonsgerichts führen die X._ AG sowie A.Z._ und B.Z._ "Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten und gleichzeitig Verfassungsbeschwerde". Sie beantragen, der Entscheid des Kantonsgerichts sei insoweit aufzuheben, als damit ihre Beschwerde gegen die Schlussverfügung abgewiesen worden sei; die Schlussverfügung sei aufzuheben, soweit dies nicht bereits geschehen sei. Eventualiter - für den Fall, dass die Beschwerde mit Bezug auf einen oder mehrere der gemäss Rechtshilfeersuchen vorgeworfenen Tatbestände abgewiesen werde - beantragen die Beschwerdeführer: 1. es seien von den beschlagnahmten und zu den Akten genommenen Unterlagen diejenigen auszusondern, welche nicht im Zusammenhang mit jenen Tatbeständen, für welche die Beschwerde abgewiesen werde, stünden oder zum Nachweis der betreffenden inkriminierten Tat ungeeignet seien; und es sei den Beschwerdeführern zum begründeten Ergebnis der Aussonderung die Möglichkeit zur Stellungnahme zu geben; 2. es seien von den bei den Banken edierten und zu den Akten genommenen Bankunterlagen diejenigen Unterlagen auszusondern, welche nicht im Zusammenhang mit denjenigen Tatbeständen, für welche die Beschwerde abgewiesen werde, stünden oder zum Nachweis der betreffenden inkriminierten Tat ungeeignet seien; und es sei den Beschwerdeführern zum begründeten Ergebnis der Aussonderung die Möglichkeit zur Stellungnahme zu geben; 3. es seien von den anlässlich der Hausdurchsuchungen beschlagnahmten elektronischen Daten diejenigen Daten auszusondern, welche nicht im Zusammenhang mit denjenigen Tatbeständen, für welche die Beschwerde abgewiesen werde, stünden oder zum Nachweis der betreffenden inkriminierten Tat ungeeignet seien; und es sei den Beschwerdeführern zum begründeten Ergebnis der Aussonderung die Möglichkeit zur Stellungnahme zu geben; 4. es seien von den anlässlich der Hausdurchsuchungen bei der I._ AG sichergestellten Unterlagen (Ordner J._ AG und K._ AG) diejenigen Unterlagen auszusondern, welche nicht im Zusammenhang mit denjenigen Tatbeständen, für welche die Beschwerde abgewiesen werde, stünden oder zum Nachweis der betreffenden inkriminierten Tat ungeeignet seien; und es sei den Beschwerdeführern zum begründeten Ergebnis der Aussonderung die Möglichkeit zur Stellungnahme zu geben; 5. es sei die Übermittlung jeglicher Information mit einem ausdrücklichen Spezialitätsvorbehalt zu versehen, wonach sie im Ausland ausschliesslich für ein Verfahren wegen denjenigen Straftaten gemäss Rechtshilfeersuchen vom 5. bzw. 24. November 2004 verwendet werden dürfe, bezüglich welcher die jeweiligen Anträge auf eine Übermittlung von Unterlagen an die ausländische Behörde abgewiesen (gemeint wohl: gutgeheissen) wurde und dass diese Unterlagen insbesondere nicht für eine Steuerveranlagungsverfahren verwendet werden dürfen. 5. es sei die Übermittlung jeglicher Information mit einem ausdrücklichen Spezialitätsvorbehalt zu versehen, wonach sie im Ausland ausschliesslich für ein Verfahren wegen denjenigen Straftaten gemäss Rechtshilfeersuchen vom 5. bzw. 24. November 2004 verwendet werden dürfe, bezüglich welcher die jeweiligen Anträge auf eine Übermittlung von Unterlagen an die ausländische Behörde abgewiesen (gemeint wohl: gutgeheissen) wurde und dass diese Unterlagen insbesondere nicht für eine Steuerveranlagungsverfahren verwendet werden dürfen. G. Das Kantonsgericht hat auf Vernehmlassung verzichtet. Der Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg beantragt unter Verzicht auf Gegenbemerkungen die Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Justiz beantragt unter Hinweis auf die seines Erachtens zutreffenden Erwägungen der Vorinstanzen die Abweisung der "Verwaltungsgerichtsbeschwerde". Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Für die Rechtshilfe zwischen der Bundesrepublik Deutschland und der Schweiz sind in erster Linie die Bestimmungen des Europäischen Übereinkommens über die Rechtshilfe in Strafsachen vom 20. April 1959 (EUeR, SR 0.351.1), dem beide Staaten beigetreten sind, und der zwischen ihnen abgeschlossene Zusatzvertrag vom 13. November 1969 (SR 0.351.913.61) massgebend. Anwendbar ist ferner das Übereinkommen Nr. 141 über Geldwäscherei sowie Ermittlung, Beschlagnahme und Einziehung von Erträgen aus Straftaten vom 8. November 1990 (Geldwäschereiübereinkommen; GwÜ; SR 0.311.53), das für die Schweiz am 1. September 1993 und für Deutschland am 1. Januar 1999 in Kraft getreten ist. Soweit diese Staatsverträge bestimmte Fragen nicht abschliessend regeln, kommt das schweizerische Landesrecht - namentlich das Bundesgesetz über internationale Rechtshilfe in Strafsachen vom 20. März 1981 (IRSG, SR 351.1) und die dazugehörige Verordnung (IRSV, SR 351.11) - zur Anwendung (Art. 1 Abs. 1 IRSG). 1.2 Gemäss Art. 110b IRSG richten sich Beschwerdeverfahren gegen Verfügungen, die in erster Instanz vor dem Inkraftreten dieser Änderung - am 1. Januar 2007 - getroffen worden sind, nach dem bisherigen Recht. Diese Bestimmung geht Art. 132 Abs. 1 BGG als "lex specialis" vor. Hat der kantonale Untersuchungsrichter die Schlussverfügung vor dem 1. Januar 2007 erlassen und das Kantonsgericht die dagegen erhobene Beschwerde nach diesem Datum abgewiesen, ist gegen dessen Entscheid die Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegeben (Urteil 1C_53/2007 vom 29. März 2007 E. 1.2). Der Untersuchungsrichter hat im vorliegenden Fall die Schlussverfügung vor dem 1. Januar 2007 erlassen. Gegen den angefochtenen Entscheid ist damit - wie das Bundesamt für Justiz zutreffend annimmt - die Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegeben. Die Vorinstanz hat eine unzutreffende Rechtsmittelbelehrung gegeben. Das ist insofern nachvollziehbar, als ihr das angeführte Urteil 1C_53/2007 vom 29. März 2007 noch nicht bekannt sein konnte und die Rechtslage vorher insoweit unklar war. Die Beschwerdeführer haben gestützt auf die unrichtige Rechtsmittelbelehrung der Vorinstanz fälschlich "Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten und gleichzeitig Verfassungsbeschwerde" erhoben. Dies führt zu keinem Nichteintretensentscheid. Die Eingabe der Beschwerdeführer genügt den Frist- und Formvorschriften der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Sie ist als solche entgegenzunehmen. 1.3 Die Beschwerdeführer können rügen die Verletzung von Bundesrecht (wozu auch das Staatsvertragsrecht gehört), einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens (Art. 80i Abs. 1 lit. a IRSG). Da die Vorinstanz eine richterliche Behörde ist, ist das Bundesgericht an ihre Feststellung des Sachverhaltes gebunden, sofern sie den Sachverhalt nicht offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen festgestellt hat (Art. 105 Abs. 2 OG). 1.4 Das Bundesgericht ist an die Begehren der Parteien nicht gebunden (Art. 25 Abs. 6 aIRSG). Es prüft die bei ihm erhobenen Rügen grundsätzlich mit freier Kognition. Es ist aber nicht verpflichtet, nach weiteren der Rechtshilfe allenfalls entgegenstehenden Gründen zu forschen, die aus der Beschwerde nicht hervorgehen (BGE 123 II 134 E. 1d S. 136 f.; 122 II 367 E. 2d S. 372, mit Hinweisen). 1.4 Das Bundesgericht ist an die Begehren der Parteien nicht gebunden (Art. 25 Abs. 6 aIRSG). Es prüft die bei ihm erhobenen Rügen grundsätzlich mit freier Kognition. Es ist aber nicht verpflichtet, nach weiteren der Rechtshilfe allenfalls entgegenstehenden Gründen zu forschen, die aus der Beschwerde nicht hervorgehen (BGE 123 II 134 E. 1d S. 136 f.; 122 II 367 E. 2d S. 372, mit Hinweisen). 2. 2.1 Die Beschwerdeführer rügen (S. 6 ff.), indem es die Vorinstanz abgelehnt habe, das Schreiben von Prof. Waldburger, Vizedirektor der Eidgenössischen Steuerverwaltung, vom 8. Dezember 2006 entgegenzunehmen, habe sie ihren Anspruch auf rechtliches Gehör nach Art. 29 Abs. 2 BV verletzt. 2.2 Der Untersuchungsrichter ersuchte gestützt auf Art. 24 Abs. 3 IRSV die Eidgenössische Steuerverwaltung um Stellungnahme dazu, ob aus schweizerischer Sicht der Tatverdacht des Abgabebetruges bestehe. Die Eidgenössische Steuerverwaltung erstattete ihre Stellungnahme am 24. Juli 2006 (Beschwerdebeilage). Darin führt sie (S. 5) zusammenfassend aus, die ihr vorgelegten Unterlagen ergäben einen ernsthaften Verdacht auf ein betrügerisches Zusammenwirken der D._-Firmen unter sich einerseits und unter bedarfsweisem Einbezug der schweizerischen X._ AG anderseits; ebenso, dass der Gang dieser Geschäfte und Interaktionen entscheidend vom Beschwerdeführer 3 bestimmt worden sei. Sollte sich dies in der weiteren Untersuchung bestätigen, entsprächen Geschäftsbücher, Bilanzen und Erfolgsrechnungen der involvierten Firmen nicht der Wahrheit und entpuppten sich die einzelnen Geschäftsführer einschliesslich der Beschwerdeführer 2 als vorgeschobene und weisungsabhängige Strohmänner bzw. das Ganze als beinahe undurchschaubares Lügengebäude. Dem Fiskus wären damit nahmhafte geschäftliche und private Einkünfte arglistig verschwiegen worden und diese wären nicht zur Besteuerung gelangt. Angesichts dieses Ergebnisses sei der glaubhaft gemachte Verdacht auf das Vorliegen von Abgabebetrug zu bejahen. Unterzeichnet ist die Stellungnahme von Prof. Robert Waldburger. Mit Schreiben vom 8. Dezember 2006 (Beschwerdebeilage) reichte dieser der Vorinstanz eine Klarstellung zur Stellungnahme vom 24. Juli 2006 ein. Prof. Waldburger unterstrich, die Eidgenössische Steuerverwaltung beschränke sich in ihren Stellungnahmen auf die Prüfung, ob anhand des Ersuchens und dessen Beilagen die objektiven Tatbestandsmerkmal eines Abgabebetruges gegeben seien (Ziff. 1). Der Verdacht auf Abgabebetrug sei für ihn aufgrund der in der Stellungnahme getroffenen Annahmen nach wie vor glaubhaft gemacht (Ziff. 2). 2.3 Die Vorinstanz führt (S. 9 E. 1e) aus, nicht zu hören seien die Beschwerdeführer unter anderem bezüglich der in der Noveneingabe vom 19. Januar 2007 gestellten prozessualen Anträge ("weitere [prozessuale] Anträge 1 und 2"). Diese würden mit der unaufgeforderten Eingabe von Prof. Waldburger vom 8. Dezember 2006 begründet. Prof. Waldburger bzw. die Eidgenössische Steuerverwaltung seien nicht Partei des vorliegenden Verfahrens. Es sei nicht ersichtlich, weshalb die Strafkammer verpflichtet wäre, spontane Eingaben Dritter, welche fast drei Monate nach Ablauf der Beschwerdefrist erfolgten, entgegenzunehmen und den Beschwerdeführern gestützt darauf zu gestatten, ihre Beschwerde zu ergänzen. Die prozessualen Anträge der Beschwerdeführer muteten dilatorisch an. Diese Ausführungen, mit denen sich die Beschwerdeführer in keiner Weise auseinandersetzen, lassen keine Bundesrechtsverletzung erkennen. Selbst wenn es sich anders verhielte und man annehmen wollte, die Vorinstanz habe das rechtliche Gehör der Beschwerdeführer verletzt, indem sie die Eingabe von Prof. Waldburger vom 8. Dezember 2006 nicht entgegen genommen habe, würde das den Beschwerdeführern nicht helfen. Eine Verletzung des rechtlichen Gehörs ist im Verfahren der Verwaltungsgerichtsbeschwerde heilbar (BGE 124 II 132 E. 2d S. 138/139; 117 Ib 64 E. 4 S. 87, mit Hinweisen; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2. Aufl., Bern 2004, S. 307). Die Beschwerdeführer hatten in der Beschwerde an das Bundesgericht die Möglichkeit, alles vorzubringen, was aus ihrer Sicht gegen die Gewährung der Rechtshilfe spricht und sich dabei auch auf die Stellungnahme von Prof. Waldburger vom 8. Dezember 2006 zu beziehen. Eine Verletzung des rechtlichen Gehörs wäre damit geheilt worden. 2.4 Die Beschwerde erweist sich daher im vorliegenden Punkt als unbehelflich. 2.4 Die Beschwerde erweist sich daher im vorliegenden Punkt als unbehelflich. 3. 3.1 Die Beschwerdeführer bringen (S. 8) vor, ihre Aktivlegitimation sei entgegen der Ansicht der Vorinstanz insofern zu bejahen, als es um die Frage gehe, ob Unterlagen bzw. Informationen für ein gegen sie gerichtetes Strafverfahren ins Ausland übermittelt werden dürften; dies ungeachtet der Frage, bei wem diese Unterlagen bzw. Informationen erhältlich gemacht worden seien. 3.2 Gemäss Art. 80h lit. b IRSG ist zur Beschwerde berechtigt, wer persönlich und direkt von einer Rechtshilfemassnahme betroffen ist und ein schutzwürdiges Interesse an deren Aufhebung oder Änderung hat. Personen, gegen die sich das ausländische Strafverfahren richtet, sind nach Art. 21 Abs. 3 IRSG unter den gleichen Voraussetzungen zur Beschwerde befugt. Nach der Rechtsprechung liegt ein schutzwürdiges Interesse nicht schon dann vor, wenn jemand irgend eine Beziehung zum Streitobjekt zu haben behauptet. Vielmehr muss eine vom einschlägigen Bundesrecht erfasste spezifische Beziehungsnähe gegeben sein. Eine bloss mittelbare Betroffenheit genügt nicht (BGE 128 II 211 E. 2.3 S. 217 mit Hinweisen). Die Person, gegen die sich das ausländische Strafverfahren richtet, ist nur dann persönlich betroffen, wenn sie sich in der Schweiz selber einer konkreten Massnahme - wie etwa einer Hausdurchsuchung oder einer Beschlagnahme - zu unterwerfen hat. Der Umstand allein, dass eine Rechshilfemassnahme ein im Ausland hängiges Verfahren fördert, genügt nicht. Würde Art. 21 Abs. 3 IRSG anders ausgelegt, könnte eine betroffene Person in jedem Fall Beschwerde erheben, was dem Sinn und Zweck der genannten Gesetzesbestimmung zuwiderliefe (BGE 116 Ib 106 E. 2a S. 109 f., mit Hinweisen). Der Angeschuldigte ist nicht befugt, Massnahmen anzufechten, welche Dritte betreffen (BGE 116 Ib 106 E. 2a/aa S. 110 f., mit Hinweisen; Zimmermann, a.a.O., S. 352). 3.3 Der Einwand der Beschwerdeführer geht somit fehl. Entgegen ihrer Auffassung ist entscheidend, beim wem die Unterlagen bzw. Informationen erhältlich gemacht worden sind und genügt die Eigenschaft der Beschwerdeführer 2 und 3 als Beschuldigte im ausländischen Verfahren allein nicht, um ihnen die Beschwerdelegitimation zu verschaffen. Die Beschwerdeführer sind insoweit zur Beschwerde befugt, als es um Unterlagen geht, die bei Ihnen beschlagnahmt worden sind, und um Auszüge über Konten, deren Inhaber sie sind. Die Beschwerdeführer sind insoweit zur Beschwerde befugt, als es um Unterlagen geht, die bei Ihnen beschlagnahmt worden sind, und um Auszüge über Konten, deren Inhaber sie sind. Die Beschwerdeführer sind insoweit zur Beschwerde befugt, als es um Unterlagen geht, die bei Ihnen beschlagnahmt worden sind, und um Auszüge über Konten, deren Inhaber sie sind. 4.1 4.1.1 Die Beschwerdeführer wenden (S. 8 f. ) ein, der Tatbestand des Abgabebetrugs mit Bezug auf die persönlichen Einkommenssteuern des Beschwerdeführers 3 für die Jahre 1999 bis 2003 sei entgegen der Ansicht der Vorinstanz nicht glaubhaft gemacht. Das Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 enthalte hinsichtlich dieses Deliktsvorwurf folgende zentrale Behauptung: "Mit Ablauf des Jahres 1998 gab er (B.Z._) gegenüber den Finanzbehörden an, seinen Wohnsitz in die Schweiz, nach G._, verlegt zu haben. Zum Nachweis reichte er Steuererklärungen für beschränkt Steuerpflichtige beim Finanzamt ein." Die Beschwerdeführer bringen vor, diese Behauptung, der Beschwerdeführer 3 habe gegenüber den Finanzbehörden angegeben, seinen Wohnsicht in die Schweiz verlegt zu haben, werde nicht belegt und sei willkürlich. 4.1.2 Der Einwand ist unbegründet. In den Akten findet sich etwa eine Rechnung des Beschwerdeführers 3 vom 5. Januar 2001 (Ordner A Faszikel 13). Darauf steht: "B.Z._, Marketing Consulting, G._". Die Annahme der deutschen Behörden, der Beschwerdeführer habe sich in die Schweiz abgemeldet, ist schon mit Blick darauf nicht willkürlich. 4.1.2 Der Einwand ist unbegründet. In den Akten findet sich etwa eine Rechnung des Beschwerdeführers 3 vom 5. Januar 2001 (Ordner A Faszikel 13). Darauf steht: "B.Z._, Marketing Consulting, G._". Die Annahme der deutschen Behörden, der Beschwerdeführer habe sich in die Schweiz abgemeldet, ist schon mit Blick darauf nicht willkürlich. 4.2 4.2.1 Die Beschwerdeführer bringen (S. 9 f.) vor, das Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 enthalte hinsichtlich des Vorwurfs des Abgabebetrugs mit Bezug auf die persönlichen Einkommenssteuern des Beschwerdeführers 3 folgende weitere zentrale Behauptung: "Tatsächlich wohnte B.Z._ weiter in der Zeit von 1999 bis zumindest ins Jahr 2003 in Deutschland, in C._": Die Beschwerdeführer machen geltend, auch diese Behauptung werde im Rechtshilfeersuchen nicht untermauert und bleibe damit unbegründet. 4.2.2 Das Vorbringen ist unbegründet. Im Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 wird (S. 6 f.) dargelegt, bis zum Jahr 1998 sei der Beschwerdeführer 3 in Deutschland als unbeschränkt steuerpflichtige Person geführt worden. Mit Ablauf des Jahres 1998 habe er gegenüber den Finanzbehörden angegeben, seinen Wohnsitz in die Schweiz, nach G._, verlegt zu haben. Zum Nachweis habe er Steuererklärungen für beschränkt Steuerpflichtige beim Finanzamt eingereicht. Hierdurch habe er erreicht, dass seine weiteren Einkünfte in Deutschland nicht der Besteuerung unterworfen worden seien und er zu Unrecht als beschränkt steuerpflichtige Person lediglich mit den deutschen Einkünften besteuert worden sei. Tatsächlich habe er weiter in der Zeit von 1999 bis zumindest ins Jahr 2003 in Deutschland, in C._, gewohnt. Im Jahr 2000 habe er seine Ehefrau in C._ geheiratet. Im Jahr 2001 sei das erste gemeinsame Kind geboren worden; im Jahr 2002 das zweite. Im Jahr 2003 sei seine Ehefrau verstorben und am Familienwohnsitz in C._ begraben worden. Der offiziell angemeldete Wohnsitz sei bei der Stadt C._ erst im Dezember 2003 abgemeldet worden. Die bislang vorliegenden Zeugenaussage des direkten Grundstücksnachbarn des Beschwerdeführers 3 in C._ belege die derzeit getroffene Feststellung. Hiernach habe der Beschwerdeführer 3 seinen Wohnsitz in dieser Zeit in C._ gehabt. Die weiteren Ermittlungen nach der Festnahme bestätigten dies. Die ersuchende Behörde nennt damit zur Stütze ihrer Verdachtmomente angerufene Beweise und macht sie glaubhaft. Mehr ist nicht zu verlangen (s. etwa BGE 125 II 250 E. 5b, 116 Ib 96 E. 4c, 115 Ib 68 E. 3b/bb; Urteil 1A.122/2003 vom 25. August 2003 E. 3.2, mit Hinweisen). Auch bei Rechtshilfebegehren wegen Abgabebetruges ist die ersuchende Behörde nicht gehalten, die Tatvorwürfe bereits abschliessend mit Beweisen zu belegen bzw. ihre Beweismittel dem Begehren beizufügen (vgl. BGE 107 Ib 264 E. 3a; zudem auch Urteile 1A.122/2003 vom 25. August 2003, 1A.63/2001 vom 20. Juli 2001, 1A.183/1995 vom 13. Oktober 1995 und 1A.139/1990 vom 29. Oktober 1990). Andernfalls würde der Sinne und Zweck der Rechtshilfe praktisch hinfällig. 4.2.3 Fehl gehen die Beschwerdeführer sodann, soweit sie (S. 10) geltend machen, aus der Begründung der Vorinstanz sei nicht ersichtlich, worauf sie ihre Annahme stütze, der Wohnsitz des Beschwerdeführers 3 habe sich weiterhin in Deutschland befunden. Die Vorinstanz begründet (S. 11 f. E. 2c) einlässlich, weshalb sie zu diesem Schluss kommt. Die Vorinstanz begründet (S. 11 f. E. 2c) einlässlich, weshalb sie zu diesem Schluss kommt. 4.3 4.3.1 Die Beschwerdeführer bringen vor, dem Rechtshilfeersuchen und den diesem beigefügten Beweismitteln und Berichten sei nicht zu entnehmen, dass das Pseudonym "L._" tatsächlich jemals gegenüber jemandem verwendet worden sei und/oder zu einer Täuschung geführt habe. 4.3.2 Die Akten (Ordner A Faszikel 12) enthalten ein Schriftstück, dass darauf hindeutet, dass sich der Beschwerdeführer 3 seine Post an die Adresse "L._, Im H._, C._" senden liess. Dies ist eines der verschiedenen von der Vorinstanz (S. 11 f. E. 2c) genannten Indizien, welche dafür sprechen, dass der Beschwerdeführer 3 die deutschen Steuerbehörden über seinen tatsächlichen Wohnsitz arglistig getäuscht hat. Hinreichende Verdachtsmomente für Abgabebetrug sind gegeben. Was die Beschwerdeführer dagegen einwenden, ist nicht geeignet, eine Bundesrechtsverletzung darzutun. 4.3.2 Die Akten (Ordner A Faszikel 12) enthalten ein Schriftstück, dass darauf hindeutet, dass sich der Beschwerdeführer 3 seine Post an die Adresse "L._, Im H._, C._" senden liess. Dies ist eines der verschiedenen von der Vorinstanz (S. 11 f. E. 2c) genannten Indizien, welche dafür sprechen, dass der Beschwerdeführer 3 die deutschen Steuerbehörden über seinen tatsächlichen Wohnsitz arglistig getäuscht hat. Hinreichende Verdachtsmomente für Abgabebetrug sind gegeben. Was die Beschwerdeführer dagegen einwenden, ist nicht geeignet, eine Bundesrechtsverletzung darzutun. 4.4 4.4.1 Die Beschwerdeführer machen (S. 10 f.) geltend, die Voraussetzungen des Abgabebetruges müssten für jedes einzelne Steuerjahr glaubhaft dargetan werden, was hier nicht der Fall sei. 4.4.2 Das Vorbringen ist unbehelflich. Aufgrund des Rechtshilfeersuchens bestehen hinreichende Verdachtsmomente dafür, dass der Beschwerdeführer Einkommenssteuern in den Jahren 1999 bis 2003 durch arglistige Täuschung der deutschen Steuerbehörden hinterzogen hat. Es kann erneut auf die überzeugenden Erwägungen der Vorinstanz (S. 11 f. E. 2c) verwiesen werden. 4.4.2 Das Vorbringen ist unbehelflich. Aufgrund des Rechtshilfeersuchens bestehen hinreichende Verdachtsmomente dafür, dass der Beschwerdeführer Einkommenssteuern in den Jahren 1999 bis 2003 durch arglistige Täuschung der deutschen Steuerbehörden hinterzogen hat. Es kann erneut auf die überzeugenden Erwägungen der Vorinstanz (S. 11 f. E. 2c) verwiesen werden. 5. 5.1 Die Beschwerdeführer machen (S. 11 ff.) geltend, der Tatbestand des Abgabebetruges mit Bezug auf Körperschaftssteuern und Solidaritätszuschlag der Beschwerdeführerin 1 für die Jahre 1996 bis 2003 in Deutschland sei nicht glaubhaft gemacht. 5.2 Auch dazu hat sich die Vorinstanz (S. 12 ff.) einlässlich geäussert. Sie legt dar, dem Beschwerdeführer 3 und der Beschwerdeführerin 1 werde gemäss Rechtshilfeersuchen vorgeworfen, gegenüber dem deutschen Fiskus zwischen 1996 und 2003 Körperschaftssteuern hinterzogen zu haben, indem der Beschwerdeführer 3 seine Stellung als tatsächlicher Gesellschafter der Beschwerdeführerin 1 - welche bis 2000 die D._ GmbH besessen habe - arglistig verschleiert habe. Auch bei diesem Vorwurf handle es sich um Abgabebetrug. Aus dem Rechtshilfeersuchen ergebe sich, dass der Beschwerdeführer 3 mit grosser Wahrscheinlichkeit alleiniger Aktionär oder zumindest Mehrheitsaktionär der Beschwerdeführerin 1 sei. Die Vorinstanz verweist insoweit auf die Schlussverfügung. Der Untersuchungsrichter führt dort (S. 12 E. 2.2.2) aus, gegenüber den deutschen Finanzbehörden sei der Beschwerdeführer 2 als Alleingesellschafter der Beschwerdeführerin 1 angegeben worden. Die vorgelegte Bescheinigung werde von den deutschen Behörden aus folgenden Gründen als falsch qualifiziert: Im Jahre 2001 habe die Beschwerdeführerin 1 94,9 Prozent der Anteilte an der D._ GmbH an die Firma F._ zu einem Gesamtpreis von insgesamt 60,8 Millionen DM verkauft. Die börsengehandelte Firma F._ sei verpflichtet gewesen, diesen Vorgang der französischen Börsenaufsicht zu melden. Aus dieser Meldung sei ersichtlich, dass der Beschwerdeführer 3 alleiniger Gesellschafter der Beschwerdeführerin 1 gewesen sei. Auch weitere Unterlagen liessen den Beschwerdeführer 3 als Alleingesellschafter, Verwaltungsratspräsident oder alleinvertretungsberechtigter Präsident der Beschwerdeführerin 1 erkennen. In zahlreichen Verträgen und Vertragsentwürfen werde er in dieser Eigenschaft aufgeführt. Ebenso belegten andere Unterlagen, dass er einigen der Briefkastenfirmen der D._ GmbH Instruktionen gegeben habe. In seinem Testamentsentwurf vom 26. November 2003 habe er sich sodann selbst als an der Beschwerdeführerin 1 wirtschaftlich berechtigt bezeichnet und er habe darin Anordnung getroffen, wie im Falle seines Ablebens mit der Substanz der Beschwerdeführerin 1 zu verfahren sei. Aus den Einvernahmeprotokollen der Privatsekretärin des Beschwerdeführers 3 gehe schliesslich hervor, dass dieser innerhalb der D._ GmbH eine überragende Stellung eingenommen habe und mit einiger Wahrscheinlichkeit von Deutschland aus die Beschwerdeführerin 1 dirigiert und beherrscht habe. So habe er die richtungweisenden Entscheidungen getroffen und seiner Sekretärin Anweisungen für Zahlungen durch die Beschwerdeführerin 1 erteilt, die seine Sekretärin an jene des Beschwerdeführers 2 weiterzuleiten gehabt habe. Die Vorinstanz legt weiter dar, der Beschwerdeführer 3 sei vom 19. Oktober 2000 bis 2003 Verwaltungsratspräsident der Beschwerdeführerin 1 gewesen. Aus den dargelegten Tatsachen folge, dass der Beschwerdeführer 3 mit grosser Wahrscheinlichkeit die massgeblichen Entscheidungen der Beschwerdeführerin 1 getroffen habe, so dass sich der Mittelpunkt ihrer tatsächlichen Geschäftsleitung am Wohnsitz des Beschwerdeführers 3 befunden habe. Dieser habe aber, wie bereits ausgeführt, bis zumindest 2003 in Deutschland gelegen. Arglist - so die Vorinstanz weiter - ergebe sich daraus, dass der Beschwerdeführer 2 zuhanden der deutschen Finanzbehörden bescheinigt habe, Alleingesellschafter der Beschwerdeführerin 1 zu sein, wodurch er eine begünstigte Besteuerung von Gewinnausschüttungen der in Deutschland domizilierten D._ GmbH an die Beschwerdeführerin 1 erreicht habe; weiter daraus, dass die Buchhaltung der Beschwerdeführerin 1 als gefälscht gelten müsse, wenn sie nicht den Beschwerdeführer 3, sondern den offenbar vorgeschobenen Beschwerdeführer 2 als Alleinaktionär bezeichnet habe; ferner daraus, dass der Beschwerdeführer 3 sich seine Post unter dem Pseudonym "L._" nicht nach G._, sondern nach C._ habe schicken lassen. 5.3 Diese Erwägungen der kantonalen Instanzen lassen keine Bundesrechtsverletzung erkennen. Sie zeigen, dass auch im vorliegenden Punkt hinreichende Verdachtsmomente für einen Abgabebetrug bestehen. Die Beschwerde ist auch insoweit unbehelflich. Die Beschwerde ist auch insoweit unbehelflich. 6. 6.1 Die Vorinstanz führt (S. 14 E. 4.) aus, die Beschwerdeführer wendeten sich gegen den Vorwurf, der Beschwerdeführer 3 habe absichtlich ein weit verzweigtes, schwer durchschaubares Firmennetz installiert, um bewusst Vermögenswerte zu verbergen. Soweit verständlich schienen sie in diesem Zusammenhang vorzubringen, der Vorwurf der Hinterziehung von Körperschaftssteuern und Solidaritätszuschlag zugunsten der fünf Firmen N._, O._, P._, Q._ und R._ für die Jahre 2001-2002 treffe nicht zu und das Rechtshilfeersuchen sei diesbezüglich abzuweisen. Die Vorinstanz bemerkt dazu, der Schlussverfügung sei nicht zu entnehmen, dass die Rechtshilfe bzw. die Gutheissung des Rechtshilfegesuchs mit diesem gegen den Beschwerdeführer 3 gerichteten Vorwurf der Steuerhinterziehung begründet werde. Der angefochtenen Schlussverfügung lasse sich einzig entnehmen, dass bezüglich der im Kanton Glarus angeordneten Hausdurchsuchungen unter anderem alle Unterlagen zu beschlagnahmen seien, welche im Zusammenhang mit vier der genannten fünf Firmen stünden. Diesbezüglich wäre der Beschwerdeführer 3 nicht beschwerdelegitimiert. Bezüglich der Beschwerdeführerin 1, deren Räumlichkeiten durchsucht worden seien, fehle es der Beschwerde an jeder Begründung, weshalb die Rechtshilfe nicht zu gewähren wäre, so dass auch diesbezüglich nicht weiter auf den Hauptantrag einzugehen sei. 6.2 Diese Erwägungen sind ebenfalls nicht zu beanstanden. Was die Beschwerdeführer dagegen vorbringen, ist nicht geeignet, eine Bundesrechtsverletzung darzutun. Sie behaupten insbesondere nicht, dass ihre Beschwerde in Bezug auf die Beschwerdeführerin 1, welche im vorliegenden Zusammenhang beschwerdelegitimiert gewesen wäre, eine hinreichende Begründung enthalten habe. Die Beschwerde ist auch im vorliegenden Punkt unbehelflich. Die Beschwerde ist auch im vorliegenden Punkt unbehelflich. 7. 7.1 Die Vorinstanz erwägt (S. 15), im Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 werde ausgeführt, die D._ GmbH habe in den Jahren 1996 bis 2001 Gewinne in Höhe von mindestens 40 Millionen DM an die Beschwerdeführerin 1 ausgeschüttet. Durch Vorlage einer falschen Bescheinigung des Beschwerdeführers 2 als Alleingesellschafter der Beschwerdeführerin 1 sei eine günstigere Besteuerung erreicht und die zutreffende deutsche Versteuerung der Gewinnausschüttungen durch die deutschen Finanzbehörden verhindert worden. Den Akten lasse sich weiter entnehmen, dass die D._ GmbH in den Jahren 1999/2000 Gewinne von 20 Millionen DM ausgeschüttet haben solle. 7.2 Die Beschwerdeführer wenden ein, die D._ GmbH habe nach 1999 keine Dividenden ausgeschüttet. Dies ergebe sich aus dem Bericht der Eidgenössischen Steuerverwaltung vom 28. Februar 2005 (Beschwerdebeilage) und den beschlagnahmten Jahresrechnungen der Beschwerdeführerin 1. Die Beschwerdeführer legen nicht dar und es ist nicht ersichtlich, aus welcher Stelle im Bericht der Eidgenössischen Steuerverwaltung vom 28. Februar 2005 sich ergeben soll, dass die D._ nach 1999 keine Dividenden ausgeschüttet habe. Ebenso sagen sie nicht, wo in den umfangreichen Akten (17 Bundesordner) sich die Jahresrechnungen der Beschwerdeführerin 1 finden sollen. Insbesondere in einem komplexen Rechtshilfefall mit umfangreichen Akten wie hier darf von den Beschwerdeführern - welche uneingeschränkt Akteneinsicht hatten - erwartet werden, dass sie die genauen Aktenstellen angeben, aus denen sich etwas zu ihren Gunsten ergeben soll. Es ist daher fraglich, ob im vorliegenden Punkt auf die Beschwerde eingetreten werden kann. Dies kann jedoch offen bleiben, da sie auch insoweit ohnehin unbehelflich ist. Wenn die Beschwerdeführer ausführen, die D._ habe nach 1999 keine Dividenden ausgeschüttet, anerkennen sie damit implizit, dass sie bis (und mit) 1999 Dividenden ausbezahlt hat. Ihre Ausführungen sind daher nicht geeignet, die Sachverhaltsschilderung im Rechtshilfeersuchen im vorliegenden Punkt als offensichtlich unrichtig erscheinen zu lassen. Hat die D._ der Beschwerdeführerin 1 Gewinne ausgeschüttet, kommt insoweit ein Abgabebetrug, wie ihn die deutschen Behörden schildern, in Betracht. Für welche Jahre dies im Einzelnen der Fall ist, wird im deutschen Strafverfahren zu klären sein. Die Beschwerde ist ebenfalls unbehelflich, soweit die Beschwerdeführer vorbringen, die ersuchende Behörde habe nicht dargetan, dass sie in Bezug auf den vorliegenden Deliktsvorwurf ein Strafverfahren führe. Nach dem Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 führt die Staatsanwaltschaft Mannheim unter anderem gegen die Beschwerdeführer 2 und 3 ein Ermittlungsverfahren wegen des Verdachts auf Steuerdelikte. Dabei geht es auch um Gewinnausschüttungen der D._ GmbH an die Beschwerdeführerin 1. An diesen Angaben der ersuchenden Behörde zu zweifeln besteht kein Anlass. Nach der Rechtsprechung kann im Übrigen Rechtshilfe gegebenenfalls selbst dann geleistet werden, wenn im ersuchenden Staat noch kein eigentliches Strafverfahren eröffnet worden ist (BGE 116 Ib 452 E. 3a und b). Die Beschwerde ist ebenfalls unbehelflich, soweit die Beschwerdeführer vorbringen, die ersuchende Behörde habe nicht dargetan, dass sie in Bezug auf den vorliegenden Deliktsvorwurf ein Strafverfahren führe. Nach dem Rechtshilfeersuchen vom 24. November 2004 führt die Staatsanwaltschaft Mannheim unter anderem gegen die Beschwerdeführer 2 und 3 ein Ermittlungsverfahren wegen des Verdachts auf Steuerdelikte. Dabei geht es auch um Gewinnausschüttungen der D._ GmbH an die Beschwerdeführerin 1. An diesen Angaben der ersuchenden Behörde zu zweifeln besteht kein Anlass. Nach der Rechtsprechung kann im Übrigen Rechtshilfe gegebenenfalls selbst dann geleistet werden, wenn im ersuchenden Staat noch kein eigentliches Strafverfahren eröffnet worden ist (BGE 116 Ib 452 E. 3a und b). 8. Die Beschwerdeführer bringen (S. 15) vor, Erwägung 7 des angefochtenen Entscheids (S. 16 f.) leide an einem Begründungsmangel. Insoweit habe die Vorinstanz ihren Anspruch auf rechtliches Gehör verletzt. Der Einwand ist unbegründet. Die Vorinstanz hat sich in Erwägung 7 ihres Urteils hinreichend mit dem Vorbringen der Beschwerdeführer auseinandergesetzt, die Übermittlung der im Zusammenhang mit dem Verdacht der Widerhandlung gegen das Lauterkeitsrecht stehenden Unterlagen an die ersuchende Behörde sei von der Bedingung abhängig zu machen, dass der Bundesgerichtshof in Karlsruhe als Rechtsmittelinstanz das Urteil des Landgerichts Mannheim vom 14. Juni 2006 betreffend Widerhandlung gegen das Lauterkeitsrecht aufhebe und die Sache zur Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückweise und diese Rückweisung rechtkräftig geworden sei. Was die Vorinstanz dazu ausführt, lässt im Übrigen keine Bundesrechtsverletzung erkennen. Der Einwand ist unbegründet. Die Vorinstanz hat sich in Erwägung 7 ihres Urteils hinreichend mit dem Vorbringen der Beschwerdeführer auseinandergesetzt, die Übermittlung der im Zusammenhang mit dem Verdacht der Widerhandlung gegen das Lauterkeitsrecht stehenden Unterlagen an die ersuchende Behörde sei von der Bedingung abhängig zu machen, dass der Bundesgerichtshof in Karlsruhe als Rechtsmittelinstanz das Urteil des Landgerichts Mannheim vom 14. Juni 2006 betreffend Widerhandlung gegen das Lauterkeitsrecht aufhebe und die Sache zur Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückweise und diese Rückweisung rechtkräftig geworden sei. Was die Vorinstanz dazu ausführt, lässt im Übrigen keine Bundesrechtsverletzung erkennen. 9. 9.1 Die Beschwerdeführer bringen (S. 15 f.) zur Erwägung 8 des angefochtenen Urteils (S. 17 f.) vor, da die hier in Frage stehenden Unterlagen in anderen Verfahren erhoben worden seien, für welche der Untersuchungsrichter am 28. September 2006 eine "Nichtweiterverfolgungsverfügung" erlassen habe, hätten sie grundsätzlich nichts mit den in Deutschland geführten Verfahren und den darauf gestützten Rechtshilfeersuchen zu tun. Daher obliege es dem Untersuchungsrichter darzutun, weshalb und in welchem Umfang diese Unterlagen in Zusammenhang mit dem vorliegenden Rechtshilfeersuchen und den einzelnen darin behaupteten Delikten stünden und somit für die Aufklärung derselben beweisrelevant seien. 9.2 Nach der Rechtsprechung sind die schweizerischen Behörden verpflichtet, den ausländischen Behörden alle diejenigen Aktenstücke zu übermitteln, die sich auf den im Ersuchen enthaltenen Verdacht beziehen können. Nicht zulässig wäre es, den ausländischen Behörden nur diejenigen Unterlagen zu überlassen, die den im Rechtshilfeersuchen dargestellten Sachverhalt mit Sicherheit beweisen. Massgeblich ist die potentielle Erheblichkeit der beschlagnahmten Aktenstücke: Den ausländischen Strafverfolgungsbehörden sind diejenigen Aktenstücke zu übermitteln, die sich möglicherweise auf den im Rechtshilfeersuchen dargestellten Sachverhalt beziehen können; nicht zu übermitteln sind nur diejenigen Akten, die für das ausländische Strafverfahren mit Sicherheit nicht erheblich sind. Den ausländischen Strafverfolgungsbehörden obliegt es dann, aus den möglicherweise erheblichen Akten diejenigen auszuscheiden, welche die den Beschuldigten vorgeworfenen Taten beweisen (BGE 122 II 367 E. 2c). Es obliegt dem Beschwerdeführer, jedes einzelne Aktenstück, das nach seiner Auffassung nicht an die ersuchende Behörde übermittelt werden darf, zu bezeichnen. Zugleich hat er für jedes der so bezeichnete Aktenstücke darzulegen, weshalb es im ausländischen Strafverfahren nicht erheblich sein kann (BGE 126 II 258 E. 9c S. 264; 122 II 367 E. 2d S. 371 f.). 9.3 Es wäre danach Sache der Beschwerdeführer gewesen, im Einzelnen aufzuzeigen, welches Schriftstück aus welchem Grund für die ersuchende Behörde mit Sicherheit unerheblich sei und deshalb nicht herausgegeben werden dürfe. Dies haben sie nicht getan. Die Beschwerde erweist sich deshalb auch im vorliegenden Punkt als unbehelflich. Die Beschwerde erweist sich deshalb auch im vorliegenden Punkt als unbehelflich. 10. Die Vorinstanz kommt (E. 9 S. 18) zum Schluss, die Gewährung der Rechtshilfe müsse entgegen der Ansicht der Beschwerdeführer nicht für jedes Jahr getrennt begründet werden. Ihre Erwägungen dazu sind nicht zu beanstanden. Die Beschwerdeführer setzen sich damit nicht weiter auseinander. Was sie (S. 16) vorbringen, ist nicht geeignet, eine Bundesrechtsverletzung darzutun. 10. Die Vorinstanz kommt (E. 9 S. 18) zum Schluss, die Gewährung der Rechtshilfe müsse entgegen der Ansicht der Beschwerdeführer nicht für jedes Jahr getrennt begründet werden. Ihre Erwägungen dazu sind nicht zu beanstanden. Die Beschwerdeführer setzen sich damit nicht weiter auseinander. Was sie (S. 16) vorbringen, ist nicht geeignet, eine Bundesrechtsverletzung darzutun. 11. 11.1 Für den Fall, dass die Beschwerde mit Bezug auf einen der Hauptanträge I.A.1-4 und/oder Hauptantrag II abgewiesen werde, beantragten die Beschwerdeführer vor Vorinstanz bezüglich der beschlagnahmten Unterlagen und elektronischen Daten eine Aussonderung jener Unterlagen bzw. Daten, welche nicht im Zusammenhang mit denjenigen Tatbeständen stünden, für welche die Beschwerde abgewiesen werde oder die zum Nachweis der betreffenden inkriminierten Tat ungeeignet seien. Dazu sei den Beschwerdeführern zum begründeten Ergebnis der Aussonderung die Möglichkeit zur Stellungnahme zu geben. Ebenfalls sei die Übermittlung jeglicher Information mit einem ausdrücklichen Spezialitätsvorbehalt zu versehen. Insbesondere dürften diese Unterlagen nicht für ein Steuerveranlagungsverfahren verwendet werden. Sie begründeten diese Anträge damit, diese ergäben sich aus dem Grundsatz der Verhältnismässigkeit und aus Art. 3 Abs. 3 IRSG. 11.2 Die Vorinstanz bemerkt dazu (S. 19 E. 10a), mit dem lapidaren Hinweis auf den Grundsatz der Verhältnismässigkeit und auf Art. 3 Abs. 3 IRSG vermöchten die Beschwerdeführer ihrer Begründungspflicht nicht zu genügen. Entgegen der Behauptung der Beschwerdeführer sei dem Untersuchungsrichter darin zuzustimmen, dass erstere bei einer allfälligen Aussonderung eine Mitwirkungspflicht treffe und sie mit ihrem Begehren nicht beliebig zuwarten dürften. Wie der Untersuchungsrichter zutreffend ausführe, sei das Akteneinsichtsrecht der Beschwerdeführer nie eingeschränkt gewesen und habe deren Anwalt dieses auch ausgeübt und danach am 6. Februar 2006 eine längere Stellungnahme eingereicht. Von einem "Ausschluss" der Beschwerdeführer vom Verfahren könne entgegen deren Behauptung nicht die Rede sei. Die Beschwerdeführer hätten nicht über anderthalb Jahre zuwarten dürfen, bis sie - im Rechtsmittelverfahren - eine Aussonderung verlangten. Das Gesuch sei verspätet. Zudem fehle auch in der Beschwerde jeglicher Hinweis, welche Unterlagen konkret auszusondern wären. Diese Ausführungen stützen sich auf die bundesgerichtliche Rechtsprechung und sind nicht zu beanstanden. Wie dargelegt (E. 9.2) wäre es Sache der Beschwerdeführer gewesen darzutun, welches einzelne Schriftstück aus welchem Grunde nicht an die ersuchende Behörde herausgegeben werden dürfe. Dieser Begründungspflicht sind sie, obwohl sie dazu Gelegenheit gehabt hätten, nie nachgekommen. 11.3 Die Vorinstanz führt (S. 19 E. 10a) sodann aus, der Antrag, die zu übermittelnden Unterlagen seien mit einem ausdrücklichen Spezialitätsvorbehalt zu versehen, stosse ins Leere, da die Schlussverfügung (Dispositiv Ziff. 8 und 11 [Verteiler mit Hinweis auf das Formular "Grundsatz der Spezialität"]) genau dies vorsehe. Das angefochtene Urteil verletzt auch insoweit kein Bundesrecht. Das angefochtene Urteil verletzt auch insoweit kein Bundesrecht. 12. Erwägung 11 des angefochtenen Urteils (S. 23) enthält eine Haupt- und eine Eventualbegründung. Auf die Vorbringen der Beschwerdeführer dagegen (S. 17) kann schon deshalb nicht eingetreten werden, weil sie nicht beide Begründungen anfechten (BGE 133 IV 119 E. 6.3, mit Hinweisen). Auf die Vorbringen der Beschwerdeführer dagegen (S. 17) kann schon deshalb nicht eingetreten werden, weil sie nicht beide Begründungen anfechten (BGE 133 IV 119 E. 6.3, mit Hinweisen). 13. Die Beschwerde ist abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Bei diesem Ausgang des Verfahrens tragen die Beschwerdeführer die Kosten (Art. 156 Abs. 1 OG). Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen, soweit darauf eingetreten werden kann. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen, soweit darauf eingetreten werden kann. 2. Die Gerichtsgebühr von je Fr. 2'000.--, insgesamt Fr. 6'000.--, wird den Beschwerdeführern auferlegt. 2. Die Gerichtsgebühr von je Fr. 2'000.--, insgesamt Fr. 6'000.--, wird den Beschwerdeführern auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Beschwerdeführern, dem Untersuchungsrichter des Kantons Freiburg und dem Kantonsgericht Freiburg (Strafkammer) sowie dem Bundesamt für Justiz (Abteilung internationale Rechtshilfe, Sektion Rechtshilfe) schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 30. August 2007 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
22,153
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 6B_792/2008 Arrêt du 28 avril 2009 Cour de droit pénal Composition MM. les Juges Favre, Président, Schneider et Wiprächtiger. Greffier: M. Oulevey. Parties X._, recourant, contre A._, B._, toutes deux représentées par Me Guerric Canonica, avocat, C._, représentée par Me Elisabeth Gabus-Thorens, avocate, Procureur général du canton de Genève, case postale 3565, 1211 Genève 3, intimés. Objet Actes d'ordre sexuel avec des enfants, recours contre l'arrêt de la Cour de cassation du canton de Genève du 29 août 2008. Faits: A. Par arrêt du 7 décembre 2007, la Cour d'assises du canton de Genève a condamné X._, pour actes d'ordre sexuel commis sur une personne incapable de discernement ou de résistance, viols, contraintes sexuelles, actes d'ordre sexuel avec des enfants, inceste et lésions corporelles simples aggravées, à douze ans de privation de liberté, peine partiellement complémentaire à d'autres, sous déduction de la détention préventive. Elle a aussi ordonné un traitement médical ambulatoire et statué sur les conclusions civiles. B. Contre cet arrêt, X._ a, par son défenseur d'office, formé un pourvoi en cassation, que la Cour de cassation du canton de Genève a rejeté dans la mesure où il était recevable par un arrêt du 29 août 2008. C. Par mémoires personnels des 15 septembre et 3 octobre 2008, X._ recourt au Tribunal fédéral contre ce dernier arrêt, en concluant à son annulation. À titre préalable, il demande l'assistance judiciaire, en particulier qu'un avocat soit désigné d'office pour développer plus avant ses moyens. Le Tribunal fédéral n'a pas ordonné d'échange d'écritures. Considérant en droit: 1. Le recourant se plaint de ne pas avoir bénéficié d'un procès équitable, parce que son défenseur d'office aurait gravement failli à sa mission. 1.1 Selon l'art. 29 al. 3 Cst., toute personne qui ne dispose pas de ressources a droit, à moins que sa cause ne paraisse dépourvue de toute chance de succès, à l'assistance judiciaire gratuite; elle a en outre droit à l'assistance gratuite d'un défenseur, dans la mesure où la sauvegarde de ses droits le requiert. En outre, aux termes de l'art. 6 § 3 al. c CEDH, tout accusé a droit notamment à se défendre lui-même ou à avoir l'assistance d'un défenseur de son choix et, s'il n'a pas les moyens de rémunérer un défenseur, à pouvoir être assisté gratuitement par un avocat d'office, lorsque les intérêts de la justice l'exigent. Ces deux dispositions ont une portée identique. Elles ont pour objet de rendre la défense concrète et effective et de contribuer ainsi à la garantie d'un procès équitable (cf. ATF 126 I 194 consid. 3a p. 195 s.). Elles confèrent à l'accusé le droit à une défense compétente, assidue et efficace. Elles peuvent dès lors être violées non seulement par le refus ou l'omission de l'autorité compétente de désigner un avocat d'office à l'accusé malgré la complexité ou la gravité de l'affaire, mais encore par l'inaction du juge qui tolère que le défenseur d'office néglige ses devoirs professionnels au détriment de l'accusé (ATF 126 I 194 consid. 3d p. 198 s.) ou qu'il soit empêché de remplir convenablement ses fonctions. Cependant, n'importe quelle erreur, maladresse ou faute, ou n'importe quel empêchement, du défenseur d'office ne suffit pas. Pour qu'une violation des art. 29 al. 3 Cst. et 6 § 3 al. c CEDH puisse être retenue, il faut, d'abord, que les carences du défenseur d'office aient pour effets d'empêcher l'exercice des droits procéduraux que les art. 29 Cst. et 6 CEDH confèrent à l'accusé et, ainsi, de rendre le procès inéquitable (cf. KARSTEN GAEDE, Fairness als Teilhabe, th. Zurich 2005, éd. Berlin 2007, p. 897/898). Ensuite, on ne saurait imputer au juge la responsabilité de toute défaillance, même grave, du défenseur d'office. De l'indépendance des barreaux cantonaux par rapport à l'État, il résulte que la conduite de la défense appartient pour l'essentiel à l'accusé et à son avocat, commis d'office au titre de l'assistance judiciaire ou rétribué par son client. Aussi les art. 29 al. 3 Cst. et 6 § 3 al. c CEDH n'obligent-ils le juge à intervenir que si la carence de l'avocat d'office est manifeste (apparente) ou si elle lui a été suffisamment signalée de quelque autre manière (ATF 126 I 194 consid. 3d p. 199 et les références). Le juge ne saurait donc intervenir à raison des choix stratégiques de la défense. Les facteurs à considérer en la matière sont nombreux et souvent contradictoires. Ils offrent une large marge d'appréciation au défenseur, dont les décisions peuvent d'ailleurs être influencées par des éléments ignorés des autorités et couverts par le secret professionnel (ATF 126 I 194 consid. 3d p. 200 et les références). 1.2 Le recourant se plaint, en premier lieu, du fait que son défenseur d'office ne s'est pas opposé au visionnage de l'enregistrement vidéo de la seconde audition de l'une des trois victimes, réalisée après son renvoi en jugement. D'après lui, le ministère public avait violé l'art. 197 du code de procédure pénale genevois (ci-après: CPP/GE; RSG E 4 20) en faisant procéder à cette audition à ce stade de la procédure, de sorte que son défenseur d'office aurait dû soulever un incident et requérir que la cassette vidéo et sa transcription soient retranchées du dossier. 1.2.1 L'art. 19 CPP/GE investit les présidents des tribunaux d'un pouvoir discrétionnaire, en vertu duquel ils peuvent prendre toute mesure qu'ils jugent utile à la manifestation de la vérité. Pour les affaires soumises à une juridiction siégeant avec l'assistance d'un jury (cour correctionnelle avec jury ou cour d'assises), l'art. 294 al. 1 CPP/GE confère le même pouvoir à la cour stricto sensu, soit aux trois magistrats professionnels qui, avec le jury, forment la cour d'assises (cf. DOMINIQUE PONCET, Le nouveau code de procédure pénale genevois annoté, 1978, p. 94 s. et 364 s; GRÉGOIRE REY, Procédure pénale genevoise, 2005, n°s 1.3 ad art. 19 CPP/GE et 1.2 ad art. 294 CPP/GE). Il suit de là que les preuves recevables aux débats ne sont pas seulement celles qui ont été versées au dossier pendant l'instruction préparatoire; si le président ou la cour en décide ainsi, une preuve peut également être administrée pour la première fois aux débats, si les parties ont pu en prendre connaissance avant de plaider et si elles ont disposé du temps nécessaire à la préparation de leur défense (cf. REY, op. cit., n° 1.2 ad art. 294 CPP/GE). L'art. 197 CPP/GE invoqué par le recourant n'y change rien. 1.2.2 Mais il va de soi que la cour ou son président ne saurait ordonner l'administration de preuves illégales. Au moment de l'instruction préparatoire et des débats de la présente cause, l'audition des enfants victimes d'infractions à l'intégrité physique, sexuelle ou psychique était régie par l'ancienne loi fédérale sur l'aide aux victimes d'infractions, du 4 octobre 1991 (ci-après: aLAVI; RO 1992 2465), plus précisément par son art. 10c, introduit par la novelle du 23 mars 2001 (RO 2002 2997). En vertu de cette disposition, adoptée dans l'intérêt de la victime, l'enfant devait, si possible, n'être entendu qu'une seule fois. Il ne pouvait être obligé de répondre une seconde fois à des questions que si les parties n'avaient pas pu exercer leurs droits lors de la première audition, ou si cela était indispensable au bon déroulement de l'enquête ou à la sauvegarde de l'intérêt de l'enfant. La seconde audition devait être conduite par un enquêteur formé à cet effet, si possible par le même que la première fois, en présence d'un spécialiste. Les parties devaient exercer leurs droits par l'intermédiaire de cet enquêteur. Ainsi, en cas de seconde audition, la défense disposait du droit de faire poser des questions (ATF 129 IV 179 consid. 2.4 p. 184). Certes, la faculté de poser des questions manifestement superflues pouvait lui être refusée (ATF 129 I 151 consid. 4.2 p. 157). Mais, si la défense n'avait pas eu la possibilité de faire poser ses questions lors de la première audition, le juge ne pouvait lui refuser cette possibilité sur la base d'une appréciation anticipée des premières déclarations de l'enfant; il devait, soit ordonner une nouvelle audition qui respecte les droits de la défense, soit, si les intérêts légitimes de l'enfant s'opposaient à une nouvelle audition, faire abstraction des déclarations de celui-ci (cf. ATF 129 I 151 consid. 4 p. 155 ss). Dans le cas présent, le recourant a été renvoyé le 20 mars 2007 devant la cour d'assises, sous l'accusation d'avoir, notamment, contraint régulièrement sa fille B._, née en janvier 1998, à subir des actes d'ordre sexuel, puis, dès le mois de mai 2002, de l'avoir régulièrement violée. Le recourant contestait cette dernière partie de l'accusation. En octobre 2007, B._ a, par sa mère, demandé à être réentendue. Sur réquisition du ministère public et alors que la chambre d'accusation avait refusé de donner suite à une même demande par le passé, la police a procédé à une nouvelle audition de l'enfant, le 7 novembre 2007, sans que le défenseur du recourant ait été informé et invité à venir faire poser ses questions par l'enquêteur. Il est donc manifeste que cette seconde audition a été menée d'une manière qui ne respectait pas les droits de la défense. Aux débats, le défenseur d'office a demandé qu'acte lui soit donné de ses réserves sur la légalité de l'audition, mais en précisant qu'il ne s'opposait pas à ce que le jury prenne connaissance de l'enregistrement. Il n'a pas requis de mesure probatoire complémentaire (cf. procès-verbal des débats, p. 6). Après que le jury a reconnu son client coupable de viols, sur la foi notamment des déclarations faites par l'enfant lors de sa seconde audition (cf. motivation du verdict de culpabilité, pp. 1-4), le défenseur d'office a formé un pourvoi en cassation en faisant notamment valoir que la prise en considération de l'audition litigieuse méconnaissait le droit du recourant à un procès équitable, les principes résultant du CPP/GE et l'art. 197 CPP/GE. Se référant à l'art. 341 CPP/GE et au principe de la bonne foi, la cour de cassation cantonale a écarté ces moyens au motif que, ne s'étant pas opposé au visionnage de la cassette aux débats, le recourant ne pouvait plus invoquer l'irrégularité de cette preuve à l'appui de son pourvoi (arrêt attaqué, consid. 2.2 p. 6). Dès lors, il convient de se demander si, en s'abstenant de requérir que la cassette vidéo et la transcription soient retranchées du dossier ou, à tout le moins, que des mesures probatoires complémentaires soient ordonnées pour remédier à l'irrégularité (telle une nouvelle audition respectant les droits de la défense), le défenseur d'office du recourant a, par suite d'un empêchement ou par négligence, manqué à sa mission au point de rendre le procès inéquitable et, le cas échéant, si ce manquement était manifeste. 1.2.3 Dans le mémoire qu'il a adressé à la cour de cassation cantonale, le défenseur d'office, s'identifiant à son client par un procédé purement rhétorique, a allégué que c'est parce qu'il a été surpris et déstabilisé par l'élément nouveau que constituait la seconde audition qu'il n'a pas été en mesure de réagir de manière appropriée sur le moment. La cour cantonale, identifiant également le défenseur d'office au recourant, a retenu, sur la base du mémoire de recours cantonal (p. 3 s.), que le "recourant" avait été informé de l'existence de la seconde audition trois semaines avant l'ouverture du procès, soit vers le 14 novembre 2007. Le défenseur d'office n'a dès lors pas été empêché sous l'effet de la surprise de réagir convenablement à l'apport de l'enregistrement vidéo et de la transcription. Un avocat désigné d'office par le Tribunal fédéral ne pourrait soutenir le contraire avec la moindre chance de succès. Conformément à la jurisprudence précitée (ATF 129 I 151 consid. 4 p. 155 ss), le défenseur d'office pouvait s'opposer à l'apport de la cassette vidéo et de la transcription, et obtenir leur retranchement du dossier, seulement s'il demandait une audition complémentaire en vue de faire poser à l'enfant des questions non manifestement superflues et qu'il s'avérât impossible de procéder à une telle audition. Sans conclusions tendant à une audition complémentaire, rien n'empêchait le visionnage de la cassette par les jurés. Il est vrai qu'en ne requérant pas de nouvelle audition tout en soulignant l'irrégularité de celle du 7 novembre 2007, le défenseur d'office a adopté une conduite apparemment contradictoire, qui pouvait sembler révélatrice d'un manque de cohérence ou de fermeté dans la défense des intérêts du recourant. Mais un tel comportement pouvait aussi s'expliquer par des considérations stratégiques. Sur le vu du dossier (notamment des aveux passés à l'audience du juge d'instruction du 29 août 2005, cf. dossier cantonal p. 223), les magistrats de la cour d'assises étaient fondés à penser que ce n'était pas par manque de cohérence ou de fermeté, mais bien plutôt dans le but calculé d'amener le jury à considérer les déclarations de l'enfant avec retenue et circonspection, que le défenseur du recourant se bornait à se faire donner acte de ses réserves sur la légalité de la preuve, tout en se gardant de requérir une audition complémentaire dont il avait peut-être des raisons de penser qu'elle renforcerait la parole de l'enfant. Dans ces conditions, un avocat désigné par le Tribunal fédéral ne pourrait soutenir avec la moindre chance de succès que la position adoptée par le défenseur d'office au sujet de l'enregistrement vidéo devait entraîner une intervention des magistrats de la cour d'assises, ni davantage qu'elle obligeait la cour cantonale à entrer en matière sur le moyen de cassation tiré de l'irrégularité de l'audition, nonobstant l'art. 341 CPP/GE, pour remédier aux conséquences d'une carence manifeste du défenseur d'office. 1.3 Ensuite, le recourant allègue que certains membres du jury se seraient montrés menaçants envers lui et son défenseur, par des gestes et par des mimiques, lorsqu'ils ont pris connaissance des déclarations enregistrées de l'enfant B._. Le recourant semble en déduire que son défenseur d'office aurait manqué à son devoir en ne récusant pas ces jurés. Cependant, ses allégations ne reposent pas sur le moindre commencement de preuve. Rien au dossier ne permettrait à un avocat désigné par le Tribunal fédéral de soutenir avec quelque chance de succès que des membres du jury ont réagi aux déclarations de l'enfant d'une manière qui dénoterait une prévention. 1.4 Sur réquisition du ministère public du 12 septembre 2007, la police a saisi divers documents dans la cellule du recourant, ainsi que l'ordinateur portable dont il avait l'autorisation de disposer. Le recourant paraît reprocher à son défenseur d'office de ne pas s'être opposé à l'apport des éléments nouveaux recueillis au moyen de cette mesure, qu'il estime irrégulière. Ce grief ne saurait être admis. Peu importe en effet que la saisie ait, ou non, contrevenu aux règles cantonales de procédure. Les éléments nouveaux qu'elle a permis de recueillir, parfaitement anodins, ne nuisaient pas à la défense. Aussi un avocat désigné par le Tribunal fédéral ne pourrait-il soutenir, avec la moindre chance de succès, que le défenseur d'office du recourait devait s'opposer à leur apport. 1.5 Le recourant se plaint encore de ce que la police ne l'a informé qu'à la fin de sa première audition, le 24 février 2005, des droits que lui conférait l'art. 107A al. 3 CPP/GE, en particulier de son droit à ne pas s'incriminer (let. d). Il semble également vouloir faire grief à son défenseur d'office de ne pas avoir réagi de manière appropriée à cette irrégularité. Il est vrai que le recourant a reçu l'avis prévu à l'art. 107A al. 3 CPP/GE à la fin de sa première audition, alors qu'il aurait dû le recevoir au début de l'interrogatoire (cf. REY, op. cit., n° 3.1 ad art. 107A CPP/GE). Mais il ressort du dossier qu'il a expressément confirmé ses déclarations après l'avoir reçu (cf. dossier cantonal, p. 25), puis le lendemain, au cours de sa deuxième audition par la police (cf. dossier cantonal, p. 28) et même, concernant les actes sexuels commis au préjudice de B._, lors d'une audience du juge d'instruction, le 29 août 2005 (cf. dossier cantonal, p. 223). Couvert par les propres déclarations subséquentes du recourant, le vice initial ne pouvait plus être invoqué utilement par le défenseur d'office. 1.6 Le recourant allègue qu'il a, concernant les faits qui lui étaient reprochés par C._, requis que des questions soient posées à la partie civile, qu'une expertise de crédibilité soit ordonnée et qu'une confrontation soit organisée. Il prétend que le juge d'instruction aurait omis de prendre note de ces réquisitions au procès-verbal et de statuer sur elles. Il semble vouloir faire grief à son défenseur d'office de ne pas les avoir renouvelées aux débats. Que le défenseur d'office ait pris l'option de ne pas demander à pouvoir faire poser des questions à l'enfant C._ ne devait pas nécessairement apparaître comme une carence aux magistrats de la cour d'assises. Ceux-ci pouvaient fort bien penser que la position adoptée par le défenseur était dictée soit par la crainte qu'une nouvelle audition ne vienne en définitive renforcer la parole de l'enfant, soit au contraire par la conviction que la véracité de celle-ci pourrait être mise en doute sans contre-interrogatoire. En outre, une expertise de crédibilité ne peut être ordonnée que lorsqu'il existe des indices sérieux de troubles psychiques ou d'influence exercée par un tiers (cf. ATF 129 IV 179 consid. 2.4 p. 184 et les références). Faute de tels indices au dossier, les magistrats de la cour d'assises n'avaient pas à s'interroger sur la compétence ou l'assiduité du défenseur au motif que celui-ci ne requérait pas d'expertise de crédibilité. Enfin, une confrontation entre le recourant et l'enfant était strictement interdite par l'art. 10b al. 1 aLAVI. Un avocat désigné par le Tribunal fédéral ne pourrait dès lors pas soutenir, avec la moindre chance de succès, l'existence d'une carence manifeste du défenseur d'office. 1.7 Dans le pourvoi en cassation qu'il a formé pour le recourant, le défenseur d'office s'est borné à invoquer l'irrégularité de la seconde audition de l'enfant B._, d'une part, et l'appréciation manifestement inexacte des preuves dans les cas des enfants B._ et C._, d'autre part. Il n'a pas contesté les faits concernant l'enfant A._, ni la fixation de la peine. 1.7.1 En procédure pénale genevoise, la cour de cassation, juge du droit, ne revoit pas les constatations de fait. Tout au plus peut-elle être saisie d'un grief d'arbitraire, au sens de l'art. 9 Cst., dans l'appréciation des preuves (cf. REY, op. cit., n° 1.5.1.3 ad art. 340 CPP/GE). Il n'y a pas arbitraire, au sens de l'art. 9 Cst., du seul fait qu'une autre solution est concevable, voire préférable. Une décision est arbitraire lorsqu'elle est manifestement insoutenable, méconnaît gravement une norme ou un principe juridique clair et indiscuté, ou encore heurte de manière choquante le sentiment de justice et d'équité. Pour qu'une décision soit arbitraire, il ne suffit pas que sa motivation soit insoutenable; il faut encore qu'elle apparaisse arbitraire dans son résultat (ATF 134 I 140 consid. 5.4 p.148; 133 I 149 consid. 3.1 p. 153 et les arrêts cités). En matière d'appréciation des preuves et d'établissement des faits, il y a arbitraire lorsque l'autorité ne prend pas en compte, sans aucune raison sérieuse, une preuve propre à modifier la décision, lorsqu'elle se trompe manifestement sur son sens et sa portée, ou encore lorsqu'elle tire des déductions insoutenables des éléments de preuve recueillis (ATF 129 I 8 consid. 2.1 p. 9). En l'espèce, sur le vu du dossier, en particulier des déclarations du recourant à la police, le défenseur d'office n'aurait pas pu soulever avec la moindre chance de succès un grief d'arbitraire contre le verdict de culpabilité rendu par le jury sur certains des chefs d'accusation concernant A._. Un avocat désigné d'office par le Tribunal fédéral ne pourrait soutenir le contraire sans témérité. 1.7.2 Pour fixer la peine, le juge du fond dispose d'un large pouvoir d'appréciation. Il ne viole la loi pénale, et sa décision n'encourt dès lors la cassation en procédure genevoise (cf. art. 340 let. a CPP/GE), que s'il prononce une peine hors du cadre légal, s'il la fixe en considération d'éléments étrangers à l'art. 47 CP ou sans tenir compte de critères pertinents au regard de cette disposition, ou s'il se montre à ce point sévère ou clément que l'on doive parler d'un abus du pouvoir d'appréciation (cf. ATF 129 IV 6 consid. 6 p. 21). Le juge doit motiver sa décision (art. 50 CP). Dans le cas présent, vu la lourde culpabilité du recourant et le soin apporté à la motivation de la condamnation (cf. arrêt de la cour d'assises, p. 27 ss), un moyen de cassation pris d'une violation de l'art. 47 ou de l'art. 50 CP aurait été manifestement dénué de chance de succès. 1.8 En définitive, il apparaît qu'un avocat désigné par le Tribunal fédéral serait dans l'incapacité de démontrer l'existence d'une carence manifeste du défenseur d'office du recourant, que ce soit en première ou en seconde instance cantonale. Le recourant a bénéficié d'une défense compétente et assidue et, en dépit de certaines irrégularités, d'un procès équitable. Le recours exercé par mémoires personnels du recourant, pour violation des art. 29 al. 3 Cst. et 6 § 3 al. d CEDH, doit dès lors être rejeté, sans qu'il soit nécessaire de charger un avocat d'en développer plus avant le moyen unique. 2. Pour statuer sur la demande d'assistance judiciaire, dont l'octroi suppose l'existence de quelque chance de succès (cf. art. 64 al. 1 LTF), il reste à examiner si un avocat désigné d'office par le Tribunal fédéral pourrait encore soulever, sans témérité, d'autres moyens que celui invoqué par le recourant. 2.1 La cour cantonale a refusé d'entrer en matière sur le moyen que le défenseur d'office tirait de l'irrégularité de la seconde audition de l'enfant B._, au motif que la condition à laquelle l'art. 341 CPP/GE soumet la recevabilité du pourvoi pour violation d'une règle essentielle de la procédure n'était pas remplie. Il s'agit là d'un motif de droit cantonal, que le Tribunal fédéral ne pourrait revoir que sous l'angle restreint de l'arbitraire, dans le cadre d'un moyen pris de la violation d'un droit constitutionnel (cf. art. 95 et 96 LTF a contrario). Conformément à l'art. 341 CPP/GE, le pourvoi en cassation pour violation de règles essentielles de la procédure n'est recevable que si, au cours de l'instruction préparatoire, devant la chambre d'accusation ou aux débats, le recourant a déjà présenté des conclusions ou s'est fait donner acte de l'irrégularité prétendue, à moins que la violation n'ait eu lieu dans la décision attaquée. D'après la cour cantonale, cette disposition a pour but d'éviter que les parties, en violation du principe de la bonne foi, puissent se réserver des cas de cassation en s'abstenant de soulever lors de l'audience de jugement des griefs quant à la procédure suivie, alors que l'informalité pourrait encore être réparée (cf. arrêt attaqué, consid. 2.1 p. 6). Cette opinion, qui est du reste conforme à la jurisprudence citée par Rey (op. cit., n° 1.1 ad art. 341 CPP/GE), est manifestement fondée. C'est pourquoi il ne suffit pas que le recourant ait demandé, pour la forme, qu'acte lui soit donné de ses réserves sur la régularité de la procédure; il faut qu'il ait réagi à l'irrégularité d'une manière qui manifeste une véritable opposition. Dans le cas présent, le défenseur d'office a, tout en demandant qu'acte lui soit donné de ses réserves, expressément consenti à ce que les jurés prennent connaissance de l'enregistrement vidéo. Un avocat désigné par le Tribunal fédéral ne pourrait dès lors pas soutenir avec la moindre chance de succès qu'il était arbitraire pour la cour cantonale de considérer que la condition de recevabilité posée à l'art. 341 CPP/GE n'était pas remplie. Au demeurant, selon Rey (op. cit., n° 1.2 ad art. 294 CPP/GE), lorsque l'administration d'une preuve est ordonnée par la cour en vertu de son pouvoir discrétionnaire, une simple protestation ne suffit pas. La partie est forclose si elle laisse procéder après s'être seulement fait donner acte de ses réserves sans en tirer de conséquences pratiques propres à remédier au vice allégué. Pour cette raison également, comme le défenseur d'office n'a pas demandé à pouvoir faire poser des questions à l'enfant, un avocat désigné d'office par le Tribunal fédéral n'aurait aucune chance de démontrer que la cour cantonale a commis l'arbitraire en jugeant irrecevable le moyen de cassation tiré de l'irrégularité de la seconde audition. 2.2 Même sans tenir compte des déclarations de l'enfant, les aveux que le recourant a passés à propos des abus qu'il a commis au préjudice de sa fille B._ (cf. auditions des 24, 25 février et 29 août 2005) permettent d'exclure d'emblée toute possibilité que les constatations de fait de la cour d'assises à ce sujet, en particulier concernant le nombre et la fréquence des rapports sexuels complets, soient insoutenables au regard du dossier. S'agissant de l'enfant C._, il est vrai que le recourant a constamment contesté sa culpabilité. Mais aucun élément du dossier ne permettrait à un avocat désigné par le Tribunal fédéral de soutenir avec quelque chance de succès que les jurés ont versé dans l'arbitraire en ajoutant foi, pour ce qui concerne la caresse retenue, aux déclarations de l'enfant (cf. dossier cantonal, p. 147 ss), de sa mère (p. 4 du procès-verbal des débats) et d'une psychologue (p. 8 du procès-verbal des débats). Les griefs d'appréciation arbitraire des preuves dans les cas des enfants B._ et C._ ne sauraient dès lors être repris devant le Tribunal fédéral avec la moindre chance de succès. 2.3 Enfin, le recours au Tribunal fédéral n'est ouvert que contre l'arrêt de dernière instance cantonale (cf. art. 80 al. 1 LTF). Les moyens pris d'une violation du droit fédéral par une décision antérieure sont irrecevables. En procédure genevoise, la cour de cassation ne peut se prononcer que sur les motifs invoqués dans le mémoire (cf. REY, op. cit., n° 1.2 ad art. 350 CPP/GE). En l'espèce, dans le mémoire qu'il a adressé à la cour cantonale, le défenseur d'office a exclusivement invoqué l'irrégularité de la seconde audition de l'enfant B._, d'une part, et l'appréciation manifestement inexacte des preuves dans les cas des enfants B._ et C._, d'autre part. L'arrêt attaqué ne statue donc que sur ces griefs. Comme le défenseur d'office n'a pas manqué à ses devoirs en n'en soulevant pas d'autres (cf. supra, consid. 1.7), le Tribunal fédéral ne serait pas tenu, pour réparer une violation du droit du recourant à une défense appropriée, de contrôler la conformité au droit fédéral d'autre chose que de la décision de la cour de dernière instance cantonale. S'il était saisi d'un moyen autre que ceux discutés aux considérants 2.1 et 2.2, il devrait dès lors les déclarer irrecevables. Il apparaît ainsi qu'un avocat désigné d'office par le Tribunal fédéral ne pourrait soulever aucun moyen qui ne soit d'emblée dénué de toute chance de succès. La demande d'assistance judiciaire doit dès lors être rejetée (art. 64 al. 1 LTF a contrario). 3. Le recourant, qui succombe, supportera les frais de justice (art. 66 al. 1 LTF), réduits à 800 fr. pour tenir compte de sa situation financière. Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 fr., sont mis à la charge du recourant. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour de cassation du canton de Genève. Lausanne, le 28 avril 2009 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Favre Oulevey
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[AZA 0/2] 1P.569/2000/mks I. ÖFFENTLICHRECHTLICHE ABTEILUNG ********************************* 16. November 2000 Es wirken mit: Bundesrichter Aemisegger, Präsident der I. öffentlichrechtlichen Abteilung, Bundesrichter Féraud, Ersatzrichterin Pont Veuthey und Gerichtsschreiberin Widmer. ----------- In Sachen Z._ AG, Beschwerdeführerin, vertreten durch die Rechtsanwälte Dr. Michael Ritscher und Dr. Michael Kikinis, Forchstrasse 452, Postfach 832, Zürich, gegen Kantonsgerichtspräsidium Z u g, Einzelrichter im summarischen Verfahren, Obergericht des Kantons Z u g, Justizkommission, betreffend Art. 6 Ziff. 1 EMRK, Art. 29 und 33 BV (Nichtzulassung einer Schutzschrift), hat sich ergeben: A.- Die Z._ AG (nachfolgend: Z._ AG) wurde am 10. Dezember 1998 von der X._ AG wegen angeblich unzulässiger Benutzung der Marke X._ verwarnt. Am 14. Dezember 1998 reichte die Z._ AG dem Präsidenten des Kantonsgerichts Zug eine Schutzschrift ein, um sich vorsorglich gegen ein ihr möglicherweise drohendes superprovisorisches Verbot der Verwendung der Bezeichnung "X._" in den Titeln der Sonderausgaben einiger ihrer Zeitschriften zu verteidigen. Gleichzeitig beantragte sie dem Kantonsgericht, die Schutzschrift entgegenzunehmen und zu berücksichtigen, sollte die X._ AG um Erlass einer superprovisorischen Massnahme ersuchen. Am 15. Dezember 1998 wies der Einzelrichter im summarischen Verfahren beim Kantonsgerichtspräsidium Zug das Gesuch um Entgegennahme der Schutzschrift ab und auferlegte der Z._ AG Gerichtskosten von Fr. 315.--. Diese beschwerte sich am 28. Dezember 1998 beim Obergericht des Kantons Zug mit dem Antrag, die Verfügung sei aufzuheben und die Vorinstanz anzuweisen, die Schutzschrift entgegenzunehmen. Die Justizkommission des Obergerichts schrieb das Beschwerdeverfahren am 31. März 2000 wegen Gegenstandslosigkeit ab, da die X._ AG in der Zwischenzeit keine rechtlichen Schritte gegen die Z._ AG unternommen habe. Die Verfahrenskosten von Fr. 360.-- auferlegte sie der Z._ AG. Im selben Beschluss setzte sich das Obergericht im Sinne einer Stellungnahme mit der Frage, ob Schutzschriften gerichtlich zuzulassen sind, vertieft auseinander und verneinte sie für den Kanton Zug. B.- Mit staatsrechtlicher Beschwerde vom 12. September 2000 beantragt die Z._ AG dem Bundesgericht die Aufhebung des obergerichtlichen Entscheids wegen Verletzung des rechtlichen Gehörs (Art. 6 Ziff. 1 EMRK, 29 Abs. 2 BV), des Verbots des überspitzten Formalismus (Art. 29 Abs. 1 BV), des Rechts auf willkürfreies staatliches Handeln (Art. 9 BV) sowie des Petitionsrechts (Art. 33 BV). Weiter ersucht sie um Feststellung, dass die Schutzschrift hätte zugelassen werden müssen, sowie um Anweisung an den Kanton Zug, ihr die bezahlten Verfahrenskosten zurückzuerstatten. Das Obergericht beantragt die Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten sei. Die X._ AG verzichtet ausdrücklich auf eine Stellungnahme. Das Kantonsgericht hat keine Vernehmlassung eingereicht. Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1.- a) Das Bundesgericht prüft die Zulässigkeit der bei ihm eingereichten Beschwerden von Amtes wegen und mit freier Kognition (BGE 125 I 412 E. 1a mit Hinweisen). b) Die Justizkommission hat im angefochtenen Entscheid ausgeführt, selbst wenn in Abkehr der Zuger Praxis eine Schutzschrift grundsätzlich entgegenzunehmen wäre, sei das Beschwerdeverfahren als gegenstandslos zu betrachten, weil die allenfalls zu beachtende Aufbewahrungsfrist längstens abgelaufen sei. Mit dieser Begründung hat die Justizkommission das Beschwerdeverfahren wegen Gegenstandslosigkeit abgeschrieben. aa) Die Beschwerdeführerin setzt sich mit der Begründung der Justizkommission zur Gegenstandslosigkeit des Verfahrens nicht auseinander und beantragt auch nicht die Aufhebung des Abschreibungsbeschlusses. Statt dessen verlangt sie die Prüfung der Frage, ob ihre Schutzschrift vom Kantonsgericht hätte zugelassen werden müssen. Zu dieser Problematik hat sich die Justizkommission in einem obiter dictum geäussert und dargelegt, das Institut der Schutzschrift müsse weder nach dem zugerischen Zivilprozessrecht noch direkt gestützt auf die Bundesverfassung zugelassen werden. Dabei wies sie ausdrücklich darauf hin, dass sie sich "im Sinne einer Meinungsäusserung" mit den aufgeworfenen Fragen zum zugerischen Zivilprozess materiell auseinander setze, weil diese grundsätzlicher Natur seien und sich immer wieder stellen könnten. Die Beschwerdeführerin befasst sich nur mit dieser Meinungsäusserung, indem sie insbesondere den Standpunkt vertritt, aus dem verfassungsmässigen Anspruch auf rechtliches Gehör lasse sich ein Recht auf Zulassung der Schutzschrift ableiten. bb) Die staatsrechtliche Beschwerde wegen Verletzung verfassungsmässiger Rechte ist nur gegen Erlasse oder Entscheide zulässig (Art. 84 Abs. 1 OG), mithin gegen kantonale Hoheitsakte, die in irgendeiner Weise die Rechtsstellung des einzelnen Bürgers berühren, indem sie ihn verbindlich und erzwingbar zu einem Tun, Unterlassen oder Dulden verpflichten oder sonstwie seine Rechtsbeziehung zum Staat autoritativ festlegen (BGE 121 I 173 E. 2a mit Hinweisen). Ob dies im konkreten Fall zutrifft, beurteilt sich primär nach dem materiellen Inhalt des angefochtenen Hoheitsakts (BGE 120 Ia 321 E. 3a S. 325 mit Hinweisen). Die beanstandete Meinungsäusserung der Justizkommission ist mangels ihrer rechtlichen Verbindlichkeit weder ein Erlass noch ein Entscheid (vgl. BGE 108 Ia 105 E. 1a, 264 E. 5). Sie stellt kein zulässiges Anfechtungsobjekt dar, weshalb insoweit auf die Beschwerde nicht eingetreten werden kann. Es ist nicht Aufgabe des Bundesgerichts, eine nicht entscheidrelevante Meinungsäusserung einer letztinstanzlichen kantonalen Behörde auf ihre Verfassungsmässigkeit hin zu überprüfen. Die staatsrechtliche Beschwerde richtet sich somit nicht gegen den kantonal letztinstanzlichen Endentscheid, die Beschwerdesache wegen Gegenstandslosigkeit abzuschreiben. Insofern wäre auch nicht ersichtlich, inwiefern die Annahme der Gegenstandslosigkeit verfassungsmässige Rechte verletzen soll. c) Angefochten ist sodann der Kostenentscheid der Justizkommission. Die Beschwerde enthält keine eigenständige Begründung zu diesem Punkt. Insbesondere fehlt eine Darlegung darüber, inwiefern die Kostenauferlegung mit dem Verfahrensausgang unvereinbar sein soll. Damit der Antrag um Aufhebung des Kostenentscheids überprüfbar ist, hätte sich die Beschwerdeführerin mit der obergerichtlichen Begründung auseinander setzen müssen. Auf den Antrag um Aufhebung der Kostenauflage kann folglich mangels ausreichender Begründung im Sinn von Art. 90 Abs. 1 lit. b OG nicht eingetreten werden (vgl. BGE 125 I 71 E. 1c, 492 E. 1b; 122 I 70 E. 1c). 2.- Demnach ist auf die staatsrechtliche Beschwerde nicht einzutreten. Entsprechend dem Ausgang des bundesgerichtlichen Verfahrens werden die Kosten der Beschwerdeführerin auferlegt (Art. 156 Abs. 1 OG). Demnach erkennt das Bundesgericht im Verfahren nach Art. 36a OG: 1.- Auf die staatsrechtliche Beschwerde wird nicht eingetreten. 2.- Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'000.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 3.- Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin, dem Kantonsgerichtspräsidium Zug (Einzelrichter im summarischen Verfahren), dem Obergericht des Kantons Zug (Justizkommission) und der X._ AG schriftlich mitgeteilt. _ Lausanne, 16. November 2000 Im Namen der I. öffentlichrechtlichen Abteilung des SCHWEIZERISCHEN BUNDESGERICHTS Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin:
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 9C_55/2014, 9C_65/2014 {T 0/2} Urteil vom 20. November 2014 II. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Kernen, Präsident, Bundesrichter Meyer, Bundesrichterin Glanzmann, Gerichtsschreiberin Dormann. Verfahrensbeteiligte 9C_55/2014 Personalfürsorgestiftung der Firma C._ AG in Liq., vertreten durch Rechtsanwalt Kurt Gemperli, Beschwerdeführerin, gegen A._, vertreten durch Rechtsanwalt Christian Bütikofer, Beschwerdegegnerin, und 9C_65/2014 A._, vertreten durch Rechtsanwalt Christian Bütikofer, Beschwerdeführerin, gegen Personalfürsorgestiftung der Firma C._ AG, vertreten durch Rechtsanwalt Kurt Gemperli, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Berufliche Vorsorge (Verantwortlichkeit der Stiftungsorgane), Beschwerden gegen den Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons St. Gallen vom 27. November 2013. Sachverhalt: A. Die Personalfürsorgestiftung der Firma C._ AG bezweckte die Vorsorge für die Arbeitnehmer der Stifterfirma und die Angehörigen bzw. Hinterbliebenen dieser Personen bei Alter, Invalidität, Krankheit, Unfall und Tod des Arbeitnehmers sowie bei besonderer Notlage und für Personen, für die der Arbeitnehmer nachweisbar bis zuletzt gesorgt hat. Sie erbrachte keine Leistungen aus obligatorischer beruflicher Vorsorge, weshalb sie nicht im entsprechenden Register eingetragen war. Die Stifterfirma führte die Geschäfte der Personalfürsorgestiftung; B._ amtete von 1985 bis 1996 als deren Kontrollstelle. Die Aufsichtsbehörde hob die Personalfürsorgestiftung mit Verfügung vom xxx auf (seither: Personalfürsorgestiftung der Firma C._ AG in Liquidation; nachfolgend: Personalfürsorgestiftung), nachdem ihr mitgeteilt worden war, dass allen Mitarbeitern der Stifterfirma gekündigt worden sei und dass diese sich im Nachlass befinde. Die Kollokationsklage vom 24. Januar 2000 gegen die Stifterfirma in Nachlassliquidation betreffend Schadenersatz aus Organhaftung endete in einem Vergleich, mit dem u.a. die Kollozierung einer Forderung der Personalfürsorgestiftung von Fr. 740'000.- (im ersten Rang) vereinbart wurde (Abschreibungsbeschluss des Kantonsgerichts St. Gallen vom xxx). B. Mit Klage vom 30. Dezember 2009 liess die Personalfürsorgestiftung beantragen, B._ sei zu verpflichten, ihr einen nach dem Ergebnis des Beweisverfahrens zu beziffernden Betrag, eventualiter den Betrag von Fr. 2'809'000.- nebst Zins zu 5 % seit 10. Februar 1998, vermindert um allfällige künftige Schadenersatzleistungen Dritter, zu bezahlen. B._ liess auf vollumfängliche Abweisung der Klage schliessen. Nachdem er am xxx 2013 verstarb, trat seine Ehefrau A._ als einzige Erbin in den Prozess ein. Mit Entscheid vom 27. November 2013 hiess das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen die Klage in dem Sinn teilweise gut, als A._ verpflichtet wird, der Personalfürsorgestiftung Schadenersatz im Betrag von Fr. 922'780.65, zuzüglich Zins zu 5 % ab 30. Dezember 2009, zu bezahlen (Dispositiv-Ziff. 1 Satz 1). Der aufgrund des Vergleichs von 2006 der Klägerin ausbezahlte Betrag ist anzurechnen (Dispositiv-Ziff. 1 Satz 2). C. Die Personalfürsorgestiftung (9C_55/2014) lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen mit folgenden Rechtsbegehren: In Abänderung von Dispositiv-Ziff. 1 Satz 1 des Entscheids vom 27. November 2013 sei A._ zu verpflichten, ihr Fr. 2'809'000.- nebst Zins zu 5 % seit 10. Februar 1998 zu bezahlen. Dispositiv-Ziff. 1 Satz 2 des angefochtenen Entscheids sei aufzuheben. A._ (9C_65/2014) lässt mit eigener Beschwerde beantragen, der Entscheid vom 27. November 2013 sei aufzuheben und die Klage vom 30. Dezember 2009 abzuweisen. Die Parteien beantragen jeweils die Abweisung des gegnerischen Rechtsmittels. Das Bundesamt für Sozialversicherungen verzichtet auf eine Stellungnahme. Erwägungen: 1. Die Beschwerden richten sich gegen denselben letztinstanzlichen kantonalen Entscheid und es liegt ihnen der nämliche Sachverhalt zu Grunde. Es rechtfertigt sich daher, die Verfahren 9C_55/2014 und 9C_65/2014 zu vereinigen und in einem einzigen Urteil zu erledigen (Art. 24 BZP [SR 273] in Verbindung mit Art. 71 BGG; SVR 2013 BVG Nr. 49 S. 206, 9C_91/2013 E. 1; Urteil 9C_369/2012 vom 2. November 2012 E. 1). 2. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG), und kann deren Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig (d.h. unhaltbar, willkürlich: BGE 135 II 145 E. 8.1 S. 153; Urteil 9C_607/2012 vom 17. April 2013 E. 5.2) ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht (Art. 105 Abs. 2 BGG). Es wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). Immerhin prüft es, unter Berücksichtigung der allgemeinen Begründungspflicht der Beschwerde (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen, sofern die rechtlichen Mängel nicht geradezu offensichtlich sind. Es ist jedenfalls nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu untersuchen, wenn diese vor Bundesgericht nicht mehr vorgetragen wurden (BGE 133 II 249 E. 1.4.1 S. 254). 3. 3.1. Für Personalfürsorgestiftungen, die auf dem Gebiet der Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge tätig sind, gelten nach Art. 89bis Abs. 6 ZGB (in der bis 31. Dezember 2011 geltenden Fassung, heute Art. 89a ZGB) u.a. die Vorschriften des BVG (SR 831.40) über die Verantwortlichkeit (Art. 52), die Kontrolle (Art. 53), die Aufsicht (Art. 61, 62 und 64), die Vermögensverwaltung (Art. 71) und die Rechtspflege (Art. 73 und 74). 3.2. Art. 52 BVG in der bis Ende 2004 geltenden Fassung lautete wie folgt: Alle mit der Verwaltung, Geschäftsführung oder Kontrolle der Vorsorgeeinrichtung betrauten Personen sind für den Schaden verantwortlich, den sie ihr absichtlich oder fahrlässig zufügen. Die Haftung setzt somit einen Schaden, eine Widerrechtlichkeit (pflichtwidriges Verhalten), einen natürlichen und adäquaten Kausalzusammenhang zwischen eingetretenem Schaden und pflichtwidrigem Verhalten sowie ein Verschulden voraus (vgl. Urteil 9C_492/2013 vom 2. Juli 2014 E. 2.2, zur Publikation vorgesehen; vgl. auch BGE 139 V 176 E. 8 S. 187; 132 III 342 E. 4.1 S. 349). 4. 4.1. Das kantonale Gericht hat eine Verjährung des Schadenersatzanspruchs verneint. Es hat diesbezüglich erwogen, für den Beginn der (absoluten) zehnjährigen Verjährungsfrist sei auf den Zeitpunkt abzustellen, in dem die belangte Person ihre Organstellung tatsächlich aufgegeben habe. B._ habe sein Kontrollstellen-Mandat 1996, nach Prüfung der Jahresrechnung 1995, abgegeben. Die Pflichtverletzungen seien nicht zuvor beseitigt worden. Zudem habe er für die Zeit vom 8. März 2001 bis 31. Dezember 2009 auf die Verjährungseinrede verzichtet. Mit der Klage vom 30. Dezember 2009 sei die Verjährungsfrist unterbrochen und deren Lauf erneut ausgelöst worden. A._ macht geltend, die Verjährung beginne nicht erst mit dem Ende der Organstellung, sondern mit der Fälligkeit der geschuldeten Leistung, d.h. mit der schädigenden Handlung oder Unterlassung. Der Verzicht auf die Verjährungseinrede gelte nur für Forderungen, die am 8. März 2001 noch nicht verjährt gewesen seien. 4.2. Die Frage der Verjährung war in Art. 52 BVG (in der hier anwendbaren Fassung) nicht geregelt. Lückenfüllend hat die Rechtsprechung auf die allgemeinen Normen des Obligationenrechts über die Verjährung (Art. 127 ff. OR) verwiesen und eine zehnjährige Verjährungsfrist (analog Art. 127 OR) angenommen (BGE 135 V 163 E. 4.1 S. 165; 131 V 55 E. 3.1 S. 56 f.). Mit dem Hinweis auf Art. 127 OR wird klargestellt, dass es sich dabei um eine Verjährungs- und nicht um eine Verwirkungsfrist handelt. In BGE 131 V 55 E. 3.2.2 S. 58 f. wurde in Bezug auf einen Stiftungsrat entschieden, dass die zehnjährige Frist mit der tatsächlichen Beendigung der Organstellung, vorbehältlich vorgängiger Beseitigung der Pflichtverletzung, beginnt (vgl. auch BGE 135 V 163 E. 4.1 S. 65; SVR 2012 BVG Nr. 38 S. 143, 9C_698/2009 E. 4.1). 4.3. Somit ist, unter Berücksichtigung der Erklärungen betreffend den Verzicht auf die Verjährungseinrede und des Datums der Klageanhebung, zunächst zu unterscheiden, ob das behauptete schädigende Verhalten vor oder nach dem 8. März 1991 stattfand. Soweit Vorgänge nach diesem Zeitpunkt zu beurteilen sind, ist die Verjährung von vornherein auszuschliessen. Was das Geschehen vor dem 8. März 1991 anbelangt, stellt sich die Frage, ob die Verjährungsfrist erst mit dem Ende der Organstellung ausgelöst wurde, oder ob jeweils jährlich mit der Abgabe des Kontrollstellenberichts ein neuer Fristenlauf begann. Sie kann indessen offenbleiben: Relevanz hat sie lediglich in Bezug auf den Kontrollstellenbericht zur Stiftungsrechnung 1990 (vgl. E. 5.2.2 und 5.3.3). Dieser befindet sich nicht bei den Akten. Die "ergänzenden Angaben" zur Stiftungsrechnung wurden mit dem 27. Februar 1991 datiert. Es ist ohne Weiteres möglich, dass B._ seinen Bericht erst nach dem 8. März 1991 erstattete, zumal auch im Vorjahr rund ein Monat zwischen den Daten der "ergänzenden Angaben" und des Kontrollstellenberichts lag. Lässt sich - wie in concreto - der für die Verjährung vorausgesetzte Sachverhalt nicht mit überwiegender Wahrscheinlichkeit nachweisen, hat die Folgen der Beweislosigkeit zu tragen, wer sich auf die rechtsvernichtende Tatsache beruft (objektive Beweislast; BGE 138 V 218 E. 6 S. 221 f.). Folglich ist mangels Verjährung die Schadenersatzforderung näher zu prüfen. 5. 5.1. 5.1.1. Die Vorsorgeeinrichtung bestimmt eine Kontrollstelle für die jährliche Prüfung der Geschäftsführung, des Rechnungswesens und der Vermögensanlage (Art. 53 Abs. 1 BVG; auf den 1. Dezember 2012 im Rahmen der Strukturreform [AS 211 3393] aufgehoben und durch Art. 52c BVG ersetzt). In Art. 35 der Verordnung vom 18. April 1984 über die berufliche Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge (BVV 2; SR 831.441.1) - in der hier massgebenden, bis Ende 2004 gültigen Fassung - finden sich u.a. folgende Einzelheiten: Die Kontrollstelle muss jährlich die Gesetzes-, Verordnungs-, Weisungs- und Reglementskonformität (Rechtmässigkeit) der Jahresrechnung und der Alterskonten prüfen (Abs. 1). Sie muss ebenso jährlich die Rechtmässigkeit der Geschäftsführung, insbesondere die Beitragserhebung und die Ausrichtung der Leistungen, sowie die Rechtmässigkeit der Anlage des Vermögens prüfen (Abs. 2). Die Kontrollstelle muss dem obersten Organ der Vorsorgeeinrichtung schriftlich über das Ergebnis ihrer Prüfung berichten. Sie empfiehlt Genehmigung, mit oder ohne Einschränkung, oder Rückweisung der Jahresrechnung. Stellt die Kontrollstelle bei der Durchführung ihrer Prüfung Verstösse gegen Gesetz, Verordnung, Weisungen oder Reglemente fest, so hält sie dies in ihrem Bericht fest (Abs. 3). 5.1.2. Bei den Aufgaben der Kontrollstelle handelt es sich nicht um eine laufende Kontrolle und Überwachung, sondern es geht grundsätzlich um eine jährliche, nachträgliche Prüfung der Geschäftsführung, des Rechnungswesens und der Vermögensanlage (vgl. BBl 1976 I 260). Rechtmässigkeit bedeutet Übereinstimmung mit den Gesetzen, den dazugehörenden Verordnungen und Weisungen der Aufsichtsbehörden sowie die Konformität der Tätigkeit der Stiftung mit Stiftungsurkunde und ihren Reglementen (BGE 137 V 446 E. 6.6.2 S. 449). 5.2. 5.2.1. In Bezug auf ein pflichtwidriges Verhalten des B._ hat das kantonale Gericht zunächst berücksichtigt, dass Liegenschaften zwischen 50,4 und knapp 80 % des Vermögens der Personalfürsorgestiftung ausmachten und dass sie zu einem zwischen rund 25 und 60 % schwankenden Anteil fremdfinanziert waren. Es hat erwogen, B._ habe in der Funktion als Kontrollstelle in seinen jährlichen Berichten jeweils darauf hingewiesen, dass die Stiftungsrechnung nur unter dem Vorbehalt der nicht eingehaltenen Grundstücksquote genehmigt werden könne. Damit habe er seiner Aufgabe, die Rechtmässigkeit der Vermögensanlage zu prüfen, insofern genügt, als dadurch der Stiftungsrat als Entscheidungsträger klar über die Situation informiert gewesen sei und entsprechend hätte handeln können. Die konkreten Verhältnisse seien auch der Aufsichtsbehörde bekannt gewesen. Ein zureichender Anlass, die Jahresrechnung mit Blick auf den (zu) hohen Liegenschafts-Anteil zurückzuweisen, habe nicht bestanden. Das freie Stiftungsvermögen sei zwischen 1991 und 1995 von Fr. 303'000.- auf Fr. 540'000.- angestiegen. In den Jahren 1990, 1994 und 1995 seien aus Liegenschaftsverkäufen Gewinne verbucht worden. Sodann habe die Liegenschaftsvermietung Netto-Renditen erbracht, wenn auch nicht sehr hohe. Es sei nicht Aufgabe der Kontrollstelle gewesen, Liegenschaftsgeschäfte auf ihre Vorteilhaftigkeit resp. Rentabilität zu prüfen. Es habe keine Anhaltspunkte dafür gegeben, dass die Liegenschaften unter sonst gleichen Umständen nicht auch von Dritten erworben worden wären. Auch der Umstand, dass die Vermietung mit den bei der Liegenschaftsverwaltung üblichen Problemen verbunden gewesen sein dürfte, bilde im Zusammenhang mit dem Erwerb von Liegenschaften keine Grundlage, der Kontrollstelle Pflichtwidrigkeit vorzuwerfen. 5.2.2. Weiter hat die Vorinstanz mit Blick auf die Pflichtwidrigkeit die Entwicklung der Bilanzposition "Reservefonds Arbeitgeber-Beiträge" berücksichtigt. Die Stiftungsrechnung 1990 habe eine Verminderung dieser Reserven ausgewiesen, deren Ursache eine "Rückzahlung" von Fr. 250'000.- an die Stifterfirma zum Zweck der "Auszahlung von Gratifikationen an die Mitarbeiter" anlässlich eines Firmenjubiläums gewesen sei. In den Stiftungsrechnungen 1991 und 1992 sei der Reservefonds erneut vermindert worden, was einerseits durch die Abzugsposten "Vorsorge Polierverträge" und anderseits durch die (teilweise) Abdeckung der von der Stifterfirma gewährten Renditegarantie auf Geldanlagen der Stiftung (1991 und 1992: "Mindestverzinsung 4 % Beteiligung D._ AG", "Subv. E._", "Subv. F._"; 1992 zusätzlich: "Subv. G._", "Subv. H._", "Subv. I._", "Subv. J._", "Subv. K._") begründet sei. 1993 und 1994 seien in den Stiftungsrechnungen wiederum die Abzugsposten "Vorsorge Polierverträge" aufgeführt worden. 1995 seien vom Reservefonds Fr. 400'000.- für "Rückzahlungen an Arbeitgeber" zwecks Finanzierung von BVG-Prämien verwendet worden. 1996 sei er für die Deckung von Arbeitgeber-Beiträgen im Rahmen des BVG vollständig geräumt worden. Für diese Abbuchungen seien, von einer Ausnahme abgesehen, keine formellen Stiftungsratsbeschlüsse gefasst worden. Sodann hat die Vorinstanz die genannten Vorgänge für zweckwidrig und damit unzulässig gehalten. Sie seien indessen von der Kontrollstelle nicht beanstandet worden. Insofern hat sie eine Pflichtwidrigkeit bejaht. 5.3. 5.3.1. Die Personalfürsorgestiftung macht hinsichtlich des pflichtwidrigen Verhaltens im Wesentlichen geltend, B._ habe in seiner Funktion als Kontrollstelle fünf Transaktionen (Kauf von vier Liegenschaften und von Anteilscheinen einer Wohnbaugenossenschaft) nicht verhindert, obwohl er darauf abzielende Massnahmen hätte treffen müssen. Dass der Erwerb - selbst wenn er in erster Linie im Interesse der Stifterfirma oder deren Tochterunternehmen erfolgt sein sollte - per se unzulässig gewesen sein soll (vgl. dazu E. 5.2.1 Abs. 2), ist nicht ersichtlich und wird auch nicht dargelegt. Auch die Personalfürsorgestiftung geht davon aus, dass damit ausschliesslich die Anlagevorschriften von Art. 71 Abs. 1 BVG resp. die Grenzwerte für Immobilien und Beteiligungen an Immobiliengesellschaften gemäss Art. 54 BVV 2 (in der jeweils anwendbaren Fassung) verletzt wurden. Sie anerkennt, dass in den Kontrollstellenberichten jeweils der zutreffende Liegenschaftsanteil aufgeführt und eine "Überschreitung der gesetzlichen Quote" festgestellt wurde. Sie ist indessen der Auffassung, die Berichte seien nicht genügend klar verfasst worden. B._ habe nie andere Konsequenzen gefordert, als die Abweichungen gegenüber der Aufsichtsbehörde fachmännisch zu begründen, was nicht genügt habe. 5.3.2. In diesem Zusammenhang ist für die Beurteilung der Pflichtwidrigkeit entscheidend, ob die Kontrollstellenberichte von hinreichender Qualität sind. Aufgabe der Kontrollstelle ist es, die Rechtmässigkeit der Geschäftsführung und Vermögensanlage zu prüfen, nicht aber, sie gegebenenfalls (wieder) herzustellen. Letzteres obliegt in erster Linie dem laut Stiftungsurkunde oder Reglement dafür zuständigen Organ, d.h. in concreto dem Stiftungsrat (vgl. Art. 6 Ziff. 2 der Stiftungsurkunde vom 6. Dezember 1984 [nachfolgend: Urkunde] und Art. 2 des Reglements vom April 1980 [nachfolgend: Reglement]), und subsidiär der Aufsichtsbehörde (vgl. Art. 62 Abs. 1 lit. d BVG in der bis 31. Dezember 2011 geltenden Fassung). Diese Gremien haben indessen ein berechtigtes Interesse daran, dass die Kontrollstelle allfällige Mängel entdeckt und diese in ihrem Bericht so festhält, dass sie einen allfälligen Handlungsbedarf klar erkennen können. Die Vorinstanz hat verbindlich (E. 2) festgestellt, dass in den Kontrollstellenberichten die Genehmigung der Jahresrechnung stets unter dem Vorbehalt der Vermögensanlagen empfohlen worden sei. Dass mit den Grenzwertüberschreitungen tendenziell ein höheres Anlagerisiko verbunden ist, musste dem Stiftungsrat klar sein. Die jährlichen Stiftungsrechnungen 1987 bis 1995 enthielten denn auch jeweils einen "Situationsbericht zur Anlage des Vermögens", in dem der (zu) hohe Liegenschaftsanteil sowie dessen Vertretbarkeit und geplante Entwicklung erörtert wurde. Damit steht fest, dass die Entscheidungen des Stiftungsrates - wie jene der Aufsichtsbehörde - im klaren Wissen um den Mangel in der Vermögensanlage und unter dessen Inkaufnahme erfolgten. Weshalb in dieser Situation die Kontrollstelle die Rückweisung der Jahresrechnung hätte empfehlen müssen, leuchtet nicht ein, zumal der offengelegte Mangel das mit dem Abschluss vermittelte Gesamtbild als solches nicht verändert hat (vgl. zu den drei Varianten des Prüfungsurteils gemäss Art. 35 Abs. 3 BVV 2 [in der bis Ende 2011 gültigen Fassung] PETER BÖCKLI, Schweizer Aktienrecht, 4. Aufl. 2009, S. 2133 - 2138). Ebenso ist nicht nachvollziehbar, inwiefern der Stiftungsrat und die Aufsichtsbehörde durch den Vorbehalt in den Kontrollstellenberichten "beschwichtigt" worden sein sollten. 5.3.3. Auch soweit die Personalfürsorgestiftung dem kantonalen Gericht eine ungenügende Würdigung ihrer in das vorinstanzliche Verfahren eingebrachten Ausführungen vorwirft, kann sie nichts für sich ableiten: Einerseits genügt der blosse Verweis auf frühere Rechtsschriften den Anforderungen an die Begründung der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten nicht (Urteil 9C_492/2013 vom 2. Juli 2014 E. 1.3). Anderseits ist nicht ersichtlich, inwiefern die Darlegungen die ausschlaggebende Frage nach der Qualität der Kontrollstellenberichte (E. 5.3.2) betreffen sollen. Die Vorinstanz hat somit im Zusammenhang mit den Vermögensanlagen ein pflichtwidriges Verhalten des B._ zu Recht verneint. Diesbezüglich erübrigen sich Ausführungen zu den weiteren Haftungsvoraussetzungen. 5.4. 5.4.1. A._ bringt nichts gegen die vorinstanzlichen Feststellungen betreffend die Verwendung der Mittel aus dem "Reservefonds Arbeitgeber-Beiträge" (E. 5.2.2) vor; sie bleiben für das Bundesgericht verbindlich (E. 2). Ebenso macht sie nicht geltend, dass die Verminderungen der Reserven in den Kontrollstellenberichten klar als unrechtmässig moniert worden sein sollen. Sodann stellt sie nicht in Abrede, dass dies notwendig gewesen wäre, sofern die Verwendungen tatsächlich unzulässig (vgl. E. 5.1.2) waren. Letztes bleibt zu prüfen. 5.4.2. Laut Art. 3 Abs. 1 Urkunde bezweckte die Stiftung die Vorsorge für die Arbeitnehmer der Stifterfirma und die Angehörigen bzw. Hinterbliebenen dieser Personen bei Alter, Invalidität, Krankheit, Unfall und Tod des Arbeitnehmers sowie bei besonderer Notlage und für Personen, für die der Arbeitnehmer nachweisbar bis zuletzt gesorgt hat. Der Stiftung konnte auch das Personal von mit der Stifterfirma wirtschaftlich eng verbundenen Firmen angeschlossen werden. Nach Art. 3 Ziff. 4 Urkunde konnte die Stiftung auch Zuwendungen an andere dem Stiftungszweck dienende steuerbefreite Vorsorgeeinrichtungen machen, denen die Stifterfirma oder eine mit ihr wirtschaftlich eng verbundene Firma angeschlossen war. Insbesondere konnten auch reglementarische Arbeitgeberbeiträge im Rahmen der genannten Vorsorgeeinrichtungen finanziert werden. Gemäss Art. 3 Abs. 5 Urkunde durfte die Stiftung keinesfalls zu Leistungen herangezogen werden, zu denen die Stifterfirma oder eine mit ihr wirtschaftlich eng verbundene Firma oder deren Rechtsnachfolgerin ausserhalb der beruflichen Vorsorge gesetzlich verpflichtet war. Ausgeschlossen waren ferner Leistungen, die ein Entgelt für geleistete Arbeit darstellen oder lohnähnlichen Charakter hatten (z.B. Teuerungs-, Familien- und Kinderzulagen, Gratifikationen, Dienstaltersgeschenke). 5.4.3. 5.4.3.1. Die 1990 erfolgte Belastung des Reservefonds Arbeitgeber-Beiträge mit Fr. 250'000.- war unzulässig: Einerseits war die "Rückzahlung" an die Stifterfirma nicht durch die Zweckbestimmung von Art. 3 Abs. 1 Urkunde abgedeckt. Anderseits war die Verwendung von Stiftungsmitteln für die Ausschüttung von Gratifikationen an Mitarbeitende der Stifterfirma nach dem klaren Wortlaut von Art. 3 Abs. 5 Satz 2 Urkunde gar explizit ausgeschlossen. 5.4.3.2. Ebenfalls zweckwidrig war es, dass Forderungen gegenüber der Stifterfirma, welche diese aufgrund garantierter Mindestrenditen schuldete, durch die Verminderung des Reservefonds Arbeitgeber-Beiträge "getilgt" wurden: Auch wenn die Stifterfirma zu den Garantieleistungen vertraglich und nicht direkt gesetzlich verpflichtet war (vgl. Art. 3 Abs. 5 Satz 1 Urkunde), hatten sie nichts mit der beruflichen Vorsorge an sich zu tun. Diese Auffassung scheint im Übrigen auch die Aufsichtsbehörde geteilt zu haben, wie sich aus dem Kontrollstellenbericht zur Jahresrechnung 1992 ergibt. 5.4.3.3. Was die Finanzierung von Beiträgen an die berufliche Vorsorge (Arbeitgeberbeiträge für "BVG-Prämien" und für die vorzeitige Pensionierung von Polieren) anbelangt, stellt sich die Lage differenzierter dar: Die Vorsorgeeinrichtungen waren bis Ende 1984 berechtigt, freies Vorsorgevermögen, das auch durch die Arbeitnehmer mitgeäufnet wurde, als Arbeitgeberbeitragsreserve auszuweisen. Die derart als Beitragsreserve gebuchten (oder auf eine separate Stiftung übertragenen) Mittel können auch nach 1985 ihre Funktion als Beitragsreserve erfüllen (BGE 138 V 502 E. 5.3 S. 506). In concreto enthielt bereits die Jahresrechnung 1984 die Bilanzposition "Reservefonds Arbeitgeber-Beiträge". Mit Nachtrag vom April 1986 zum Reglement wurde die Stiftung rückwirkend auf den 1. Januar 1985 in eine "beitragsfreie Sparkasse" umgewandelt, wobei ab diesem Zeitpunkt "Beiträge der Firma und der Versicherten" entfielen. Somit ist auszuschliessen, dass der Reservefonds ab 1985 durch Arbeitnehmerbeiträge gespeist wurde; folglich war eine Verwendung der Reserven für Arbeitgeberbeiträge grundsätzlich zulässig. Im Gegensatz zur vorinstanzlichen Auffassung war die Umwandlung in eine "Rentnerkasse" nicht mit einer Änderung des Stiftungszwecks verbunden, zumal diese eine behördliche Mitwirkung erfordert hätte (Art. 86 Abs. 1 ZGB, sowohl in der aktuellen als auch bis 31. Dezember 2005 geltenden Fassung). Art. 3 Ziff. 4 Urkunde erlaubte ausdrücklich, den Stiftungszweck auch durch die Finanzierung von Arbeitgeberbeiträgen an eine andere Einrichtung der beruflichen Vorsorge zu verfolgen. Dass die hier interessierenden Reserven nicht in eine Einrichtung im Sinne von Art. 3 Ziff. 4 Urkunde geflossen sein sollen oder dass ein allfälliger "Umweg" der Mittel über die Rückzahlung an einen Arbeitgeber unzulässig gewesen sein soll, macht die Personalfürsorgestiftung nicht geltend. Nach Art. 6 Ziff. 3 Satz 5 Urkunde ist über die Verhandlungen und Beschlüsse ein Protokoll zu führen. Dass ein Stiftungsratsbeschluss erst mit der Protokollierung gültig zustande kommt, ist dieser Bestimmung nicht zu entnehmen; sie ist als blosse Ordnungsvorschrift zu werten. Die Vorinstanz hat zutreffend (E. 2) festgestellt, im Protokoll über die Stiftungsratssitzung vom 4. Februar 1988 sei festgehalten worden, dass aus dem Reservefonds künftig auch Arbeitgeberbeiträge "an die BVG-Sammelstiftung der X._" bezahlt werden können. Damit wurde zumindest ein Grundsatzentscheid zur Verwendung der Mittel gefasst und protokolliert. Dass über die einzelnen Abbuchungen keine Stiftungsratsbeschlüsse aktenkundig sind, kann nicht als unrechtmässig im Sinne von E. 5.1.2 betrachtet werden. Nach dem Gesagten war die Finanzierung von Arbeitgeberbeiträgen für die berufliche Vorsorge zulässig. Dass die Mittel an eine andere BVG-Einrichtung als diejenige der X._ flossen, wird weder behauptet noch ist solches aktenkundig. In diesem Zusammenhang handelte die Kontrollstelle nicht pflichtwidrig. 5.5. Weiter hat die Vorinstanz erwogen, die Kontrollstelle habe nie darauf hingewiesen, dass die Personalfürsorgestiftung trotz der gesetzlichen Verpflichtung von Art. 53 Abs. 2 BVG (in der bis 31. Dezember 2011 geltenden Fassung) keinen anerkannten Experten für die berufliche Vorsorge beigezogen habe. Darauf ist nicht weiter einzugehen: Dass daraus ein Schaden resultiert sein soll, wird weder im angefochtenen Entscheid noch in der Beschwerde der Personalfürsorgestiftung dargelegt. Nach dem Gesagten sind Pflichtwidrigkeiten des B._ insofern zu bejahen, als er die Unzulänglichkeiten im Zusammenhang mit Gratifikationen (E. 5.4.3.1) und mit garantierten Mindestrenditen (E. 5.4.3.2) nicht beanstandete. 6. 6.1. Das kantonale Gericht hat die Unterlassungen des B._ im Grundsatz als kausal für einen Schaden betrachtet. Sodann hat es ein Verschulden im Sinne einer zumindest leichten Fahrlässigkeit (vgl. BGE 139 V 176 E. 8.3 S. 189, Urteil 9C_92/2007 vom 30. April 2008 E. 1.3, 1.4) bejaht. Zu prüfen ist die Höhe des B._ konkret anzulastenden Schadens. 6.2. Die Vorinstanz hat den durch die relevanten Pflichtwidrigkeiten (E. 5.2.2 und 5.5) direkt verursachten Schaden zutreffend mit insgesamt Fr. 430'519.25 (1990: Fr. 250'000.-; 1991: Fr. 39'534.-, Fr. 25'175.25, Fr. 22'176.-; 1992: Fr. 39'534.-, Fr. 12'700.-, Fr. 26'000.-, Fr. 2'300.-, Fr. 2'300.-, Fr. 7'200.-, Fr. 1'100.-, Fr. 2'500.-) beziffert. 6.3. In Bezug auf die von der Personalfürsorgestiftung geltend gemachten Kosten für ihre Liquidation hat das kantonale Gericht erwogen, es sei nicht mit überwiegender Wahrscheinlichkeit belegt, dass im Vergleich zum Regelfall konkret ein ausserordentlicher Mehraufwand entstand und dass er gegebenenfalls B._ anzulasten sei. Es ist nicht ersichtlich und wird von der Personalfürsorgestiftung auch nicht substanziiert dargelegt, weshalb die Pflichtwidrigkeiten des B._ (E. 5.5) kausal für die Stiftungsliquidation, für allfällige damit zusammenhängende Mehrkosten oder für eine Unterdeckung und deren Folgekosten gewesen sein sollen. Insbesondere ist zu berücksichtigen, dass die Auszahlung von Mitteln aus dem Reservefonds Arbeitgeber-Beiträge auch zweckkonform hätte erfolgen können (E. 5.4.3.3); in diesem Fall hätte sich die Personalfürsorgestiftung im Ergebnis in der gleichen Lage befunden. 6.4. Schliesslich ist die Vorinstanz der Auffassung, im Bereich der beruflichen Vorsorge bestehe keine gesetzliche Regelung betreffend Verzinsung des Schadens. Folglich hat sie lediglich den Anspruch auf Verzugszins von 5 % ab Einreichung der Klage, mithin ab 30. Dezember 2009, bejaht. Zum Schaden gehört nach konstanter Rechtsprechung der Zins vom Zeitpunkt an, in dem das schädigende Ereignis sich finanziell ausgewirkt hat. Er läuft bis zum Tag der Zahlung des Schadenersatzes (BGE 118 II 363). Dieser Schadenszins bezweckt, den Anspruchsberechtigten so zu stellen, wie wenn er für seine Forderung am Tag der unerlaubten Handlung bzw. für deren wirtschaftliche Auswirkungen mit deren Entstehung befriedigt worden wäre (BGE 131 III 12 E. 9.1 S. 22; BGE 81 II 512 E. 6). Der Zins, dessen Satz sich grundsätzlich auf 5 % beläuft, ist bis zur Zahlung des Schadenersatzes geschuldet (BGE 139 V 176 E. 8.1.2 S. 188). Die Personalfürsorgestiftung macht somit zu Recht einen Schadenszins von 5 % ab 10. Februar 1998 geltend. 6.5. Die Vorinstanz hat erwogen, in Übereinstimmung mit der Personalfürsorgestiftung sei der Schaden um jene Summe zu reduzieren, die ihr aufgrund des 2006 mit der Stiftungsfirma in Liquidation abgeschlossenen Vergleichs zugesprochen worden sei. Dabei sei zu berücksichtigen, dass der vergleichsweise festgelegte Betrag von Fr. 740'000.- ebenfalls einen Schadenszins von 5 % für die Zeit vom 10. Februar 1998 bis 12. Mai 2006, d.h. für 8,25 Jahre, enthalte. Dagegen wendet die Personalfürsorgestiftung nichts ein. Sie macht insbesondere nicht geltend, dass sie die Vergleichssumme nicht oder erst zu einem späteren Zeitpunkt als dem 12. Mai 2006 erhalten habe oder dass deren Anrechnung aus einem anderen Grund ausgeschlossen sein soll. 6.6. Der bis zum 12. Mai 2006 aufgelaufene Schadenszins auf Fr. 430'519.25 (E. 6.2) beträgt Fr. 177'589.20 (Fr. 430'519.25 x 0,05 x 8,25). Damit belief sich zu diesem Zeitpunkt der B._ anzulastende Gesamtschaden auf Fr. 608'108.45. Er war durch die Vergleichssumme von Fr. 740'000.- offensichtlich abgedeckt. Die Klage der Personalfürsorgestiftung war unbegründet. Gleichzeitig erübrigen sich Weiterungen zur Frage, ob das vorinstanzliche Urteil mangels hinreichender Substanziierung des anrechenbaren (Vergleichs-) Betrags überhaupt vollstreckbar ist. 7. Dem Ausgang des Verfahrens entsprechend hat die Personalfürsorgestiftung die Gerichtskosten zu tragen (Art. 66 Abs. 1 BGG). A._ hat Anspruch auf eine Parteientschädigung (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verfahren 9C_55/2014 und 9C_65/2014 werden vereinigt. 2. Die Beschwerde der Personalfürsorgestiftung der Firma C._ AG in Liq. wird abgewiesen. 3. Die Beschwerde der A._ wird gutgeheissen und der Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons St. Gallen vom 27. November 2013 aufgehoben. Die Klage vom 30. Dezember 2009 wird abgewiesen. 4. Die Gerichtskosten von insgesamt Fr. 32'000.- werden der Personalfürsorgestiftung der Firma C._ AG in Liq. auferlegt. 5. Die Personalfürsorgestiftung der Firma C._ AG in Liq. hat A._ für das bundesgerichtliche Verfahren mit insgesamt Fr. 5'000.- zu entschädigen. 6. Die Sache wird zur Neuverlegung der Parteientschädigungen für das vorangegangene Verfahren an das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen zurückgewiesen. 7. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 20. November 2014 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Kernen Die Gerichtsschreiberin: Dormann
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 8F_14/2020 Urteil vom 17. Februar 2021 I. sozialrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichter Maillard, Präsident, Bundesrichterin Heine, Bundesrichter Wirthlin, Gerichtsschreiberin Durizzo. Verfahrensbeteiligte A._, vertreten durch Rechtsanwalt Rainer Deecke, Gesuchsteller, gegen Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (Suva), Fluhmattstrasse 1, 6004 Luzern, Gesuchsgegnerin. Gegenstand Unfallversicherung Revisionsgesuch gegen das Urteil des Schweizerischen Bundesgerichts vom 11. Dezember 2014 (8C_494/2014). Sachverhalt: A. A.a. A._, geboren 1979, hatte am 20. November 2011 einen Autounfall erlitten (Frontalkollision) und sich dabei Verletzungen an beiden Beinen sowie am linken Arm zugezogen. Die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (Suva), bei der er für die Folgen von Berufs- und Nichtberufsunfällen sowie Berufskrankheiten versichert war, sprach ihm mit Verfügung vom 15. April 2013 und Einspracheentscheid vom 3. Juli 2013 eine Invalidenrente basierend auf einer Erwerbsunfähigkeit von 17 % sowie eine Integritätsentschädigung bei einer Integritätseinbusse von 30 % zu. Die in dieser Sache erhobenen Beschwerden wiesen das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 5. Mai 2014 und das Bundesgericht mit Urteil 8C_494/2014 vom 11. Dezember 2014 ab. A.b. Die IV-Stelle des Kantons Zürich verneinte einen Anspruch auf eine Invalidenrente am 8. Mai 2013 sowie, nach Rückweisung durch das Sozialversicherungsgericht zu weiteren Abklärungen und Einholung eines Untersuchungsberichts des Regionalen Ärztlichen Dienstes, erneut mit Verfügung vom 19. Juli 2016. Das Sozialversicherungsgericht bestätigte die Letztere mit Entscheid vom 31. Oktober 2016. Es erachtete eine psychiatrisch bedingte Arbeitsunfähigkeit (zufolge einer posttraumatischen Belastungsstörung sowie einer depressiven Symptomatik) als nicht ausgewiesen. Die dagegen erhobene Beschwerde hiess das Bundesgericht mit Urteil 8C_839/2016 vom 12. April 2017 teilweise gut und wies die Sache zu weiteren medizinischen Abklärungen und neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurück. B. A._ ersucht um Revision des bundesgerichtlichen Urteils 8C_494/2014 unter Berufung auf das von der Vorinstanz im invalidenversicherungsrechtlichen Verfahren eingeholte Gerichtsgutachten des Universitätsspitals Basel, asim, vom 10. August 2020 mit Bescheinigung psychischer Beschwerden, die eine Verwertung seiner Restarbeitsfähigkeit auf dem ersten Arbeitsmarkt nicht zuliessen. Er beantragt die Zusprechung der ihm unfallversicherungsrechtlich zustehenden Invalidenrente und Integritätsentschädigung. Ein Schriftenwechsel wurde nicht durchgeführt. Erwägungen: 1. Nach Art. 123 Abs. 2 lit. a BGG kann die Revision in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten verlangt werden, wenn die ersuchende Partei nachträglich erhebliche Tatsachen erfährt oder entscheidende Beweismittel auffindet, die sie im früheren Verfahren nicht beibringen konnte, unter Ausschluss der Tatsachen und Beweismittel, die erst nach dem Entscheid entstanden sind. Auch die Letztgenannten müssen also bereits vor dem zu revidierenden Urteil (beziehungsweise bis zum Zeitpunkt, da sie im Hauptverfahren prozessual zulässigerweise noch hätten eingebracht werden können) bestanden haben (BGE 143 III 272 E. 2.2 S. 275 f.; Urteile 8F_10/2019 vom 29. August 2019 E. 1.3; 8F_3/2019 vom 26. Februar 2019 E. 1.3; 8F_9/2017 vom 15. Januar 2018 E. 1.2). Die neuen Beweismittel haben im Übrigen nicht bloss der Sachverhaltswürdigung, sondern vielmehr der Sachverhaltsermittlung zu dienen. Es genügt daher nicht, dass ein neues Gutachten den Sachverhalt anders wertet. Vielmehr bedarf es Elemente tatsächlicher Natur, welche die Entscheidungsgrundlagen als objektiv mangelhaft erscheinen lassen (BGE 127 V 353 E. 5b S. 358; Urteil 9F_3/2020 vom 11. März 2020 E. 1.2 i.f., je mit Hinweisen). 2. 2.1. Mit Urteil 8C_494/2014 vom 11. Dezember 2014 bestätigte das Bundesgericht die vorinstanzliche Beurteilung, wonach der für die Haftung des Unfallversicherers erforderliche, gesondert zu prüfende adäquate Kausalzusammenhang zwischen den geltend gemachten psychischen Beschwerden und dem Unfall vom 20. November 2011 nicht gegeben sei. Es handelte sich bei der erlittenen Frontalkollision um ein Ereignis im eigentlich mittleren Bereich und von den dabei praxisgemäss zu berücksichtigenden Kriterien war lediglich eines (körperliche Dauerschmerzen) erfüllt, die Adäquanz daher praxisgemäss zu verneinen (E. 4 mit Hinweis auf BGE 115 V 133 E. 6c S. 140). 2.2. Der Gesuchsteller macht geltend, in dem zu revidierenden Urteil seien unfallkausale psychische Beschwerden unbeachtet geblieben. Diese könnten gestützt auf das asim-Gutachten vom 10. August 2020 und den vorinstanzlichen Entscheid vom 23. Oktober 2020 im invalidenversicherungsrechtlichen Verfahren, mit dem das kantonale Gericht die Expertise als voll beweiskräftig anerkannt habe, als ausgewiesen gelten. Der adäquate Kausalzusammenhang zwischen diesen Beschwerden und dem Unfall vom 20. November 2011 sei erneut zu prüfen und entgegen dem bundesgerichtlichen Urteil 8C_494/2014 vom 11. Dezember 2014 zu bejahen. 2.3. Das vom Revisionsgesuchsteller eingereichte Beweismittel wurde nach dem bundesgerichtlichen Urteil vom 11. Dezember 2014 verfasst. Es handelt sich somit um ein unzulässiges echtes Novum. Eine Revision gestützt darauf ist bereits aus diesem Grund ausgeschlossen (oben E. 1). Der Gesuchsteller verkennt zudem, dass das Bundesgericht in seinem Urteil 8C_494/2014 die Beurteilung der Adäquanz des natürlichen Kausalzusammenhangs allfälliger psychischer Beschwerden zu dem am 20. November 2011 erlittenen Autounfall durch das kantonale Gericht (nach Massgabe von BGE 115 V 133) ausdrücklich bestätigte (E. 4.2). Es handelt sich dabei um eine Rechtsfrage (BGE 134 V 109 E. 6.2.1 i.f. S. 117; SVR 2017 UV Nr. 41 S. 141, 8C_833/2016 E. 5.2; Urteil 8C_608/2020 vom 15. Dezember 2020 E. 6.3 i.f.). Inwiefern die geltend gemachten neuen sachverhaltlichen Erkenntnisse zum psychischen Gesundheitszustand auch eine neue Beurteilung des adäquaten Kausalzusammenhangs rechtfertigen sollen, ist nicht erkennbar, geschweige denn dargetan. Das Bundesgericht erwog gestützt auf die damals vorliegenden Akten darüber hinausgehend, es bestünden keine Anhaltspunkte für eine psychisch bedingte Arbeitsunfähigkeit (E. 4.2 i.f.; E. 3.1). Es wird im Revisionsgesuch nicht substanziiert dargelegt, inwiefern diese Frage für den Zeitpunkt, der für die richterliche Überprüfung im Urteil 8C_494/2014 massgeblich war (Einspracheentscheid vom 3. Juli 2013), gestützt auf das asim-Gutachten vom 10. August 2020 anders zu beurteilen gewesen wäre. 3. Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 65 BGG). Die Gerichtskosten werden dem unterliegenden Gesuchsteller auferlegt (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Das Revisionsgesuch wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden dem Gesuchsteller auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 17. Februar 2021 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Maillard Die Gerichtsschreiberin: Durizzo
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 2C_1062/2016 Arrêt du 11 juillet 2017 IIe Cour de droit public Composition MM. et Mme les Juges fédéraux Seiler, Président, Zünd, Aubry Girardin, Donzallaz et Haag. Greffière : Mme Jolidon. Participants à la procédure X._, représenté par Me Guillaume Lammers, avocat, recourant, contre Département de la santé et de l'action sociale du canton de Vaud. Objet Sanction administrative, recours contre l'arrêt du Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour de droit administratif et public, du 18 octobre 2016. Faits : A. X._, né en 1949, est au bénéfice d'un titre postgrade suisse en psychiatrie et psychothérapie et est autorisé à pratiquer à titre indépendant dans le canton de Vaud depuis 2004. Le 3 mai 2016, le Chef du Département de la santé et de l'action sociale du canton de Vaud (ci-après: le Département de la santé) lui a infligé un blâme, ainsi qu'une amende de 10'000 fr. et a ordonné que la sanction soit publiée dans la Feuille d'avis officielle du canton de Vaud (ci-après: FAO); il a également astreint l'intéressé à un suivi thérapeutique, avec un rapport trimestriel de son psychiatre au Médecin cantonal. Ces mesures sanctionnaient le comportement de X._, qui avait eu des relations sexuelles avec une de ses patientes (après la fin de la thérapie) en 2015. La décision du 3 mai 2016 signalait également que l'intéressé avait entretenu des relations sexuelles avec une autre de ses patientes en 2003 et 2005, tout en mentionnant que les faits relatifs à cette autre affaire étaient prescrits et que la décision ne concernait que les faits de 2015. B. Par arrêt du 18 octobre 2016, la Cour de droit administratif et public du Tribunal cantonal du canton de Vaud (ci-après: le Tribunal cantonal) a rejeté le recours que X._ avait déposé à l'encontre de la décision du 3 mai 2016 en tant qu'elle ordonnait la publication de la sanction prononcée. C. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, X._ demande au Tribunal fédéral, sous suite de frais et dépens, de réformer l'arrêt attaqué en ce sens que la publication dans la FAO de la décision du 3 mai 2016 du Département de la santé est interdite; subsidiairement, d'annuler l'arrêt attaqué et de renvoyer la cause au Tribunal cantonal pour une nouvelle décision dans le sens que ladite publication est interdite. Le Service de la santé publique du canton de Vaud conclut au rejet du recours. Le Tribunal cantonal se réfère aux considérants de l'arrêt attaqué. Par ordonnance du 13 décembre 2016, le Président de la IIe Cour de droit public a considéré que la demande d'effet suspensif était sans objet. X._ s'est encore prononcé par écriture reçue par le Tribunal fédéral le 11 janvier 2017. Considérant en droit : 1. Le recours en matière de droit public, déposé en temps utile (art. 100 LTF) et en la forme prévue (art. 42 LTF) à l'encontre d'un arrêt final rendu par une autorité cantonale de dernière instance (art. 86 al. 1 let. d LTF) par l'intéressé qui a la qualité pour recourir (art. 89 al. 1 LTF), est recevable (art. 82 let. a et 90 LTF). 2. Est seule litigieuse la question de la publication dans la FAO de la sanction prononcée, à savoir un blâme et une amende de 10'000.- fr. 2.1. Selon le recourant, la publication de la mesure disciplinaire, prévue par l'art. 191 de la loi vaudoise du 29 mai 1985 sur la santé publique (ci-après: loi vaudoise sur la santé publique, LSP; RS/VD 800.01), serait contraire à l'art. 43 de la loi fédérale du 23 juin 2006 sur les professions médicales universitaires, entrée en vigueur le 1er septembre 2007 (loi fédérale sur les professions médicales, LPMéd; RS 811.11). Cette disposition fédérale prévoirait un catalogue de mesures qui ne pourrait être ni restreint, ni élargi par les cantons. Partant, en prévoyant la publication de la sanction infligée, l'arrêt attaqué violerait le principe de la primauté du droit fédéral (art. 49 al. 1 Cst.). 2.2. Selon l'art. 49 al. 1 Cst., le droit fédéral prime le droit cantonal qui lui est contraire. Ce principe de la primauté du droit fédéral fait obstacle à l'adoption ou à l'application de règles cantonales qui éludent des prescriptions de droit fédéral ou qui en contredisent le sens ou l'esprit, notamment par leur but ou par les moyens qu'elles mettent en oeuvre, ou qui empiètent sur des matières que le législateur fédéral a réglementées de façon exhaustive. Cependant, même si la législation fédérale est considérée comme exhaustive dans un domaine donné, une loi cantonale peut subsister dans le même domaine en particulier si elle poursuit un autre but que celui recherché par le droit fédéral. En outre, même si, en raison du caractère exhaustif de la législation fédérale, le canton ne peut plus légiférer dans une matière, il n'est pas toujours privé de toute possibilité d'action. Ce n'est que lorsque la législation fédérale exclut toute réglementation dans un domaine particulier que le canton perd toute compétence pour adopter des dispositions complétives, quand bien même celles-ci ne contrediraient pas le droit fédéral ou seraient même en accord avec celui-ci (ATF 138 I 435 consid. 3.1 p. 446; 137 I 167 consid. 3.4 p. 174; 135 I 106 consid. 2.1 p. 108; 133 I 110 consid. 4.1 p. 116 et les arrêts cités). Le Tribunal fédéral examine librement la conformité d'une règle de droit cantonal au droit fédéral lorsqu'il est appelé à examiner cette question au regard du grief de violation de l'art. 49 al. 1 Cst. (ATF 131 I 394 consid. 3.2 p. 396). 3. 3.1. Il convient, en premier lieu, de distinguer le champ d'application matériel de la loi fédérale sur les professions médicales de celui de la loi vaudoise sur la santé publique. Il ressort de l'art. 1 al. 3 let. e LPMéd que la loi fédérale sur les professions médicales réglemente de manière exhaustive l'exercice des professions médicales énumérées à l'art. 2 al. 1 LPMéd (médecins, dentistes, chiropraticiens, pharmaciens et vétérinaires) à titre indépendant (Message du 3 décembre 2004 concernant la loi fédérale sur les professions médicales universitaires, FF 2005 p. 160 et ad art. 1 p. 185). Il en découle que la loi vaudoise sur la santé publique ne peut s'appliquer aux professions médicales susmentionnées que si celles-ci ne sont pas pratiquées à titre indépendant et, dans les cas où ces professions sont exercées à titre indépendant, que dans la mesure où la loi fédérale sur les professions médicales déléguerait aux cantons d'éventuelles compétences ou ne réglementerait pas un aspect de l'exercice à titre indépendant de façon exhaustif, sous réserve des considérations mentionnées ci-dessus (cf. supra consid. 2.2). 3.2. Les cantons sont compétents pour délivrer l'autorisation d'exercer sur leur territoire (art. 34 LPMéd). Cependant, les conditions professionnelles et personnelles pour l'octroi de l'autorisation de pratiquer sont réglées exhaustivement à l'art. 36 LPMéd et les cantons ne sont pas habilités à en ajouter d'autres (FF 2005 ad art. 36, p. 209). Les cantons peuvent préciser la condition personnelle de l'art. 36 al. 1 let. b LPMéd qui exige que le requérant soit digne de confiance et présente, tant physiquement que psychiquement, les garanties nécessaires à un exercice irréprochable de la profession (FF 2005 ad art. 43 p. 213); compte tenu de la volonté du législateur d'unifier les conditions d'exercice à titre indépendant sur tout le territoire de la Confédération et du fait que l'art. 36 al. 1 let. b LPMéd décrit de manière exhaustive les conditions personnelles requises pour obtenir une autorisation (FF 2005 ad art. 36 p. 209), cette disposition doit être interprétée de façon restrictive et doit être considérée comme faisant plutôt référence aux moyens de preuve auxquels il est possible de recourir (attestation de moralité, certificat médical, etc.). Des dispositions cantonales peuvent être édictées dans le cadre de l'art. 37 LPMéd (FF 2005 ad art. 43, p. 212), à savoir les restrictions et les charges imposées à l'autorisation de pratiquer. Si une des conditions à l'octroi de l'autorisation de pratiquer n'est plus remplie, l'autorisation de pratiquer est retirée (art. 38 LPMéd). Il s'agit là d'une mesure administrative. Elle est à distinguer de la mesure disciplinaire, mesure qui est en cause dans la présente affaire (cf., sur la distinction entre ces deux procédures pour les avocats, ATF 137 II 425 consid. 7.2 p. 429, cf. également consid. 3.2 non publié de cet arrêt) et examinée ci-après. 3.3. Les mesures disciplinaires infligées à un membre d'une profession libérale soumise à la surveillance de l'Etat ont principalement pour but de maintenir l'ordre dans la profession, d'en assurer le fonctionnement correct, d'en sauvegarder le bon renom et la confiance des citoyens envers cette profession, ainsi que de protéger le public contre ceux de ses représentants qui pourraient manquer des qualités nécessaires. Les mesures disciplinaires ne visent pas, au premier plan, à punir le destinataire, mais à l'amener à adopter à l'avenir un comportement conforme aux exigences de la profession et à rétablir le fonctionnement correct de celle-ci (arrêt 2C_500/2012 du 22 novembre 2012 consid. 3.3 et les références citées). La loi fédérale sur les professions médicales a pour but d'unifier le droit disciplinaire notamment quant aux mesures prévues en cas de violation des obligations professionnelles (FF 2005 ad art. 43 p. 212). De même que les devoirs professionnels des personnes exerçant une profession médicale universitaire à titre indépendant (qui deviendra, "des personnes exerçant une profession médicale universitaire sous leur propre responsabilité professionnelle", selon la loi fédérale du 30 septembre 2016 sur les professions de la santé [LPSan], dont le délai référendaire a échu le 19 janvier 2017 [FF 2016 7383]) sont énumérés exhaustivement à l'art. 40 LPMéd, l'art. 43 LPMéd contient une liste exhaustive des mesures disciplinaires pouvant être prononcées que les cantons ne peuvent pas modifier (FF 2005 ad art. 43 p. 212; TOMAS POLEDNA; in: Commentaire de loi sur les professions médicales, 2009, n° 2 et 17 ad art. 43 LPMéd); il a la teneur suivante: " 1 En cas de violation des devoirs professionnels, des dispositions de la présente loi ou de ses dispositions d'exécution, l'autorité de surveillance peut prononcer les mesures disciplinaires suivantes: a. un avertissement; b. un blâme; c. une amende de 20'000 fr. au plus; d. une interdiction de pratiquer à titre indépendant pendant six ans au plus (interdiction temporaire); e. une interdiction définitive de pratiquer à titre indépendant pour tout ou partie du champ d'activité. 2 En cas de violation des devoirs professionnels énoncés à l'art. 40, let. b, seules peuvent être prononcées les mesures disciplinaires visées à l'al. 1, let. a à c. 3 L'amende peut être prononcée en plus de l'interdiction de pratiquer à titre indépendant. 4 Pendant la procédure disciplinaire, l'autorité de surveillance peut restreindre l'autorisation de pratiquer, l'assortir de charges ou la retirer." Chaque canton désigne l'autorité chargée de la surveillance des personnes exerçant une profession médicale universitaire à titre indépendant sur son territoire et cette autorité de surveillance prend les mesures nécessaires pour faire respecter les devoirs professionnels (art. 41 LPMéd). Dans la mesure où la loi fédérale ne règle pas la procédure disciplinaire plus avant, celle-ci ressortit à la compétence des cantons (TOMAS POLEDNA, Disziplinarverfahren und Disziplinarwesen, in: Das neue Medizinalberufegesetz [MedBG], 2008, n° 6 p. 124; cf. aussi UELI KIESER, Gegenstand und Geltungsbereich des Medizinalberufegesetzes [MedBG], in: Das neue Medizinalberufegesetz [MedBG], 2008, p. 20). Dans le canton de Vaud, l'autorité compétente à cet égard est le Département de la santé et de l'action sociale (art. 4 al. 1 LSP). 3.4. Quant à l'art. 191 LSP, dont le recourant estime que l'application viole le principe de la primauté du droit fédéral en tant que cette disposition prévoit la publication de la sanction, il dispose: " 1 Lorsqu'une personne n'observe pas la présente loi ou ses dispositions d'application, lorsqu'elle a fait l'objet d'une condamnation pour un crime ou un délit, lorsqu'elle est convaincue d'immoralité ou de procédés frauduleux ou lorsqu'elle fait preuve dans l'exercice de sa profession de négligence, de résistance aux ordres de l'autorité ou d'incapacité, le département peut lui infliger les sanctions administratives suivantes : a. l'avertissement; b. le blâme; c. l'amende de 500.- fr. à 200'000.- fr.; d. la mise en place de conditions, la limitation, la suspension, le retrait temporaire ou définitif de l'autorisation de pratiquer, d'exploiter ou de diriger ou encore le retrait de la qualité de responsable; e. la fermeture des locaux; f. l'interdiction de pratiquer. 2 Ces sanctions peuvent être cumulées. 3 Sauf dans les cas où un avertissement est prononcé, le département peut publier la décision prononcée dès qu'elle est exécutoire. (...)." 3.5. On constate que les mesures disciplinaires définies par la disposition cantonale sont différentes de celles établies par le droit fédéral: celle-ci prévoit un montant minimum pour l'amende, ce qui n'est pas le cas du droit fédéral, et le montant maximum fixé (200'000 fr.) est supérieur à celui arrêté par l'art. 43 al. 1 let. c LPMéd (20'000 fr.); de plus, les let. d, e et f mentionnent des sanctions qui ne figurent pas dans la disposition fédérale. En outre, l'art. 191 al. 2 LSP dispose que les sanctions énumérées peuvent être cumulées alors que, selon l'art. 43 al. 3 LPMéd, le seul cumul possible est celui de l'amende avec l'interdiction de pratiquer à titre indépendant (cf. art. 43 al. 3 LPMéd; TOMAS POLEDNA, op. cit., n° 34 ad art. 43 LPMéd). La législation vaudoise peut contenir une norme traitant des mesures disciplinaires ne correspondant pas à celle du droit fédéral, pour autant que le champ d'application matériel de ces deux lois ne soit pas le même (cf. supra consid. 3.1). Cependant, en l'espèce, le recourant, qui exerçait la profession de psychiatre à titre indépendant, ne peut être soumis, au regard de la primauté du droit fédéral, qu'aux mesures disciplinaires de l'art. 43 LPMéd et non pas à celles de l'art. 191 LSP. Dans cette mesure, la décision du 3 mai 2016 qui prononce un blâme et une amende de 10'000.- fr., confirmée par le Tribunal cantonal, viole le droit fédéral, puisque celui-ci ne prévoit pas un tel cumul. L'intéressé ne s'est toutefois pas plaint des sanctions infligées devant le Tribunal cantonal et a même déclaré les accepter, bien qu'il constatait que le cumul de ces sanctions n'était pas possible au regard du droit fédéral. Il n'a attaqué cette décision qu'en tant qu'elle imposait la publication de la sanction dans la FAO. Les juges cantonaux ne se sont donc prononcés que sur la question de la publication. Partant, les mesures infligées ne font pas partie de l'objet du litige (cf. art. 107 al. 1 LTF) et ne peuvent être modifiées. 4. Ceci étant, il s'agit d'examiner si la sanction prononcée à l'égard du recourant peut être publiée dans la FAO, comme ordonné par la décision du 3 mai 2016 du Département de la santé, décision confirmée par le Tribunal cantonal. 4.1. On peut se demander si la publication de la sanction doit être considérée comme une mesure disciplinaire, prononcée en sus du blâme et de l'amende, ou si elle relève de la procédure. L'Exposé des motifs et projet de loi modifiant la loi du 29 mai 1985 sur la santé publique (235) souligne à cet égard que "la publication de la sanction peut avoir un effet dissuasif peut-être plus important dans certains cas que la sanction elle-même. Cette publication participe au souci d'informer le public pour mieux lui permettre de choisir" (Bulletin des séances du Grand Conseil du canton de Vaud, n° 37 I, Séance du mardi matin 20 novembre 2001, p. 5150). Il apparaît ainsi clairement que le législateur vaudois entendait de la sorte notamment durcir la sanction infligée. A titre de comparaison, peut être mentionné l'art. 34 de la loi fédérale du 22 juin 2007 sur l'Autorité fédérale de surveillance des marchés financiers (loi sur la surveillance des marchés financiers, LFINMA; RS 956.1) qui prévoit également la publication d'une décision finale de la FINMA en matière de surveillance, en cas de violation grave du droit de la surveillance; selon la jurisprudence, cette publication a également valeur de sanction propre (arrêt 2C_1055/2014 du 2 octobre 2015 consid. 4.2 et les arrêts cités). Dès lors, la publication de la sanction du recourant dans la FAO en application de l'art. 191 al. 3 LSP viole le droit fédéral, en tant que cette mesure n'est pas prévue par le droit fédéral qui règle exhaustivement les sanctions disciplinaires pouvant être infligées aux personnes exerçant une profession médicale à titre indépendant. 4.2. A cela s'ajoute une autre contrariété avec le droit fédéral. En effet, il existe un registre des professions médicales universitaires qui est tenu par le Département fédéral de l'intérieur (ci-après: le Département fédéral) et qui est décrit à l'art. 51 LPMéd. Ce registre sert à l'information et à la protection des patients, à l'assurance qualité, à des fins statistiques, à l'établissement de la démographie médicale et à l'information de services étrangers; il a aussi pour but de simplifier les procédures nécessaires à l'octroi d'une autorisation de pratiquer (al. 2); il contient les données nécessaires pour atteindre les buts visés à l'al. 2; en font aussi partie les données sensibles au sens de l'art. 3 let. c de la loi fédérale du 19 juin 1992 sur la protection des données (al. 3). Les mesures disciplinaires y sont mentionnées, puisque, selon l'art. 52 al. 1 LPMéd, les autorités cantonales compétentes doivent notamment annoncer sans retard audit département toute mesure disciplinaire prononcée (cf. aussi art. 7 al. 3 de l'ordonnance fédérale du 15 octobre 2008 concernant le registre des professions médicales universitaires [ordonnance concernant le registre LPMéd; RS 811.117.3] qui deviendra art. 7 al. 6 dans la nouvelle ordonnance qui entrera en vigueur le 1er janvier 2018 [RO 2017 2725]). L'art. 53 LPMéd prévoit que les données contenues dans le registre peuvent être consultées en ligne (al. 1); les données peuvent être consultées librement sauf celles relatives aux mesures disciplinaires et aux restrictions levées, ainsi que les motifs de refus de l'autorisation et de retrait au sens de l'art. 38 LPMéd qui ne peuvent être consultés que par les autorités chargées de l'octroi des autorisations de pratiquer (al. 2). Selon le Département, ces données ne peuvent pas être directement inscrites dans le registre des professions médicales; elles sont consignées dans un tableau séparé; les autorités cantonales qui ont accès à ces informations, conformément à l'art. 53 al. 2 LPMéd, pourront toutefois savoir en consultant le registre s'il existe des données particulièrement sensibles sur un membre donné des professions médicales (cf. art. 5 let. b de l'ordonnance concernant le registre LPMéd); en présence de telles données, l'autorité cantonale peut recueillir des informations précises à ce sujet auprès de l'autorité fédérale au moyen d'une demande de renseignements électronique (projet de Commentaire du Département fédéral de l'intérieur de l'ordonnance concernant le registre des professions médicales universitaires, ad art. 7, p. 6). Il découle donc de l'art. 53 LPMéd que seules les autorités chargées de l'octroi des autorisations de pratiquer ont accès au registre en ce qui concerne les mesures disciplinaires. Les autres autorités actives dans le domaine de la santé, pas plus que les personnes intéressées, ne peuvent prendre connaissance d'éventuelles mesures disciplinaires prononcées à l'encontre d'un praticien indépendant soumis à la loi fédérale sur les professions médicales. Dans cette mesure également, la publication dans la FAO de la sanction prononcée à l'encontre du recourant viole le droit fédéral. 5. Compte tenu de ce qui précède, le recours est admis et l'arrêt attaqué est réformé en ce sens que la décision du 3 mai 2016 du Département de la santé ne sera pas publiée dans la FAO. Il n'y a pas lieu de prélever des frais judiciaires (art. 66 al. 1 et 4 LTF). Ayant obtenu gain de cause avec l'aide d'un avocat, le recourant a droit à des dépens qu'il convient de mettre à la charge du canton de Vaud (art. 68 al. 1 et 2 LTF). Le Tribunal fédéral ne fera pas usage de la faculté prévue aux art. 67 et 68 al. 5 LTF et renverra la cause à l'autorité précédente afin qu'elle statue sur les frais et dépens de la procédure accomplie devant elle. Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est admis et l'arrêt du 18 octobre 2016 du Tribunal cantonal est réformé en ce sens que la décision du 3 mai 2016 du Département de la santé ne sera pas publiée dans la FAO. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. Une indemnité de 2'000.- fr., à payer au recourant à titre de dépens, est mise à la charge du canton de Vaud. 4. La cause est renvoyée au Tribunal cantonal du canton de Vaud, afin qu'il statue à nouveau sur les frais et dépens de la procédure accomplie devant lui. 5. Le présent arrêt est communiqué au mandataire du recourant, au Département de la santé et de l'action sociale et au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour de droit administratif et public, ainsi qu'à l'Office fédéral de la justice. Lausanne, le 11 juillet 2017 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président : Seiler La Greffière : Jolidon
8,098
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2C_1062/2016
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«AZA 7» K 56/00 Mh IIe Chambre composée des Juges fédéraux Lustenberger, Président, Meyer et Ferrari; Frésard, Greffier Arrêt du 29 janvier 2001 dans la cause Les hoirs de feue S._ , soit 1. A._, 2. B._, 3. C._, recourants, tous trois représentés par Maître Pierre-André Berthoud, avocat, rue du Lion-d'Or 2, Lausanne, contre SUPRA Caisse-maladie, chemin de Primerose 35, Lausanne, intimée, et Tribunal des assurances du canton de Vaud, Lausanne A.- S._ souffrait d'une affection psychique pour laquelle elle a été traitée pendant de nombreuses années par le docteur G._, médecin-psychiatre à l'Hôpital Y._. Du 13 au 21 novembre 1995, elle a été hospitalisée à l'Hôpital X._ pour les suites, notamment, d'une attaque avec lésions diverses, ainsi que pour des crises épileptiques partielles hémicorporelles. Elle a ensuite été transférée à l'établissement Z._, où elle a séjourné les 21 et 22 novembre 1995, en vue d'une réadaptation motrice. Elle a toutefois développé un comportement agressif, dans le cadre d'un état anxio-dépressif, ce qui a motivé son transfert à l'Hôpital Y._, en division des soins généraux prévus pour les malades de type «A psychiatrique». Elle a séjourné dans cet hôpital du 22 novembre 1995 au 19 mai 1997, date à laquelle elle est entrée à l'établissement médico-social R._, dont le médecin consultant est le docteur G._. B.- S._ était assurée auprès de la Caissemaladie SUPRA pour l'assurance obligatoire des soins. Par lettre du 23 octobre 1996, qui faisait suite à divers échanges de correspondance, la SUPRA a informé la direction de l'Hôpital Y._ que, dès le 1er août 1996, le séjour de l'assurée serait considéré comme un hébergement médico-social et qu'il devait, par conséquent, être facturé au tarif prévu par la Convention vaudoise d'hébergement médico-social (CVhé), soit 60 fr. par jour. Une copie de cette lettre fut adressée à la patiente. Le 18 novembre 1996, l'Hôpital Y._, se référant à cette lettre de la SUPRA, a informé le curateur de l'assurée que, dès le 1er août 1996, il facturerait directement à cette dernière une participation aux frais de pension de 136 fr. par jour. Par l'intermédiaire de son curateur, S._ a contesté la position de la caisse. Par décision du 24 décembre 1996, celle-ci a accepté d'allouer des prestations pour une hospitalisation nécessitant des soins psychiatriques aigus jusqu'au 15 septembre 1996 (ces prestations étant de 359 fr. par jour pour 1995 et de 346 fr. par jour pour 1996). Dès le 16 septembre 1996, le séjour de l'assurée devait être qualifié d'hébergement médico-social au sens de la CVhé (type C). Les prestations à verser à ce titre s'élèveraient à 60 fr. par jour, sous réserve de modifications pour l'année 1997. Saisie d'une opposition de l'assurée, la caisse l'a rejetée, par une nouvelle décision, du 3 mars 1997. C.- S._ a recouru contre cette décision par écriture du 3 avril 1997. Elle est décédée le 25 janvier 1998. Ses héritiers ont décidé de poursuivre la procédure. A la demande du Tribunal des assurances du canton de Vaud, le docteur G._ a répondu à diverses questions dans un rapport du 26 février 1999. Statuant le 21 septembre 1999, le tribunal a partiellement admis le recours et il a réformé la décision attaquée dans le sens des considérants. Il a retenu que l'assureur devait prendre en charge jusqu'au 31 décembre 1996 les frais d'hospitalisation de l'assurée à l'Hôpital Y._«au titre d'un séjour de type A» selon la convention vaudoise d'hospitalisation (CVho). D.- Les hoirs de feue S._ interjettent un recours de droit administratif dans lequel ils concluent à la réforme du jugement cantonal en ce sens que la SUPRA «doit répondre de l'hospitalisation A selon la CVho de feue S._ pour la période du 16 septembre 1996 au 19 mai 1997». La SUPRA conclut principalement au rejet du recours. Subsidiairement, elle conclut à la confirmation de ses décisions. Quant à l'Office fédéral des assurances sociales, il ne s'est pas déterminé au sujet du recours. Considérant en droit : 1.- a) Selon l'art. 49 al. 3 LAMal, la rémunération allouée en cas d'hospitalisation s'effectue conformément au tarif applicable à l'hôpital (servant au traitement hospitalier de maladies aiguës au sens de l'art. 39 al. 1 LAMal) en vertu de l'art. 49 al. 1 et 2 LAMal, tant que le patient a besoin, selon l'indication médicale, d'un traitement et de soins ou d'une réadaptation médicale en milieu hospitalier. Si cette condition n'est plus remplie, le tarif selon l'art. 50 LAMal est applicable. Aux termes de cette dernière disposition légale, l'assureur prend en charge, en cas de séjour dans un établissement médico-social (art. 39 al. 3 LAMal), les mêmes prestations que pour un traitement ambulatoire et pour les soins à domicile; il peut toutefois convenir, avec l'établissement médico-social, d'un mode de rémunération forfaitaire. L'art. 49 al. 3 LAMal reprend la jurisprudence rendue à propos du principe d'économie du traitement prescrit à l'art. 23 LAMA (cf. le message du Conseil fédéral concernant la révision de l'assurance-maladie du 6 novembre 1991, FF 1992 I 168; ATF 124 V 364 consid. 1b). Par conséquent, selon le nouveau droit également, le caractère économique du traitement n'autorise un séjour dans un hôpital pour patients atteints de maladie aiguë, au tarif des établissements hospitaliers, qu'aussi longtemps qu'un tel séjour est rendu nécessaire par le but du traitement (ATF 124 V 364 consid. 1). De même, conformément à la jurisprudence rendue du temps de la LAMA, il convient, si nécessaire, d'accorder à l'assuré séjournant dans un hôpital pour patients atteints d'une affection aiguë une brève période d'adaptation pour lui permettre de se rendre dans un établissement médico-social ou une division de ce type (ATF 124 V 366 consid. 2c). Dans ce contexte, on relèvera encore que l'assureurmaladie n'a pas à répondre du surcroît de coûts résultant du fait que l'assuré séjourne dans un établissement hospitalier parce qu'il n'y a pas de lit disponible dans un établissement médico-social (ATF 124 V 365 consid. 1b et les références citées). b) Aux termes de l'art. 8 al. 2 let. b de la Convention vaudoise d'hospitalisation (CVho), à laquelle les premiers juges se réfèrent, les malades dits «A psychiatriques» sont des malades atteints d'affections aiguës nécessitant des soins psychiatriques continus et intensifs. Les moyens d'investigation, d'intervention qui en découlent sont importants en terme d'équipement et de personnel. Les traitements sont prescrits notamment en fonction de la gravité de la symptomatologie ou dans le cadre d'un contrat thérapeutique à visée de changement. Par ailleurs, dans le canton de Vaud, les relations financières entre les diverses parties intéressées, aux fins de couvrir les coûts d'exploitation des établissements médico-sociaux ainsi que des divisions et lits médico-sociaux (EMS), en faveur des pensionnaires qu'ils accueillent, ont été régies de 1992 à 1996 par trois Conventions vaudoises d'hébergement médico-social (CVhé 1992, 1994 et 1996). Selon les dispositions de la CVhé en vigueur en 1996, étaient considérés de type «C» les séjours effectués par les personnes atteintes d'affections chroniques, en règle générale stabilisées, assurées auprès d'un assureur conventionné et dont le certificat d'admission est pris en considération par ledit assureur. 2.- a) Sur la base des déclarations du docteur G._, les premiers juges considèrent que la patiente n'avait plus besoin d'un traitement pour malade atteint d'une affection aiguë à partir du 15 septembre 1996. L'assurée en a toutefois été informée à réception seulement de la copie de la lettre du 23 octobre 1996 de la SUPRA à l'Hôpital Y._. Comme la caisse a suivi de près le cas de l'assurée à partir du mois de mars 1996 déjà, elle ne pouvait pas limiter rétroactivement au 15 septembre 1996 le droit au remboursement de ses frais d'hospitalisation. De plus, dès le mois d'octobre 1996, il eût fallu accorder à l'intéressée une brève période d'adaptation, jusqu'au 31 décembre 1996, pour lui permettre de se rendre dans un établissement médico-social, conformément à la jurisprudence susmentionnée. Aussi bien les premiers juges concluent-ils que l'assureur doit prendre en charge jusqu'au 31 décembre 1996 les frais d'hospitalisation de l'assurée à l'Hôpital Y._ «au titre d'un séjour de type A selon la CVho». Il s'agit dès lors de savoir si la caisse doit encore répondre d'une hospitalisation pour patient atteint de maladie aiguë (type «A psychiatrique») au-delà du 31 décembre 1996 et jusqu'au 19 mai 1997. On notera au passage que l'indemnisation pour la période postérieure au 19 mai 1997, date à laquelle l'assurée a été placée dans l'établissement R._, n'est pas en discussion. b) Il ressort du rapport du docteur G._ du 26 février 1999 que des raisons médicales rendaient nécessaire, pour l'assurée, un séjour dans une division pour soins aigus en raison d'une «problématique oscillant entre des phases aiguës et sub-aiguës» demandant un encadrement médical et soignant soutenu. A la question lui demandant si la patiente aurait pu être transférée dans un établissement prévu pour des séjours du type «C», pour la période du 16 septembre 1996 au 19 mai 1997, ce médecin a répondu qu'il était «imaginable» de placer la patiente dans un seul établissement médico-social psychogériatrique pouvant accepter et encadrer correctement «une problématique de ce type» et permettant un transfert correct des informations médicales, ainsi qu'un suivi par un médecin qui connaissait la patiente. Si le placement dans un établissement médico-social n'est intervenu que le 19 mai 1997, c'est parce qu'à ce moment-là il a été possible d'obtenir une place dans l'établissement médico-social R._, qui garantissait une prise en charge psychiatrique hautement spécialisée, adéquate pour la patiente et permettant un suivi médical par la même équipe. Le placement dans un autre établissement médico-social n'a pas été envisagé, car le risque d'une nouvelle décompensation était hautement probable. A la question lui demandant si, à son avis, la décision de la SUPRA de considérer le séjour de l'assurée dès le 16 septembre 1996 comme un séjour relevant du type «C», le docteur G._ a reconnu qu'il n'était pas facile d'apporter une réponse et il a notamment déclaré ce qu'il suit : «La notion de long terme ou de chronique aboutit souvent à un déclassement unilatéral par les assurances-maladie en patients de type C. Ce déclassement est le plus souvent mal accepté par les familles qui voient que l'un des leurs reste malade mais qu'on diminue les prestations financières. Nous avons tenté le placement de Mme S._ dans un EMS qui avait la compétence de prendre en charge une telle problématique et qui permettait une continuité du suivi médical. Les établissements ayant des compétences aussi spécifiques sont très rares dans le réseau de soins. A l'heure actuelle ils se sont épuisés dans la prise en charge de ce type de patients, faute de reconnaissance et de moyens financiers. Depuis l'automne 1998 aucun EMS n'accepterait d'héberger et de prendre en soin une telle patiente». Le docteur G._ a encore précisé que les médecins de l'Hôpital Y._ n'avaient pas contesté la décision de la SUPRA de considérer le séjour de la patiente, à partir du 16 septembre 1996, comme un séjour de type «C». D'ailleurs, bien que l'Hôpital Y._ soit un établissement pour soins aiguës, il a appliqué, pour la période du 16 septembre 1996 au 19 mai 1997, le tarif correspondant à un hébergement dans un établissement médico-social, impliquant une participation de l'assurée aux frais de pensions (136 fr. par jour en 1996 et 137 fr. 30 en 1997) c) On peut retenir de ces déclarations qu'il existait, en 1996 et 1997, certains établissements médico-sociaux spécialisés qui eussent été susceptibles d'accueillir la patiente, en particulier l'établissement R._. Si l'assurée a continué à séjourner à l'Hôpital Y._ (après le 15 septembre 1996), c'est dans l'attente d'une place disponible dans un établissement médico-social spécialisé qui fût à même de garantir à l'assurée les soins spécifiques dont elle avait besoin et qui, en outre, permît un suivi médical par le docteur G._. L'établissement R._ répondait à ces critères, mais, faute de place, l'assurée n'a pu y être placée qu'à partir du 19 mai 1997. On peut donc admettre, avec les premiers juges, que l'état de l'assurée ne nécessitait plus, dès la mi-septembre 1996, un séjour dans un établissement hospitalier. Dans de telles conditions, le jugement attaqué n'apparaît pas critiquable. Comme on l'a vu, l'assureur-maladie n'a pas à répondre du fait qu'aucun lit ne fût en l'occurrence disponible dans un établissement médico-social. D'autre part, contrairement aux conclusions subsidiaires de l'intimée, on ne voit pas de motif de remettre en cause le jugement attaqué, dans la mesure où les premiers juges considèrent, pour les motifs ci-dessus exposés (cf. supra consid. 2a) que, malgré l'absence de nécessité d'un traitement hospitalier à partir du 16 septembre 1996, la caisse doit calculer ses prestations selon l'art. 49 LAMal jusqu'au 31 décembre 1996. Ces conclusions subsidiaires, du reste, ne sont pas motivées. 3.- C'est dire en résumé que, conformément au jugement attaqué, il incombera à la caisse de prendre en charge les frais de séjour de l'assurée, jusqu'au 31 décembre 1996, selon le tarif conventionnel applicable en cas d'hospitalisation. En revanche, dès le 1er janvier 1997, la caisse allouera les prestations prévues en cas de séjour dans un établissement médico-social. Le recours de droit administratif est mal fondé. Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances p r o n o n c e : I. Le recours est rejeté. II. Il n'est pas perçu de frais de justice. III. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, au Tri- bunal des assurances du canton de Vaud et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 29 janvier 2001 Au nom du Tribunal fédéral des assurances Le Président de la IIe Chambre : Le Greffier :
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal 5D_192/2019 Urteil vom 8. Oktober 2019 II. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Escher, präsidierendes Mitglied, Gerichtsschreiber Zingg. Verfahrensbeteiligte A._, Beschwerdeführer, gegen B._, vertreten durch Rechtsanwalt Ulrich Rubeli, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Definitive Rechtsöffnung, Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Thurgau vom 5. September 2019 (BR.2019.34). Erwägungen: 1. Mit Entscheid vom 19. Juli 2019 erteilte das Bezirksgericht Kreuzlingen der Beschwerdegegnerin gegenüber dem Beschwerdeführer in der Betreibung Nr. xxx des Betreibungsamtes Kreuzlingen die definitive Rechtsöffnung für Fr. 500.-- nebst Zins. Dagegen erhob der Beschwerdeführer am 20. August 2019 (Postaufgabe) Beschwerde. Mit Entscheid vom 5. September 2019 trat das Obergericht des Kantons Thurgau auf die Beschwerde infolge Verspätung nicht ein. Am 3. Oktober 2019 hat der Beschwerdeführer Beschwerde an das Bundesgericht erhoben. 2. Der Beschwerdeführer will eine "allgemeine Grundsatzfrage, ob das Recht auf Berufung das Recht auf Verrechnung aushebeln darf" geklärt haben. Mit keinem Wort setzt er sich jedoch damit auseinander, dass seine Beschwerde an das Obergericht verspätet war. Vor Bundesgericht müsste er allerdings in Auseinandersetzung mit den obergerichtlichen Erwägungen dartun, weshalb das Obergericht auf seine Beschwerde hätte eintreten müssen (Art. 42 Abs. 2 BGG). Die Beschwerde enthält damit offensichtlich keine hinreichende Begründung. Auf sie ist im vereinfachten Verfahren durch das präsidierende Mitglied der Abteilung nicht einzutreten (Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG). 3. Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt der Beschwerdeführer die Gerichtskosten (Art. 66 Abs. 1 BGG). Demnach erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Thurgau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 8. Oktober 2019 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Zingg
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Bundesgericht Tribunal fédéral Tribunale federale Tribunal federal {T 0/2} 4A_196/2012 Verfügung vom 24. September 2012 I. zivilrechtliche Abteilung Besetzung Bundesrichterin Klett, Präsidentin, Gerichtsschreiber Kölz. Verfahrensbeteiligte A._, vertreten durch Rechtsanwalt Jan Herrmann, Beschwerdeführer, gegen Versicherung X._ AG, vertreten durch Rechtsanwalt Dr. Andreas Burren, Beschwerdegegnerin. Gegenstand Haftung des Motorfahrzeughalters, Beschwerde gegen das Urteil des Obergerichts des Kantons Aargau, Zivilgericht, 2. Kammer, vom 22. Februar 2012. In Erwägung, dass der Beschwerdeführer die Beschwerde gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Aargau vom 22. Februar 2012 mit Schreiben vom 19. September 2012 zurückgezogen hat; dass damit das Verfahren nach Art. 32 Abs. 2 BGG abzuschreiben ist; dass die reduzierten Gerichtskosten dem Beschwerdeführer aufzuerlegen sind (Art. 66 Abs. 2 und 3 BGG); verfügt die Präsidentin: 1. Das Verfahren wird infolge Rückzugs der Beschwerde abgeschrieben. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Diese Verfügung wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau, Zivilgericht, 2. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. September 2012 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Klett Der Gerichtsschreiber: Kölz
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